Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Blue_Rainbow592    26/04/2020    0 recensioni
Tanti millenni or sono, Unilia madre di tutti gli dei, creò dalla Luce da cui era stata generata, la Terra, la plasmò in modo che le montagne s'innalzassero verso le nuvole con le loro teste canute, che i fiumi scorressero impetuosi come il sangue nelle vene, che l'erba fosse rigogliosa e di un verde così ricco da sembrare smeraldo, che le foreste fossero piene di ogni albero di ogni forma e grandezza, che le colline si innalzassero come dolci rigonfiamenti della terra stessa, che i deserti fossero delle magnifiche distese di sabbia arancio scuro, ricche di oasi sotto cui far riposare i cammelli ormai stanchi e che i mari fossero privi di tempeste. Finita la propria opera, Unilia piantò quattro alberi sacri, uno per ogni punto cardinale e li mise a guardia della propria creatura
Genere: Avventura, Dark, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 5

Gartor

Il tempo era rallentato, ogni cosa si muoveva con una lentezza tale da sembrare avvolto dalla gelatina. Il corpo era immobile, sul pavimento gelido, gli occhi puntati verso l'alto, verso la mano tesa del proprio assassino. Sembrava che con quell'occhiata volesse mostrargli la gravità di ciò che aveva appena fatto. Ne era certo, quel morto sarebbe pesato come un macigno sulle schiene di tutti loro. Era l'inizio di qualcosa di enorme da cui nessuno di loro sarebbe uscito indenne. 

Non appena riuscì a sentire di nuovo i suoni, le sue orecchie furono invase dalle grida degli elfi che avevano assistito alla scena. Tutto stava per precipitare. L'imperatore si stava muovendo verso la folla. Corse verso quella figura mostruosa in armatura, la creatura che era stato costretto a seguire per salvare la propria imperatrice, legata a vita ad un mostro privo di qualsiasi gratitudine. Lo prese per il mantello e lo spinse via, il più lontano possibile da qualsiasi elfo e da qualsiasi azione ben peggiore di quella appena compiuta. 
Coloro che si erano immobilizzati per il terrore di essere travolti da quella furia omicida, si avvicinarono al cadavere, mentre le contesse rimasero ancora immobili, come delle statue di ghiaccio. I loro volti erano sfigurati dal terrore, le loro bocche spalancate in un grido muto, mentre i loro occhi erano così spalancati da sembrare sul punto di uscire dalle orbite. Fiutava la loro paura, probabilmente sospettavano di essere le prossime. Il suo compito era proprio quello di evitarlo. L'imperatore tentò di liberarsi, ma vanamente, non se lo sarebbe lasciato sfuggire tanto facilmente.

Intanto, le contesse iniziarono a muoversi, la prima fu Lumia, la più anziana della presenti. Corse verso il cadavere, le lacrime ad inumidirle il volto, la figlia maggiore le si avvicinò stringendola a sé: - No. - strillò un'altra quella che indossava l'armatura e aveva le mani rovinate dagli allenamenti con la spada. Era caduta in ginocchio, il volto arrossato dalle lacrime e talla tristezza. Dietro di lei accorse la sorellastra che la spinse contro la propria spalla costringendola a distogliere lo sguardo dalla scena che si apriva di fronte a loro. L'unica che sembrava non essersi scomposta di fronte ad un omicidio così brutale era la contessina più piccola. La sedicenne stava ferma con gli occhi puntati proprio verso il punto in cui pochi minuti prima si era alzata Baya. Non riusciva a fiutare nulla in lei, forse era quello l'odore di un elfo spezzato dalla paura, forse era proprio quello l'odore di chi ha provato così tanto spavento da non sentirne più, da perdere ogni genere di emozione, diventando un pupazzo inanimato: - Lasciami! - gli ordinò l'imperatore, distogliendolo dai propri pensieri. Si accorse solo in quel momento che era riuscito a liberarsi e che stava marciando verso gli elfi che si erano accalcati attorno a cadavere. Cosa doveva fare? Era arrivato il momento che aveva tanto temuto, se non lo fermava in tempo sarebbe scoppiato un genocidio. Allungò una mano verso di lui, ma, prima dell'inevitabile, accadde il miracolo: - Oggi, di fronte a tutti voi, Baya d'Isaer è stata giustiziata per alto tradimento nei confronti della corona imperiale. - annunciò una voce giovanile. All'inizio, nessuno capì chi fosse, Gartor pensò che fosse Unilia risvegliatasi per salvare il suo popolo, poi si accorse che chi aveva salvato i presenti, non era per nulla una dea, bensì un'elfa dai lunghi capelli biondi e il viso da adolescente. Ringraziò Sorana per aver evitato il disastro diplomatico più grande mai visto.

Thornin si voltò verso di lui. Non disse nulla e l'elmo celava la sua espressione, ma probabilmente in quel momento stava sorridendo come il giorno in cui aveva strappato la corona dalle mani malate della moglie: - Continuiamo a festeggiare! Dimetichiamoci di questo incidente! - ordinò quella. Una marea di teste che si alzavano investì la sala del trono di Tallir. Nessuno sembrava disposto a dimenticare. Gartor si ritrovò a pregare. Dovevano andarsene prima che l'imperatore perdesse di nuovo la pazienza. D'un tratto, quelli che non si erano avvicinati uscirono dalla sala, seguiti da coloro che non facevano parte della scorta della contessa e infine questi tenendo in braccio la donna che li aveva governati per anni, in una lenta marcia funebre. 

                                                                                  *************************

Spinse il proprio imperatore contro ad un muro: - Non penso che tu abbia fatto la scelta migliore là dentro. Hai quasi compiuto un genocidio di massa. - lo rimproverò togliendosi l'elmo. L'altro lanciò via a sua volta l'elmo e posò una mano sull'elsa dello spadone che portava legato dietro alla schiena, pronto a combattere. Gartor non avrebbe esitato, erano secoli che non aspettava altro che quel momento: - Ho fatto la cosa giusta. Mi sono liberato da un peso. Erano anni che tentava di far rivoltare gli elfi. Di sicuro non ci riuscirà dalla tomba. - rispose l'altro passandosi una mano sul volto. Per essere uno degli orchi più potenti in assoluto, aveva ancora il volto di un ragazzino, i capelli neri erano tenuti legati in una lunga treccia, gli occhi erano di un grigio spaventoso, il volto leggermente allungato era ancora del colore delle rocce e non del verde tipico dell'età matura, le zanne sottili spuntavano appena dalle labbra carnose e le corna da capro gli si arricciavano tra i capelli in una corona. Era spaventoso quanto i loro tratti fossero vicini a quelli della dea che aveva creato tutto, ma anche, allo stesso tempo, totalmente diversi. 

Gartor aveva avuto la fortuna, se così si poteva definire, di aver visto Unilia di persona. Era una donna di una bellezza straordinaria, un raggio di sole nelle tenebre, tuttavia sapeva pure essere tra le persone più spietate mai viste. Era rimasto fin da subito stupito da quanto assomigliasse sia fisicamente che caratterialmente  ad un elfo e a quanto assomigliasse pure agli orchi. Per anni, quella constatazione l'aveva reso sicuro di sé a tal punto da credersi pure lui un dio, ma tutto era cambiato il giorno in cui l'imperatrice si era ammalata, solo allora aveva compreso la propria mortalità. Certo, gli orchi avevano avuto l'onore di vivere molto più a lungo degli elfi, decine di secoli aspettavano a loro, ma prima o poi la morte li avrebbe colti, giovani o vecchi che erano, dietro l'angolo c'era sempre una spada pronta a tagliare loro la gola, una malattia pronta ad insinuarsi in loro e l'ombra peggiore di tutte, la vecchiaia, pronta a consumarli fino ad ucciderli.

Si sedette vicino a Thornin: - Le contesse sono intoccabili! Lo avevamo deciso assieme, se non ti ricordi. Uccidendole, rischieresti di far scoppiare una rivolta senza precedenti. - lo rimproverò. L'altro si guardò i palmi delle mani, le stesse con cui aveva appena spezzato il collo ad una giovane donna. Non lo aveva mai visto così pensieroso: - Preferivo la vecchia generazione di contesse, almeno si odiavano. Adesso per colpa di quella Lumia si amano a tal punto da chiamarsi tra di loro sorelle. - sputò l'imperatore. Un secolo prima una situazione simile si sarebbe risolta in fretta. Morta una contessa ne sarebbe salita al potere un'altra, nessuna regnante aveva un legame profondo con l'altra, anzi, per prevalere l'una sull'altra avevano rischiato di far scoppiare una guerra. Poi, trent'anni prima, era salita al potere lei, Lumia di Entaia. La guerra era diventata un'ombra lontana, finché non era scesa la pace, tuttavia, uno dei cinque clan si era distaccato completamente, probabilmente arrivando ad estinguersi. I Lajer erano spariti, non consegnavano le foglie, ma non tentavano neppure di fermare gli orchi quanto andavano a raccogliere la Foglia dalle radici dell'Acero: - Questa situazione ricorda la profezia di Unilia. - disse d'un tratto l'imperatore. Il cuore del comandante perse un battito. Aveva quasi cancellato dalla memoria quel momento. Prima di ritirarsi, Unilia aveva previsto che un giorno, Un si sarebbe ribellata a loro, lasciando che l'Oscurità iniziasse ad impadronirsi di ogni cosa, tuttavia un guerriero, nato dall'unione tra la dea e un elfo, avrebbe fermato l'Oscurità, assieme ad una creatura di cui nessuno conosceva le origini: - Aveva previsto che quando gli Alberi avrebbero iniziato a morire, una contessa sarebbe caduta violentemente e uno dei figli di Faraj sarebbe tornato al fianco di una dea capace di plasmare la Luce, per spodestarmi dal trono. Metà della profezia si è appena avverata, temo il giorno in cui il figlio di Faraj arriverà. - mormorò. Gartor gli posò una mano sulla spalla: - Quando arriverà mi occuperò io di lui. - promise.

Un lieve fruscio li costrinse a voltarsi. Nascosta dietro ad una colonna c'era la più grande delle contessine. Il vestito verde e lo sguardo determinato la facevano sembrare la fotocopia della madre, ma entrambi gli orchi potevano fiutare il suo animo e non era puro come quello della donna che l'aveva generata, c'era un'oscurità celata in un angolo e tenuta a bada dal desiderio di ottenere il successo sperato per tenerlo per sé e, chissà, allargarlo a tutte le contee: - Cosa vuoi, ragazzina? - domandò l'ufficiale, fulminandola con un'occhiata. Quella, scossa da un tremito, fece un passo indietro: - Stavo solamente passeggiando e ho sentito le vostre voci, credevo che foste degli invitati fuggiti dalla festa. - stava mentendo. Il soldato balzò in piedi, sovrastandola con la propria mole: - Piccola bugiarda, non permetterti di mentire al tuo Signore! - esclamò, sorridendole, feroce come un lupo di fronte ad una preda facile da catturare e dilaniare.
 
Tutti avevano paura di quell'espressione, pure gli orchi indietreggiavano di fronte a quel sorriso. Solo un elfo era stato in grado di tenergli testa, ma quello era a Palazzo a controllare che gli schiavi non decidessero di ribellarsi mentre il signore erano fuori. Come si era aspettato, quella sbiancò, mordendosi un labbro: - Va bene, mi arrendo. Sono qui per chiedervi di perdonare la contessa Baya d'Isaer. So che vi ha mancato di rispetto e che le sue parole sono state molto offensive, ma fino a questa mattina era un vostro suddito fedele. Probabilmente è impazzita. - disse quella inginocchiandosi a terra. Ne aveva di coraggio per chiedere proprio a Thornin di fare una cosa simile. Il luogotenente non poté fare a meno di lanciare un'occhiata nella direzione dell'imperatore. Perdonare un cadavere non sarebbe stato uno sforzo eccessivo e avrebbe evitato una rivolta, tuttavia sapeva benissimo che quell'uomo non avrebbe di sicuro piegato la testa di fronte ad una contessa, figurarsi di fronte ad una ragazzina insulsa come Sorana di Entaia: - Vi ha mandato vostra madre? - domandò, invece, l'altro. La sua voce era così calda e morbida da far venire i brividi a Gartor. La ragazzina si rilassò ed annuì. Stava ancora mentendo: - Pensa che sia l'unico modo per calmare gli animi e per placare del contesse Amania e Nora, non che vogliano rivoltarsi, ma sono molto giovani e molto spaventate, credono che vogliate uccidere pure loro... cosa assurda, vero? - domandò ridacchiando. Stava divagando. Era così ingenua che non si accorgeva neppure che le proprie parole avrebbero veramente influito sulla vita di quelle due stupide ragazzine. Thornin le sorrise, il fascino stava facendo così tanto effetto che quella gli avrebbe portato la testa della madre senza neppure battere ciglio: - Va bene, la perdonerò questa sera durante la cerimonia di benvenuto e mi scuserò per il mio comportamento impulsivo. - rispose quello. 

Era stato troppo semplice. C'era qualche imbroglio sotto. La giovane s'innorgogli; era riuscita a convincere l'imperatore di tutta Un e di tutti i popoli uniti degli elfi ad evitare una possibile rivolta. "Lo chiama comportamento impulsivo. Ha ucciso una donna solo perché gli ha riso in faccia. Non lo perdoneranno mai. " pensò, senza staccare gli occhi dall'uomo che aveva giurato di proteggere a costo della propria vita. " Ho promesso di proteggere sua moglie e quindi anche lui." si disse: - Vi ringrazio, mio Signore. - mormorò la ragazza facendo un lieve inchino, ma, prima che questa potesse correre via più veloce di un lampo, l'imperatore disse: - Vorrei venire da vostra madre assieme a voi, se non vi è di disturbo. - a quelle parole la ragazzina sbiancò nuovamente. Il suo corpo fu scosso da un brivido. Era ad un bivio, non poteva rifiutare, avrebbe gettato molti sospetti su di sé, ma allo stesso tempo non poteva accettare, visto che la madre avrebbe negato fermamente di aver mandato la figlia a portare quell'ambasciata: - Va bene, ma lui non può venire. - disse indicando la figura massiccia di Gartor. Per un istante, il soldato rimase pietrificato. Non poteva abbandonare il proprio signore rischiando che quella ragazzina lo portasse nel bel mezzo di una trappola mortale: - Hai sentito? Vatti a divertire! - ordinò l'imperatore, lasciandolo solo nel bel mezzo del giardino. 

                                                            **************************************

In una città piena di elfi non vi erano molti divertimenti per un orco come Gartor. Le sale da gioco esistevano pure in una città come Tallir, però, per quanto lo accogliessero come un signore, nessuno sembrava avere il coraggio di sfidarlo in qualsiasi cosa. Gli elfi di città erano troppo codardi. Gli mancavano i suoi soldati, loro sì che avevano il coraggio di sfidarlo, anzi, di solito gioivano per le vittorie e, non appena si riprendevano dalle ferite, lo sfidavano nuovamente a duello.

Arresosi all'idea che non avrebbe mai giocato d'azzardo o combattuto con qualcuno, decise di avventurarsi per i giardini di Tallir. Molti soldati provenienti da quel casato gli avevano descritto quel giardino come un luogo magnifico, un paradiso in terra, dove i fiori sembravano essere di colori più accesi che in altri posti, dove  le foglie erano più grandi e più verdi e dove gli alberi sembravano più alti e rigogliosi a tal punto da assomigliare agli Alberi Sacri. Un giardino costruito in onore della dea e dove, secoli prima si professava proprio il culto di quest'ultima. Inoltre, era lì che si trovava il Ciliegio, proprio al centro di un labirinto immenso in cui, coloro che vi si avventuravano senza una guida, morivano di fame e di sete, sperduti tre le centinaia di vie. Fu proprio di fronte a quel labirinto che incrociò la più piccola della figlie della contessa. Era totalmente diversa e allo stesso tempo identica alla sorella. Era una ragazzetta bassina e magra come poche, tuttavia non fu la sua conformazione fisica a lasciarlo senza parole bensì i suoi capelli riccioli, così crespi da sembrare un nido, erano pochissimi gli elfi con i capelli ricci, mentre gli orchi tendevano ad averli crespi e ricci come Onilai di Entaia. Non appena lo notò, aggrottò le sopracciglia: - Salve. - lo salutò continuando a camminare a passo svelto in modo da seminarlo, ma tenendo sempre una mano immersa nella siepe che costeggiava il labirinto, in modo da non perdesi: - Mi hanno detto che qui cresce il Ciliegio. - le disse, tentando di iniziare una conversazione. Sapeva che gli elfi avevano il compito di curare quelle piante e di cedere agli orchi le foglie che quelli stavano vergognosamente perdendo, una l'anno, una foglia ogni volta che i Signori di Un si recavano da un popolo, un anno di vita eterna in più, senza le foglie non esistevano gli orchi, senza gli orchi le foglie non sarebbero mai cadute, finite le foglie, Un sarebbe morta e assieme ad essa gli orchi e Unilia: - Se non ci si perde. - rispose la ragazzina, distrattamente. L'orco le sorrise: - Ma tu mi accompagnerai, vero? - chiese, prendendola per un braccio. Onilai tremò impercettibilmente, ma resse il suo sguardo. "Ecco un altro elfo coraggioso." pensò leccandosi le labbra. Si ricordava ancora la prima volta che aveva ripreso Altaik personalmente, era ancora un bambino, doveva avere undici anni, un nulla in confronto ai secoli che aveva Gartor, ma, per la prima volta, l'orco non aveva fiutato paura, bensì rabbia e fastidio. Quelle due sensazioni lo avevano convinto che quel piccolo elfo sarebbe diventato comandante delle truppe elfiche e, infatti, c'era riuscito proprio l'anno prima, all'età di vent'anni, battendo ogni primato. Quella ragazzina, invece, aveva la stoffa per diventare contessa e probabilmente la sarebbe diventata: - Lasciatemi! - ordinò divincolandosi dalla stretta. Di fronte a quella reazione, l'orco si lasciò sfuggire una risata: - Altrimenti? - domandò, stringendo la presa con più forza. La ragazzina iniziò a digrignare i denti dal dolore: - Altrimenti non vedrete l'Albero. - rispose. Il comandante la lasciò andare: - Hai coraggio da vendere. - 

Camminarono più di mezz'ora. Più il tempo passava e più si stava convincendo che quella ragazzina lo stesse portando sulla strada sbagliata, ma, proprio mentre stava per dar voce ai propri dubbi, lo vide. 

La chioma argento e rosa era composta di centinaia di migliaia di piccoli fiori dal profumo inebriante, la sua chioma era una cupola perfetta che andava a protendere le proprie dita di legno scuro verso un piccolo lago di acqua cristallina. Il tronco era spesso, di un colore così cupo da sembrare nero e si andava a diramare in centinaia di rami a da quelle centinaia ne partivano altri cento, andando a sfiorare il cielo con i fiori che crescevano più in alto, mentre le radici, lunghissime, s'intrecciavano come un pavimento perfetto. Se lo si guardava dall'altro lato, però, si potevano vedere i rami spogli a causa dei fiori che aveva perso, le radici erano raggrinzite e il trono trasudava una resina grigiastra che puzzava di putrefazione. Rimase stupito di fronte a quel gigante sofferente. Era la prima volta che vedeva un Albero che non fosse l'Acero e, anche se quello non si avvicinava lontanamente alla bellezza della pianta coltivata personalmente da Unilia, il Ciliegio aveva un fascino divino: - Gartor? - lo chiamò una voce proveniente dal tronco di quell'immensità di legno. Ebbe quasi la sensazione che qualcosa lo attirasse verso di esso: - Avvicinati! - sussurrò ancora, si voltò verso la ragazzina, ma quella guardava altrove, persa nei propri pensieri. Le sue gambe si mossero da sole, passo dopo passo, giunse all'ombra di quella chioma rosea. Alzò una mano e con le dita sfiorò la corteccia ruvida. Inizialmente non accadde nulla, poi, un flauto iniziò a suonare. Si guardò attorno alla ricerca della fonte di quel suono, poi Un iniziò a cantare:
 
Fischia il vento nella casa d'oro dei signor.
Vola l'elfo che a batter  l'usurpator verrà.
Canta l'albero che in eterno vivrà.
Canta l'orco che cacciato fu.
I suoi simili lo chiameranno traditor.


Allontanò la mano, sciogliendo il legame con l'Albero e con la terra. Un brivido gli percorse la schiena. Non poteva cantare quella canzone, Un non poteva disprezzare i propri Signori, Un viveva grazie a loro e non grazie ad Unilia che l'aveva lasciata nelle mani di un popolo straniero. Si fece coraggio e posò di nuovo la mano sul tronco. Risentì il flauto e i tamburi scandire il tempo di quel canto di guerra:

Urla il soldato disertor,
Chiama la donna che in eterno amerà.
Canta l'albero che in eterno vivrà
Canta l'orco che cacciato fu.
 Eretico e traditor diverrai.


Questa volta non poté fare a meno di allontanarsi da quella maledetta pianta. Si era alzato il vento, un vento così forte da gonfiare il mantello dell'orco e da scompigliare i capelli della sua giovanissima accompagnatrice: - Tutto bene? Sembra che abbiate visto un fantasma. - domandò la ragazzina, lanciandogli un'occhiata preoccupata, ma allo stesso tempo anche divertita. In effetti, Gartor aveva visto qualcosa, ma non era uno spirito che cercava vendetta, bensì se stesso che condannava a morte il proprio popolo, uccidendo Thornin a sangue freddo: - Ho avuto una visione terribile. - strillò poco prima di fuggire via, lasciandola sola, ignorando che di fronte a lui vi era uno dei labirinti più complessi mai costruiti. 

Corse veloce come il vento, senza controllare dove stesse andando. Le siepi erano tutte uguali e tutte sembravano portarlo ad un vicolo cieco. La canzone continuava a risuonargli nella testa. Non sarebbe mai diventato un eretico e un traditore, non voleva diventarlo, lui non avrebbe mai pugnalato il proprio imperatore e non avrebbe mai aiutato l'elfo incaricato fin dalla nascita di uccidere Thornin, lo avrebbe ucciso con le proprie mani, strappandogli le ali una ad una, ne era certo, eppure quella visione gli era sembrata così vera e così bella allo stesse tempo. Non poteva negare di aver provato una felicità senza eguali mentre immergeva il pugnale nel petto di quella bestia priva di cuore.


Note dell'autrice

Buongiorno, cari lettori e care lettrici! Questo è il primo capitolo incentrato su un antagonista, anche se non sembra tanto un antagonista... chissà cosa accadrà? Comunque, ho faticato molto nella stesura di questo capitolo, è stato riscritto così tante volte che ho perso il conto, tuttavia è un capitolo chiave per capire alcuni pezzi della storia degli orchi e per comprendere anche queste figure. Gartor è sempre stato uno dei miei personaggi preferiti, anche se è molto complicato da caratterizzare, probabilmente non sarò riuscita al cento per cento nel mio intento, però ne sono soddisfatta. Sono curiosa di sapere cosa ne pensate pure voi. Vi ringrazio tutti per aver letto questi cinque capitoli di apertura! 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Blue_Rainbow592