- Presentable -
-Mi dispiace averle creato
problemi. Ero sicura che la situazione fosse chiara-.
Le labbra di Isono si distesero in un sorriso genuino. Era la quinta
volta che si scusava con lui da quando avevano lasciato l’atrio.
Per fortuna la situazione si
era risolta tanto velocemente, che era riuscito ad incrociare Mokuba e Nojiko a metà tragitto.
Così aveva potuto lasciare libero il signorino di prepararsi per la scuola.
-Non preoccuparti, il Signor Kaiba voleva solo dei chiarimenti- la tranquillizzò
imboccando l’ennesimo corridoio e fermandosi davanti ad una delle tante anonime
porte.
-Questa sarà la tua stanza e
il posto dove vivrai d’ora in avanti. Ci troviamo in un’ala secondaria della
villa. Abbastanza distanti da lasciare la dovuta privacy, ma altrettanto vicini
nel caso dovessimo intervenire tempestivamente- spiegò Isono
mentre apriva la porta invitandola ad entrare. Nojiko
non se lo fece ripetere una seconda volta e, contorcendosi in modo ridicolo,
riuscì a far passare sé stessa e le sue valige oltre l’uscio.
-Wow- si lasciò sfuggire posando
gli ingombranti bagagli sul pavimento chiaro.
-Ogni alloggio è composto da
tre stanze, un soggiorno, dove ci troviamo ora, una camera da letto ed un
bagno- spiegò Isono affiancandola ed indicando i vari
spazi a sua disposizione.
Nojiko emise un fischio di apprezzamento, -Tutto questo
spazio solo per me?-.
-Certamente, il Signor Kaiba crede che un lavoratore felice sia un ottimo
lavoratore. Perciò, fin tanto che le tue prestazioni rispetteranno i suoi
standard, non ti mancherà nulla- confermò l’uomo dando un’occhiata preoccupata
all’orologio che aveva al polso.
-Il ragionamento fila-
commentò la ragazza facendo scorrere lo sguardo sull’arredamento semplice e
moderno. Non vedeva l’ora di disfare i bagagli e rendere quel posto un po’ più
suo. Probabilmente avrebbe scritto a papà di inviarle un po’ di foto.
-Le mie stanze si trovano a
poca distanza da qui. Insieme a quelle degli altri stretti dipendenti. Invece,
in fondo al corridoio, potrai trovare una piccola palestra comune e la nostra
piscina. Nelle dispense che ti ho lasciato, ci sono tutti gli approfondimenti
che possono servirti, quindi perdonami se al momento non sono molto
dettagliato. Siamo già terribilmente in ritardo- snocciolò l’uomo facendo segno
di seguirlo fuori. Prontamente la giovane si lasciò le spalle la sua nuova
“casa” e si mise all’inseguimento del suo superiore. Cosa non troppo
impegnativa, a causa della gamba ferita.
-La tua giornata di oggi sarà
incentrata sull’inserimento, quindi ti recherai alla sede della Kaiba Corporation insieme al presidente. La limousine
dovrebbe arrivare tra poco. Per ingannare il tempo, durante il tragitto, potrai
dare uno sguardo alle dispense a cui ti ho accennato prima, mi sono preso la
libertà di caricare tutte le informazioni su un tablet- la istruì mentre si
facevano strada tra le viscere dell’enorme villa.
Nojiko non si stupì della maniacale organizzazione
dell’uomo, in fondo lavorava per il signor Kaiba da
anni e doveva esserci un motivo se non era stato ancora rimpiazzato.
-Ad attenderti ci sarà Lidiya, la nostra responsabile della sicurezza informatica.
Io mi occuperò di scortare il Signorino Mokuba a
scuola e in seguito dovrò sottopormi alla mia seduta di fisioterapia
giornaliera- disse ancora la guardia del corpo, mentre procedevano alla massima
velocità consentitagli dalle sue gambe malferme.
A quel punto Nojiko decise che fosse il momento di prendere attivamente
parte alla conversazione, sapeva bene quanto poteva essere difficile inserirsi
in un meccanismo già ben oliato e non voleva commettere inutili passi falsi.
-Quali sono i programmi della
giornata del Signor Kaiba? Ci saranno appuntamenti
fuori dalla sede? Per il pranzo invece come è solito organizzarsi? – chiese in
tono pacato, adattando senza problemi il proprio passo a quello del compagno.
In risposta alla sua domanda Isono prese a frugare all’interno della sua giacca fino a
far apparire un cellulare di ultima generazione -Troverai la tabella aggiornata
degli appuntamenti nel calendario. Per quanto riguarda la giornata di oggi, ci
sarà una riunione interna con i tecnici del dipartimento olografico e in
seguito un pranzo con uno dei più stretti soci dell’azienda. Niente di speciale
dunque- rispose consegnandole l’apparecchio.
-Molto bene, è uno dei
ristoranti dove vi recate solitamente? - domandò la ragazza iniziando a
tamburellare sulla superficie lucida del cellulare.
Isono annuì, -Predisporranno una postazione da dove potrai
monitorare la situazione senza problemi. Cerca di essere il più discreta
possibile, il Signor Kaiba odia essere osservato e
non sopporta quando i suoi clienti, o collaboratori, si sentono a disagio a
causa della sicurezza- la istruì mentre mettevano piede nell’atrio d’ingresso.
-Nessun problema, mimetizzarsi
tra la tappezzeria dei ristoranti è più divertente di quanto si creda- ridacchiò
la giovane.
Accanto alla porta Mokuba
era già in attesa, con lo zaino mollemente abbandonato su una spalla e l’aria
più che annoiata.
-Non vedo l’ora che finisca
tutta questa pagliacciata- sbottò il ragazzino alzando gli occhi al cielo in
modo plateale.
Isono faticò a nascondere un sorriso dinanzi a quella
scena, che ormai si ripeteva tutte le mattine, puntuale come un orologio
svizzero.
-Avanti signorino, le basta
portare pazienza ancora per un poco- disse accomodante indicando la porta con
un cenno della mano.
Mokuba gli scoccò un’occhiata obliqua, senza muovere un
muscolo, -La fai facile tu. Hai lasciato questo purgatorio centinaia di anni
fa- sospirò affranto.
-Lo studio è una cosa seria.
Hai bisogno di una formazione completa per poter assumere il ruolo che ti
spetta alla Kaiba Corporation- rispose l’adulto
zoppicando fino all’uscio e posando una mano sulla grossa maniglia in ottone.
Il più piccolo scrollò le
spalle indispettito, -Sai benissimo che potrei cavarmela senza problemi in
azienda. Sono il migliore del mio anno e probabilmente di molti dei miei sempai- borbottò osservando con indifferenza la guardia del
corpo schiudeva la porta.
-Non lo metto in dubbio
Signorino, siete brillante quanto vostro fratello, ma è importante ottenere un
titolo di studio. Un foglio di carta che attesta le vostre competenze è qualcosa
di impagabile e che non può essere messo in discussione-.
Il più giovane roteò gli occhi
annoiato, -Uff… tu che ne pensi Noha? Anzi, Nojiko,
meglio evitare altri fraintendimenti- bofonchiò mentre le sue guance si
velavano di rosso in ricordo della figuraccia di cui suo fratello si era reso
protagonista.
La nuova guardia del corpo
sorrise dietro la mascherina, -Effettivamente Nojiko
mi piace molto di più. Io ho avuto una formazione privata per cui posso dire di
invidiarti un pochino- disse intrecciando le mani dietro la schiena, -Non ho
mai avuto dei compagni di classe- spiegò poi davanti all’espressione perplessa
di Mokuba.
-E’
stato a causa della tua professione? - domandò il ragazzino interessato.
-In parte, ma ho dovuto anche
recuperare diversi anni scolastici, a causa di gravi problemi di salute. Per
cui la mia carriera come studentessa è stata piuttosto travagliata- ridacchiò
la ragazza imbarazzata.
In
quel momento il presidente della Kaiba Corporation
piombò su di loro come un predatore, -Cosa ci fate ancora qui, siete in ritardo!- ringhiò, passandoli uno ad uno con il suo sguardo
affilato, fino a soffermarsi irritato sul fratello minore.
-Non
ho intenzione di firmare l’ennesima giustifica immotivata- sibilò nella sua
direzione.
-Stavamo
giusto uscendo Nii-sama, non arrabbiarti. Siamo in
perfetto orario- disse Mokuba cercando di mostrare
una certa nonchalance, anche se aveva appena raddrizzato la schiena e sistemato
lo zaino in maniera decente sulle spalle.
-Questo
lo vedremo- sbuffò il maggiore prima di ripescare il proprio palmare dalla
tasca interna del cappotto ed incamminarsi a grandi falcate verso la porta.
-Non
venire in azienda dopo la scuola, temo che l’incontro con Crawford si protrarrà
più del previsto- lo informò mentre oltrepassavano l’uscio a passo spedito.
-Davvero?
Come mai?- domandò Mokuba
affiancandolo e cercando invano di spiare lo schermo luminoso del palmare.
-Porterà
un ospite con sé. Un egiziano che vorrebbe allacciare i contatti con l’azienda-
spiegò il moro continuando a picchiettare a tutta velocità sulla superficie in
vetro. Pochi passi avanti a loro l’autista si affrettò ad aprire la porta della
limousine bianca.
Mokuba si
trattenne a stento dallo sbuffare. Odiava quando doveva cavare a forza le
informazioni dal fratello.
-Riguardo
a cosa?- chiese quindi a denti stretti, sperando di
ottenere una risposta prima che il più grande si infilasse nella vettura.
-Non
è stato molto dettagliato. Sai com’è fatto quell’uomo, il 90% delle volte punta
solo a farmi imbestialire, per cui ho deciso di affrontare direttamente la
questione quando si presenterà- replicò Seto in tono
sbrigativo prima di voltarsi in direzione di Nojiko,
-Andiamo-
disse semplicemente alla ragazza invitandola ad entrare.
A
quel punto a Mokuba non restò che alzare bandiera
bianca, -A presto Nojiko, fai attenzione a non dare
troppa confidenza a Lidiya, tende a diventare molto… fisica-
avvisò la guardia del corpo accennando un saluto con la mano.
-Nella
rubrica del cellulare ho salvato i contatti essenziali, tra cui il mio, se
dovessero esserci problemi, o imprevisti, non esitare a chiamarmi- si affrettò
ad aggiungere Isono prima che l’autista chiudesse la
porta con un gesto secco, quasi brutale. A quanto pareva la tabella di marcia
del Signor Kaiba era implacabile quanto una calamità
naturale.
Nojiko
prese posto nella fila di sedili trasversale, dove era depositato il tablet di
cui le aveva parlato Isono, mentre Seto colonizzò letteralmente i sedili posteriori. L’auto
non fece in tempo a mettersi in moto che il cellulare del presidente iniziò a
squillare. La suoneria asettica e ripetitiva fece venire i brividi a Nojiko che si affrettò a concentrarsi sulle dispense
ascoltando Kaiba iniziare un’animata discussione in
spagnolo.
Fu
assalita dallo sconforto nel constatare che solo l’indice occupava tre pagine
dell’intera dispensa, che per altro aveva pochissime immagini. Non le sarebbe
bastata una settimana per leggere tutta quella roba. Automaticamente si portò
una mano ai corti capelli neri, intrecciando le dita tra le ciocche lisce.
Con
sguardo critico constatò che la tinta stava già svanendo. Per fortuna il signor
Kaiba era stato chiaro a riguardo e d’ora in avanti
non avrebbe più dovuto sottoporsi a quell’inutile tortura. Nonostante il
traffico, non ci misero molto ad attraversare la città e Nojiko
riuscì a farsi un quadro generale della situazione, cullata dalla cadenza
regolare della lingua spagnola.
Quando
la ragazza scese dall’auto, dovette imporsi di non rimane a bocca aperta, ma,
dallo sguardo divertito che le scoccò l’autista, intuì di non essere riuscita
per niente a nascondere lo stupore. Prima di aderire alla domanda di assunzione
e partecipare al concorso per ottenere il posto, la ragazza si era documentata
parecchio sull’azienda e sul giovane presidente, tuttavia, vedere una foto
dell’ingresso era una cosa, essere ai piedi della scalinata con due statue
enormi e irte di denti era tutto un altro paio di maniche.
Senza
riuscire a staccare lo sguardo dagli occhi enormi e aggressivi dei draghi,
seguì il presidente nella sua avanzata decisa. Ai margini del suo campo visivo
vide che tutte le persone sul loro cammino si fermarono, o si affrettarono a
togliersi dalla loro traiettoria. Non seppe dire se per timore, rispetto o
paura, ma se non altro, questo le rese ben chiaro che la presenza del giovane
presidente non passava inosservata. Sul piazzale davanti all’ingresso trovarono
la terza statua, leggermente più piccola e, agli occhi di Nojiko,
più mansueta. Lo sguardo altero aveva una nota calda, quasi amorevole, come a
voler dare il ben tornato al suo padrone.
Al
sicuro oltre le porte in vetro trovarono ad attenderli una ragazzina minuta dai
lunghi capelli biondi e gli occhi luccicanti per l’emozione.
-Lidiya lei è Nojiko, mostrale
l’azienda e occupati di tutto il necessario. Quando hai finito portala alla
signora Maeda- presentò in modo stringato il signor Kaiba senza placare la sua avanzata.
-Agli
ordini Seto-kun!- trillò la giovane in direzione della schiena del
presidente, prima di prendere la nuova guardia del corpo sotto braccio e
trascinarla via con sé.
Nojiko ne
rimase così spiazzata che non trovò la forza, né la volontà, di opporsi a quel
concentrato di energia e tenerezza. Quasi saltellando, la condusse all’interno
di uno degli ascensori in vetro e selezionò il ventesimo piano. I due uomini
che erano già all’interno fecero loro spazio, mentre l’unica donna, strizzata
in un rigido tailleur grigio, alzò gli occhi al cielo alla vista della sua
accompagnatrice.
Effettivamente,
per essere una dipendente di un certo grado all’interno dell’azienda, si
presentava con un abbigliamento eccentrico. Nonostante fossero in pieno
inverno, portava una cortissima minigonna in pelle, abbinata ad un giacchino
del medesimo colore che le arrivava a stento all’ombelico. Al di sotto portava
una maglia attillata rosa fluo che faceva risaltare il suo fisico snello e la
vita stretta, mentre ai piedi portava degli stivali bianchi che le arrivavano
sopra al ginocchio, con delle zeppe di almeno dieci centimetri.
-Sono
così felice di conoscerti finalmente! Il mio nome è Lidiya
e mi occupo della sicurezza informatica dell’azienda. In sostanza sono occhi e
orecchie del Signor Seto, non succede niente in
questa società di cui io non sia a conoscenza- esclamò la bionda facendo
ondeggiare i codini che contenevano i suoi lunghi capelli ricci. A quelle
parole Nojiko drizzò le orecchie, non era comune per
un giapponese chiamare qualcuno con il nome proprio, soprattutto se si trattava
di un superiore. Un sorriso furbetto si disegnò sulle labbra dell’informatica,
-Io e il Signor Seto abbiamo un rapporto speciale, è
da anni che cerca di conquistarmi con regali e lusinghe, ma ahimè… non sono per
nulla interessata a lui… poveretto- sospirò scuotendo il capo in modo
sconsolato.
Nojiko
cercò di immaginare il presidente dannarsi per cercare di attirare l’attenzione
di quella ragazza, ma a giudicare dagli sguardi obliqui e dalle risate
trattenute degli altri occupanti della cabina, quella relazione esisteva solo
nella testa della bionda.
-Da
quanto tempo ti occupi della sicurezza qui alla Kaiba
Corporation?- chiese la guardia del corpo cercando di
riportare la conversazione su un terreno sicuro.
-Circa
quattro anni e ti posso assicurare che prima qui era un totale disastro-
sospirò affranta e spalmandosi mollemente lungo il suo fianco.
Con
la coda dell’occhio Nojiko vide la donna in tailleur
stringere le labbra fino a farle diventare una linea sottile. -Anche un bambino
sarebbe stato in grado di entrare nei loro archivi- rincarò poi la dose la
giovane, incurante delle reazioni ostili che stava suscitando intorno a sé. A
quanto pareva l’informatica non era molto amata all’interno dell’azienda.
-E
da quanto tempo vivi in Giappone?- domandò quindi,
forse prima del ventesimo piano sarebbe riuscita a trovare un argomento neutro
da affrontare.
La
compagna la guardò perplessa, -Come scusa?-
-Il
tuo nome è russo, pravo*?- suggerì Nojiko facendole
l’occhiolino.
Improvvisamente
vide la bionda spalancare gli occhi e animarsi di nuova energia, -Esatto,
scusa, mi ero scordata che tu sapessi il russo!- esclamò in tono vivace passando
automaticamente alla sua lingua madre. -Comunque vivo qui da allora. È stato
difficile ambientarmi, nonostante la gentilezza ben radicata nella loro
cultura, i giapponesi non sono molto ben disposti verso gli stranieri-
Uno
scampanellio allegro le avvisò che erano arrivate al piano.
Senza
perdere tempo uscirono dalla cabina e si ritrovarono su un pianerottolo con
un’unica porta chiusa. Con un movimento fluido Lidiya
fece passare una delle tessere magnetiche che aveva al collo e Nojiko sentì distintamente la serratura scattare.
-In
alcune circostanze sento ancora risuonare la parola gaijin
dietro le loro faccette sorridenti- proseguì la bionda aprendo l’uscio ed
invitandola ad entrare. Con un paio di passi la guardia del corpo oltrepassò la
soglia e fece capolino in quel nuovo ambiente.
-Credevo
che all’interno di un’azienda multinazionale come la KC certi luoghi comuni
fossero superati- rispose Nojiko senza perdere il
filo del discorso, mentre studiava l’ambiente circostante. La prima cosa che
notò, fu il leggero aroma di caffè che sembrava permeare l’aria, in secondo
luogo, che il numero di schermi lì dentro superava di gran lunga quello degli
esseri umani.
-Certo,
ma devi tenere conto che la madre dell’ignoranza è sempre incinta- disse Lidiya abbracciandola da dietro, come a volerla confortare.
D’altra parte anche lei non era giapponese Doc.
-Non
temere comunque, alla maggior parte delle persone non interessa minimamente
quali siano le tue origini. Per non parlare del fatto che i giovani vanno
letteralmente in visibilio per le donne orientali. Non so se mi spiego-
terminò con una risatina frivola.
-Credo
di aver afferrato, ma fare la guardia del corpo è già abbastanza sfibrante,
senza aggiungere altre seccature- sbuffò Nojiko
divertita sentendo le guance sotto la mascherina scaldarsi per l’imbarazzo.
-Comunque,
benvenuta all’interno del dipartimento informatico, il ventesimo piano è
dedicato interamente al controllo e alla sicurezza dell’azienda. Monitoriamo
tutti i dati che entrano ed escono, ci occupiamo dei server, dell’archivio e
delle autorizzazioni interne. Teniamo anche sott’occhio i video delle
telecamere, ma la sorveglianza vera e propria, nonché fisica, è ruolo della
Sicurezza Aziendale, piano uno- spiegò l’informatica riprendendola a braccetto
ed iniziando a guidarla all’interno di quel dedalo di cavi e computer. Nojiko valutò che in quella zona dovevano esserci non più
di dieci persone e a giudicare dai bicchieroni stipati sulle scrivanie, lì
nessuno dormiva molto, né amava eccessivamente la luce del sole.
-Per
prima cosa dobbiamo preparare il tuo badge personale. Sarà il tuo passaporto
all’interno di qualsiasi struttura dell’azienda e, a seconda del tuo ruolo, ti
verrà consentito o negato l’accesso alle diverse aree- annunciò Lidiya una volta giunte davanti alla porta del suo ufficio.
Rispetto alle altre postazioni, si trovava in una zona leggermente soprelevata
ed era isolata dal resto dell’ufficio da spesse pareti di vetro. -Ad esempio,
il Signor Seto e Mokuba
hanno accesso a qualsiasi struttura in qualunque momento, mentre un comune
impiegato potrebbe avere delle restrizioni per quanto riguarda gli archivi o i
livelli di ricerca e sviluppo. È una gran seccatura avere a che fare con così
tante realtà tutte in una volta- continuò la ragazza sbloccando l’ingresso
posando l’indice destro su un lettore di impronte. A quanto pareva, la
sicurezza non era mai troppa.
-Quindi
ci sono alcuni luoghi in cui la sicurezza non potrà raggiungere il Signor Kaiba?-
domandò osservando la ragazza togliersi la giacca di pelle e lanciarla sulla
sedia ergonomica semi-nascosta dai grandi monitor. In quel modo poté leggere
per la prima volta la grossa stampa sulle sue spalle: “Girls with class go everywhere”. Decisamente appropriata al personaggio.
-Esattamente
zuccherino, ma non preoccuparti, Seto-sama ha ben più
di un asso nella manica- le rivelò facendole l’occhiolino. Nojiko
rimase leggermente perplessa, ma decise di tenere per sé i suoi dubbi riguardo
le abilità del presidente.
-Ora
levati quell’orribile mascherina, dobbiamo scattare una foto a quel bel visino-
disse Lidiya estraendo da chissà dove un’enorme
macchina fotografica professionale.
La
guardia del corpo inarcò un sopracciglio divertita, osservando con che cura e
amore la bionda stava sistemando cavalletto ed obiettivo.
-Non
ne avete una di repertorio? Sono sicura che il Signor Kaiba
abbia fatto svolgere ricerche approfondite su ognuno dei candidati- ribatté
candidamente.
L’informatica
ridacchiò, mentre ignorava le sue proteste e le faceva segno di prendere posto
su una sedia posizionata davanti ad uno sfondo bianco. -Ci piace mantenere un
profilo omogeneo, tutti i dipendenti sono passati per il mio obiettivo-.
-E per
le tue mani oserei dire. Dovresti frugare meglio nella tasca interna a
sinistra. Hai mancato il portafoglio- ghignò Nojiko
sedendosi con deliberata lentezza.
-Ma
i quattro pugnali non mi sono sfuggiti- rilanciò Lidiya
con un sorriso angelico ad illuminarle il volto.
-Cinque
zuccherino e non sei riuscita a portarmene via nemmeno uno- disse la guardia
del corpo levandosi la mascherina in modo trionfale.
-Ti
adoro. Credo proprio che andremo d’accordo noi due. Ora fammi un bel sorriso,
abbiamo ancora una montagna di cose da fare- trillò la bionda prima di
abbagliarla con il flash della macchina fotografica.
--- § ---
Nojiko si
sentiva come se fosse stata passata in un frullatore. Nel giro di quattro ore
avevano completato la fase di registrazione e visitato l’azienda da cima a
fondo. O per lo meno, le aree a cui lei avrebbe avuto accesso, che non erano
poche, considerando lo stretto contatto che avrebbe avuto con il Signor Kaiba.
Lidiya
non aveva fatto altro che parlare per tutto il tempo, presentandole persone e
mostrandole tutte le parti sensibili dei vari dipartimenti.
Alla
fine, ovviamente, era riuscita a mettere le mani anche sul suo portafoglio.
-Carina
questa foto, dove l’avete scattata?- le chiese
mettendole sotto il naso una delle fotografie che custodiva nelle tasche in
pelle.
-Giant’s Causeway, è una spiaggia
dell’Irlanda del Nord. Dovresti andare è molto suggestiva- descrisse Nojiko soffermandosi con affetto sui volti dei genitori.
Quella sera avrebbe cercato di chiamarli, era da un paio di giorni che non li
sentiva e papà Yulian stava sicuramente iniziando ad
andare in escandescenza.
-Questa
invece?- la incalzò Lidiya
impaziente mostrandole un’altra immagine di loro tre abbracciati.
-Rainbow
Mountain, Perù- rispose la guardia del corpo riconoscendo le meravigliose strisce
di colore che si susseguivano lungo la catena montuosa che si trovava nel
Sud-America.
-Sei
stata in un sacco di posti pazzeschi- esclamò la bionda estatica e con una
punta di invidia.
Nojiko
sorrise bonaria, nonostante la mascherina fosse tornata a nascondere gran parte
del suo viso. -Il lavoro dei miei genitori non conosce confini, vanno dove c’è
bisogno di loro- spiegò semplicemente.
-Come
ti senti quando ti dicono che, in fondo, sono solo sporchi mercenari?-
domandò Lidiya nel suo solito tono candido.
A
quella osservazione Nojiko non se la prese, ormai
aveva iniziato a capire come funzionava la testolina della bionda. Non era
cattiva, solo molto curiosa e, semplicemente, diceva tutto quello che le
passava per la testa. Senza filtri.
Forse
era proprio quello uno dei motivi per cui il Signor Kaiba
aveva deciso di tenerla con sé e farla lavorare per l’azienda. Oltre ad essere
mostruosamente brava nel suo campo, non aveva segreti e diceva apertamente
quello che pensava.
-È
l’altra faccia della medaglia. Ci sono un sacco di persone che pensano che
tutte le aziende di Sicurezza Privata siano solo un mucchio di farabutti
legalizzati che vendono la propria anima per denaro. Questo perché un sacco di
agenzie fanno proprio questo, ma non sempre è così- rispose Nojiko
in tono pacato, -Tu dovresti saperlo bene, non tutti gli informatici sono
hacker, o sbaglio?-.
-Corretto
mia cara. Colpita e affondata- ammise Lidiya alzando
le mani in segno di resa.
-In
quanto Sicurezza Privata, siamo spesso richiesti per proteggere persone di
influenza politica ed economica, o per cercare individui scomparsi. Ma la
maggior parte degli ingaggi riguardano le attività di supporto in caso di
catastrofi naturali, come terremoti, alluvioni, valanghe… siamo una squadra
perfettamente organizzata per affrontare gli imprevisti. È quello il nostro
punto di forza- proseguì la guardia del corpo mentre l’ascensore le portava
sempre più in alto.
-Parli
con molta passione del tuo lavoro, mi chiedo come mai tu abbia voluto cambiare
la tua posizione- si interessò la bionda, -Insomma, avevi un sacco di libertà,
viaggiavi moltissimo e stavi con la tua famiglia, perché hai scelto di venire a
lavorare qui alla KC?-.
Nojiko
scrollò le spalle con noncuranza davanti a quella domanda più che lecita, -Beh,
come ho spiegato anche durante i colloqui, vorrei fare un po’ di esperienza da
sola, senza i miei genitori che mi guardano le spalle. Vedere più realtà e
acquistare più indipendenza e ti assicuro che non è facile, soprattutto quando
hai due papà apprensivi- ripeté guardando distrattamente la città di Domino
farsi sempre più piccola oltre i vetri dell’ascensore.
-Sono
loro, vero?- chiese Lidiya
mostrandole l’ultima fotografia, la più vecchia e stropicciata.
-Sì,
Kaii e Yulian, qui siamo
nel Deserto del Gobi. Si era persa una spedizione di
turisti facoltosi e le mogliettine, in preda all’ansia, hanno chiamato noi per
andarli a recuperare- sorrise Nojiko.
-Scommetto
che i mariti volevano solo liberarsi di loro per un po’ di tempo- insinuò la
bionda.
-Dici
bene mia cara- ripose la guardia del corpo, mentre il sorriso sul suo volto si
allargava.
Il
viso della compagna tuttavia restò neutro, quasi pensieroso, -Comunque, in
questa foto non dimostri sedici anni, sembri molto più piccola… e magra- notò
avvicinando maggiormente la fotografia al naso.
-Infatti
in questa foto ne ho quattordici. Ho avuto molti problemi di salute da piccola,
per questo ho un aspetto così orrendo- spiegò Nojiko
facendo scivolare le mani sotto le maniche della felpa che indossava. Odiava
parlare del suo passato, ogni volta i palmi iniziavano a sudarle senza sosta e non
poteva fare a meno di provare un’irrefrenabile paura.
-Ma
sul tuo curriculum c’è scritto che sei stata adottata a sedici anni- intervenne
Lidiya senza accorgersi dei sentimenti che stava
scatenando nella compagna.
Le
sue parole tuttavia parvero riscuotere la guardia del corpo, che riacquistò la
sua solita compostezza, -Prima ho passato un lungo periodo in affido… sai, non
è stato facile per i miei genitori. Le coppie omosessuali difficilmente
riescono ad adottare un bambino e la strada non è stata semplice- rivelò in
tono neutro.
-Mi
dispiace- disse la bionda sinceramente triste.
Automaticamente
Nojiko portò una mano sulla schiena dell’informatica
per confortarla, -Ora siamo felici ed è questa la cosa importante. Dove mi stai
portando ora?- domandò cercando di sviare l’argomento
verso lidi più spensierati.
-Dalla
Signora Maeda, la segretaria di Seto-sama.
Anche lei ha delle istruzioni da darti- rispose la bionda rimettendo a posto le
fotografie e restituendo la refurtiva.
-So
che può sembrare tutto molto caotico e che le informazioni sono tante, ma ti
assicuro che con il passare dei giorni diventerà tutto più semplice. Tieni il
tablet con le dispense sempre con te e andrà tutto bene- continuò osservando la
guardia del corpo riporre con cura il portafoglio nella tasca interna della
felpa.
-Tranquilla
sono abituata a gestire grosse quantità di informazioni. Per lo meno qui non mi
stanno ancora sparando addosso- ridacchiò Nojiko
sistemando la zip.
-Già,
quasi mi scordavo questo lato del tuo lavoro. A proposito, hai impostato una
password a quell’affare? Non vorrei fare tutta questa fatica ogni giorno, per
poi servire l’azienda a dei criminali su un piatto d’argento- borbottò Lidiya incrociando le braccia al petto in una posizione di
finto rimprovero.
-È
stata la prima cosa che ho fatto. Credimi, non sai quante volte queste
diavolerie elettroniche hanno messo a repentaglio le nostre missioni. Ogni
tanto vorrei solo raccogliere tutti gli smartphone dei clienti e farci un
grande falò- esclamò Nojiko esibendo il tablet
bloccato come uno scudo. Era tutta la mattina che se lo trascinava dietro come un
peso morto e onestamente non vedeva l’ora di liberarsene.
-Non
preoccuparti, con me non avrai questi problemi. Sei in mani sicure- assicurò la
bionda mentre l’ascensore giungeva finalmente a destinazione. Giunte sul
pianerottolo, dovettero passare la consueta carta magnetica e le porte in vetro
si spalancarono senza un rumore.
-Sembra
una seccatura dover dipendere dai badge, ma ti assicuro che è il metodo più
comodo e sicuro per gestire tutta la marmaglia che entra ed esce da qui. Non
sai quante volte, prima che arrivassi io, si sono ritrovati con stupidi
giornalisti a ficcare il naso dove non dovevano- sbuffò l’informatica
guidandola attraverso un breve corridoio dalle pareti di vetro.
Il
Signor Kaiba doveva proprio amare le altezze.
-Finalmente
Lidiya-chan, iniziavo a disperare- li sorprese una
voce dolce poco più avanti.
Le
due sbucarono in un’ampia sala circolare, con diverse piante a ravvivare
l’ambiente e una scrivania solitaria a sorvegliare due porte candide.
-La
visita ha richiesto più del previsto Signora Maeda-
si scusò la bionda avvicinandosi al tavolo stracolmo di carte.
-Non
importa cara. Ti trovo sgargiante come sempre- disse l’anziana andandole
incontro.
-Amo
presentarmi al meglio- rispose l’informatica lasciando che la donna le
lisciasse la gonna e le allacciasse la giacchetta fino alla gola.
La
signora Maeda annuì comprensiva, -Certo mia cara,
prendi pure una caramella- concesse, indicando con un gesto della mano un vaso
di vetro stracolmo di dolciumi. Non del tutto convinta Lidiya
scrutò tra le carte colorate e alla fine scelse un dolcetto gommoso a forma di
orsetto.
Soddisfatta
l’anziana focalizzò finalmente l’attenzione sulla nuova guardia del corpo. -Tu
devi essere Nojiko, dico bene?-
-Sì
signora, piacere di conoscerla- rispose Nojiko
esibendosi in un inchino da manuale.
-Lasciami
dire, che sono un po’ sorpresa di ritrovarmi davanti uno scricciolo come te,
eravamo convinte che ci saremmo trovate per le mani un bel giovanotto- ammise
la donna apprezzando il gesto della giovane. Non erano molti i ragazzi che si
ricordavano ancora delle tradizioni e delle buone maniere.
-Un
bel paio di pettorali sodi non avrebbero di certo guastato. Ormai sono
circondata da uomini flaccidi e mollicci- sospirò Lidiya
affranta abbandonandosi su un angolo libero della scrivania e guadagnandosi
un’occhiata di ammonimento da parte della segretaria.
-Non
è la prima a rimanere stupita signora, ma le posso assicurare che valgo ogni
grammo del mio peso- la rassicurò Nojiko.
L’anziana
annuì con pazienza, -Ne sono certa mia cara, tuttavia, mi chiedo se anche la
sua lealtà è ben riposta- disse guardandola intensamente da sopra gli occhiali
dalla montatura sottile.
Nonostante
lo sguardo penetrante, la guardia del corpo non vacillò, -Potrebbero sembrare
parole vuote, ma mi permetto di dire che in tutta la mia vita ho mancato alla
parola data solo una volta e tutt’ora lo rimpiango- ammise in tono grave.
-Sincera
dunque, molto bene- proseguì la donna in tono serio, -Il Signorino Mokuba e il Signor Kaiba hanno
bisogno di persone forti e giuste al loro fianco. Non ti mentirò dicendo che
questo sarà un lavoro semplice. Sia per le insidie provenienti dall’esterno,
sia per i caratteri frizzanti dei nostri giovani datori di lavoro- la avvisò.
-Farò
del mio meglio- replicò la giovane senza timore. In fondo quello era il suo posto
e si era battuta con ferocia per ottenerlo. Non si sarebbe arresa per nulla al
mondo, aveva degli obiettivi ben precisi da raggiungere.
Davanti
al suo sguardo duro e deciso, il viso della Signora Maeda
si sciolse in un sorriso sincero.
-Scusa
se sono stata severa. Benvenuta nella nostra piccola famiglia, Nojiko-chan. Come ti avranno già anticipato, io sono la
segretaria personale del Signor Kaiba, mi occupo
della gestione della sua giornata, dei suoi spostamenti e dei clienti. Isono ti ha già fornito lo smarphone
con la sua tabella di marcia?-.
La
guardia del corpo annuì con vigore, facendo apparire tra le mani il telefono di
ultima generazione.
-Molto
bene, allora vieni con me. Ci sono molte cose di cui dobbiamo parlare- anticipò
la Signora Maeda invitandola ad avvicinarsi alla
scrivania.
Intuendo
che il suo lavoro era terminato Lidiya accennò un
saluto e si diresse verso l’ascensore ancheggiando, dopo averle promesso che
quella sera avrebbero festeggiato alla villa il suo arrivo.
--- § ---
Il
tempo con la Signora Maeda trascorse veloce e senza
accorgersene Nojiko si ritrovò con le braccia cariche
di nuove scartoffie.
-Forse
è meglio se ti procuriamo uno zainetto, dubito che riuscirai a svolgere bene il
tuo lavoro con tutta quella roba per le mani- ammise la donna con un sospiro
preoccupato.
-Faccia
portare tutto alla villa da qualcuno della Sicurezza. Adesso dobbiamo andare-
esclamò il Signor Kaiba irrompendo nella sala e dirigendosi
a passo spedito alla porta alla loro sinistra, quella che portava al suo
ufficio.
-Ma
siete in anticipo Signore, c’è stato per caso qualche problema?-
domandò l’anziana scattando sull’attenti e affacciandosi sulla soglia
-Assolutamente
Signora Maeda, ma preferisco arrivare prima di quel
ciarlatano- sbottò il presidente alzando il viso e soppesando le due donne che
lo osservavano. Il suo sguardo di ghiaccio si soffermò su Nojiko
con disappunto.
-Falla
cambiare. Sarà un pugno nell’occhio con quei vestiti e non voglio più vedere
quella mascherina. Se infetta Crawford tanto meglio- ringhiò cominciando a
raccogliere una serie di carte per riporle nella ventiquattrore.
La
ragazza si indignò, non era affatto vestita male, aveva solo tentato di essere più
anonima e discreta possibile. In fondo il suo ruolo era di difendere e
prevenire, non certo di spiccare in una sfilata di moda!
Portava
una morbida felpa nera e dei pantaloni scuri, trattenuti in vita da una spessa
cintura del medesimo colore, mentre ai piedi facevano mostra di sé due stivali
che le arrivavano a metà polpaccio. Le calzature avevano una suola spessa e
robusta e nascondevano due dei cinque pugnali che era solita portarsi appresso.
L’unico vezzo che si concedeva, era la catenina d’argento che le avevano
regalato i suoi genitori.
-Vieni
cara, ho già preparato tutto- la distrasse la Signora Maeda
portandola verso l’altra porta presente. Si trattava di una piccola stanza
piena di scaffali che partivano dal pavimento ed arrivavano al soffitto. Ognuno
di essi era stracolmo di scatoloni e porta documenti, divisi per anno e ordine
alfabetico. Una sola occhiata a quel posto, fece venire alla nuova guardia del
corpo un fastidioso senso di claustrofobia, e arricciò il naso infastidita.
-Quando
mi hanno confermato la tua assunzione mi sono preparata il meglio possibile, ma
in un prossimo futuro dovrai farti prendere le misure per il set di divise che
ti spetta- la informò la segretaria indicandole due custodie per abiti appese
con cura sullo scaffale davanti a loro.
-A te
la scelta cara, ti aspetterò qui fuori. Cerca di non metterci troppo tempo,
quando si parla di Crawford il Signor Kaiba diventa
più nervoso del solito- disse la donna prima di chiuderla dentro quel postaccio.
Rimasta
sola, Nojiko inspirò lentamente, odiava gli spazi
chiusi, angusti e senza finestre, la facevano sentire in trappola.
Preferiva
di gran lunga stare all’aria aperta, dove il sole è in grado di scaldarti la
pelle e il vento soffiarti sul viso. Pensò ai campi di grano che una volta
aveva visto in Italia, nell’isola chiamata Sicilia, alla sensazione delle
spighe sotto le mani e alla terra brulla che scricchiolava sotto i suoi piedi,
ed espirò.
Poi,
con un unico gesto fluido, aprì la prima custodia e trovò una giacca nera,
abbinata ad una gonna aderente dello stesso colore, il tutto completato una
camicetta bianca con inquietanti trasparenze. Storse il naso ancor prima di
vedere gli stiletti che completavano l’out-fit. Se il
Signor Kaiba intendeva morire giovane, quella
sicuramente era una buona strada.
Angosciata
aprì la seconda zip e guardò dentro aspettandosi di peggio, ma dovette
ricredersi. Un paio di pantaloni a palazzo blu zaffiro con giacca abbinata non
erano così male, dopo tutto.
Senza
perdere tempo si cambiò d’abito e si catapultò fuori dallo stanzino giusto in
tempo per vedere il Signor Kaiba varcare la soglia
del proprio ufficio.
Automaticamente
il suo corpo assunse una posa marziale, in attesa di un giudizio, che non tardò
ad arrivare.
-D’accordo,
sei presentabile- sentenziò il presidente degnandola appena di un’occhiata
prima di fare cenno di seguirlo.