Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Rosmary    25/04/2020    12 recensioni
{Prima classificata a pari merito a Il contest delle prime volte indetto da inzaghina.EFP sul Forum di EFP | Solo per i lettori di Paradiso perduto: spoiler alert sino al Capitolo Tredici della longfic}
Molly ha undici anni, tante aspettative e un’eredità familiare con cui convivere. Le mura in pietra di Hogwarts, vissute per la prima volta, possono essere sia casa che prigione.
“E se non mi piacesse stare lì?”
“Ti riporteremo a casa in sella a uno dei draghi allevati da zio Charlie.”
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Sirius Potter, Louis Weasley, Molly Weasley Jr, Roxanne Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Paradiso perduto'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I personaggi presenti in questa storia sono proprietà di J.K. Rowling; la oneshot è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
La oneshot è anche un missing moments di Paradiso perduto (nel caso, il racconto contiene spoiler per chi non ha letto sino al Capitolo Tredici), ma può essere letta come storia a sé, che inizia e finisce in queste pagine.



U N A   V I T A   S E N Z A   I M P O R T A N Z A
 
«Guardatemi così
come una
vita
ruggita
in una
strada
e ricordata.»
 
*
 
Settembre 2016
 
L’Hogwarts Express pullula di studenti già affacciati ai finestrini, il suo vapore inumidisce l’aria e la banchina che dà sui binari non è altro che una macchia fatta di persone e bagagli.
L’undicenne dagli occhi castani e i lunghi capelli rossi stretti in una treccia continua a mordicchiarsi le labbra e a osservare con viva curiosità un’immagine che, se ne accorge solo ora, ha tinte straordinariamente familiari. Ciò nonostante, avverte una sconosciuta sensazione agitarsi dentro di lei – sa di nuovo e tensione, un miscuglio male assortito che la convince a mordicchiare anche le unghie.
“E se non mi piacesse stare lì?”
È un pigolio, Molly si accorge di averlo farfugliato senza smettere di triturare l’unghia dell’indice con gli incisivi.
Percy Weasley, gli occhiali cerchiati di corno calati sul naso e i corti capelli ancora folti, si cala all’altezza della primogenita, le regala un gran sorriso e le stringe bonario il naso tra le dita, rubandole una risata.
“Ti riporteremo a casa in sella a uno dei draghi allevati da zio Charlie.”
“E andremo in Romania?”
“Certo, e poi ovunque vorrai.”
Molly curva le labbra carnose in un sorriso, rasserenata dalla loro personalissima favola della buonanotte, fatta di avventure mirabolanti in luoghi che le appaiono mitici tanto li avverte lontani.
“Ti troverai bene, Hogwarts ti arricchirà,” riprende Percy. “E poi non sei sola, ci sono i tuoi cugini, e ci siamo noi a casa che aspettiamo solo le tue lettere.”
“Ma se non mi piacesse,” insiste, “potrei tornare a casa?”
Percy, uno sguardo all’orario, decide di rivolgerle un assenso rassicurante. Poco dopo, Molly è stretta nell’abbraccio dei genitori, in quello ritroso della sorellina di sei anni – offesa perché convinta che la maggiore abbia scelto di abbandonarla – e poi in quello caotico della folla, entro cui si tuffa per affidare i bagagli a chi di dovere e oltrepassare per la prima volta il limitare della banchina.
Anche l’interno dei vagoni del treno è come l’ha sempre immaginato: pieno zeppo di studenti che cercano uno scompartimento libero e colmo di vociare eccitato. In fondo, si dice, non sembra così male.
Muove qualche passo incerto, sbirciando con discrezione negli scompartimenti alla ricerca di visi noti. Ha perso di vista i cugini nell’istante in cui ha chiesto alla madre di controllare ogni valigia nel timore di aver dimenticato qualcosa – avrebbero potuto aspettarmi si dice. Tuttavia non fa in tempo a insistere su questi pensieri che una ragazzina della sua età, la carnagione scura e i ricci capelli neri, si sbraccia per salutarla e la raggiunge correndo, rischiando di franarle addosso e far cascare entrambe a terra.
“Roxanne, attenta a dove metti i piedi,” borbotta Molly.
“Buon compleanno,” esclama l’altra in risposta. “Dov’eri? Ti ho cercata ovunque.”
“Grazie, fuori… Cioè, ero ancora con mamma e papà,” risponde alla cugina. “Dov’è Louis?”
“In uno degli scompartimenti in fondo, è con James.”
“Menomale, così non dobbiamo cercarne uno noi.”
Roxanne esibisce un sorriso di circostanza e con un cenno del capo indica a Molly una terza ragazzina, impegnata in chissà quali ragionamenti e tutta rossa in viso.
“Ti ricordi di Amanda? L’hai conosciuta al mio compleanno,” dice Roxanne.
Molly si stringe nelle spalle, non ricorda granché l’amica della cugina e non capisce perché questo debba avere importanza ora.
“Non vuole sedersi con Louis e James,” continua Roxanne. “Si vergogna,” aggiunge ridacchiando.
Molly osserva Amanda arrossire ancora di più e fare una buffa smorfia offesa, tuttavia decide in fretta che non le importa niente del suo imbarazzo e che ha tutta l’intenzione di raggiungere Louis, motivo per cui saluta la cugina e si avvia in fondo, trovando senza troppo sforzo lo scompartimento scelto dal primogenito di Harry Potter e dall’ultimo dei Weasley-Delacour.
Quando si affaccia senza invito, sorprende i cugini seduti spalla contro spalla, impegnati a leggere un fumetto.
“Grazie di avermi aspettata.”
Louis e James sobbalzano all’unisono, e se il secondo alza gli occhi al cielo, il primo esibisce un gran sorriso.
“Sapevo che mi avresti trovato,” ribatte quieto Louis. “Buon compleanno, Molly! Non è eccitante festeggiare proprio oggi?”
“Per un giorno non sei rimasta a casa,” celia impudente James.
“In verità è strano,” risponde lei. “Che fai?”
Louis, la testa immersa nello zaino di James, riemerge un attimo dopo e anziché risponderle le porge un pacchetto incartato con cura. Molly sorride prima ancora di scartarlo, ritrovandosi tra le mani un kit prendi-appunti rosso e oro.
“Siamo tutti Grifondoro, ne sono sicuro,” chiarisce Louis, prima ancora che lei possa esternare il dubbio. “Guarda, c’è anche la raccolta di figurine con tutti i Grifondoro famosi!”
Molly si lascia trasportare volentieri dal buonumore del cugino anglo-francese, sfogliando una dopo l’altra le figurine dell’esclusiva collezione. Si adombra per un fugace istante solo nel constatare che assieme agli zii Ron, Hermione e Harry non vi siano anche i propri genitori, ma non ci riflette molto: in fondo è una bella collezione, e anche il kit è bello – spera solo di non dover cambiare colori.
Non ha mai riflettuto seriamente sulle Case di Hogwarts. Sua madre è stata una Corvonero, ma chiunque altro in famiglia ha indossato la divisa Grifondoro – sembra essere naturale per un Weasley ritrovarsi nella Casa degli ardimentosi. Eppure lei non crede di sentirsi molto ardimentosa, non è neanche sicura di aver capito cosa significhi questa parola – l’ha cercata sul vocabolario, però, giusto per capire meglio, o almeno un po’ di più.
A tirarla via dai pensieri – e a informarla che Louis ha ripreso a leggere il fumetto con James – è un ragazzino che crede di aver intravisto qualche volta alla Tana: ha i capelli biondo sporco e un sorriso sbilenco – è carino, un pensiero che ingoia in fretta.
Nessuno si premura di presentarla, comunque, rendendola spettatrice invisibile di uno scambio di battute tra lui e James, mentre Louis mette su una smorfia di plateale fastidio.
“Lys è con Ariana, torno da loro,” dice a un tratto il ragazzino, che a quanto pare si chiama Lorcan ed è il figlio di quell’amica degli zii con gli orecchini strani. “Ci vediamo alle barche.”
“Perché non molli tuo fratello?” insiste James. “Qui c’è posto.”
“Jamie, lascialo andare dal fratello,” si intromette Louis.
Molly coglie una certa insofferenza anche in Lorcan, ma lo vede incassare e continuare a parlare con James.
“Dov’è Rose? Non la trovo.”
“Come dov’è?” chiede stranito James. “A casa.”
“A casa?”
“L’ho detto che è scemo,” biascica Louis. “Non ha undici anni.”
“Lei inizia l’anno prossimo,” completa James. “Ti siedi, allora?”
Lorcan rifiuta con un sorriso, e Molly pensa che avrebbe voluto dirgli almeno piacere di conoscerti quando ormai si è lasciato il loro scompartimento alle spalle.
È una brutta sensazione, questa che sente, ma non riesce a darle un nome. Sa solo che non è carino essere ignorata, né è carino osservare Louis balzare in piedi e trascinare James al finestrino per ammirare il Castello di Hogwarts che s’intravede in lontananza.
“Molly, guarda anche tu.”
Ma lei declina l’invito di Louis senza neanche rifletterci, seppure tenda un po’ il collo per sbirciare – perché sì, vuole guardare anche lei, però non dopo, non per ultima.
Ciò che vede, però, è un colpo di spugna che cancella tutto e la convince a ritrattare l’ostinata posizione assunta.
Hogwarts non è come l’ha immaginata.
Né come l’ha vista nelle fotografie di famiglia – è imponente. Ed è maestosa, bellissima, in qualche modo sa di casa nonostante non vi abbia mai abitato. Le torri del Castello svettano sino a toccare il cielo, o almeno così le sembra, il lago è un manto nero senza fine, le luci delle torce somigliano a una corona splendente sul capo di un sovrano silente.
Spiaccica il visino contro il vetro, imitando senza averlo voluto i due cugini, con gli occhi vivi di aspettativa e i muscoli scossi dall’adrenalina.
Si accorge che il viaggio è durato un battito di ciglia quando degli studenti più grandi, Prefetti a giudicare dalle spille, si affacciano nello scompartimento e li invitano a indossare le divise.
Molly arrossisce un po’ quando James e Louis le dicono di uscire per dar loro modo di svestirsi, ma lei incurvando il mento all’insù dice di aver diritto alla precedenza.
“Perché è il mio compleanno,” puntualizza.
Non sa quanto tempo trascorra dall’istante in cui ha indossato la divisa scolastica a quello in cui si ritrova tra le mura secolari della scuola, sperduta in una folla di coetanei al centro della Sala Grande in attesa che Neville Paciock – no, il vice Preside si corregge – chiami il proprio nome.
Si guarda attorno con occhi un po’ spauriti e istintiva si avvicina a Louis, che le rivolge uno sguardo incoraggiante e le stringe la mano sudaticcia.
È un’usanza barbara – ma chi l’ha inventata? – questa di essere obbligati a uno smistamento pubblico. Quello sgabello, poi, le sembra davvero troppo alto per sperare di non dover saltellare per sedervisi. O forse è la prospettiva, chissà, ci sono questi gradini da salire per raggiungere la terribile meta.
Perché in pubblico?
L’ansia le concede una piccola tregua solo quando la Sala ammutolisce di colpo. Avverte una strana adrenalina nell’aria, persino gli insegnanti le sembrano più coinvolti, e non c’è uno sguardo che non osservi curioso – o avido? – il Cappello calare sulla testa di James, il primo tra i cugini a essere smistato. Dovrebbe essere felice per lui quando a spezzare il silenzio è la parola Grifondoro e un tripudio capace di far vibrare le mura di pietra, lo sa, ma dentro di sé percepisce una scomoda irritazione che spazza via ogni gioia, acuita dal coro eccitato che intona Potter e che le percuote i timpani.
Intontita dal subbuglio sconosciuto, si avvicina ancora di più a Louis, cercando riparo nella sua presenza. Tuttavia trema ugualmente quando il professore arriva alla lettera del proprio cognome, avvertendo una dolorosa fitta allo stomaco quando chiama Weasley per la prima volta. Sente un grande mormorio attorno a sé, e un vuoto che s’ingigantisce man mano che Louis sfila sicuro sino all’insegnante. Il Cappello Parlante non indugia che pochissimi secondi sulla sua testa prima di gridare Grifondoro – e il boato è forte, molto, più di quelli che lo hanno preceduto, eppure incapace di eguagliare quello che ha accolto James.
Consapevole di essere la prossima in lista, cerca con lo sguardo il cugino anglo-francese, ma è costretta a vederlo correre proprio da James, del tutto dimentico di lei.
“Molly Weasley.”
Serra le labbra secche – intorno, di nuovo il mormorio e di nuovo l’attesa.
Accidenti.
Neville Paciock le rivolge un sorriso rassicurante e lei crede sia meglio guardare solo il professore e dimenticare di essere dinanzi a centinaia di occhi.
Riesce a sedersi senza dover saltellare – almeno questo – e trattiene il respiro quando il Cappello cala anche su di lei. Sussurra cose che non capisce, ripete devi sbocciare e lei è colta dal desiderio di dire allo stupido straccio di non essere certo un’erbaccia. Tuttavia, è sufficiente una semplice parola a smorzare l’irritazione sino a farla svanire del tutto: Grifondoro.
Si accorge di aver smesso di respirare solo quando schiude le labbra per sorridere. Cullata dall’acclamazione dei compagni di Casa, raggiunge svelta Louis, che la accoglie con un orgoglioso te l’avevo detto.
Subito dopo a raggiungerli è Roxanne, una delle ultime a essere smistata. Ciò nonostante, a quel tavolo nessuno dedica più attenzione alla manciata di undicenni ancora in attesa, sembra anzi che tutto l’entusiasmo sia stato calamitato dagli occhi blu di James, dai suoi capelli neri, da aspettative non pronunciate a voce alta.
Non capisce.
James non è niente di che. È stato persino l’ultimo a compiere magie spontanee – alla veneranda età di cinque anni e mezzo –, non c’è davvero motivo di accoglierlo con tanti onori.
Potter.
È questa, se riflette, la parola ripetuta con più insistenza – un cognome, un lasciapassare –, ma ancora non le è chiaro perché faccia la differenza.
Ciò che le è chiarissimo ore dopo, però, è che Louis ha deciso di diventare lo studente più chiacchierato del primo anno: se così non fosse, ora non sarebbe in piedi su una poltrona della Sala Comune, impegnato a raccontare assurdità su quella che millanta essere la sua discendenza. Ad ascoltarlo, nota, c’è l’intero primo anno e persino qualche studente più grande.
“Non puoi essere metà Veela e metà mannaro, non è possibile,” interviene qualcuno.
“Se fossi metà mannaro, dovrebbero farti dormire da solo,” precisa qualcun altro.
“Invece è così,” insiste vanesio Louis. “Mio padre da ragazzo è stato ferito da un lupo mannaro e mia madre ha sangue Veela, se non ci credete aspettate la Luna Piena.”
“E che succede durante la Luna Piena?” chiede scettica una terza voce.
“Potrebbe trasformarsi,” interviene James. “Non succede sempre, è per questo che è pericoloso.”
“Ecco, Jamie lo sa,” s’accoda Louis. “Lui mi ha visto.”
“Mi ha quasi sbranato una volta,” prosegue James. “E poi mangia carne cruda.”
“Vero anche questo. Non sempre, ma solo perché fingo di essere come tutti.”
“Se è così, allora mangia la carne cruda davanti a tutti,” provoca un altro ragazzino.
“È una sfida?” chiede James. “Perché se è una sfida decidiamo le regole.”
“Che regole?”
Ma James anziché rispondere tira giù Louis dalla poltrona e gli indirizza un’occhiata che fa sogghignare entrambi.
“Se io mangio un pezzo di carne cruda,” dice Louis, “tu ceni in mutande.”
Lo sfidato, che Molly capisce chiamarsi Dean, boccheggia perplesso, una frazione di attimi di troppo che sembra convincere in molti a credere alle fandonie messe in fila dai cugini. Annoiata dall’inutile trambusto, pensa bene di raggiungere il proprio dormitorio, accorgendosi quando è ormai a un passo dalla porta della stanza designata di avere Roxanne e la sua amica Amanda alle proprie spalle.
“Siamo in camera insieme,” esulta Roxanne. “Vieni, Molly, non ti ho ancora dato il mio regalo!”
“Ma è sul serio mezzo mannaro e mezzo Veela vostro cugino?” chiede Amanda, mentre chiude la porta.
“No,” risponde Molly. “È solo un po’ Veela, ma non so che significa.”
“Però è scemo per intero,” dice ridacchiando Roxanne.
Amanda si stringe nelle spalle e a Molly sembra poco convinta, ma ancora una volta la cosa non le interessa, così si siede sul letto, apre la valigia dei regali e sparpaglia tutto sulla coperta, dove Roxanne la raggiunge stringendo tra le mani una scatola dalla carta regalo tutta stropicciata e un po’ strappata. Molly l’accetta ridendo e incitata dalla cugina strappa via tutto, sbarrando gli occhi a metà tra lo stupore e l’offesa nel rendersi conto che le ha regalato una scorta di merendine marinare.
“Ma che intenzioni hai?”
“Beh, per quando vogliamo dormire,” spiega Roxanne. “Ti piace? È utile!”
Molly vorrebbe dirle che non ha nessuna intenzione di ficcarsi in qualche guaio, ma Amanda che si riavvicina con un piccolo cofanetto dorato la zittisce e incuriosisce.
“Me l’ha comprato mamma stamattina,” dice Amanda. “Ma visto che è il tuo compleanno lo regalo a te.”
Le sorride garbata e Molly si convince che sia un modo per fare amicizia. Forse c’è lo zampino di Roxanne, o forse no, fatto è che non le dispiace l’idea di essere in buoni rapporti con le compagne di stanza, così accetta il regalo improvvisato, sorridendo contenta nello scoprire che si tratta di uno di quei braccialetti immortalati su tutte le riviste di moda.
“Piace anche a me,” trilla Roxanne. “Voglio provarlo.”
“Domani scrivo a mamma, le dico di comprarne altri due.”
A Molly non sembra una grande idea avere cose identiche – già sente le risate schernitrici di Louis –, ma abbozza comunque un assenso, e tra regali, dolci e tante parole sul primo giorno di scuola la notte scorre via rapida e la sveglia del mattino la sorprende addormentata tra regali scartati, con un piede di Roxanne pericolosamente vicino alla bocca e Amanda sull’orlo del materasso, a un passo dal cascare a terra.
Che pasticcio pensa con un filo d’ansia.
I suoi genitori le hanno spiegato che sono gli Elfi a riordinare le camere, ma teme che loro tre abbiano seminato sin troppo disordine per sperare di non essere rimproverate. Con uno sguardo agli altri due letti, si rende conto di non ricordare affatto i nomi delle restanti compagne di stanza – le ha incrociate per un rapido istante, forse le ha sentite borbottare qualcosa su Weasley e Potter e poi le ha viste rintanarsi nei loro baldacchini.
Non le importa, ecco. L’importante ora è mettere un po’ d’ordine, cacciare Roxanne e Amanda dal letto e rendersi presentabile per la colazione.
Il primo giorno è andato si dice.
E come riesca ad andare anche buona parte della seconda settimana in uno sbatacchiare di palpebre proprio non lo sa.
Hogwarts è caotica, e non perché troppo popolata, ma perché animata – c’è vita nei corridoi che percorre, vita nel soffitto che osserva, vita nelle pareti che la proteggono. Una vita che sembra staccata dal mondo, in cui tutto è diverso da come lo ha sempre conosciuto e dove abitano sensazioni nuove che alle volte crede di non sopportare.
Come il fastidio.
Non ricorda di esserne mai stata particolare vittima, eppure in ogni angolo, in ogni viso, in ogni sussurro incrocia strascichi in grado di infastidirla – come granelli di sabbia bagnata che s’appiccicano ai piedi, alle caviglie, alle gambe, e non vanno più via. E come quei granelli il suo fastidio è subdolo: nessuno vi presta troppa importanza e tutti credono che sia sufficiente un po’ d’acqua per mandarlo via – ma non è così.
È un fastidio radicato dentro e nutrito da verità di cui ha ignorato l’esistenza, come l’importanza di essere una Weasley, il privilegio di essere un Potter, l’ignominia di appartenere al rango peccatore di una famiglia perfetta.
Non sono trascorsi che pochi giorni da quando ha messo piede in questo Castello, ma già avverte una disparità irritante tra se stessa e i cugini, di quelle che inducono a porsi domande scomode, a non trovare risposta e ad avvertire un principio di marcio sotto le unghie.
“E così hai uno zio vampiro?”
“Certo, mamma dice che quando avrò diciassette anni potrei cambiare.”
“E diventare un vampiro?”
“Nessuno può dirlo,” dice serio Louis. “Mia sorella, quella che studia a Beauxbatons, ha morso il fidanzato.”
Molly reprime l’istinto di alzare gli occhi al cielo, è assurdo quanti tra i loro compagni credano alle fandonie del cugino. C’è qualche scettico, ma la gran parte pende dalle labbra di Louis, come ipnotizzata dal suo sorriso sicuro e dai suoi occhi del colore dell’acquamarina.
Anche questo è fastidioso.
Riesce a trascinarlo fuori dalla biblioteca ricordandogli che hanno la prima lezione dell’anno di Difesa Contro le Arti Oscure – arrivare in ritardo non è una grande idea, anche perché nessuno conosce questo professore, potrebbe essere severo.
“Quando finirai di raccontare tutte quelle sciocchezze?”
“Finché ci credono,” risponde sogghignando. “Hanno il cervello di un Troll.”
“Prima o poi capiranno che li prendi in giro.”
“Che m’importa,” ribatte impudente. “Vuoi vedere una cosa?”
Molly non ha tempo di dirgli no, facciamo tardi a lezione che Louis, tutto eccitato, inizia a camminare saltellando per avvicinarsi a una delle scalinate che dovranno percorrere per raggiungere l’aula. Tuttavia, quando sono ormai abbastanza vicini da percorrere il primo gradino, si ferma e impedisce anche a lei di proseguire.
“Che fai?” sbraita Molly.
“Dobbiamo aspettare che cambi!”
“No, altrimenti chissà dove finiamo.”
“Ma io so saltarla!”
“Cosa?”
“Stamattina ho saltato una scala, ho fatto così,” e Molly lo osserva perplessa mimare orgoglioso un salto nel vuoto, “e sono riuscito ad andare lo stesso dove volevo andare!”
Va bene. I suoi genitori – e quelli di Louis, ne è sicura – non hanno incluso nella lista delle raccomandazioni il non giocare al salto nel vuoto quando queste detestabili scale decidono di cambiare. Però è intuitivo, giusto? Se delle scale sospese nel vuoto si staccano da un ballatoio per attaccarsi a un altro, è implicito che non si debba ovviare al problema saltando da un gradino al ballatoio mentre si apre una voragine tra i due.
Insomma, è davvero intuitivo, persino Louis – cui Hogwarts crede abbia un po’ dato alla testa – avrebbe potuto arrivarci.
“Avresti potuto cadere giù,” lo rimprovera. “Non si può saltare!”
“Ma non hai capito, ho le gambe abbastanza lunghe, ce la faccio!”
Molly vorrebbe tanto dirgli che le sue gambe sono poco più lunghe di quelle di un folletto – d’accordo, forse non proprio un folletto, però è basso – e che lei pur vantando ben cinque centimetri in più non farebbe mai una cosa tanto stupida, ma a risucchiare tutta l’attenzione di Louis è un trio che si avvicina, riconosce subito James e i due figli di quell’amica degli zii – Scamander, è questo il cognome, lo ha scoperto quando sono stati smistati.
“Eccoti,” esordisce spazientito James guardando Louis. “Andiamo, facciamo tardi a lezione.”
“No, Jamie, devo prima saltare la scala.”
“Grande idea, se va tutto bene ti spiaccichi sul pavimento dell’atrio,” ironizza uno dei due gemelli Scamander.
“Lorcan, non ti ci mettere anche tu, facciamo tardi,” insiste James.
Molly si ritrova a seguirli come un’appendice dimenticata. Accelera un po’ per raggiungere Louis e camminare accanto a lui, ma il cugino seguita a parlare con gli altri.
“Io sono Molly,” dice d’un tratto, stanca di essere ignorata. “Weasley,” aggiunge.
“Un altro nome da ricordare,” borbotta uno dei due gemelli.
“Io sono Lysander,” dice subito l’altro. “Lui è Lorcan,” aggiunge cortese. “Scusaci se non ci siamo presentati prima.”
Sarebbe il caso di sorridere, immagina, ma riesce solo a mimare una smorfia poco convinta e a dirottare l’attenzione sull’aula di Difesa finalmente raggiunta.
Nota subito un chiacchiericcio diffuso e alcuni compagni di corso sparpagliati nei pressi dell’uscio, piccoli indizi che la rasserenano: non è in ritardo.
Entrata assieme agli altri quattro, si accaparra svelta il posto accanto a Louis, ingoiando per l’ennesima volta il fastidio quando Louis stesso la guarda confuso e James le ticchetta la spalla.
“Questo è il mio posto,” dice James.
“Non lo è, invece,” ribatte lei.
“Sì che lo è, alzati.”
Molly assottiglia gli occhi e fissa di sbieco Louis, irritata dal suo silenzio. Lo vede allora rivolgere a lei un sorriso e uno sguardo a James, a seguito del quale il cugino molesto sbuffa plateale e occupa il banco alle spalle di Louis, preoccupandosi di farlo strisciare in avanti e di sporgersi quanto più possibile per parlottare a bassa voce.
Molly si ritrova a incrociare le braccia al petto incapace di spiegarsi come sia possibile sentirsi un tassello escluso pur avendo un proprio piccolo spazio nel mosaico. Eppure è proprio così che si sente guardando a lato e vedendo quei due bisbigliare tra loro.
A ben pensarci, non è ancora riuscita a sentirsi a casa in questo Castello, e più volte ha pensato di scrivere sul serio ai genitori di non trovarsi bene e di voler andare via. Però, ecco, sarebbe imbarazzante – e poi cosa faccio a casa da sola si chiede ogni volta che quei pensieri la sfiorano.
Hogwarts è una bella esperienza, giusto? Genitori, zii, nonni, cugini più grandi ne hanno sempre parlato con grande entusiasmo e dinanzi ai suoi occhi ignari nel corso degli anni si sono materializzate immagini su immagini che l’hanno ritratta felice, orgogliosa, con lo stemma Grifondoro in bella vista e tanti incantesimi appresi di cui farsi vanto.
Forse ha solo fretta.
In fondo, lo stemma c’è. Solo quello, però. Non ha ancora usato la magia e non riesce a sentirsi né felice né orgogliosa – anzi, in questi pochi giorni si è sentita minuscola: incapace di ottenere le attenzioni tributate a James, inadatta a calamitare l’interesse come Louis, troppo scontrosa per incasellare una conoscenza dopo l’altra al pari di Roxanne.
Come se non bastasse, c’è quella cosa.
Quella del cognome, dei Weasley e dei Potter, degli eroi di guerra e dei codardi, dei vittoriosi e dei redenti, dei sopravvissuti e dei miracolati – perché questo Castello parla, le mura e gli spettri e i ritratti affissi alle pareti… tutto sussurra qualcosa, e spesso tra un sussurro e l’altro vi sono stille di veleno.
“Molly, dove hai la testa?”
Il sussurro di Louis cancella ogni traccia di distrazione, si accorge così di avere su di sé gli occhi del professore – che a quanto pare è arrivato – e anche quelli dell’intera classe. Che l’abbia interrogata? O forse ha mancato di rispondere all’appello. Ecco, forse dovrebbe dire presente per tirarsi via dall’impiccio.
“Signorina Weasley, allora?”
“Le hanno fatto uno scherzo,” interviene Louis. “È sorda per un po’, ma ora già va meglio, vero, Molly?”
Qualcuno ridacchia, ma lei focalizza solo lo sguardo complice del cugino, sufficiente a convincerla ad aggrapparsi a quella bugia.
“Sì, mi scusi, ora va meglio…”
“Non importa, mia cara, succede,” dice bonario l’insegnante. “Deve solo dire presente!”
Molly s’acciglia e dietro di lei sente James biascicare un questo è tutto scemo che costringe Louis a ingoiare una risata.
Più che scemo, però, lei trova sia insopportabile. Le sono sufficienti i dieci minuti a seguire per emettere questa sentenza – minuti in cui a essere sovrana non è la materia che è chiamato a insegnare, bensì la malcelata eccitazione di avere dinanzi i preziosi discendenti di una generazione che ha plasmato la storia recente.
Inizia dai gemelli Scamander, eredità di chi ha combattuto la guerra e di un cognome celebre in tutto il mondo, e prosegue sino a loro, quelli che chiama Potter-Weasley.
A disturbarla, però, non è l’idea di brillare di riflesso, ma quella di non brillare affatto. Quanto ha solo intuito nei giorni precedenti le esplode contro in quest’aula, e lo fa attraverso un adulto – uno che l’ha vista, la guerra – in possesso di una gerarchia che a Molly appare spietata. Una gerarchia entro cui Percy Weasley non è che il ramo marcio di una quercia secolare, Audrey non esiste affatto e lei è solo una piccola foglia giallognola spuntata chissà come sul ramo annerito – così inutile da non meritare neanche una menzione quando il corpulento insegnante dedica attenzione al ramo eroico della famiglia.
Fa male – e provoca… vergogna.
Quando la lezione termina non si accorge neanche di infilare libro e pergamene nella borsa, è un gesto meccanico che la spinge ad allontanarsi da tutti e ad affacciarsi a una delle grandi finestre di un corridoio qualsiasi.
Con pari meccanicità tira via dalla borsa le figurine regalatele da Louis – e le strappa tutte, regalandole al vento, senza neanche sapere perché.
“Non ti piacevano?”
Molly sussulta e gli occhi, annebbiati da pensieri bui, focalizzano il sorriso incerto di Louis e il suo sguardo pensieroso.
“Mi hai seguita?”
“Vieni con noi in Sala Comune?”
Molly aggrotta la fronte, ma non fa in tempo a chiedergli spiegazioni che intravede il noi poco distante da loro, impegnato a tentare di far levitare un libro che ha sistemato a terra.
“No, resto un po’ qui.”
“Da sola? Perché?”
“Perché è noiosa,” si intromette James, ricacciando offeso il libro nella tracolla. “Quest’incantesimo di levitazione è troppo difficile.”
“Non puoi aspettare che ce lo spieghino?” chiede divertito Louis.
“Lorcan lo sa fare,” ribatte James. “L’ha imparato da solo, possiamo farlo anche noi.”
“Il tuo amico Troll è solo fortunato,” dice Louis. “Però stasera ci esercitiamo.”
James si apre in un gran sorriso, che Molly vede scemare quando si degna di rivolgersi a lei.
“Stai così per il tricheco?”
“Jamie, non è un tricheco, è più un lepricano,” sghignazza Louis.
“Dovete per forza dare un soprannome a ogni professore?”
“Non a tutti, no,” risponde Louis. “Neville è a posto.”
“Allora è per il tricheco-lepricano?” incalza James. “Teddy mi ha detto che quello di Difesa cambia ogni anno e la Preside è costretta a prendere chi capita.”
“Beh, a me non importa niente di nessuno,” mente Molly.
“Come ti pare,” ribatte lui. “Ora ci muoviamo?”
Molly scuote il capo in cenno di diniego, forse sperando che i cugini continuino a insistere affinché li segua. Invece Louis si limita a dirle ci vediamo dopo e a incamminarsi con James – ha l’impressione che debba abituarsi anche a questo.
Di nuovo sola, sporge un po’ la testa oltre la finestra e accoglie quell’aria meno viziata, più libera. Abita questo Castello da poco tempo, proprio poco, eppure ha la sensazione che le aspettative siano già tramutate in dolorose illusioni.
Sua madre le ha detto che undici anni è un’età di scoperte e cambiamenti, che il suo corpo sarebbe cresciuto in fretta e lei avrebbe avuto voglia di farle tante domande, che avrebbe potuto sperimentare qualche imbarazzo diverso, che anche le amicizie sarebbero cambiate ed evolute, che avrebbe provato emozioni forti, totalizzanti, percependole come una seconda pelle.
Che il nuovo entusiasma e spaventa.
E che lei avrebbe dovuto ricordare di non essere sola.
Ma si sente sola.
Anzi, isolata. Un elemento estraneo, in più, che non interessa a nessuno. Non ha mai sperimentato niente di simile, mai vergogna fastidio invidia come in queste prime luci di un percorso lungo sette anni.
E c’è una sensazione che ha appiccicata addosso, non è per niente piacevole e non sa spiegarla neanche a se stessa – come se anziché una persona, una Weasley, non fosse altro che una cosa da posare in un angolo e dimenticare.
Per un giorno e per sempre.
Senza importanza alcuna.
 
*
 
«Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata»1
 
 

 
1estratto dal componimento Natale di G. Ungaretti

Note dell’autrice: questa storia partecipa a “Il contest delle prime volte” indetto da inzaghina.EFP – ho scelto il prompt 5: Castello. La prima volta che ho scelto è di tipo emotivo: un insieme di sensazioni ed emozioni che la protagonista scopre e che la inducono a interrogarsi su se stessa – complice anche l’età estremamente delicata ed emotivamente molto “sentita”.
L’estratto di Natale associato a Molly, invece, lo devo a Maqry, che nel contesto di un’iniziativa proposta dal gruppo fb C’era una volta un prompt… mi ha chiesto di scrivere una storia incentrata su Molly di Paradiso perduto ispirata a quei versi di Ungaretti. Dire che conosce bene il mio personaggio è dire poco (❤), visto che mi ha proposto un estratto che coglie il lato più intimo della caratterizzazione di Molly.
Poche parole anche sui “versi” iniziali: sono farina del mio sacco, palesemente ispirati a quelli di Ungaretti e legati a essi da un rapporto speculare per segnalare il capovolgimento della percezione di sé che investe la protagonista. Mi rendo conto che come iniziativa possa apparire pretenziosa, ma conto sul fatto che siamo in un ambito amatoriale e che non c’è velleità artistica in ciò che ho scritto (prendo infinite licenze quando scrivo, lo so, confido che me le perdoniate!).
Il titolo della storia è ispirato a A Woman of No Importance di Oscar Wilde.
Chi segue Paradiso perduto immagino abbia gradito fare un salto in tempi tanto remoti! Chi invece non conosce la long spero abbia apprezzato questo breve viaggio introspettivo, che si propone solo di fotografare un momento e delle insicurezze nascenti: il presupposto da cui parto è che ogni società abbia le sue falle e che questi figli delle stelle debbano farci i conti.
Grazie a chiunque sia giunto sin qui, come sempre spero che il racconto abbia meritato il vostro tempo.
Un abbraccio! ❤
   
 
Leggi le 12 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Rosmary