Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: dramione5    23/04/2020    1 recensioni
Sono passati tre anni dalla fine della Guerra Magica. L'eroina del mondo magico viene colpita un giorno da un incantesimo di magia oscura che, come primo effetto, le fa perdere la memoria di quei tre anni e dei suoi avvenimenti più importanti tra cui la sua relazione con Draco. Chi è stato a lanciarle l'incantesimo e perché? Draco riuscirà a ricostruire il suo rapporto con Hermione?
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buio. Tenebre. Oscurità.

Questo era ciò che Hermione Granger riusciva a percepire nell'esatto momento in cui aveva aperto faticosamente le palpebre. Nella sua mente, di solito sempre lucida e brillante, regnava solo una scoraggiante confusione, un vorticare di immagini, persone, eventi che non riusciva a focalizzare.

Spalancò gli occhi spaventata, non essendo abituata a non avere il controllo sulla propria mente e sulla situazione. Era questo, infatti, il segreto del coraggio della Grifondoro: la sicurezza di sé. Le aveva sempre permesso di reagire, di non arrendersi, di combattere perché poteva sempre contare su se stessa. E ora che questa parte di sé sembrava averla abbandonata, si sentiva spaesata, atterrita e soffocata da tutta quella oscurità che adesso avvertiva non solo attorno a sé ma anche e soprattutto dentro di sé.

Vuoto.

Era il vuoto quell' oscurità, comprese, un terribile vuoto come se avesse dimenticato qualcosa, qualcosa di importante. Si chiese cosa dovesse fare appellandosi ancora una volta alla razionalità che ora sembrava più confusa di lei. Stavano prevalendo i sentimenti negativi e ciò non andava affatto bene, così, ricordando una frase di un libro che aveva letto, iniziò a fare qualsiasi cosa che non le permettesse di rimanere lì inchiodata. Cercò di capire dove si trovasse affidandosi al tatto, dato che non poteva contare sulla vista, in quanto offuscata, facendo passare le mani tremanti e sudate sulla superficie su cui era distesa. Con suo sommo stupore la trovò liscia e morbida invece che fredda e dura, come si aspettava irragionevolmente, e non le ci volle molto per comprendere che quello fosse un letto. Si issò a sedere velocemente con la sola conseguenza di provare un dolore lancinante alla testa che le mozzò il fiato. Si portò una mano alla fronte, quasi piegata su se stessa, per cercare di alleviare quella fitta che sembrava potesse spaccarle la testa in due da un momento all'altro.

Sudore freddo colò lentamente lungo la sua schiena calda causandole la pelle d'oca , il tremore si impossessò del suo corpo mentre la bile le saliva in gola, acre, stomachevole. Fu tentata fortemente di distendersi ma con un grande sforzo di volontà, che le costò molto, non lo fece decisa a scoprire dove fosse e cosa ci facesse lì. Aprì le coperte di malavoglia, avvertendo subito il freddo, che le fece accapponare la pelle, invaderla e scese dal letto poggiando i piedi nudi sul pavimento freddo. Chiuse gli occhi di colpo mentre tratteneva un conato e il mal di testa diveniva insopportabile. Tastò il suo corpo in cerca della bacchetta e il non trovarla la fece boccheggiare e aprire gli occhi. Adesso che i propri occhi si erano abituati all'oscurità, riusciva a malapena a distinguere, tanto il buio era denso, i contorni degli oggetti presenti nella stanza. Individuando il comodino prese a toccare quasi disperatamente la superficie fredda senza risultato. Si impose la calma dato che agitarsi non avrebbe portato a nulla e le avrebbe fatto solo aumentare il mal di testa. Si guardò intorno cercando ancora una volta di utilizzare la ragione. A giudicare dalla mobilia e dal letto a baldacchino che troneggiava nella stanza, Hermione dedusse che quella dovesse essere una camera da letto di cui però non aveva affatto memoria. Nessun posto in cui aveva dormito era così buio, e per buio non intendeva solamente la mancanza di luce tipica della notte. Quello era diverso, ne avvertiva il pericolo, l'oscurità di cui era intrisa. C'era qualcosa di malvagio, sbagliato in quel posto, e ancora di più lo era la sua presenza in quella camera, doveva andarsene, immediatamente. Si avvicinò ad una parete per poi cercare a tentoni la porta, malferma sulle proprie gambe e ansimante per lo sforzo che stava facendo in quelle condizioni. Incespicò sui suoi stessi passi mentre il dolore sembrava perforarle il cranio e temeva di poter svenire da un momento all'altro mentre la vista cominciava ad offuscarsi. Appoggiò la fronte alla parete per cercare di riprendersi ma il respiro era irregolare e il pulsare alle tempie si faceva sempre più presente e insostenibile insieme al battito impazzito del suo cuore. Stava per prendere in considerazione l'idea di tornare a letto, piuttosto che correre il rischio di farsi trovare svenuta, quando la vista di una poltrona, al lato opposto rispetto a quello in cui era scesa, la fece desistere. C'era qualcuno che attendeva il suo risveglio evidentemente. Che fosse stata rapita? Si chiese, dato che non ricordava di essere arrivata in quel luogo. Strinse i denti cercando ora più convulsamente la porta, temendo di aver già sprecato troppo tempo. Stava per perdere la speranza quando trovò il pomello. Tirò un sospiro di sollievo che però avvertì come sofferente mentre apriva la porta, che nonostante la sua delicatezza cigolò facendo propagare il suono per tutto l'edificio immerso nel silenzio. Si morse le labbra imprecando nella propria testa per aver provocato tutto quel rumore e attese qualche secondo come se temesse di veder spuntare fuori qualcuno nascosto dietro la porta. Ma non udendo altro che silenzio uscì barcollando mentre portava una mano alla fronte e con l'altra si teneva alla parete. Alzò gli occhi dal pavimento per guardarsi attorno notando di star percorrendo un corridoio a perdita d'occhio, dall'aria lugubre, dove sembravano dominare solo il nero e il grigio. Quel posto le fece venire la pelle d'oca e avvertì una sensazione terribilmente familiare. Non si soffermò su quel presentimento concentrata nel non farsi trovare ancora più vulnerabile di quanto già non fosse. Avanzò con il passo più sostenuto che riuscì a ottenere fino a quando non vide, sulla sinistra, una rampa di scale in marmo dall'aria elegante e maestosa. Le sembrò familiare anch'essa mentre scendeva al piano inferiore e vagava senza meta alla ricerca di una uscita. Tutto quel silenzio non faceva che incuterle più terrore e ansia, era innaturale e inverosimile in una dimora così grande.

Sembrava essere abitata solamente dalle ombre.

Vi era una tale infinità di stanze e corridoi che non ci mise molto a perdere l'orientamento, anche a causa del suo malessere e di quell'oscurità che non faceva altro che ingannarle i sensi. Soffocò un lamento di frustrazione ormai stremata e senza forze e strascicando i piedi spazientita si avvicinò ad una porta che, a causa della vista un po' sfocata, le diede l'impressione di un portone imponente, incombente che collegò a quello d'uscita. Così, convinta di aver trovato finalmente la via d'uscita l'aprì senza curarsi del rumore prodotto , dimentica della prudenza. Si aspettò, irrazionalmente, di trovare l'ambiente esterno, di provare la brezza fresca del mattino sul proprio viso, di poter udire il soffio del vento, il fruscio delle foglie, di poter godere della bellezza dell'alba ma trovò solamente un'altra stanza. Agonizzante e irata con la propria mente per averla ingannata e maledicendo la sua impulsività stava per tornare indietro quando si accorse della natura di quella stanza. Le forze le vennero meno facendola cadere rovinosamente a terra. Era un incubo, doveva essere un incubo, non poteva spiegarselo altrimenti.

Paura, terrore, orrore.

Hermione Granger non si era mai sentita così impotente e fragile come in quel momento. Sola, disarmata e per niente pronta a rivivere quell'esperienza. In quel momento il dolore alla testa aumentò ancora di più portandola a tenersi la testa tra le mani mentre iniziava a tremare convulsamente e a sudare. Trattenne le lacrime non sapendo bene cosa fare. Era come se una parte di sé le fosse stata strappata via come adesso lo era anche la sua stessa ombra da quelle tenebre. Quel pavimento, quelle grida erano ancora impresse nelle sua memoria e furono proprio quelle, paradossalmente, a cominciare a mettere ordine nella sua mente. In quella fitta nebbia che le invadeva la mente una parte di essa si diradò permettendole di risalire al suo ultimo ricordo e, aggrappandosi disperatamente ad esso, comprese di essere già stata in quel posto.

Anzi non se n'era mai andata.

Sperava solo che Ron ed Harry stessero bene e fossero riusciti a fuggire. Poteva ancora rivivere vividamente il dolore della maledizione cruciatus, ricordare quello sguardo spaventosamente folle e iracondo di Bellatrix Lestrange, quegli occhi sgranati, quelle pupille tanto dilatate e vicine da inghiottire il suo intero campo visivo. Alzò il capo lentamente, riacquistando un po' più di padronanza della propria mente. Fece leva sulle sue gambe per alzarsi, seppur con fatica, decisa a non render vita facile ai suoi carcerieri. Si voltò indietro mentre ricacciava le lacrime quando le si parò davanti, frapposto tra lei e la porta, il proprietario di quel salone e dell'intero edificio, o per meglio dire del Manor. Sussultò gridando, non avendolo sentito arrivare e quel movimento brusco la fece barcollare per qualche secondo prima che riuscisse a riprendere e mantenere il suo equilibrio precario. L'avevano trovata, anche l'ultima speranza si era spenta, pensò mentre si guardava intorno alla ricerca di un'altra porta o via d'uscita. Lui era lì, con quei capelli biondo platino inconfondibili, quella pelle diafana che spiccava sull'oscurità che lo circondava. Quel viso d'angelo che celava l'anima di un demonio, di un codardo che non avrebbe alzato un dito per aiutarla, anzi ...

Era spacciata.

Hermione lo fissò negli occhi in segno di sfida dato che l'unica cosa che le era rimasta era la volontà di non rassegnarsi.

"Hermione!" quasi gridò con occhi sgranati Draco per la gioia e la sorpresa nel vederla lì in piedi e soprattutto sveglia. La sua voce rimbombò nel salone vuoto e ciò fece sussultare nuovamente Hermione che fissava con insistenza la bacchetta che lui aveva in mano aspettando che la schiantasse da un momento all'altro. Gli occhi di Draco, che la accarezzavano con lo sguardo, nel frattempo si erano inumiditi per l'emozione. Quanto gli era mancata la sua presenza, il suo sguardo ...

Alla vista di questo, però, il sorriso di Draco si spense lentamente. Non ci volle molto, dato che aveva imparato a riconoscere i suoi sentimenti e i suoi comportamenti, a comprendere che era intimorita. Intimorita era un eufemismo, comprese quando la osservò meglio, era terrorizzata. Si guardava intorno come un animale braccato ma allo stesso tempo indomito. Dopo tutti quegli anni non riusciva a capacitarsi di come in quella ragazza potessero coesistere  fragilità e  fierezza. Sentì qualcosa rompersi, lì in fondo al suo petto contro cui il cuore batteva ormai impazzito, quando riconobbe nel suo sguardo paura nei suoi confronti. Aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa ma non uscì nemmeno un suono dalla sua gola secca.

"Hai... hai paura di me?" chiese incredulo con voce spezzata e rauca dopo un secondo tentativo, non volendo in realtà ascoltare la risposta.

"Dovrei averne?" chiese sospettosa mentre continuava a tenere d'occhio la bacchetta, tesa come se fosse pronta a scappare o a sfuggire ad un suo attacco.

"Certo che no!Ma cosa dici?" rispose ad alta voce mentre il suo corpo tremava e le insicurezze, che Hermione aveva sempre aiutato a combattere, riaffioravano e lo soffocavano intrappolandolo in una morsa dolorosa. Gettò a terra la bacchetta capendo che questa era la sua maggiore fonte di preoccupazione e ne ebbe la conferma quando la vide rilassare leggermente i muscoli delle spalle alla vista del suo gesto. Si avvicinò a lei con poche falcate causando il retrocedere di lei.

"Malfoy" la sua voce era tremula e atterrita con la mente annebbiata e la vista offuscata, chiaro segno per lei che presto avrebbe perso i sensi. Non si chiese perciò per quale assurdo motivo l'avesse chiamata per nome, per quale motivo i suoi occhi si erano inumiditi alla sua vista e il sorriso gli aveva illuminato il viso. La sua visione distorta della realtà le fece percepire quel sorriso come un ghigno trionfante per la sua imminente cattura. Draco avvertì una fitta al petto quando si sentì chiamare per cognome e vedendola in quello stato si fermò capendo che c'era qualcosa che non andava.

"Malfoy, lo so che ci siamo sempre odiati, ma qui non siamo più a scuola, siamo tutti vittime della guerra, anche tu. Sei ancora in tempo per fare delle scelte giuste" riprese lei ragionevole mentre si bloccava per riprendere fiato che le si era mozzato per il terrore e il dolore."Non lasciarci nelle loro mani" sussurrò ormai disperata, non avendo altre soluzioni, mentre portava una mano sugli occhi per la vista sfocata.

"Loro? Di chi parli? Ci siamo solo noi due" rispose Draco sempre più perplesso e preoccupato così vicino da poterla toccare ma allo stesso tempo così distante da non permetterglielo.

"I mangiamorte, non fare finta di non capire!" esclamò minacciosa Hermione con voce fiacca e sofferente che vanificò la sua speranza di intimorirlo.

"Non avresti dovuto fare tutti questi sforzi" pensò ad alta voce mentre si avvicinava ulteriormente guardandola adesso con un lampo di comprensione e  convincendosi che stesse delirando  in lui si aprì uno spiraglio di speranza. Quando notò il suo corpo cominciare a cedere la sostenne abbracciandola e attirandola forte a sé, affondando il viso tra i suoi capelli. Chiuse gli occhi sentendosi finalmente in pace, avendo di nuovo la riccia tra le sue braccia, ma questa serenità fu presto spezzata dall' irrigidimento di lei e dalle sue parole.

"Toglimi le mani di dosso!" sibilò disgustata e furiosa dimenandosi e cercando di sfuggire dalla presa di Draco che si sentì morire per quelle parole.

"Ti riporto in camera, non avrei dovuto allontanarmi" decise cercando di ignorare la ferita che gli aveva inferto l'espressione di disgusto di Hermione, ripetendosi che stesse delirando. Iniziò a incamminarsi verso l'uscita dalla stanza prendendole la mano. Lei iniziò a ribellarsi e riuscì a liberare la mano dalla sua stretta quando una fitta fortissima alla testa la costrinse a piegarsi su se stessa e a gemere per il dolore.

Draco si voltò appena in tempo per vederla accasciarsi al pavimento.

"Cosa succede? Hermione cos'hai ?" chiese inginocchiato per terra preoccupato, prendendole il volto tra le mani e accusando un altro duro colpo nel vederla ritrarsi.

"La testa ... mi scoppia la testa" sussurrò con il respiro spezzato Hermione che ora portava entrambe le mani alla fronte, stremata.

Draco la prese in braccio senza pensarci due volte e salì in fretta le scale, ignorando la debole resistenza di lei.

"Malfoy" disse solamente lei  stringendo con una mano la sua camicia ormai con voce flebile e sporgendo il viso verso di lui in un modo che portò Draco a mordersi le labbra a sangue per trattenersi dal baciarla. Lo guardava come se da lui potesse dipendere la propria sopravvivenza e gli volesse chiedere silenziosamente cosa ne sarebbe stato di lei.

"Non permetterò che ti accada nulla, puoi stare tranquilla"rispose Draco assecondandola per tranquillizzarla mentre apriva la porta impacciato. Draco stava per adagiarla sul letto e attendeva che lei parlasse quando si rese conto che era già svenuta. Una lacrima sfuggì al suo controllo e quella stilla cadde sulla guancia di quell'angelo che aveva ancora una volta l'onore di tenere tra le sue braccia.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: dramione5