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Autore: D a k o t a    26/04/2020    4 recensioni
Di quattro volte in cui Conrad bacia Nic e di una in cui Nic bacia Conrad.
[through the years- SPOILER 3x16]
"La prima volta che la bacia non è davvero la prima volta. Conrad è uno specializzando al primo anno e gli occhi sfuggenti di Annabeth sono ancora vivi nella sua mente come lo è il ricordo sgradevole ma ineluttabile del troppo potassio che ha somministrato nelle sue vene. Lavora continuamente per dare forma alla sua vita, ma copiando suo malgrado, come un disegno, i lineamenti della persona che è e non di quella che gli piacerebbe essere; il dottore che vorrebbe essere non avrebbe sbagliato quella dose. "
[Partecipa al Tana Libera Fill Week del gruppo "We are out for prompt"]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Conrad Hawkins, Nic Nevin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Through the good times and the bad (I'll be standing there by you)

La prima volta che la bacia non è davvero la prima volta. Conrad è uno specializzando al primo anno e gli occhi sfuggenti di Annabeth sono ancora vivi nella sua mente come lo è il ricordo sgradevole ma ineluttabile del troppo potassio che ha somministrato nelle sue vene. Lavora continuamente per dare forma alla sua vita, ma copiando suo malgrado, come un disegno, i lineamenti della persona che è e non di quella che gli piacerebbe essere; il dottore che vorrebbe essere non avrebbe sbagliato quella dose. A volte vorrebbe saper prendere decisioni con la freddezza e la sicurezza con cui Randolph Bell è in grado di incidere la calotta cranica dei suoi pazienti per rimuovere le masse neoplastiche annidate nel lobo frontale, sebbene il primario di chirurgia non sia certo il suo modello di dottore.

“Conrad?”

Conrad viene distolto dai suoi pensieri, sta ancora stringendo le cartelle cliniche al petto e si volta verso di Nic, - l’infermiera carina, come la chiama Irving per prenderlo in giro ogni volta che i suoi occhi esitano su di lei, nei corridoi del Chastain – che lo guarda con un’espressione preoccupata e una tazza di caffè fra le mani. Una tazza di caffè da cui proviene un odore paradisiaco e che Conrad ha l’improvviso desiderio di strapparle dalle mani per annegarci dentro.

“Conrad?” ripete Nic, allungandogli la tazza. “E’ per te”

Il giovane medico annaspa sorpreso davanti a quella assurda e misericordiosa offerta, tende la mano ad accettare la bevanda. Esala un gemito stanco e frustrato, quando le cartelle scivolano sul pavimento bianco del Chastain, e si china a raccogliere e ricostruire le informazioni dei suoi pazienti.

“Penso che tu debba fare una pausa” osserva la ragazza, inginocchiandosi a sua volta per aiutarlo.

Ha quella voce lì e quella familiarità che non usa mai per i corridoi dell’ospedale e di cui Irving, che pensa che Nic sia solo un’infermiera che Conrad trova carina, non sa nulla. Non deve sapere nulla perché lui e Nic lavorano insieme, nello stesso reparto, e non è etico che si frequentino – non sono etiche le cene e le notti passate sul divano del suo appartamento, non sono etici i baci che le deposita sulla schiena nuda, per svegliarla al mattino, e nemmeno il modo in cui le prende la mano, quando la accompagna a casa dopo il suo turno. Ma del resto, dopo sei mesi al Chastain, c’è una cosa che Conrad ha imparato ed è che l’etica, che sia bioetica o meno, è fatta per essere infranta.

Scuote la testa, quando le loro mani si sfiorano nel raccogliere l’ultimo foglio rimasto sul pavimento.

“Non posso” afferma e pensa che quel foglio appartiene proprio alla cartella clinica di quel paziente per cui non ha ancora preso una decisione terapeutica, e che è appena sotto quella della paziente del letto 11 che deve essere ancora visitata. “Non ho tempo per una pausa”

“Conrad” ripete.

Nic mormora il suo nome così piano che nessun altro può sentirlo e lo guarda con quell’espressione preoccupata sul volto che riesce sempre, sempre a farlo vacillare.

“Devi riposare” lo ammonisce, in modo premuroso.

“No” risponde lui, con ritrovata risolutezza. “Devo lavorare”

O è quasi certo di aver risposto:no. E di averlo fatto con veemenza, con quella voce che riesce sempre a convincere il primario del reparto a dargli ascolto, che riesce a farsi strada anche nelle menti più scosse dal panico dei suoi pazienti o dei loro familiari.
È convinto e non riesce a spiegarsi cosa ci faccia, con ancora la tazza di caffè tra le dita, nella stanza con la televisione del Chastain. Non riesce a capire come ci sia arrivato e pensa che forse non è un buon segno per la sua stanchezza.
Nic è seduta accanto a lui e gli accarezza il dorso della mano, mentre lui la guarda e le sistema una ciocca di capelli miele, sfuggita alla coda bassa in cui li aveva acconciati.

“Conrad, cinque minuti. Non morirà nessuno se ti prendi cinque minuti” gli sussurra poi, con la stessa delicata ma riservata premura.

Il giovane medico abbozza appena un sorriso, inclinando il capo.

“Sai bene che non puoi dirlo e che questa è una bugia” risponde poi, con un piglio amaro.

Ha il caffè fra le mani e Nic lo guarda come se fosse un paziente e non un dottore, come se non vi fosse nulla di più importante della sua salute ed è davvero così stanco, e pensa: se magari mi fermo un attimo, se mi fermo, sarò in grado di decidere la terapia di quel paziente, di...

Si avvicina a Nic e la bacia, prima che possa finire il suo pensiero - vorticoso e denso come il flusso sanguigno, come il caffè nero nella sua tazza – e sente le labbra di Nic piegarsi in un sorriso.

“Vedi, non era difficile” afferma, arricciando appena il naso.

Conrad sorride ma sbuffa e poggia la testa contro la clavicola della donna, esalando un sospiro stanco, spossato. Una mano di Nic risale ad accarezzargli la nuca e Conrad pensa che, se il paziente della 110 non lo preoccupasse, potrebbe addormentarsi così, con sotto l’orecchio il battito, lento e regolare, del cuore di Nic.

 

***

La seconda volta che la bacia non è davvero la seconda. Conrad è ben consapevole che gli ospedali sono costruiti sulle spalle del personale medico, degli infermieri, dei dottori, degli operatori sanitari che ogni giorno si svegliano col preciso desiderio di far funzionare bene le cose. O almeno questo è quello che ha imparato in tre anni al Chastain.

A volte Conrad si chiede se il loro ospedale non sia costruito piuttosto su maltenuti segreti: quello di Devon, che è convinto che non sappia che si è dimenticato di usare lo stetoscopio sul paziente del letto 8, quello della dottoressa Lane che è convinta che nessuno si accorga dei suoi capelli spettinati quando esce dallo studio del primario di Chirurgia, o quello delle occhiate che Irving e Jessica si scambiano; quello del Dr. Bell, del suo tasso di mortalità e delle sue mani che ancora tremano quando stringe il bisturi fra le dita; il suo, quello della rottura sua e di Nic, di cui nessuno sa nulla, che è nuova e cammina per le strade del Chastain con la stessa incertezza con cui attraversa le loro menti - “Non posso stare con qualcuno che si rifiuta di parlare con me”. Non ha nessuna ragione per attirare la giovane infermiera dentro la farmacia del Chastain, ma lo fa lo stesso.

“Togliti la maglietta” gli ordina lei, con un mormorio che si perde fra la schiena nuda dell’uomo che ha di fronte, fra la stanza in penombra e gli scaffali con i farmaci.

A volte la commuove la totale devozione con cui Conrad la tocca, quella con cui le sfiora le labbra come se fossero un’opera d’arte, come se avessero lo stesso fascino di qualche cura sperimentale che lo interessava e che le aveva spiegato qualche pomeriggio.

“Conrad” dice ad un certo punto.

E’ per puro dispetto che la giovane si allontana, scuotendo il capo, e che il suo nome le esce dalle labbra in un solo respiro.

“Sono qui. Ti riconquisterò” risponde e sarebbe arrogante, se fosse chiunque altro a dirlo. Sarebbe insopportabile, se non fosse Conrad a sussurrarglielo contro l’orecchio.

Conrad, accanto a cui si è seduta ed è rimasta in silenzio per ore, dopo l’ennesimo paziente per cui non ha potuto fare nulla; Conrad, il dottore che le portava sempre il caffè a metà del turno di notte; Conrad, il ragazzo che semina calzini per casa fino al divano con la stessa facilità con cui Hansel e Gretel seminavano sassolini.

La seconda volta in cui Conrad la bacia non è davvero la seconda volta, non è un bacio perfetto, non ci sono fuochi d’artificio, lampi e terremoti: è scomodo e impacciato – con lo spigolo dello scaffale dei farmaci antirigetto infilato nel fianco e il terrore che qualcuno apra la porta – e quando si allontana, Conrad ha sulle labbra un sorriso lievemente sorpreso e le sopracciglia alzate, e Nic pensa che vorrebbe vederlo di nuovo con quell’espressione così leggera e disarmata sul volto.

 

***

 

La terza volta in cui Conrad la bacia non è davvero la terza, ed è dopo l’annuncio che arriva sul divano davanti ad una televisione, dopo un turno di dodici ore; arriva a ciel sereno, come quello che aveva visto solcare ad un aquilone, quando sua madre era ancora viva e suo padre non se ne era andato di casa.

“Siamo una famiglia” afferma Nic, mentre nel televisore qualcuno sta parlando della sanità privata e della posizione del nuovo presidente a riguardo.
L’uomo distoglie lo sguardo e posa gli occhi sui lineamenti delicati di Nic, senza dire una parola e senza capire. Ha ripreso a parlarsi con suo padre da poco, ma non è certo di sapere esattamente cosa sia una famiglia. Le parole, solo a pensare di pronunciarle, gli lasciano un sapore strano sulla lingua.

“Il Chastain non è l’unico posto a navigare in acque del genere” afferma, tornando con gli occhi alla televisione.

Nic si ferma a fissare il suo profilo in penombra, torturandosi le dita in un improvviso nervosismo. Quella mattina avevano discusso e il litigio non era stato diverso da molti altri – dalle mille discussioni sull’incapacità di Conrad di parlare di sé, al di fuori dei termini medici – che l’avevano preceduto, ma c’è qualcosa nel modo in cui il giovane la guarda e non parla, che la fa dubitare, che le fa pensare di essere diventata improvvisamente di troppo, che quel bambino che sta arrivando, improvviso come un fulmine a ciel sereno, sia troppo precoce per loro.

“Saremo una famiglia anche quando caccerò di casa tuo figlio, se lascerà calzini per tutta la casa?” gli chiede, e indica con lo sguardo i due calzini neri di Conrad, ad un metro di distanza sul pavimento.

La voce le esce più interrogativa, più strozzata di quanto vorrebbe. Per un lungo attimo Conrad la squadra, ma poi non gli sfugge la delicatezza con cui si tocca un pancione che ancora non c’è. Quando le sue labbra incontrano le sue, è solo gioia, emozione e attesa.

“Basta che non faccia versi strani quando mangia” risponde alla fine il giovane, accarezzandogli la pancia, mentre Nic inclina il capo e gli lancia un’occhiataccia.

 

***

La quarta volta non è davvero la quarta volta, ma è la più difficile perché il peso di quelle cellule che sono state raschiate via dal ventre di Nic è ancora troppo pesante, il libro dei nomi è ancora sul tavolo aperto alla lettera C – che ne dici di Catherine? - e la culla è spaventosamente vuota.

“Quando l’ho scoperto, avevo paura. Ma adesso...”

Nic lascia cadere la frase, Conrad la copre con una coperta e le bacia delicatamente la fronte; non c’è passione, c’è solo stanchezza, dolore e lacrime soffocate. C’è solo l’altro lato del reparto maternità. Porta il lutto, lascia che Nic gli pianga addosso tutto il suo dolore e tutte le sue lacrime e pensa che non c’è nulla di più fragile di un bambino al terzo mese, nulla di più innaturale di morire senza mai nascere.

Seppellisce quel dolore in un cassetto sigillato per aiutare Nic a superare il suo, e torna all’ospedale con Nic e con Devon e la vita (o il Chastain, o la morte, o quello che è) va avanti come deve.

 

***

 

La quinta volta che non è – ovviamente! - la quinta volta, è Nic a baciare lui. La ragazza ci gira intorno per un po’ e comincia a parlare prima di Irving e di Jessica che si stanno per sposare, poi di come loro due risparmierebbero sulle tasse se si sposassero; all’improvviso Conrad realizza che ha l’anello nella tasca e che non può permettere a Nic di rovinare la loro proposta, non dopo aver confidato le sue intenzioni a Devon e aver pianificato tutto nel dettaglio.

“Nicolette Marie Nevin, vorresti sposar…?”

Il bacio di lacrime lucide di Nic lo zittisce prima che possa concludere, quasi a riprendere, agile, il controllo sulla situazione. I capelli biondi di Nic gli scivolano lungo le spalle e ricadono intorno a loro come una tenda leggera e delicata come le punte gli solleticano il collo. La luce dei lampioni si perde tra le ciocche chiare e crea ombre sui loro volti e per un istante nemmeno il Chastain e Kim sembrano esistere. Conrad chiude gli occhi e, quando li riapre e incontra quelli castani di Nic, il mondo sembra tornare blu e accogliente e persino giusto.

 

 

NDA

Io in questa sezione mi senta come la bollicina della pubblicità “C’è nessuno?”, però oh, personalmente credo che Conrad e Nic abbiano una delle relazioni di coppia più belle, sane e pure e niente, un piccolo tributo al loro difficile e a tratti doloroso percorso volevo farlo da tempo, quindi ringrazio Giulia Athousandsuns e Katya Ferrante per i prompt, rispettivamente Conrad/Nic: 5 volte in cui l'ha baciata + 1 in cui Nic bacia lui. (Magari through the years). e Lavoriamo continuamente per dare forma alla nostra vita, ma copiando nostro malgrado, come un disegno, i lineamenti della persona che siamo e non di quella che ci piacerebbe essere.
(Marcel Proust) .

Ringrazio tantissimo per eventuali recensioni!

   
 
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