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Autore: _stfu_    24/04/2020    2 recensioni
Avrebbe preferito non toccarlo, era di nuovo così debole, come un animale impaurito che trema accovacciato nella sua tana in attesa che il pericolo sparisca; aveva paura che perfino sfiorarlo con una piuma avrebbe potuto mandare in frantumi il corpo, la mente e lo spirito di Leo Tsukinaga.
[Leggeri riferimenti al Checkmate e a Lionheart]
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izumi Sena, Leo Tsukinaga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La luna era alta sopra le case di quella tranquilla periferia giapponese vicino al mare, e insieme alle stelle illuminava il cielo notturno. Il suo bagliore candido e freddo, nonostante la sua bellezza, non presagiva niente di buono, e il silenzio regnava.

Una tenue luce trapelava dalle tende tirate di una stanza al primo piano di una piccola villa anonima, come tante ce n'erano in quel quartiere.

Leo era chino su una serie di fogli sparpagliati a terra, la maggior parte dei quali erano stati abbandonati a loro stessi già da tempo, gli spartiti pieni di segni e scarabocchi incompleti, inutili. Ma nonostante tutto il leader dei Knights continuava, senza fermarsi, nel suo tentativo di uscire da quella fastidiosa e opprimente situazione di stallo.

Izumi aveva perso il conto di quante ore fossero passate da quando quel ragazzo aveva annunciato di aver avuto una delle sue solite brillanti ispirazioni e si era messo a comporre direttamente per terra. 

Ispirazione che però doveva in qualche modo essergli sfuggita subito dopo, come fumo tra le dita, impalpabile e impossibile da catturare. 

Quello però era sempre stato un genio e, sebbene vederlo così non potesse che riportargli alla mente ricordi spiacevoli di un passato non troppo lontano e che ancora faceva male, aveva deciso di non intromettersi, di lasciarlo stare e di avere fiducia in lui, come sempre aveva fatto.

Dall’ultima volta che aveva guardato l’ora sullo smartphone erano passati altri 47 minuti, mancava poco allo scoccare delle tre, e a quel punto non sapeva se essere più stanco, affranto o irritato dalla situazione.

Avrebbe dormito volentieri, il sonno era fondamentale per la pelle; ma in quella situazione particolare era fuori discussione e certo non poteva cacciarlo di casa. Non tanto per educazione, non gli era mai importato molto di quel genere di questioni, ma perché aveva la certezza che l’altro si sarebbe buttato da qualche parte per strada incurante dei possibili pericoli, per rincorrere l’ispirazione fuggevole  e cercare di finire quello che aveva iniziato, o peggio ancora, abbandonarsi alla depressione.

Con un sospiro più pesante degli altri si sistemò meglio contro il cuscino che aveva dietro le spalle, quanto meno sdraiato sul letto non poteva dire di essere scomodo. 

Gli avrebbe concesso ancora mezz’ora, non di più.

Leo continuava a scrivere e cancellare, ancora e ancora, riempiendo i pentagrammi di rigacce scure e marcate, mentre la mina della matita che teneva in mano si consumava irrimediabilmente sempre di più.

Izumi dalla sua posizione, le cuffie nelle orecchie con la musica per evitare tutti quei rumori di sottofondo che rischiavano solo di farlo irritare più di quanto già non fosse, vedeva muoversi solo la testa del ragazzo; ogni tanto la alzava come se un'idea geniale lo avesse improvvisamente colpito, altre volte la scuoteva con desolazione e rammarico, come se fosse ormai in procinto di rinunciare e fermarsi. Magari si era reso conto anche lui che non aveva senso continuare a quel modo, che una persona normale avrebbe lasciato perdere e si sarebbe rimessa a lavorare a mente fredda, ma QUELLO non era una persona normale. 

Era stupido e testardo quel Re, e pieno di orgoglio, come sempre era stato quando si trattava del suo genio. 

Avrebbe potuto dirgli qualcosa, ma con la consapevolezza di venire ignorato sarebbe stato fiato sprecato. 


 





Mentre ancora pensava a cosa dire, sull’ipod partì una vecchia traccia registrata anni prima. Quella che sentiva era una voce conosciuta, era la sua voce ancora acerba che unita a quella di Leo era intenta a cantare una vecchia canzone che l’idiota aveva composto per lui. Apparteneva ad un periodo felice, quando ancora tutto andava bene e il loro rapporto sembrava solido, sano e apparentemente indistruttibile.

Ma si sa che le cose belle non possono durare in eterno e, come fiori secchi che se mal conservati si sgretolano, anche Izumi e Leo  finirono per distruggersi, per separarsi completamente, convinti che quella fosse l’unica maniera per poter difendere l’uno dall’altro.

Quella melodia gli fece tornare alla mente quando all’inizio dell’anno era andato a cercarlo per faccende scolastiche, e
come lo aveva trovato: completamente abbandonato a sé stesso, irriconoscibile. A stento poteva vederci il Leo che era stato un tempo suo Re e Leader. Si era totalmente chiuso, era diventato un guscio vuoto e senza luce. E allora aveva giurato a sé stesso che non avrebbe mai più lasciato accadere una cosa simile; avrebbe cercato in tutti i modi di difendere quella fragilità, quella purezza che aveva imparato ad apprezzare.
 


 





Era il suo prezioso alfiere, oltre che era suo amico.
 


-Ou-sama.

Alla fine di quella registrazione Izumi si tolse le cuffie, rompendo il silenzio opprimente che si era creato nella stanza con la sua voce dal tono come sempre irritato, ma che allo stesso tempo celava, difficile da cogliere, una nota di preoccupazione.

-Prendi le cose, andiamo in un posto migliore. 

 Disse alzandosi senza neanche più guardarlo, concentrato su quello che pareva essere il suo nuovo obbiettivo.

Nel giro di pochi attimi aveva recuperato i due caschi per la moto che avevano usato per tornare da scuola quella stessa sera. 

Come poteva immaginare, quell’altro non lo aveva minimamente ascoltato. 

Era davvero irritante. 

Avrebbe preferito non toccarlo, era di nuovo così debole, come un animale impaurito che trema accovacciato nella sua tana in attesa che il pericolo sparisca; aveva paura che perfino sfiorarlo con una piuma avrebbe potuto mandare in frantumi il corpo, la mente e lo spirito di Leo Tsukinaga.

Ma nonostante tutto decise di non commettere lo stesso errore dell’anno precedente; non sarebbe rimasto di nuovo a guardare l’amico andare a fondo. 

Non l’avrebbe più permesso.

Mise un blocco di fogli e una manciata di matite nella prima borsa che trovò a portata di mano e la consegnò all’altro ragazzo, che dal canto suo non aveva ancora spiccicato parola, allora lo prese per un braccio, strattonandolo e costringendolo ad alzarsi. 

Incontrò il suo sguardo e solo allora si rese conto di quanto era davvero distrutto, gli occhi rossi e lividi, gonfi per quello che probabilmente era stato il pianto silenzioso di un re che nonostante tutte le ferite e le sconfitte, conserva ancora il suo orgoglio.


-Andiamo. 

Probabilmente casa mia non è il luogo migliore per la tua ispirazione, ne cerchiamo insieme un altro che ti piaccia di più, all’aperto. 

Usò un tono di voce a lui solitamente estraneo, che denotava una calma che neanche lui sapeva di possedere, mentre gli metteva il casco, facendo attenzione ad allacciarglielo per bene. 

Lo prese poi per mano, e uscendo silenziosamente montarono in sella alla moto di Izumi. 

-Va tutto bene, tieniti a me e se vedi un bel posto e vuoi che mi fermi basta che me lo dici. 
Ti porterò anche dall’altra parte del Giappone se necessario, hai capito, vero?

Leo finalmente accennò una risposta, facendogli di sì con la testa in un movimento quasi impercettibile, reso solo più evidente dal casco che un po’ largo dondolava appena in avanti e indietro.

Era tutto quello che Izumi voleva e aspettava.

Per un istante, inoltre, era convinto di averlo anche sentito parlare in un sospiro leggerissimo.

Un Grazie, Sena che però era stato coperto dal rombo di avvio del motore della motocicletta.
 
 
 
 
 
 
 
 


 
  
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