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Autore: AnnaTiri93    27/04/2020    0 recensioni
La storia è incentrata sulle vicende di Harley, una ragazza intraprendente, intelligente con molte qualità ma con un passato oscuro e triste; e di Neal Caffrey, un affascinante uomo dal passato da truffatore ma con un presente completamente cambiato. Durante la storia i due protagonisti avranno modo di incontrarsi : Harley, che fa parte della squadra della NSA, dovrà indagare su Neal e scoprire se sta meditando un piano per fuggire come già ha fatto in passato. Tuttavia, durante questa missione, Harley capirà che in realtà non c'è nulla che non vada in lui, ma sarà arduo darne la prova ai suoi superiori che in realtà NEal non è più quello di prima e soprattutto si renderà conto che proverà qualcosa per lui più dell'amicizia - tutto andando oltre gli obiettivi della missione. Come andrà a finire la storia ?
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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HARLEY


                La mia vita è sempre stata difficile, non lo dico tanto per dire ma perché è la verità.
Sono orfana, i miei genitori non li ho mai conosciuti e forse è meglio così seppure da una parte la curiosità c’è su chi sono e come posso essere. Tuttavia, provo anche rabbia perché non mi hanno voluta e provo sempre a farmene una ragione seppure è difficile. Devo dire che da un lato ho imparato a cavarmela sempre da sola, a differenza di tanti che hanno sempre urgente bisogno di una mano in ogni situazione. Quando sei orfano e vivi in un orfanotrofio, devi per forza di cose a trovare il coraggio per affrontare ogni scherno da solo, altrimenti sei finito.
                Noi orfani siamo visti un po’ come fanciulli sfortunati, quasi estranei in questo mondo e non ne capisco il motivo. Nonostante non sono cresciuta in una famiglia, sono riuscita ad accrescere le mie passioni : ho imparato a suonare il pianoforte, la chitarra e altri strumenti, ho sempre studiato al massimo tutte le materie ottenendo i voti più alti, in sport non mi facevo battere da nessuno, e potrei dire molto altro ancora.
Crescendo all’età di quattordici anni ho vinto una borsa di studio e sono entrata in una delle buone università di New York, alternavo lo studio di diversi corsi accademici ai concerti di musica classica per pianoforte suonando pezzi difficili con esponenti internazionali. Seppure ero molto brava in tutte le cose, gli altri orfani mi odiavano per le mie doti e di conseguenza ero sempre da sola.
                Diciamo che nella sfortuna ho avuto anche modo di farmi il culo e dimostrare che gli orfani non sono dei reietti. Molti direbbero che il mio smisurato eccellere in tutto è un modo per attirare l’attenzione, per cercare affetto che non ho avuto da genitori come lo hanno i bambini comuni. Per me possono dire quel che vogliono, io sto benissimo così. Certo non è tutto così perfetto, ho avuto anche io i miei problemi e seri.
Ho sofferto di anoressia a causa di un’aggressione avuta a dodici anni da parte di quattro cretini, probabilmente ne soffro ancora ma senz’altro lo nego come farebbero tante nelle mie condizioni.
                Purtroppo è l’episodio peggiore che ho subito durante i miei tre periodi di affido in famiglie, nelle famiglie che ti prendono in affido i genitori tendenzialmente vogliono solo sfruttare i bambini che hanno preso in custodia, almeno ai miei tempi : la prima mi avevano scambiato per cenerentola e dovevo sbrigare tutte le faccende alla perfezione altrimenti mi avrebbero punito. E credetemi, mi hanno punito un sacco di volte anche se tutto era fatto bene, ma quando uno è ubriaco non è molto ragionevole. Il padre affidatario amava molto la cintura di pelle per infierire le sue punizioni. Sono uscita da quella famiglia quando mi sono decisa a chiamare il responsabile dell’orfanotrofio in cui ero.               
                La seconda famiglia era assurda : la moglie tonta e ingenua, era ignara che il marito era un emerito pervertito che si divertiva a voler scoprire le fisionomie dei ragazzini. Sarò resistita si e no una settimana. Poi sono scappata.
                La terza famiglia era quella perfetta a dire la verità, almeno all’inizio. Vivevo lontano da New York all’epoca. La madre era gentile, premurosa e altruista, faceva l’infermiera in un piccolo ospedale di un paesino vicino Cleveland. Il padre era un tipo taciturno, alto e un buon lavoratore – era un ferramenta. Mi hanno sempre trattata bene, anche se a dirla tutta il padre affidatario mi dava un certo che, forse all’età di dodici anni lo vedevo molto severo dalla sua espressione impassibile. In realtà era molto serio e con le sue idee fisse che non glieli avresti scalfite nemmeno morta.
                Ad ogni modo, quando ero in quella famiglia, i Middle, Melby – si chiamava così la mamma – mi aveva incitato a praticare danza visto il mio fisico asciutto e slanciato oltre che per instaurare amicizie con altre coetanee. Le avevo dato corda perché dopotutto non mi dispiaceva praticare un nuovo sport. Mi ricordo che non avevo bisogno di farmi accompagnare, ero abituata a fare tutto da sola e riuscivo bene a convincere la gente di questo. Ero brava con la persuasione.
                Probabilmente questo era stato un errore. Ricordo che il giorno dell’aggressione era stato in autunno, ai primi di ottobre. Ero appena uscita da danza e avevo salutato un’amica di corso, mentre mi incamminavo verso casa sentii qualcuno chiamarmi per nome. “Harleen!” urlò in lontananza, voltandomi vidi che era un padre di un compagno di scuola. Non avrei mai detto che proprio quell’uomo sarebbe stato tra quello ad avermi distrutto la vita. Era sempre gentile con tutti, faceva spesso grigliate con la gente e aiutava in società. Era uno di quelli che con la comunità ci si poteva sposare.
                Comunque si presentò gentile come sempre e disse : ”senti, sto costruendo qualcosa di fico per voi ragazzi… sai, così che possiate divertirvi senza che corriate pericoli qui in mezzo alla strada. Di questi tempi se ne sentono tanti di ragazzini spariti o picchiati.” Si schiarì la voce, poi aggiunse ”mi hanno detto che tu hai occhio per certe cose e volevo un tuo parere. So che hai un talento artistico.”
                All’inizio come richiesta non mi sembrava strana, finchè non decisi di seguirlo “beh, forse… però devo tornare a casa”, feci per fare il mio solito percorso ma lui si mise davanti e fece “dai, prometto sarà una visita veloce, saresti la prima tra i ragazzi a vedere che sto facendo… Ho bisogno di un consiglio da qualcuno di giovane.” Fece quel suo sorriso convincente che sfoderava sempre in pubblico. Fu forse quello a convincermi a seguirlo.
                “Ehm… okay… se è una cosa veloce”. Lui ne fu entusiasta e mi fece strada.
                Solo strada facendo meditai che effettivamente la cosa sembrava prendere una piega assurda.  Si dice che abbiamo un sesto senso, ma non so quanto funzioni : seppure tutto sembra diventare strano inizi a reagire 90 su 100 troppo tardi. Infatti una volta che quell’uomo mi ha portata in un capannone abbandonato, la sua cordialità si trasformò in qualcosa di diverso. Il suo volto cambiò e sembrò quella di un animale a ghermire la preda, mi ricordava tanto Hannibal. Faceva freddo in quel capannone di pietra, perché girava molta aria anche in estate sotto i quaranta gradi – si vociferava che vivevano spiriti di morti in guerra per proteggere la zona, ma non avevamo protetto me dall’aggressione. In quel capannone cementato c’era si e no un tavolino vecchio e due tre sedie accompagnate, non c’era nulla in fase di costruzione come aveva detto. Lì iniziai a realizzare che mi aveva presa per il culo.
                L’uomo mi mise al muro e mi sussurrò “sei così graziosa, Harleen, più delle altre tue compagne di scuola.” Odiavo i suoi tocchi, a ogni movimento mi dava brividi di disgusto e nonostante tutto non riuscivo a reagire o a muovermi. Ero come congelata in quel muro, come se gli spiriti dei morti mi avessero legata in quel dannato cemento del capannone. Lo stronzo poi si prese l’onore anche di toccarmi ovunque, di baciarmi e a me veniva la nausea a ogni respiro. Perché non mi ero mossa ?
                Ricordai che però iniziai a piangere e lui fu sentito in dovere addirittura di consolarmi : “oh non piangere, prometto che non ti farò male…”
                Ho avuto un momento in cui mi decisi a fare qualcosa, come una scossa lungo la schiena che mi urlava di andare via. Così provai a spingerlo nel momento in cui era distratto a toccarmi sotto la maglietta e tentai di fuggire. Inutile dire che fu fallimentare visto che lui era 1e80 di uomo pieno di muscoli e io ero una dodicenne scheletrica e ancora minuta. “Dove vuoi andare, mia cara Harleen, ho appena iniziato” mi disse quasi a denti stretti, poi mi spinse per terra con forza e mi mancò il fiato per un attimo. Mi bloccò le braccia e con bramosia disgustosa fece i suoi schifo di comodi mentre io piangevo e imploravo di smettere. Mi resi conto dopo che puzzava un po’ di alcool, prima ero impietrita dalla consapevolezza che qualcosa stava sbagliando ma pian piano i puzzle si unirono.
                Sentii in lontananza altre voci alterate e divertite che si avvicinavano al capannone, intanto lo stronzo si godeva i suoi attimi di piacere sopra di me e mi chiesi come non avessi fatto a non vomitargli addosso.
                “Hey !” urlò uno dei tre, il più imbecille e brutto del trio, “ti diverti senza di noi ?” e lanciò a terrà la bottiglia di birra vuota e vidi anche in lui un improvviso bramoso desiderio animale.
                Il più basso del trio fece ridendo “appunto ! Lascia qualcosa anche a noi”. Invece il terzo rimase semplicemente zitto, con un sorriso inquietante stampato nel volto in penombra. Poi si avvicinarono ciondolanti verso di me e seppure provai a ribellarmi nessuno mi lasciò scampo, avevano una presa solida in confronto a me. Non avevo possibilità di ribellarmi.            
                Risparmio il resto, direi che è piuttosto scontato cosa abbiano fatto gli altri tre, sono stati gli attimi più lunghi e orribili che abbia mai vissuto. Dopo che avevano finito il loro servizio, mi lasciarono lì dentro al freddo e dolente, ridendo della loro attività clandestina. Rimasi a lungo rannicchiata su me stessa, impassibile e non sapendo a cosa pensare, solo le lacrime mi facevano compagnia e il freddo degli spiriti.
                Calò il buio e d’un tratto mi dissi di muovermi, temevo che avrei preoccupato i miei genitori. Così come un robot mi rimisi apposto, raccolsi il mio borsone e mi avviai verso casa catatonica e dolorante. Avevo terribilmente freddo, la mente era completamente vuota, praticamente non mi rendevo nemmeno conto della strada che facevo per il ritorno di casa, era come se qualcuno mi spingesse verso casa e no le mie gambe.
Entrai in casa e la soglia era scura, no che me ne fregasse in quel momento. Sentii passi di fretta venirmi incontro riconoscendo subito che erano di mia madre affidataria. “Dio mio ! Dove sei stata fino adesso ? Mi stavo seriamente preoccupando ! Ho chiamato chiunque e nessuno sapeva dov’eri ! Stavo per chiamare la polizia e…” la sua voce allarmata e severa si arrestò subito, facendo spazio a paura e preoccupazione di diverso genere da quella di una mamma momentaneamente isterica. Non la guardavo nemmeno in faccia, in realtà non guardavo niente se non il nulla.
                Non mi sentivo nemmeno in me.
                “Tesoro, che è successo ? Hai una faccia…tremi tutta.”
                Risposi impassibile e monocorde. “Niente. Vado in camera.”
Senza aggiungere altro, mi avviai alla mia stanza e ci rimasi a lungo. Rimasi seduta a letto fino l’indomani, senza chiudere occhio per tutta la notte, senza riuscire a dimenticare quanto mi era successo e la fame da allora era solo un ricordo. Avevo terribilmente preoccupato Melby, venne in camera mia diverse volte e provò a farmi mangiare inutilmente. Lei parlava ma io non dicevo nulla per ore. Ero come una bambola di porcellana, bloccata e priva di vita, ma l’incubo del pomeriggio prima continuava a vivere nei miei occhi e non sapevo come togliermela di dosso.
                Melby decise di lasciarmi tranquilla a casa da scuola, sperava che avrei parlato più tardi e non sapeva che altro fare. Andò a lavoro preoccupata, forse in ospedale qualcuno le avrebbe consigliato che fare. Seppure ero esausta non riuscivo a prendere sonno, così fissai il muro della mia camera per ore e ore, senza rendermi conto del tempo passare. Mia madre ritornò in camera mia sul tardi, dolce come sempre mi disse “tesoro, vieni con me… ti faccio bere un buon tè.”
                Stranamente la seguii, mi fece accomodare nel tavolo della cucina e una volta che il tè fu pronto e fumante davanti a me, Melby si accomodò vicino. “Senti, ho bisogno che tu mi dica che cosa ti è successo. Sei strana da ieri e sono preoccupata. A me puoi dire tutto, lo sai”, la sua voce così dolce e le sue carezze un po’ mi addolcirono. Lei era l’unica che mi avesse trattata come sua figlia prima di allora e il senso di colpa mi assalì come un fiume in piena. Gli occhi mi si riempirono di lacrime, tutto si annebbiò.
                “Tesoro, perché piangi ? Dimmelo cosa ti rende triste.” La sua mano raggiunse la mia schiena e per un attimo mi venne la pelle d’oca, ma poi capii che il suo tocco era buono e affettuoso.
                Non so come riuscii a dirgli tutto, da come venni adescata fino agli episodi nel capannone e rivivere quel pomeriggio era come ricevere mille pugnalate al petto. La nausea era così forte che rischiavo di vomitare tutto nel tavolo.
                Melby rimase sconvolta, mi consolò molto e mi tenne tra le sue braccia affettuose come non lo sono mai state nessuno. Le volevo bene davvero. Poi alla sera, il padre affidatario rovinò tutto.
                Melby raccontò tutto l’accaduto a lui, che non disse nulla fino alla fine del racconto. Rimase serio come sempre, impassibile nella sua espressione neutrale. Dopodiché l’umore cambio radicalmente, non proprio in bene. “Che cosa ?! Lei si è fatta violentare ?”
                Melby rimase ammutolita da quella frase, lo guardò agghiacciata. “Come ?”     
                “Hai capito che voglio dire !”
                “Davvero pensi che abbia voluto tutto questo ?”           
                Lui fece una smorfia contrariato. “Beh, va via vestita in quella maniera ! Per forza poi viene aggredita dal primo che passa ! Cazzo !”
                Melby era scioccata e pure io a dire la verità, sentire quelle cose da lui mi facevano male quanto la violenza subita. “Sei pazzo o cosa ?! Hanno violentato nostra figlia e tu vieni a dirmi che se l’è cercata ?! Non pensavo fossi così retrograda !”
                “RETROGRADA !? Ma per piacere ! Che vergogna ora, avere per figlia una ragazzina che si fa toccare e cosa dagli uomini ! Sai che ti dico:  che se ne torna in orfanotrofio ! Non la voglio più vedere !”
                Litigarono a lungo, così decisi di smettere di sentirli se non volevo starci ancora più male. Mio padre affidatario mi cacciò via e il giorno seguente mi ritrovai all’orfanotrofio a New York con grande dispiacere di Melby. Mi manca ancora molto a pensarci. Provo rabbia per quell’uomo che ha preferito preservare la faccia e dai pensieri della gente piuttosto che difendermi da quattro aggressori pedofili. Ora quelli chissà quanti altre aggressioni a innocenti abbiamo ancora compiuto.
                Da quest’ultima esperienza, avevo deciso di non affezionarmi più a nessuno e di non entrare più in altre famiglie. In orfanotrofio provarono a farmi guarire dall’anoressia, dal trauma subito dall’aggressione. L’unico modo per scampare alle cure era fingere di ammettere di avere un problema o di accettarlo per davvero, io optai per la prima. Così facendo, facevo soddisfatti gli psicologi e io rimasi in pace dal loro accanimento psicologico. Soprattutto provai che ero brava anche a recitare qualunque parte volessi interpretare.
                Così, decisi di dedicarmi solo ai miei interessi, a ciò che veniva meglio per il mio futuro e così mantenni i miei successi scolastici e sociali in campo musicale.
                Ora ho ventotto anni, ho diverse lauree e studio ancora perché mi piace conoscere il più possibile, lavoro ugualmente e non so come riesco a far coincidere tutto. Sì, ammetto che non sopporterei che qualcuno mi superasse nelle conoscenze, in questo sono piuttosto competitiva.           
Ora sto entrando nelle forze di sicurezza della NSA, è da pochi mesi che sono dentro una squadra e mi trovo bene. Il mio capo, un uomo mezzo scorbutico e serio che chissà mai se abbia sorriso in vita sua, mi affida compiti importanti e questa volta sembra intenzionato addirittura a mandarmi sotto copertura e sono proprio curiosa di scoprire di cosa si tratta.
                Sono le 7 di mattina del 23 gennaio, come al solito sono tra le prime a varcare la soglia degli uffici del dipartimenti dell’ NSA (agenzia per la sicurezza nazionale) e attendo alla scrivania il mio prossimo compito. Intanto mi godo il mio caffè preso al mio bar preferito e rileggo i fascicoli a cui presto dovrò compilare un rapporto ufficiale. I casi sono molto semplici fino adesso e non disprezzerei casi più articolati… così per mettermi alla prova.
                “Buon giorno, Harleen” mi saluta Johns Thomason, un bel ragazzone che da quanto sono in questa squadra non fa altro che sbavarmi addosso. Sembra un ragazzina con una terribile cotta adolescenziale.
In sé non è neanche male : alto e snello, occhi castani e capelli sbarazzini, viso giovane con sempre un bel sorriso a incorniciargli il volto. Sarà quasi mio coetaneo, il problema che sembra ancora immaturo su ciò che vuole e in campo amoroso in genere. Non è decisamente il mio tipo il “gentile ma tonto”, ma è un fedele amico e questo lo tengo prezioso.
                “Giorno, Johns” saluto senza distogliere lo sguardo dai fascicoli, ma no per collera solo sono molto concentrata.
                Si appoggia alla scrivania accanto alla mia, cercando forse di simulare il fascino di Christian Grey che non ha – io per giunta non lo sopporto quel personaggio – e mi fa quasi tenerezza il suo tentativo di approccio. Infila le mani nella tasca dei pantaloni e fa “allora, passato bene il week end ?”
                “Mm sì, non male…” in realtà era stata di una noia mortale, se esco di casa è solo per andare al bar non lontano da casa mia e scolarmi drink fino a perdere un po’ il senso del mondo. Non è da molto sono a New York, ma è soprattutto per lavoro perché evidentemente ho un caso in questa zona. Non so ancora nulla, solo il semplice fatto che da Washington mi hanno fatto venir qui. Mi trovo bene qui ma non ho amici e non sono convinta nemmeno di volermene fare, sarà per il fatto che alla fine mi deludono sempre. Come già detto, sono abituata a fare tutto da sola.
                Il mio week end è stato molto noioso : a casa mentre lo stronzo del mio ragazzo mi rimproverava per convinzioni sue per telefono. Alex, che se lo sapevo due anni prima non lo avrei nemmeno frequentato di striscio visto l’evolversi della nostra relazione… se così ormai si può definire. L’ho piantato da tre- quattro mesi e ancora mi assilla, la sua gelosia cieca è insopportabile e non capisco perché non se ne fa una ragione e mi lascia in pace.
                Ecco, nemmeno il tempo di pensare a lui che mi arriva il suo amorevole buon giorno per messaggio “Rispondimi ! Voglio parlarti ! Se non lo fai giuro vengo io e faccio casino !”. Lo ignoro come sempre, solitamente funziona ma lui forse è immune a questa strategia.
                “Ah, ti scrive ancora quell’idiota ?” mi chiede Johns, è uno dei pochi che sa chi è e che mi ha pestata due volte prima che mi decidessi a mandare a fanculo il mio attuale ex.
                “Sì... prima o poi la smetterà” alleggerisco sempre le situazioni che solitamente dovrebbero essere considerate pericolose. Non mi piace essere considerata la donzella in pericolo.
                Johns, dolce com’è, si preoccupa. “Devi stare attenta a quel tizio, penso sia deciso a non lasciar perdere la cosa. Dovresti denunciarlo quell’idiota. Se vuoi ci penso io a lui.”
                Rido per sdrammatizzare. “Suvvia Johns, la gestisco io la cosa non preoccuparti. E’ tutto sotto controllo. E’ solo un bambino capriccioso.”
                “Non so, dopo tre mesi ancora ti tormenta…penso sia più di un capriccio.”
                “Johns… non preoccuparti. Ma grazie lo stesso, sei gentile” e gli sfodero quel sorriso che identifica la fine della discussione.
                Lui si arrende contrariato, ma non può fare molto. “Va bene…Però se hai bisogno non esitare a chiamarmi.”
                “Lo terrò presente” e gli strizzo l’occhio.
                “Ah Johns ! Ci provi anche di lunedì mattina con le ragazze ?! Non ti stufi  a essere rifiutato ?” sbotta Ynes, una delle colleghe più anziane ma solo per esperienza (ha 35 anni ma con alle spalle una brillante carriera che tanti invidiano). Ynes è la mia mentore, è stata lei a scegliermi quando è venuta all’accademia in cerca di un “cadetto”. Aveva visto il mio curriculum accademico e ne rimase colpita. Mi ha fatto trasferire subito al suo dipartimento della NSA e ora eccomi qui che collaboro con lei e la squadra.
                “Ah-ah, spiritosa ! Non ci provo con nessuno” replica Johns tra imbarazzo e rabbia.
                Ynes scuote la testa ridendo “sì certo, allora come mai fai il fighetto con Harleen ? Così tanto per ?”
                Io mi limito solo a sorridere, però solitamente mi distacco da queste routine sociali. Non mi ci vedo inserita in nessun modo alla gente, sarà che in passato mi hanno delusa troppe persone.
                Ynes mi sussurra “provaci con Robert, il responsabile, quello sì che è un pezzo di figo… e poi si dice che non ti trova per niente male” e mi strizza l’occhio. Io mi imbarazzo a sentire certe cose.
                “Ma gli fai da mentore amoroso o cosa ? Quello è un coglione, ignoralo” fa in difesa Johns.
                Ynes sbuffa. “Ma che ne vuoi sapere tu, pivello ! Sono cose nostre, a meno che non lo vuoi tu Robert, in quel caso non posso aiutarti… temo non sia gay.”
                “Non sono gay ! Ah mi hai scocciato !” e così Johns si dilegua verso la macchina del caffè tra le risate di Ynes, si diverte a rimbeccarlo facendo riferimenti errati sulla sua preferenza sessuale.
                Lei si rivolge di nuovo a me. “Dico sul serio comunque, è un bel bocconcino quel Robert. Facci un pensierino.”
                “Oddio…Non credo sia il caso. Non è poi troppo grande per me anche se fosse ?” chiedo scettica e in imbarazzo.
                “Suvvia, ragazza ! Goditi la vita ! Sei giovane e smettila di pensare a quell’imbecille di Alex. Frequenta qualcuno, sei tutta apposto e Robert non è così vecchio. Ha solo due anni in più di me ! Mi offendo se mi dai della vecchia.”
                “Oh no, non volevo insinuare di certo quello… ci mancherebbe.”
                Ynes mi sorride. “Okay, tu pensaci dai. Tante vengono rifiutate da lui.”
                Non volevo provarci con Robert, non mi aveva mai detto nulla come persona, mi da sempre la sensazione che voglia solo arrivare a quel punto e basta.
                Ynes va verso il suo ufficio a controllare i documenti, mentre l’ufficio nel giro di mezzora si riempie di altri miei colleghi. Li vedo chiacchierare sul week end, sul più e il meno e altro ancora, su cosa vorrebbero fare e dove vorrebbero andare in vacanza. Li osservo come se io fossi un spettatore, fisso la gente che socializza e mi chiedo se è convenzionale o se vogliono davvero scambiarsi quelle chiacchiere. Non riesco mai a comprendere totalmente quale tra queste sia la verità e solitamente io mi limito solo a guardare e non a viverle in prima persona.
                Le 8 fanno presto a passare quando sei concentrato con le scartoffie, finchè non arriva il Tenente del mio reparto e ci chiama tutti in riunione. La riunione che aspetto da una settimana, finalmente capirò quale incarico avrò. Ynes si è limitata solo a dirmi che sarà molto importante per me e la carriera.
                Il tenente Roger Cruz è un uomo ormai anziano, che vige solo per spiegare i compiti da adempiere e come seguirli a tutti noi. Praticamente è come un responsabile di una linea di fabbrica, vige e detta ordini e noi facciamo, con la sola differenza che qui è in ballo la sicurezza nazionale. Può sembrare cattivo e severo, ma è normale visto il ruolo fondamentale che ha in questo reparto. In realtà è un uomo molto tranquillo, disponibile se hai bisogno e dà ottimi consigli, tuttavia spesso è inflessibile su certi aspetto di cui ne è fortemente convinto. Dopotutto fa parte della “vecchia scuola”.
                E’ piuttosto panciuto, con una stempiatura notevole e va fiero delle sue onorificenze che mette in mostra nel suo ufficio. A me ricorda uno di quei nonni teneri e simpatici in pensione che gioca coi nipoti, ma lui di pensione non ne vuole sentire nemmeno una virgola. Era uno di quelli che avrebbe lavorato fino all’ultimo respiro. Insieme a lui a dettar ordini c’è il capitano Keith Harcer, uno stronzo patentato che crede di avere il mondo nelle sue mani. Ha la capacità di intimorire tutti se non addirittura farle scappare a gambe levate. E’ un qualcosa di insopportabile. Intanto rimane in silenzio a osservarci tutti con rabbia repressa.
                Ora che siamo tutti riuniti nella Room Meeting, il tenente Cruz inizia a esporre i fatti. “Bene, ora che siamo tutti qui, possiamo iniziare. Io e il responsabile dell’FBI abbiamo analizzato un caso settimana scorsa e abbiamo tratto la scelta che a gestire questo caso saremo noi. La situazione è questa : da tempo si vocifera che un certo ex truffatore si sia unito nel rango dell’ investigazione della sezione White Collar, sempre che ex sia. Il punto è proprio questo : temiamo che ci sia in ballo più di quanto voglia sembrare. Il soggetto in discussione è un certo Neal Caffrey, un truffatore che ha fatto sudare tutta la nazione per le sue bravate e per anni ha lavorato per la White Collar stimando numerosi casi risolti prima di allora. L’FBI inoltre mi ha informato che a decidere di farlo collaborare con le indagini sia stato l’agente Peter Burke, che ha reputato fosse utile averlo al fianco come consulente visto le conoscenze in campo di truffe artistiche. Nonostante sembrasse che stesse cambiando, Caffrey ha commesso diverse azioni non proprio ammirevoli nel corso della collaborazione alla White Collar e spesso ha messo nei guai l’agente Peter Burke, ma alla fine tutto si è risolto per il meglio. Forse hanno insabbiato o forse no, questo non l’ho ancora capito.
                Comunque per farla in breve, Caffrey è da tempo che sembra non agire più per i suoi interessi alle spalle della legge, anzi sembra aver messo veramente la testa apposto e si sia addirittura inserito come matricola all’accademia di polizia, poi facile che si specializzerà visto le sue capacità. Io non ne sono sicuro, ho il sospetto che questa sia una copertura solo per arrivare alle informazioni in modo più pratico e inosservato agli altri. Non ci sono certezze che si sia riabilitato davvero e per questa ragione voglio che venga seguito da uno di voi per la sicurezza di tutti. Se i miei sospetti dovessero essere fondati, non esiterò io e il capo dell’FBI a mandarlo in carcere per un tempo indefinito. Per ora è chiara la situazione ?”
                Cruz ci studia tutti con sguardo attento e vigile come quello di un’insegnante. Alza la mano il mio collega Kelly Bosch “ma con che scusa entreremo nel reparto dove lavora Caffrey ?”
                Intervenne Ynes “faremo in modo che chi entrerà in incognito avrà un alibi perfetto. Si spaccerà per un agente dell’FBI alle prime armi, pronto a imparare ogni cosa possibile riguardo le truffe attraverso Peter Burke e squadra. Poi ovviamente il secondo uomo sotto copertura sarà vicino alla White Collar, ma sarà momentaneamente in prestito per motivi di esigenza.”
                “E chi sarà ad andare sotto copertura ?” chiede Johns, probabilmente speranzoso di essere tra i due candidati.
                Cruz sta attento mentre lascia che Ynes spiega i dettagli. “Saranno Nick Rohnson e Harleen Sax.” Mentre spiega io rimango un attimo sorpresa dalla notizia, sarò davvero sotto copertura alla White Collar, quasi mi sembra impossibile. “Allora, ovviamente i file riguardante la vostra occupazione saranno segreti a tutti, così che se dovessero indagare per sospetti non risulta che lavorate per noi e potete mantenere i vostri nomi senza avere problemi specie a ricordarlo e rischiando di far saltare la copertura. Ad  ogni modo, tu Nick sarai vicino alla White Collar, collaborerai con un certo Matt Scott, lavorerete per le indagini di crimini maggiori. Il tuo profilo è questo : sei stato inserito ai crimini maggiori per risolvere un delitto a sfondo di frode, tu sei un esponente esperto e abbiamo fatto in modo che sia stato inserito tu. Ti occuperai di crimini in genere finché la missione Caffrey sarà attiva.” Fa una breve pausa in cui da il dossier a Rohnson. Poi si rivolge a me “ Tu Harleen sarai affianco a Burke e Caffrey riguardante le indagini di frodi e in sostanza i crimini non violenti. Dovrai stare appiccicata a Caffrey come nuova recluta, seppure lui sia una specie di matricola è piuttosto esperto in quel settore per il semplice fatto che mentre scontava la pena ha già lavorato a lungo con i federali della White Collar – oltre a essere di suo un esperto in frodi, truffe e altro.
Devi stare molto attenta a Caffrey, a cosa fa e scoprire se sta architettando qualcosa per profitti propri.”
Fa un’altra pausa, poi prosegue : “il profilo di Caffrey è questo : è piuttosto giovane e affascinante, cosa che sfrutta a suo favore. Riesce a colpire la gente col suo charm e fascino, con lo sguardo magnetico specie le donne. Non è violento, al contrario odia la violenza e nonostante tutto sa armeggiare le armi ma sembra non utilizzarle mai. Lo riconoscete subito dal semplice fatto che gli piace vestirsi bene e costoso (si è piuttosto schizzinoso), difficile trovare qualcuno che si veste con abiti costosi e di anni ’50. Caffrey non è il classico spaccone, è gentile e generoso in più occasioni e non agisce mai per un riscontro personale. Pensiamo che sia per questa ragione, il suo carattere gentile, che ha instaurato un buon rapporto con l’agente Peter Burke. Inoltre, sappiamo anche che parla giapponese, adora l’opera, diffida della tecnologia moderna che ritiene facilmente rintracciabili. E’ un ottimo pittore e scultore, oltre ad essere un abile scassinatore di manette serratura e cassaforti. Col fatto che è molto competente in queste caratteristiche, gli viene facile riconoscere i falsi d’autore o documenti contraffatti. Comunque potete trovare tutto in questi fascicoli, il suo curriculum è molto ricco ed interessante. Spero vi sia chiaro tutto.”
                Nessuno risponde e nel frattempo ammiro il dossier riguardo Caffrey, che sarebbe invidiato da ogni criminale del suo campo. Ammiro a lungo la foto del soggetto e devo dire che la descrizione fatta da Ynes è proprio azzeccata : Caffrey è un bel uomo, occhi super celesti e un fascino particolare. Che vado a pensare, il mio scopo non è certo conquistarlo, ma semplicemente studiare i suoi movimenti.
                Ynes intanto elencava altri consigli “… ed è importante, specie tu Harleen, che non mostri il fatto di essere già piuttosto esperta di indagini, altrimenti la copertura potrebbe saltare. Cerca di risultare intelligente ma ancora un po’ ingenua come di una appena uscita di scuola.”
                “Certo… sarà fatto” dico un po’ distratta dal dossier.
                “Ottimo. Mi sembra sia stato detto tutto. La riunione finisce qui. Voi due ragazzi, inizierete già domani la missione sotto copertura” annuncia Cruz.
                “Wow, già da subito” sbotta Nick.
                “Certo, prima indaghiamo meglio è” risponde Cruz e mentre ci dà i distintivi da FBI e il resto del materiale, inizio a sentire un po’ di ansia. Questa è la mia prima vera missione sotto copertura.
 
  
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