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Autore: paige95    26/04/2020    17 recensioni
La guerra in Afghanistan è il filo rosso che lega il destino di due uomini e due famiglie, due mondi distanti che non sanno di essere molto vicini tra loro.
Nell'estate del 2018, in pieno conflitto, il tenente comandante dei Navy SEALs Christian Richardson e l'inviato speciale del Los Angeles Times Samuel Clark verranno chiamati al fronte, lasciandosi alle spalle vissuti, affetti e i vasti territori californiani.
[Questa storia partecipa al contest "Chi ben comincia è a metà del prologo" indetto da BessieB sul forum di EFP]
Genere: Angst, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Destino'
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Fantasmi del passato

 

 

Los Angeles; 11 agosto 2018
 
L’orologio appeso alla parete opposta rispetto al letto segnava quasi le undici del mattino. I genitori di Samuel sarebbero presto rincasati da un paio di giorni di vacanza e il ragazzo era immerso nella morbidezza del materasso in dolce compagnia della fidanzata Margaret.
Erano ancora mezzi nudi; con qualche carezza distratta sulla spalla Samuel era riuscito a farla rilassare, fino ad assopire nell’incavo alla base del suo collo.
La signora Clark era stata comprensiva con il figlio e la futura nuora. I due, ormai prossimi al matrimonio, non convivevano ancora; fosse stato per lei, Margaret si sarebbe potuta fermare a dormire in assenza dei padroni di casa. Era stata la ragazza a non aver voluto trascorrere la notte in quel letto; lo aveva raggiunto all’alba, perché teneva alla loro prima notte di nozze e desiderava iniziare a dormire al suo fianco solo dopo essere diventata sua moglie, in un letto matrimoniale e nel loro appartamento.
Era un sabato soleggiato, eppure avevano preferito godere della presenza reciproca in intimità, cogliendo l’occasione della casa vuota e di quel letto ad una piazza e mezza che in fondo ospitava entrambi con comodità; per quello Margaret non aveva resistito a lungo e tra le sue braccia riusciva a recuperare le ore di sonno perdute per trovarsi da lui all’ora stabilita.
A Samuel era stata concessa mezza giornata libera dal lavoro alla redazione del Los Angeles Times. Il ragazzo trovava gratificazione in quell’impiego; la cronaca e l’attualità erano il suo pane quotidiano, ma aveva anche ventiquattro anni e mille altri sogni per il futuro, uno fra tutti quello di creare una famiglia con la coetanea che teneva stretta tra le braccia.
Era stata proprio la redazione di quel quotidiano statunitense a fare da sfondo all’incontro tra i due giovani. Avevano scoperto una grande affinità nel momento in cui il padre di Margaret venne assunto dal direttore Daniel Clark. Non era forse buona abitudine che i dipendenti, specie i neoassunti, si facessero seguire dai figli sul posto di lavoro, il padre di Margaret però si era distinto fin da subito per le sue eccellenti doti sul campo ed era persino riuscito a far breccia tra i difficili e noiosi canoni del direttore.
Grazie alle abilità giornalistiche del futuro suocero di Samuel, i due giovani ebbero l’occasione di conoscersi sotto le luci al neon di quella famosa redazione.
Per la simpatia personale e professionale che Daniel nutriva nei confronti del suo dipendente, le famiglie Clark e Allen si erano avvicinate sempre di più o forse erano stati gli stessi ragazzi a favorire la loro amicizia, questo a nessuno fu ben chiaro, visto che per Samuel e Margaret a distanza di poco tempo dal loro primo incontro era diventata buona norma visitare le loro rispettive case.
Samuel era certo, però, che quella giovane, all’epoca appena maggiorenne, avesse avuto un ruolo fondamentale nella sua vita. L’aveva conosciuta quando ancora lui, tra una lezione e l’altra alla John Marshall High School, svolgeva il ruolo di assistente presso la redazione del padre con la viva speranza di carpire qualche utile esperienza per il futuro. Erano amici affiatati lui e Margaret quando conseguì il diploma e con una brillante carriera liceale riuscì ad aggiudicarsi l’ammissione al corso di giornalismo nella prestigiosa università di Yale.
Samuel amava quel ramo professionale, non era solo un’eredità genetica come molti avrebbero potuto pensare, ma con il tempo e la maturità degli anni si domandava spesso se in parte non avesse cercato in quel modo di conquistare l’affetto di suo padre.
Daniel Clark era l’esatto opposto dell’affettuosità: era un uomo apatico nella sfera sentimentale, da parte sua Samuel non ricordava una singola carezza. Era bravissimo, però, a compensare tutte le attenzioni di cui privava moglie e figli sul piano della sussistenza della sua famiglia; sotto quell’aspetto non gli si poteva recriminare qualcosa, era un instancabile lavoratore.
A ventiquattro anni ad un giovane non bastava sapere che il padre non gli avesse mai fatto mancare il pane in tavola, specie se il ragazzo in questione era ormai in grado di provvedere a se stesso.
A Samuel era sempre mancata la sensazione di sentirsi davvero suo figlio, non riusciva ad essere fiero del cognome che portava solo per la fama del Los Angeles Times, necessitava anche di un più intimo e riservato senso di appartenenza. Nella mente del giovane, anche inconsciamente, permaneva l’idea di rendere suo padre orgoglioso della carriera professionale che aveva intrapreso e degli obiettivi che era riuscito a raggiungere dopo tanto studio, impegno e passione per quel mestiere. Nessuna raccomandazione, quindi. Sperava di riuscire a prendere due piccioni con una fava, con l’unico risultato di una laurea quadriennale in giornalismo e la solita indifferenza di suo padre per tutto ciò che riguardasse la vita personale dei suoi figli; persino di quella figlia lontana che non viveva da anni sotto il suo stesso tetto e che era rimasta in ottimi rapporti con Samuel.
Margaret era sempre stata al corrente di ogni risvolto della vita di quel ragazzo, era stata per anni la sua confidente privilegiata, prima ancora di diventare la sua fidanzata. Anche quando il college li separava fisicamente, la ragazza era sempre stata parte delle sue giornate in un modo o nell’altro; la tecnologia assisteva la loro amicizia e nei fine settimana potevano finalmente riabbracciarsi.
Lo aveva sempre sostenuto in ogni sua scelta, aveva gioito insieme a lui per ogni suo successo. Molti avrebbero scommesso una buona somma di denaro sul fatto che presto o tardi avrebbero formato una coppia fissa. Tranne Daniel, ovviamente, non era affar suo sapere chi i suoi figli scegliessero come compagno di vita; si potevano solo ipotizzare la sua opinione a riguardo del destino dei due giovani, chi poteva dirlo se non si esprimeva mai pubblicamente.
Era giunto un giorno però – quello stesso giorno – in cui il loro coinvolgimento emotivo gli impediva di essere totalmente sincero con la sua fidanzata. Nel giro di un paio di settimane si sarebbero sposati e lui non solo non aveva la possibilità di essere presente per la cerimonia, sarebbe mancato da casa per mesi. Non avrebbe nemmeno potuto esserle accanto nell’unico momento in cui lei aveva necessità della sua presenza; non gli aveva mai chiesto qualcosa di più in sette anni in cui si conoscevano.
Settembre era alle porte e con esso l’inizio di un nuovo anno scolastico. La sua giovane e bellissima maestra avrebbe preso servizio in una scuola elementare; era il suo primo incarico, era spaventata ed emozionata in egual misura. Lui però, benché fosse al corrente di ciò che quel nuovo lavoro suscitasse in lei, non ci sarebbe stato e non sapeva con quali parole informarla dell’impedimento.
Samuel le sfiorò appena il mento arrotondato e le posò un bacio sulla nuca che si trovava a pochi centimetri dalle sue labbra. Le narici del ragazzo furono inondate da una delicata fragranza di balsamo alla vaniglia; non interruppe per qualche infinito secondo quel contatto rigenerante, chiuse gli occhi e si beò del suo profumo e della sua morbidezza.
Si sciolse dall’abbraccio della fidanzata con delicatezza, cercando di non infonderle i suoi stessi turbamenti.
Margaret era in dormiveglia, ma avvertì chiaramente quando le sue braccia scivolarono dal petto nudo del ragazzo contro il suo volere. Schiuse gli occhi e lo intravide, con i sensi un po’ sfocati, seduto di spalle: stava recuperando il pacchetto di sigarette sul suo comodino, c’era solo il tempo per quello prima che i signori Clark rientrassero.
«Sam. Dove vai?»
La voce della ragazza era flebile, ma il suo vibrato era intriso di incertezza.
Il suo fidanzato aveva ignorato sia il portafogli che il cellulare, segno che non aveva ancora intenzione di uscire dalla stanza.
Era così strano che quello smartphone non avesse ancora suonato. In redazione avevano concesso a loro qualche ora per amoreggiare in pace, senza probabilmente essere al corrente che fossero insieme e cosa stessero realmente facendo. Al direttore in fondo sarebbe importato poco o niente; quella mattina strappata alla routine era solo merito dell’influenza che la moglie aveva su Daniel.
Margaret desiderava solo godere a pieno di quei rari momenti. Ignara dell’ora, gli sfiorò la schiena con la punta delle dita, invitandolo a non privarla così presto del suo calore.
Samuel non accolse i suoi tentativi carichi di desiderio. Recuperò una sigaretta e la accese lasciando l’accendino dentro al pacchetto, riponendolo poi dove lo aveva preso.
Il ragazzo si avviò sovrappensiero verso la finestra della camera da letto, la cui vista si affacciava sulla trafficata Hollywood Boulevard. Con il bastoncino bicolore tra le labbra, liberò entrambe le mani per poter spalancare dall’interno le ante.
Fumare e respirare lo smog di una delle strade più frequentate di Los Angeles non era l’abitudine più salutare del mondo, ma lo aiutava ad organizzare le idee o meglio a placare il vulcano che ultimamente aveva al posto del cervello. Lo stavano spaventando le sue stesse reazioni, nell’ultimo periodo stava diventando sempre più simile a suo padre: irruento, menefreghista e anaffettivo.
Aveva trascorso qualche ora con la sua fidanzata sotto le lenzuola, eppure sentiva di non essere stato insieme a lei con il cuore.
Samuel aspirava tutto il fumo possibile, credendo fosse la medicina migliore contro lo stress, non certo perché fosse un accanito fumatore. Permise che il vento di quella mattina gli inondasse il viso; non era più luglio ed anche il caldo iniziava ad allentare la sua morsa, lasciando spazio ad una frescura piacevole.
Dall’altra parte della strada, a due corsie per direzione, era ben evidente la famosissima Hollywood Walk of Fame. Aveva percorso quell’itinerario pubblico almeno un centinaio di volte, sempre di corsa. Eppure ogni volta sotto i suoi passi scorrevano nomi di attori e cantanti che la sua memoria classificava - allo stesso modo in cui categorizzava ed elaborava il canto degli uccelli la mattina -, senza la minima intenzione di soffermarvi sopra il pensiero più del necessario.
A proposito di ciò che aveva sotto gli occhi, gli tornarono alla memoria solo due parole: carpe diemcogli l’attimo, dal famoso film l’ “Attimo fuggente”, il cui interprete era l’indimenticato – su quel marciapiede e nella memoria dei suoi fans – Robin Williams. 
Cogli l’attimo, Samuel pensava, stringila a te più forte che puoi, lascia che ti entri nel cuore, fai un pieno di lei per i prossimi mesi che verranno.
Le sue labbra, però, bramavano solo nicotina e non ne era nemmeno dipendente. Espirò un alito di fumo e si morse il labbro inferiore; la frenesia del lavoro in redazione non lo aiutava a riscoprire la stabilità del suo sistema nervoso.
Fu sufficiente che la fidanzata si sedesse sul letto e provocasse un leggero scricchiolio delle doghe per scuoterlo.
Margaret voleva avvicinarsi a lui e per farlo indossò la camicia bianca del ragazzo; insomma, il primo indumento che le era capitato a tiro sul letto e che le consentisse di mostrarsi in pubblico senza imbarazzo.
«Ehi, cosa mi sono persa? Da quando fumi in quel modo? E soprattutto, da quando ne senti il bisogno dopo aver fatto l’amore con me? Credevo cancellasse buona parte dello stress settimanale»
Lo rimproverò con un sorriso accorciando sempre più le distanze tra loro. Era cullata dal suo profumo; quella camicia era impregnata del suo dopobarba, come del resto lei stessa, ma avrebbe tanto voluto che il loro weekend non terminasse tanto presto.
Contro l’intensa luce che filtrava nella camera attraverso l’imposta, i capelli biondi di Samuel erano inondati dal sole alto in cielo rendendoli quasi miele.
Gli stampò un bacio accanto all’orecchio, al limite tra il seducente e il casto. Non voleva certo dare spettacolo in strada, anche se non era certa che qualcuno avesse il tempo di accorgersi di due giovani innamorati al terzo piano di una qualsiasi palazzina.
Margaret non aveva ricevuto alcun tipo di risposta o di reazione, lui preferiva consumare quella sigaretta fino al filtro piuttosto di sfiorarla di nuovo, o almeno quella era l’impressione della ragazza.
«Scusami…non sono stato molto delicato»
Samuel rivolgeva lo sguardo alla strada che si estendeva in lunghezza appena sotto la finestra e lasciava che la cenere si dissolvesse nell’aria; con quella brezza non vi era pericolo che raggiungesse l’asfalto o qualche passante.
«Indelicato dici? Non me ne sono accorta. Amore, sei stato come al solito»
Forse fino a quel momento si era persa tra le sue braccia senza porsi troppe domande. Ora lo stava fissando con più attenzione e aveva notato nei suoi gesti e sul suo viso i chiari segni del nervosismo.
Avevano trascorso insieme la sera precedente, impegnati al Pershing Square a fare a gara per chi avesse visto più stelle cadenti. Lui la prendeva in giro divertito, quando non aveva idea su cosa desiderare ed era vero, aveva tutto: un lavoro – che sicuro dopo un iniziale spaesamento le sarebbe piaciuto – e un uomo che l’amava.
Qualche ora prima Samuel sembrava più tranquillo. Margaret non conosceva molte spiegazioni valide, solo il matrimonio imminente, la cerimonia e tutto ciò che comportava avrebbe potuto destabilizzarlo. D’altronde anche lei, se si fosse soffermata a pensarci, avrebbe provato tanta eccitazione.
La ragazza provò a distendere la tensione, alludendo ad uno dei risvolti più affascinanti della cerimonia, o almeno per lei era così, sperando che l’argomento di distrazione fosse piacevole anche per lui.
«Oggi pomeriggio vado a scegliere il vestito con mia madre. Avrei chiesto a te di accompagnarmi, ma corre voce che lo sposo non possa vederlo prima del grande giorno»
Non riuscì a contagiarlo come sperava con il suo entusiasmo. Samuel si era limitato ad annuire, distratto da pensieri a lei totalmente sconosciuti. Dubitava avesse problemi con il giornale, talmente grandi da dichiarare il silenzio stampa con la fidanzata; nemmeno che avesse discusso con il padre, il dialogo con lui era talmente scarso da rendere impossibile persino una lite tale da affossare il suo umore.
«Hai preferenze? Scollature, pizzo, strascico, velo? Puoi darmi qualche suggerimento, se ti fa piacere»
Il suo promesso non stava facendo una piega. L’unico movimento era quello delle due dita che si portavano la sigaretta verso la bocca.
«In effetti posso provare a vedere se nel mio guardaroba ci sia qualcosa di adatto per una cerimonia, invece di spendere soldi per un abito che indosserò solo una volta. Non so, magari qualcosa di blu o rosso, meglio se nero come il tuo umore questa mattina»
Benché Margaret cercasse in tutti i modi di mettere alla prova la sua attenzione, il ragazzo non sembrava intenzionato a considerare la sua presenza.
La stava infastidendo terribilmente il suo menefreghismo. Non la rendeva partecipe dei suoi pensieri e nemmeno mostrava interesse per quelli di lei.
Gli tirò un manrovescio stizzoso sull’avambraccio, forse sentendo dolore sarebbe risorto dalla realtà parallela in cui era immerso. Per poco quel colpo non gli fece scivolare il mozzicone dalla bocca, una conseguenza che lo infastidì.
«Cosa c’è? Si può sapere cosa vuoi?»
«Samuel, non stiamo iniziando per niente con il piede giusto. Tra quindici giorni diventerò tua moglie e tu non mi ascolti nemmeno quando parlo. Sto forse pretendendo troppo?»
«Ti ho ascoltata. Mi stavi parlando di…tua madre, deve accompagnarti da qualche parte»
«A scegliere il vestito da sposa, per la precisione»
«Certo, sì…sarebbe meglio aspettare, non credi?»
Il giovane davanti a lei aveva detto quattro parole in croce e tre su quattro le avevano ispirato indifferenza, la restante una punta di timore.
Ma era lo stesso ragazzo che appena un anno prima le aveva chiesto di sposarlo sulle rive del fiume con in tasca il solitario che ora portava con orgoglio all’anulare? Cosa poteva averlo sconvolto tanto da arrivare addirittura a perdere interesse per il giorno più importante della loro vita?
A lei era parso che quella mattina l’avesse amata come il primo giorno. Si era sentita davvero amata dal suo promesso, aveva notato solo dopo il suo cambiamento e la sua improvvisa freddezza.
«Aspettare cosa, scusa? Non credo di aver capito»
Samuel fece un ultimo e profondo tiro prima di spegnere e buttare il mozzicone fuori, incurante dei passanti, aveva problemi più rilevanti. Prese un prolungato sospiro con la scusa del fumo che inondava le sue vie aeree. Quando si voltò verso di lei, incontrò la sua fronte corrucciata e gli occhi ebano sconvolti puntati sul suo viso.
«Maggy, tra quindici giorni non sarò a Los Angeles»
«E dove…»
«A Kabul, come corrispondente per il Los Angeles Times»
Scese il gelo tra loro, il venticello di quella mattina in confronto era il deserto del Sahara.
Samuel visse in una sorta di limbo per qualche secondo, senza sapere come la ragazza avrebbe reagito, era apatica e immobile come una statua di sale.
«Mi hai fatto organizzare il matrimonio fino a ieri. Cosa ti costava dirmelo prima?»
«Margaret, non è facile nemmeno per me parlartene e accettarlo»
La giovane si portò le mani sulla bocca cercando di trattenere la commozione per quella notizia. Non voleva cedere davanti a lui, non lo meritava, non dopo quell’affronto, quell’abbandono.
Afferrò i pantaloni e le scarpe, cercando di riscoprire la sua dignità. Lì indossò in fretta e furia, sfogando in quelle azioni tutta la sua frustrazione. Allacciò meglio la camicia candida in forte contrasto con la chioma mora e titubante afferrò il pacchetto di sigarette del fidanzato; era lei ora ad avere un disperato bisogno di nicotina.
«Dove stai andando? Hai smesso anni fa, non fare sciocchezze»
Le strappò le sigarette dalle mani e provò ad incrociare severo il suo sguardo, sfoderando l’unica arma con la quale aveva qualche possibilità di calmarla: i suoi occhi nocciola venati da sfumature d’orate erano la più grande attrazione per la ragazza.
Margaret resse il rimprovero senza troppi problemi, anzi era talmente arrabbiata che riuscì quasi a sovrastarlo.
«Lo fai per tuo padre, vero?»
«Cosa? Cosa c’entra mio padre ora?»
«Ci tieni a sentirti dire quanto sia orgoglioso di te»
«Quando mai mio padre sarebbe stato orgoglioso di me?»
«Appunto, mai, hai solo trovato il pretesto»
Recuperò le sigarette. Non le importava nulla di chi fosse il proprietario, lei ne aveva bisogno per causa sua e gliele doveva.
«Grazie, ma alla mia salute posso pensare anche da sola»
Si avviò verso la porta spalancandola con un grande tonfo – non era casa sua ma negli ultimi sette anni era come se lo fosse stata – e imboccò le scale con determinazione.
Samuel perse solo qualche istante per riflettere sulle parole della fidanzata. Avrebbe voluto darle torto con sicurezza, ma lui non riusciva ad essere abbastanza obiettivo, quell’uomo era sempre stato per Samuel la sua più grande debolezza.
Era verosimile, però, che il rapporto assente e tanto desiderato con suo padre influisse su una scelta simile?
«Margaret! Amore, ti puoi fermare un minuto?»
Le corse dietro, in quel momento voleva solo impedire che imboccasse l’uscita.
La ragazza si voltò a metà scalinata, interrompendo a lui bruscamente il cammino e iniziò a guardarlo con sospetto dal basso verso l’alto.
«Per quale ragione non mi hai chiesto un parere?»
Non sapeva risponderle. Le sue ultime affermazioni così convinte e all’apparenza ragionevoli per il modo in cui le esponeva lo avevano spiazzato e zittito.
«Capisco. L’opinione di tuo padre è più importante»
Si sentì offeso. Come poteva pensarlo? Quella ragazza gli era stata accanto molto più di quanto non avesse fatto suo padre in una vita intera. Non erano soliti litigare, ma quello era l’oggetto principe delle loro discussioni.
Margaret non aveva mai dubitato della passione del fidanzato per il giornalismo, ma il padre aveva troppa influenza sulle sue scelte. Sperava così di conquistare un angolo del cuore di quell’uomo, di farsi voler bene, visto che non glielo ricordava mai o non si interessava alla sua sfera privata.
La ragazza lo aveva sempre ascoltato, lo aveva sostenuto e cercato di colmare le sue sofferenze, ma era troppo per lei accettare che assecondasse Daniel prendendo decisioni così pericolose per la sua incolumità e il loro rapporto, specie se rischiava di mandare a monte un progetto di vita in comune. Cosa peggiore, Samuel si era sempre ostinato a negare il giogo che il padre manteneva su di lui, per quanto lei di tanto in tanto gli facesse quell’appunto, rispolverando il suo ruolo di amica. Il ragazzo mostrava sempre e solo un’inconscia volontà di diventare per Daniel un figlio amato e di conquistare l’affetto che gli mancava.
«Stai vaneggiando, mio padre non c’entra nulla, non mi ha ordinato lui di andare in Afghanistan…a lui importa poco quello che faccio»
La fece sorridere sarcastica. Sul fatto che a Daniel non importasse dell’incolumità di suo figlio erano d’accordo, ma come di consueto Samuel tendeva ad escluderlo dalla discussione.
Iniziava a credere che il fidanzato avesse qualche serio problema di autostima, si sentiva in difetto con quell’uomo, ma non lo avrebbe mai ammesso.
«Avrebbe potuto in qualsiasi momento risparmiarti la guerra, lo sappiamo entrambi, ma non ha voluto. Richiamami quando avrai vinto contro i fantasmi del tuo passato»
Daniel era prossimo alla pensione, era una delle ultime occasioni – forse la più grande – per dimostrare a suo padre di valere come figlio e uomo.
La ragazza non riusciva a dimostrargli quale fosse la scelta più saggia e a fargli capire chi tenesse davvero alla sua vita.
Gli lanciò le sigarette prendendolo in contropiede. Assorto nei pensieri, le intercettò per un soffio.
«Non vale la pena rovinarsi la salute per te»
Almeno su quel punto erano d’accordo.
«Margaret, non è vero niente. Ascol…»
La ragazza non tornò sui suoi passi. Doveva calmarsi lontana da lui e dal suo persistente negazionismo.
Appena prima che lei riuscisse a sfiorare la maniglia, la porta si aprì dall’esterno rivelando i movimenti discreti della padrona di casa, la quale temeva di disturbare i due giovani. La donna, dall’aspetto affabile e distinto – Margaret non era mai riuscita a capacitarsi del fatto che stesse con Daniel –, rimase perplessa alla vista della nuora.
«Buongiorno, signora Clark. Spero stia bene»
La ragazza passò accanto alla suocera a testa bassa, uscendo rapida. Quest’ultima era rimasta ammutolita per qualche secondo; faceva vagare lo sguardo dalla porta al figlio in cerca di risposte. Conosceva quella giovane da quando era ancora un’adolescente, avevano un rapporto di stima reciproca; non le avrebbe mai negato un dialogo, a meno che non ci fosse una ragione grave e motivata.
«Tutto bene? Non ho mai visto Margaret in quello stato»
Ora Samuel dopo la scenata della fidanzata si vedeva costretto ad informare anche la madre della partenza; era convinto che suo padre, un uomo di poche parole, non lo avesse ancora fatto. Non voleva che il rapporto con la sua fidanzata precipitasse proprio in un momento in cui la distanza non li avrebbe aiutati a risanarlo.
Non voleva perdere il suo amore e la sua amicizia. Non voleva perderla, prima ancora che pensasse la guerra a separarli per sempre.
«Mamma, ti devo parlare e forse è meglio se ci sediamo»
 
◦•●◉✿✿◉●•◦
 
Non appena Margaret richiuse la porta di casa, il nodo in gola che non smetteva di bruciarle era salito fino alla congiuntiva.
Aveva girato la chiave nella serratura con mano tremante. Solo dopo aver messo piede sul pavimento, si accorse di essersi trascinata dietro la camicia di quel giovane e con essa anche il suo profumo, che, a seguito delle ultime notizie ricevute, era diventato fastidioso.
Stava male e non sarebbe riuscita a nasconderlo nemmeno ai suoi familiari.
Ebbe bisogno di qualche istante per realizzare cosa realmente l’avrebbe attesa nei prossimi mesi.
Lui non era mai stato in guerra, possibile non avesse paura? Lei per il fidanzato, acquietata la rabbia, avvertiva una drammatica impotenza per le sue sorti e ciò le stava attanagliando le viscere.
Nella fretta non gli aveva nemmeno chiesto per quanto tempo sarebbe stato via, l’ira aveva acceso le sue vene prima che potesse farlo.
Daniel avrebbe preferito piangere suo figlio, pur di dichiararlo codardo e Samuel non lo capiva, non era mai stato in grado di vedere il reale stato delle cose. Margaret non era mai riuscita nell’impresa.
Avrebbe dovuto immaginare che quel giorno sarebbe prima o poi arrivato, quella divergenza di idee li avrebbe allontanati. Solo non a quindici giorni dal loro matrimonio e con l’incombente incertezza di una guerra.
Si chinò ai piedi della porta d’ingresso e lasciò alle lacrime il tempo di scorrere in silenzio, pensando a come poter evitare che quello screzio rovinasse gli ultimi due anni di relazione e il loro rapporto.
Ripensandoci, un tiro lo avrebbe fatto volentieri. Oltre al dolore di dover disdire tutto per la cerimonia, nessuno di loro due aveva la piena certezza che quel matrimonio si sarebbe celebrato; Samuel non poteva darle la garanzia di tornare a Los Angeles sano e salvo.
Impuntò i gomiti sulle ginocchia e si coprì il volto con entrambi i palmi. Lo aveva incentivato a diventare giornalista, per perderlo sotto il cielo grigio di Kabul? Era troppo persino per una donna che si riscopriva spesso essere una spalla su cui piangere.
«Maggy, tesoro. Cos’è successo?»
Avvertì il tono comprensivo della madre e subito dopo il suo tocco confortante tra i capelli.
I suoi genitori erano al corrente del fatto che fosse uscita di casa presto per trascorrere quel sabato mattina con il suo fidanzato. Era sufficiente per loro un semplice collegamento, per giungere alla conclusione di una lite tra i due promessi.
«Margaret»
Sentì la voce profonda del padre a pochi centimetri da lei. Anche lui doveva essersi chinato, per cercare di capire e di consolarla. Le bastò percepire la presenza dell’uomo che l’aveva messa al mondo per insinuarsi nella mente un nuovo tarlo.
Scoprì gli occhi e puntò le iridi umide proprio su quell’uomo.
«Tu lo sapevi. Sapevi che a Samuel era stato proposto quel reportage»
«Giravano voci in redazione, ma non sapevo, Maggy, che Daniel volesse proporlo a suo figlio. Non credevo potesse arrivare a questo punto, piccola. Mi dispiace»
Suo padre aveva mantenuto una voce calma, le uniche incrinature riguardavano il dispiacere per la sofferenza che sua figlia stava provando.
La madre ascoltò in silenzio e trovò utile contenere fisicamente la forte delusione di Margaret. Si avvicinò a lei e la invitò a sfogarsi sulla sua spalla. La ragazza declinò l’invito, asciugandosi le lacrime con la manica troppo lunga della camicia che indossava.
Non era quello il tempo di lasciarsi sopraffare dai sentimenti.
Samuel avrebbe potuto scegliere, nessuno era obbligato ad accettare una trasferta simile, lui compreso. Non era più un bambino che elemosinava le attenzioni del padre, attaccandosi alla stoffa dei suoi pantaloni, era un giovane uomo prossimo al matrimonio.
La fidanzata non era semplicemente tra le sue priorità, ecco tutto. Quel ragazzo aveva troppe questioni irrisolte del suo passato per iniziare insieme a lei una nuova vita.
Margaret si alzò, ignorando il supporto che i suoi genitori le stavano offrendo. Avrebbe dovuto prepararsi psicologicamente per affrontare i mesi successivi.
Nessuno era certo che il matrimonio si sarebbe un giorno celebrato o se quella disdetta sarebbe stata definitiva.
Rabbia e preoccupazione le attanagliavano il cuore. Desiderava solo sfilarsi quella camicia e lavare via il suo profumo dalla pelle; faceva troppo male sentire addosso i segni di un amore così grande che avrebbe rischiato di perdere per sempre.
 

Buongiorno, cari lettori e care lettrici!

Per rendere il tutto più realistico, mi sono premurata che l’11 agosto 2018 fosse davvero un sabato.
Spero di non essermi dilungata troppo, ma tenevo a presentarvi nel modo più completo possibile i personaggi di Los Angeles, anche se non saranno i soli.
Ringrazio di cuore tutti coloro che mi seguono! ❤️
 
Alla prossima!
Un abbraccio,
Vale
 
   
 
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