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Autore: Lumos and Nox    27/04/2020    2 recensioni
I semidei muoiono spesso, si sa.
I loro genitori divini lo possono percepire, ma... cosa succede con quelli mortali?
/ambientato nella prima serie/
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Threnodia:
In memoria dei semidei

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Silena, figlia di Afrodite
Mr. Beauregard


“«Volete un bonbon?» offrì. «Me li ha mandati papà. Pensava… che potessero tirarmi su».
­­«E funzionano?» chiesi.
Lei scosse la testa. «Sanno di cartone».


Timothy Beauregard era abbastanza conosciuto in quel piccolo paesino sulle coste di un lago del Minnesota.
Non tanto per il suo aspetto, anzi: era piccoletto, minuto, con capelli castani in precisi ricci e con un paio di occhiali sempre poggiati a metà del naso lungo all'insù. Con i suoi perenni vestiti composti da giacchetta, camicia e cravatta, pareva quasi un topo, fuggito fuori da certi cartoni. Ma la gente lo adorava, perché, oltre ad essere quello che gli antichi greci avrebbero definito "polutropon" (ovvero un uomo veramente dalle mille risorse), tutto ciò che usciva dalla sua bocca si trasformava in poesia.
Bastavano poche frasi, un saluto, o magari qualche notizia della sua giornata, perché la gente si lasciasse cullare da ciò che raccontava. Perfino i motociclisti più rissosi, quando entravano nella sua cioccolateria, ne uscivano non con le tasche piene dell'incasso, ma con una grande quantità di storie in testa e una borsetta lillà con dei bonbons.
Timothy era fatto così. Le sue storie raccontavano il mondo. Perché d'altronde era proprio il mondo ciò che lui aveva vissuto. Di origini francesi, era nato in Canada, in una grande città; in seguito si era trasferito a studiare legge negli States e nell'intervallo tra la fine degli studi e la nascita della figlia aveva viaggiato qua e là prima grazie a varie borse di studio- e poi alle sue parole. Aveva fatto l'avvocato a Londra, il librario a Oslo, si era spostato in India per scrivere resoconti di viaggio su un blog, subito dopo in volata in Perù, a fare il facchino nel mezzo della giungla; poi ancora in Spagna e in Italia per imparare a cucinare, in Cina come insegnante di inglese, in Russia a seguito di un diplomatico, in Francia a studiare arte...
A vedere il suo musetto da topo, nessuno lo avrebbe mai detto. E nessuno, d'altronde, lo avrebbe mai collegato a Silena. Era una ragazza tanto bella che sarebbe bastato metà del suo fascino a far proliferare le chiacchere in paese- era credenza comune che fosse uscita da qualche favola di suo padre. Era come se il suo aspetto fisico potesse adattarsi alle ambientazioni delle storie.
Come il signor Beauregard aveva cambiato così spesso stato, così Silena sembrava cambiare aspetto con una facilità che faceva impazzire ragazzi e ragazze. Un giorno poteva avere occhi azzurri e capelli biondi, ma poi, al ritorno dal campo estivo dove si recava ogni anno, i suoi capelli potevano essersi fatti scuri o rossi o neri. Delle tinte così impeccabili non se ne vedevano spesso. In più era tanto alta e bella quanto Timothy era basso e dal naso a punta. L'unica cosa che potesse vagamente accomunarli era il gusto per l'eleganza.
Le signore del paese ritenevano che fosse un bene che Silena, per quanto bella e cara potesse essere, non fosse troppo spesso nel negozio del padre. Già i loro figli ritardavano a causa delle storie meravigliose del signor Beauregard: se c'era sua figlia in cioccolateria, sarebbero tornati forse forse alla chiusura del negozio.
Ma Timothy non dava troppo peso alla bellezza della sua figliola- bellezza che, tra l'altro, per forza doveva essere stata ereditata dalla madre della suddetta. Il signor Beauregard, nella sua miriade di valli profumate, cieli dai riflessi degli arcobaleni e mari fatti di sorrisi di onde, non aveva mai fatto una parola riguardo alla bellezza della sua bimba, né riguardo alla misteriosa donna da cui l'aveva avuta. Il paesino dove abitava era un posto tranquillo, dove tutti si conoscevano e andavano in chiesa la domenica. Questo implicava che si avvertisse la forte necessità di spettegolare su tutto ciò che potesse essere una novità o fuori dal normale. Il signor Timothy, quando era arrivato anni prima, era stato una novità e sua figlia era perennemente qualcosa di fuori dal normale: questo aveva portato a far nascere sulla storia di Silena quasi lo stesso numero di storie che il signor Beauregard inventava. Forse la madre di Silena era una signora tanto bella quanto crudele ed era fuggita con un amante, lasciando il povero Timothy a occuparsi di Silena? E come poteva aver abbandonato un uomo tanto... dalle mille risorse, un pozzo di favole e di cioccolato come lui? No, era più probabile che fosse morta, di parto, in un incidente, in una gita; o forse aveva solo chiesto il divorzio? O forse...?
Il signor Timothy, nonostante fosse praticamente impossibile non essere al corrente di tutte le abbondanti chiacchiere farcite di fantasia che Silena tendeva a catalizzare non appena metteva piede nel loro paesino, non sembrava per nulla turbato dal tutto. Accettava con un sorriso e un sospiro le continue domande, e rispondeva con storie variopinte, le più esplosive che quella sua testolina fosse in grado di elaborare. Storie bellissime che erano collegate alla sua Silena come potevano esserlo un cubetto di cioccolato e un sombrero- non che Timothy non avesse mai pensato di fare dei cioccolatini a forma di sombrero, si intende.
Il fatto era che il signor Timothy tendeva sempre a preoccuparsi più del dovuto, quando si ritrovava costretto a pensare alla madre della sua Silena. Raccontare storie mentre si preparava il cioccolato o si allestiva la vetrina era una cosa, mentre viverle in pieno, pensando a ciò che la sua Silena faceva al campo Mezzosangue... bè, era decisamente un altro paio di maniche. Doveva essere davvero fantastico, correre e allenarsi tra centauri, ninfe, satiri e altre creature del genere, ma era un altro paio di maniche rispetto al raccontare storie di cui lui aveva il controllo. Davvero. Proprio un altro paio di maniche.
Aveva viaggiato per il mondo così tanto da sentirsi cittadino di ogni stato, parte di ogni realtà, ma rimaneva comunque escluso e un po' lontano da quel mondo di dei ed eroi, e questo significava che non poteva farsi una vera idea di ciò che la sua piccola Silena stava facendo e stava vivendo.
Era il loro mondo, quello dei semidei, lo sapeva. In quanto mortale, c'erano cose che non poteva fare o capire- il Campo Mezzosangue sembrava una lunga distesa di fragole, sotto ai suoi occhi. Ma ricordava quel grosso signore con il puzzo di erba rancida che una volta li aveva inseguiti, quando Silena era piccola, e si era fidato immediatamente della definizione di "ciclope" che un baldo giovanotto dalle piccole corna sulla testa aveva gentilmente offerto loro. C'erano mostri come quelli, lì nel suo mondo, e per quanto avesse viaggiato o studiasse e cercasse di capire, era difficile per lui riconoscerli. Sapeva che nel mondo dei semidei e degli eroi e degli dèi era in corso una guerra, però, una brutta guerra: e le guerre rimanevano sempre uguali, orride in tutto il mondo e in tutti i mondi.
Giusto due giorni prima, venuto a mancare il povero Charlie, un ragazzotto silenzioso ma buono come una brioche che la sua piccola Silena stava frequentando. Dopo averne sentito parlare per quasi tre anni, lo aveva perfino conosciuto, quel Charlie, poco tempo prima, l'ultima volta che Silena era venuta a trovarlo. Alla sua povera bambina piaceva così tanto e quel ragazzone la ricambiava, con una timidezza e una gentilezza che non ci si sarebbe mai aspettati di vedere in un fisico da rugbista simile. Erano davvero innamorati, condividevano un amore spensierato, dolce e puro che non avrebbe fatto che bene a quei loro due mondi.
Quando era venuto a mancare, in un'esplosione, Silena lo aveva chiamato al cellulare, nonostante tutto il pericolo che gli aggeggi tecnologici potessero causare ai semidei. Lo aveva chiamato in singhiozzi, piangendo tanto disperatamente che Timothy aveva avuto paura che potesse morire lì, per il dolore. Poi erano stati un'ora davanti a un messaggio Iride, e lui aveva cercato di confortarla come poteva, promettendole che, appena avesse voluto, avrebbero fatto qualcosa insieme, per ricordare bene Charlie, quel povero, povero ragazzo. Si era sentito così male per lui e per la sua Silena da non riuscire a formulare una storia decente per tutta la notte, e alla fine si era gettato a cucinare, per poi mandare subito un pacco intero di dolci e di cioccolato alla sua bambina, compresa una fornitura di nuovi bonbon.
Del resto, lui si era avvicinato ai dolci poco dopo aver scoperto chi era realmente la splendida donna che aveva conosciuto in Francia e con cui aveva avuto Silena- e anche se non si trattava precisamente della stessa cosa, le basi erano simili... un amore che non poteva esserci, per una vita eterna o per una orribile morte. Sperava davvero che tutti quei dolci avrebbero potuto aiutare la sua Silena. Le aveva anche proposto di andare lì, a prenderla al Campo, ma il suo pianto era aumentato così tanto da fargli capire che non fosse una bella idea.
E così, era ancora lì, nella cucina della sua cioccolateria ad armeggiare con una dozzina di ciambelle da intingere nel gianduia e senza nemmeno la calma necessaria a ideare una qualsiasi storia da raccontare a un qualsiasi cliente.
Sospirò, tirando su col naso, mentre si puliva le mani sull'apposito asciugamano, del tutto inconsapevole del fatto che, proprio in quell'istante, davanti alla vetrina della cioccolateria fosse comparsa nientemeno che il motivo delle chiacchiere del paese.
La porta del negozio si aprì dolcemente e lo scampanellio lieve dello scacciapensieri appeso alla maniglia attirò l'attenzione di un perplesso signor Beauregard: era sicuro di non aver ancora aperto ancora, quella mattina.
Si ritrovò a spalancare la bocca, quando vide, nel mezzo del negozio, quella donna- o quella dea.
Afrodite era a pochi passi da lui, splendida come lo era da sempre, in un volteggiante vestito verde che si intonava alla perfezione con i suoi occhi. Ricordava che, molto tempo prima per lui e molto poco per lei, la dea gli aveva confidato che ogni umano tendeva a vederla in modo diverso, in base ai propri ideali di bellezza, anche variabili di attimo in attimo. Eppure, per lui Afrodite rimaneva sempre una trentenne dai capelli mossi, di un nocciola più puro delle nocciole stesse, con gli occhi più verdi della menta. Il profumo di quell'erba, unito a qualcosa con le rose e il cioccolato, stava riempiendo di tanta delizia il negozio che Timothy avrebbe voluto chiederle un pizzico di quell'essenza, per cercare di trasmetterlo a Silena e chissà, magari anche nei suoi cioccolatini. Il sorriso, quello che stava nascendo in lui, sarebbe stato naturale in ogni persona, di ogni mondo, con un profumo del genere. Chissà se le guerre ci sarebbero ancora state allora.
«Afrodite» salutò, abbozzando un impacciato inchino. La voce gli tremolava un poco e dovette sistemarsi gli occhiali, scivolati giù fino alla punta del naso.
«Ciao, Timothy» gli rispose la dea, guardandosi intorno, incuriosita. «Vedo che il tuo buongusto è rimasto fantastico. Anche solo le tabelle lì sopra con i menù sono meravigliose».
«Si fa quel che si può». Si strinse modestamente tra le spalle, ma era da anni che non si sentiva così orgoglioso. «Mi assicuro soltanto di dare il mio tocco, lo sai. Ho anche fatto installare delle barriere per la mia- per la nostra Silena. Mi ha anche aiutato, sai. È così brava e così gentile!».
Qualcosa nella dea si era oscurato, tanto da farle abbassare lo sguardo, ma Timothy, preso dall'entusiasmo (aveva finalmente qualcuno con cui parlare sinceramente della sua piccola!) e dalla splendida sensazione che dava essere nella stessa stanza della bellezza stessa, non se ne accorse subito. «Ti assomiglia davvero tanto, e sono proprio sicuro che avrà successo, anche se confesso di essere un po' preoccupato, in verità... giusto due giorni fa è venuto a mancare il suo povero ragazzo. Ma... ma tu lo sai già, giusto?» Sorrise. «Mi dimentico sempre di quante cose sapete voi dei. E credo di essermi dimenticato anche delle buone maniere! Posso offrirti del cioccolato?»
Per quanto fosse difficile dare le spalle a una come Afrodite, si azzardò a farlo per arrivare fino alle confezioni più rifornite della sala. «O magari potrei raccontarti qualche mia storia, ne ho sicuramente qualcuna che non hai mai sentito» disse, arrampicandosi sulla piccola scaletta dietro al bancone e acchiappando le migliori tavole di cioccolata che gli erano riuscite negli ultimi tempi.
«Oh, adoro le tue storie» cinguettò Afrodite. Bastava la sua voce a portare allegria al mondo. «È con quelle che mi hai conquistato!». Quando si voltò a guardarla dalla scaletta, lei gli fece un occhiolino e mancò poco che lui non capitolasse per terra.
Una volta che ebbe ritoccato il pavimento, però... si cominciava a  percepire qualcosa di strano, quasi nell'aria. Sarebbe stato impossibile non notare la sfumatura di tristezza che alleggiava negli occhi della dea- occhi che ora sembravano color menta colpita dalla pioggia. Ma il signor Beauregard era tutto preso dal preparare la miglior combinazione di dolcezza cioccolatosa che le sue capacità gli concedessero e, all'inizio, nemmeno il tono cauto della dea lo sembrò scuotere troppo. «Tim... sai che cos'è successo a Manhattan ieri?»
Timothy cercò di ignorare il vago tremore all'udire il suono del suo nome da quella voce, mentre disponeva cioccolato di tutti i tipi in ordinate colonne sopra un piattino. «Ah, sì, ho visto giusto prima i notiziari. Una brutta tempesta, vero?»
«In verità... non era una tempesta, né qualche altro fenomeno completamente umano. È stata una battaglia, molto, molto violenta, contro le forze di Crono».
Gli ultimi quadratini di cioccolato scivolarono sul piattino, facendo tintinnare la porcellana candida.
«Silena era coinvolta e lei... lei...»
La dea non riuscì a concludere la frase.
Il piattino rovinò a terra con un tonfo terribile. Cioccolato e porcellana volarono ovunque, spargendosi in particolare tutto attorno al bancone. Afrodite non fece nulla, se non ripararsi con un pregiato fazzoletto: c'erano cose su cui nemmeno una dea poteva intervenire.
Quando finalmente la dea riuscì a incrociare lo sguardo di Timothy, lo trovò colmo di lacrime inarrestabili.
***
La cioccolateria "La Belle Silena" chiuse all'improvviso, in quella settimana d'agosto.
Le chiacchiere già presenti su quel simpatico signor Beauregard aumentarono decisamente di tono per questo, come per la sparizione dal paesino dello stesso signore: molti collegarono la cosa a quella sua figlia così bella o a quella donna misteriosa che alcuni dicevano di aver intravisto dalle parti del suo negozio. 
Fatto sta che nessuno seppe più nulla del signor Timothy e se a non tutti mancavano i suoi bonbon dal sapore di cartone, le sue storie di certo tolsero qualcosa alla comunità.
Mancavano così tanto che fu una bella sorpresa quando alcuni, anni dopo, sostennero di averne lette di simili, con uno stile che ricordava le sue parole e le sue fantasie- miriadi di valli profumate, cieli dai riflessi degli arcobaleni e mari fatti di sorrisi di onde. D'altronde, se avessero osservato con più attenzione, avrebbero potuto notare il particolare nome dell'autore, Al Elleb Anelis, fin troppo simile al nome di quella cioccolateria ormai divenuta una lavanderia a gettoni.
E se questo non fosse bastato, gente come una certa dea avrebbe di certo riconosciuto quella dedica:
Alla mia bimba mezza dea, perché rimanga sempre immortale, come nel mio cuore"
 
 
 
 
 
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Note dell’autrice
 
Questa storia marciva nel mio archivio da tempo immemore.
Davvero, credo che perfino il titolo e l’idea generale abbiano accumulato una quantità eccessiva di polvere. Che cosa porta a galla la quarantena, eh?
Avrei davvero mille spiegazioni da dare su questa storia, ma non vogliamo sentire un capitolo dedicato solo a questo, no? No.
Cominciamo con due parole sui protagonisti di questa shot: io ho davvero rivalutato Silena. La prima volta che ho letto la serie ero davvero giovincella ed ero talmente presa dagli eventi da fare poco caso ai personaggi… ma Silena. Cucciola. È un’Eroina con la E super maiuscola. Il suo ruolo di spia di Luke non fa altro che portare più profondità al suo personaggio: perché, diciamocelo, l’approfondimento psicologico dei personaggi non è propriamente il cavallo di battaglia dello zio Rick, ma in questo caso ha fatto un bel lavoro. A proposito, la citazione iniziale è tratta direttamente dal “Lo Scontro Finale”, cap. 4 (non sapevo se inserire i dati del libro all’inizio, mi sembrava poco aesthetic).
Che dire, spero onestamente che la storia non sia troppo datata: l’ultimo libro della prima serie di Percy Jackson è uscito nel 2009, ragazzi- 2012, se consideriamo la versione italiana (tre anni per tradurlo mi sembra strano, però) e di conseguenza non so se qualcuno ricordi ancora le storie e le avventure dei personaggi originari, che sono quelli a cui, bè, personalmente mi sentivo più legata.
Comunque sia, bando alle ciance e ciancio alle bande: Threnodia sarà una raccolta di one-shots che incredibilmente riuscirò a terminare, dato che sono tutte in gran parte pronte. Ho idea di pubblicarne una a settimana, per sei settimane. Saranno dal punto di vista dei genitori mortali dei nostri eroi, saranno dedicate per il momento a sei personaggi, come ho già detto, della prima serie, e non saranno in ordine cronologico. Il titolo è tratto da "threnodies"/"treno", il canto funebre greco- ho scelto la sua traduzione inglese, in quanto si avvicina maggiormente a livello fonetico e be', Percy e gli altri parlano inglese- that'so intelligent, I'm a genius *inserire sarcasmo qui*
Mi sembra sia tutto. Se non avete altro da fare e avete internet (cosa non scontata, dato che il mio è davvero agli sgoccioli e il wi-fi potrebbe essere compianto assieme ai ragazzi della storia), vi consiglio di dare un’occhiata agli animatic del musical “The Lighting Thief”: they’re so good, folks!
Qui passo e chiudo!
 
Baci,
- Nox
  
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