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Autore: Keeper of Memories    26/04/2020    9 recensioni
Breve one shot che ripercorre gli ultimi eventi dell'episodio 4x21 di Star Wars: the Clone Wars, quando Savage Opress ritrova il fratello Maul tra l'immondizia del pianeta discarica di Lotho Minor, il tutto però visto dal punto di vista di Maul.
Si può entrare nella testa di un pazzo? Non lo so, ma io ci ho provato. Ai lettori l'ardua sentenza.
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Darth Maul
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Fratello?»
Una voce echeggia nelle gallerie di rifiuti di Lotho Minor, forte, troppo forte e troppo diversa dai bisbigli dei Junkers che qualche volta cadono nella sua trappola, diventando il suo cibo. Ma non importa, lui deve nutrirsi, deve vivere e portare a termine la sua vendetta.

Vendetta.

C’è solo quella parola nella sua mente, è la sua ragione di vita, la sua ossessione, è ciò che rende i suoi pasti gustosi e l’aria che respira accettabile.

Vendetta.

È questo che pensa quando si avvicina alla sua preda, le otto zampe del suo esoscheletro ticchettano sulle pareti della galleria, mentre si porta alle sue spalle.

«Sei tu, Fratello?»

Una luce intensa lo acceca, è forte e rossa e gli fa male agli occhi. La sua preda si volta verso di lui. Privato del vantaggio della sorpresa, si ritrae veloce, prima che la luce lo raggiunga.

Vendetta.

Si allontana, frustrato, vuole attaccarlo in un secondo momento, quando abbasserà la guardia ma la sua preda lo insegue, stringendo quella luce accecante in mano.

«Fermati! Cosa ne hai fatto di mio fratello? Rispondimi mostro!» grida furiosa la sua preda, ferendogli le orecchie.

Si è stancato. Deve ucciderlo, ora, o continuerà a parlare e accecarlo con quella stupida luce rossa. Lo mangerà e sopravviverà, si, perché deve sopravvivere e vendicarsi.

Vendetta.

Gli balza addosso con tutto il peso dell’esoscheletro aracniforme e con le zampe cerca di infilzarlo, facendo volare via la fonte di quella luce fastidiosa.

Ma la sua preda è strana, è grande ma stranamente agile. Si butta sul suo corpo da ragno, facendolo finire a terra. Usando tutta la forza concessa dalle sue otto zampe metalliche, lo ributta a terra a sua volta e riprova ma non fa in tempo, perché la preda gli tira un calcio che lo scaglia lontano.

Vendetta.

Si rialza e carica di nuovo, questa volta usa i bracci del suo esoscheletro per correre anziché attaccare, vuole usare le sue braccia, quelle fatte di carne. La preda gli afferra i polsi, bloccandolo.
Una luce illumina i loro volti, azzurra questa volta, ma fastidiosa come quella rossa. Tuttavia, per un attimo, riesce a vedere il volto della sua preda.

«Non può essere… fratello…» Lo conosce. La sua preda è come lui.

Una fitta gli attraversa la testa, abbastanza dolorosa da farlo piegare. Chiude gli occhi e scappa, affidandosi alla sola memoria di quelle gallerie. Il dolore si fa più forte, martellante.

Fratello.

«No! No…»
«Tu sei il fratello che stavo cercando!» La sua preda l’ha seguito e ora si sta avvicinando a lui. Il dolore alla testa si sopisce appena, mentre la rabbia dormiente che covava gli esplode in petto.

«NO! No no no…»
«Si è così! Noi siamo fratelli!»
«No! Tu non sai… tu non sai niente!» Guarda la preda, ride sguaiatamente mentre indietreggia nell’ombra, molleggiando sulle zampe metalliche. «Mai, mai!»
«So che ho il tuo stesso sangue.»
Niente fratello, non può avere un fratello, deve nutrirsi, la vendetta, solo la vendetta è importante.
«Mai! Mai!»

La testa adesso fa ancora più male, migliaia di martelli la scuotono dall’interno mentre immagini confuse appaiono e scompaiono. Rabbia, dolore e gioia si alternano rapidamente con lo stesso ritmo, gli viene da piangere poi da ridere poi vuole solo urlare finché non ha più fiato in corpo.

«È questo il posto in cui vivi? Da quanto tempo sei qui?»
Suo fratello parla ma alle sue orecchie giunge come un suono lontano, un eco di un eco che si disperde nelle gallerie di rifiuti, mentre parole familiari prendono forma nella sua mente, assieme alle immagini di qualcuno che gli somiglia ma non riconosce.

«Anni e anni e anni. Attraverso la vittoria spezzo le mie catene… le catene… le catene sono la parte più facile… è quello che succede qui che è difficile» le parole escono concitate, mentre si indica la testa.

Le catene, le catene le aveva spezzate ma che ne era stato di quella creatura potente e indomita e destinata a grandi cose?

«Ti sei smarrito, fratello. Non hai nessuna memoria di chi eri? Da dove vieni?»

Parole, tante parole, troppe parole si ammassano con forza nella sua mente, dolorosamente ingarbugliate.

«Ricorda sempre che io sono la paura. Ricorda sempre che io sono il cacciatore. Ricorda sempre che io sono il sudiciume. Ricorda sempre che io non sono niente!»

«Le tue gambe…»

«Verme schifoso!» ringhiò a denti stretti, mentre quella parola tornava, silenziando le altre. Vendetta. «Lui me le ha tolte! Lui è stato!»

«Chi è stato? Chi te le ha tolte?»

Vendetta.

«Il jedi! Il jedi!»

Vendetta.

«Lo ricordi?»

Vendetta.

«La verità è una menzogna, un’illusione dei deboli per credersi forti. Io non chiedo pietà ma l’occasione di strappare gli arti dai loro corpi…»

Vendetta.

«Che stai dicendo?»

Balzò su suo fratello, spingendolo contro la delicata parete di rifiuti, le braccia umane premute contro il petto dell’altro. Finalmente quella parola uscì in un sibilo rabbioso.

«Io voglio… vendetta.»
   
 
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