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Autore: AleDic    24/04/2020    1 recensioni
[Canonverse ǀ What if? ǀ Odazai]
Prima che possa dire qualsiasi altra cosa, è Oda a rompere il silenzio.
«Io volevo diventare uno scrittore».

{Storia scritta per l'event "Tana Libera Fill WEEK" indetto dal gruppo We are out of prompt su Facebook}
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Angst, Sentimentale.
Avvertimenti: What if, OOC per Dazai, sono sicura, chiedo venia.
Rating: Verde.

Contesto: episodio 4 della 2° stagione/novel Dark Era.
Personaggi: Osamu Dazai, Oda Sakunosuke
Pairings: Odazai.
N/A - Note dell'Autrice: Di ritorno sul fandom con una misera OS che è più uno sfogo che altro. Mi metto le mani nei capelli per la gestione di Dazai, infatti metto l’avvertimento OOC perché sono CERTA di non averci preso proprio. Mi dispiace anche per il titolo, non sono riuscita a trovarne uno decente. Se qualcuno avrà pietà di leggere la storia avrà tutta la mia ammirazione (e un grande abbraccio virtuale).

 

Alla prossima

Ale

 

 

 

 

 

 

 

 

Oltre la linea

 

 

{ 829 parole }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il fumo ancora si alza nel cielo in una grossa nube nera che oscura la vista. Intorno, la gente si è riversata come un’onda, auto e poliziotti che cercano di tenere alla larga civili e giornalisti, pompieri impegnati a spegnere le fiamme e ripulire quello che resta.
Dazai è consapevole di tutto questo solo in parte, un sottofondo di realtà che ha importanza solo in correlazione con l’uomo a pochi passi da lui – immobile e pallido, stagliato contro il grigiore che ha davanti (un mondo che scorre sbiadito come se andasse a una velocità diversa dalla vostra), pare un fantasma mentre anche lui comincia a sfocare, infine arreso a farsi risucchiare in quello spettro vitreo.
Per la prima volta nella sua vita, ha paura.

 

Nonostante la distanza dal punto dell’esplosione, si respira cenere. Quando parla, Dazai può quasi sentirne il sapore in bocca, la gola comincia a bruciargli per ogni sprazzo di fiato che gli fuoriesce dalle labbra.
Non importa. Niente di tutto quello ha importanza. L’unica cosa che conta è la figura a un metro da lui – così vicina e mai più distante di allora.
«Odasaku».
Si rende conto a malapena che la voce gli tremi.
«Ti prego, non andare».

 

Oda continua a dargli le spalle. Vorrebbe dirgli di voltarsi, ma è più facile senza guardarlo negli occhi.

(È così che scopre di essere un codardo. Non che conti in qualche modo quali siano i suoi aspetti morali. È la sua mente l’unica misura di giudizio che abbia mai avuto. Ma c’è poco di razionale in quel momento. E non ce n’è alcuno nel terrore che lo sta avvinghiando.)

 

 

Prima che possa dire qualsiasi altra cosa, è Oda a rompere il silenzio.
«Io volevo diventare uno scrittore».

 

Quelli non sono loro. Almeno, non lo sono mai stati, fino ad allora. Hanno sempre parlato tra loro e mai di loro. C’è sempre stata una linea invisibile tracciata che nessuno dei due ha mai voluto (o avuto il coraggio) oltrepassare – Dazai è abituato alle linee di confini invisibili, lui vive dietro a miliardi e miliardi di esse. Nessuna di loro gli è mai sembrata così orribile come quella che adesso lo separa da Oda.
«Pensavo che avrei perso il diritto di farlo, se avessi ucciso ancora. Ecco perché ho smesso».

 

Sa che è Oda a parlare solo perché conosce la sua voce quanto la propria: il suono che gli arriva alle orecchie è atono. Freddo. Vuoto.
(È la voce di uomo già morto.)

 

È tutto sbagliato. Sente quella sensazione scorrergli nelle vene e lasciargli in bocca un sapore marcio. Non doveva andare così. Non deve andare così.

 

 

«Puoi ancora farlo».
Ora è la sua, di voce, che quasi non riconosce.
(C’è sempre stata quella nota spezzata nella sua tonalità? Ha mai detto qualcosa temendo che gli sarebbe mancato il respiro da un momento all’altro? Non importa.)

Continua a parlare. Fermalo. Continua a parlare.

«Non hai ancora ucciso nessuno. Non è troppo tardi. Non è troppo tardi».

(Non può finire così.)

 

«Non ha più importanza ora».
Oda continua a dargli le spalle. Non si è allontanato, ma Dazai capisce che non sta funzionando. Ha quasi varcato completamente la linea dall’altra parte. Basta che faccia un solo passo e lo perderà per sempre.
«Ti prego».
È lui, allora, a varcare una linea.
«Se ora vai da Gide…»
È qualcosa di abnorme e insieme talmente misero che non sa se definirlo coraggioso o patetico.
«… Se decidi di andare, consapevole che morirai…»
Un uomo che mette in gioco tutto o un disperato che non vuole sentire ragioni?
«… Sarò io. Sarò io la prima persona che ucciderai».

 

Pronuncia quella parola spezzato, la voce tremante e affannata, quasi stesse già esalando l’ultimo respiro.

 

 

Oda resta immobile. Non c’è un sussulto, in lui, un tremito, nulla che possa suggerire a Dazai quale reazione abbiano suscitato le sue parole – se ne abbiano suscitato qualcuna.

(Ti prego, si ritrova a pensare, inerme. Non andare, non andare, non andare.)

Finalmente Oda riprende a muoversi. Piega leggermente il collo all’indietro, alzando il volto al cielo. Dalla sua posizione Dazai non riesce a vedere il suo viso. La sua espressione.
Una parte di lui ne è sollevata. Comincia ad avere la nausea.

 

«Alla fine c’è l’ho. Un rimpianto. Avrei dovuto farlo tempo fa».


Dazai non ha idea se stia parlando con lui o a se stesso. La distanza tra loro adesso è piena di un vuoto abissale, oltre la linea da cui nessuno può più raggiungere nessuno. A chi può rivolgersi un cadavere vivente?

(Vale lo stesso per lui, dopotutto.)


«Avrei voluto varcarla io, quella linea».

 

Ed è così che sa che ha la sua risposta.
Un disperato che ha perso la ragione: alza una mano, getta un ultimo grido, cerca di afferrare qualcosa che già non c’è più.

Non c’è niente in questo mondo che valga la pena di allungare una vita di sofferenze, non è così?

«Odasaku!»

La figura fantasma fa un passo in avanti, svanendo nelle tenebre.

   
 
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