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Autore: AleDic    27/04/2020    0 recensioni
[Raccolta Soulmate!AU ǀ mostly Canon Devergence]
#1. ~ Will/Jem, Dolore!AU: Avere Jem accanto a sé era già tutto quello di cui aveva bisogno. Non voleva prendersi altro da lui, soprattutto sapendo di non potergli dare in ritorno neanche la metà (non avrebbe mai potuto dare a Jem tutto quello che ogni giorno, sin dal loro primo incontro, l’altro era riuscito a donargli).
#2. ~ [...]
#3. ~ [...]
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#5. ~ [...]
#6. ~ [...]
#7. ~ [...]
AU in cui non esistono i Parabatai, ma è il legame delle Anime Gemelle a essere considerato Sacro e a rendere più forti e potenti.
{Questa storia partecipa a #TheWritingWeek di Fanwriter.it}
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James Carstairs, William Herondale
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Angst, Sentimentale, Romantico.
Avvertimenti: Canon Devergence, accenni a Tematiche delicate.
Rating: Giallo.

Prompt: Day 1 – Dolore (quando l'anima gemella prova dolore, questo viene condiviso/traslato con l'altra).
Contesto: TID, vago.
Personaggi: Will Herondale, James Carstairs.
Pairings: Heronstairs.
Note dell’autrice: Torno sul fandom con una raccolta partecipante alla bellissima iniziativa di Fanwriter.it! Spero vi piacerà seguire questa piccolina con me.

 

Vostra,

 

Ale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I

 

{ 1.673 parole }

 

 

 

 

 

 

 

Era l’ennesima prova che niente in questo mondo fosse giusto.
Quando aveva conosciuto Jem e poi il dolore era iniziato ad arrivare, Will aveva pensato che finalmente un qualche equilibrio divino fosse stato ristabilito: se la sua anima gemella era destinata a soffrire finché quel dolore non l’avesse ucciso, allora era semplicemente giusto che anche Will patisse lo stesso fato.
Poi il dolore era giunto e ogni sua tenue speranza si era dissolta come neve al sole: Will percepiva il dolore di Jem, condivideva ogni suo sintomo, eppure manteneva intatta la sua mente – anche quando sentiva il petto in fiamme, anche quando la malattia di Jem lo rendeva febbrile e in preda ad allucinazioni –, e il suo corpo tornava sano ogni volta che le crisi passavano.
Era tutto sbagliato. Era un legame infido quello che gli era toccato, che lo distruggeva senza ucciderlo, che lo completava mettendo però una distanza con l’altra metà della sua anima che gli era impossibile colmare.
Pensava, Will – ed era un pensiero terribile, mostruoso, il suo, da fargli venire la nausea – di aver finalmente trovato qualcuno con cui condividere la sua maledizione, qualcuno che lo avrebbe amato e questo forse gli avrebbe dato una morte migliore di quella che lo attendeva, che gli avrebbe permesso di amare qualcuno e non dovergli sopravvivere.
Dopotutto se lo meritava, quel destino orribile: voleva usare la condizione di Jem a suo favore, si era sentito sollevato quando il dolore dell’altro lo aveva colpito e lui aveva realizzato che quel ragazzo fosse la sua anima gemella.
La maledizione di quel demone, e ora quel legame avverso, erano il destino che si meritava. Jem, invece, si meritava di meglio di lui. Will non era degno di stare al suo fianco.

 

I suoi tetri pensieri furono interrotti da un’intensa fitta che gli attraversò il petto. Negli anni era diventata tristemente famigliare e ogni volta sentiva il cuore accelerare di paura e preoccupazione perché ne conosceva l’origine.
In un attimo percorse il corridoio dell’Istituto per raggiungere la camera di Jem: lo trovò piegato sul letto, una mano a stringersi la camicia e l’altra davanti alla bocca mentre tossiva. Era ricurvo su se stesso cercando di placare gli scossoni provocati dalla crisi in atto.
Will gli fu accanto in un secondo, prendendo dalla scatola sul comodino lo yin-fen da somministragli per calmare i sintomi.  
«Jem» lo chiamò, poggiandogli una mano sulla spalla. «Coraggio, bevi».
L’altro ragazzo sollevò leggermente lo sguardo, la mano artigliata alle vesti era premuta talmente tanto forte al petto da essersi conficcata nella carne. Will non poteva vedere le dita, ma avvertiva chiaramente la pressione sul suo torace, la sofferenza di Jem (di cui sembrava ignaro, così concentrato a cercare di fermare la tosse) che rimbombava come eco dentro di lui. Will tentò di afferrarla e trascinarla a sé – se solo avesse potuto contenere tutto il dolore nel suo corpo e dare così sollievo all’altro, avrebbe potuto essere almeno utile a qualcosa e non un mero supporto che non era in grado nemmeno di provare la profondità del dolore della persona di cui avrebbe dovuto poter essere tutto.

 

Finalmente, dopo che Jem ebbe ridato a Will il bicchiere vuoto, lentamente la tosse era cominciata a svanire e lui poteva avvertire l’oppressione al petto allentarsi consequenzialmente.
«Mi dispiace» disse Jem, la voce ancora rauca e gli occhi puntati sulle macchie di sangue a forma di mezzelune che gli si erano formate sulla camicia. «Non dovresti avere come anima gemella uno come me. È sbagliato. È crudele».
Will sentì una nuova fitta al petto, stavolta proveniente da se stesso. Mise le braccia attorno alle spalle di Jem, un po’ per conforto, un po’ per sorreggerlo.
«Se potessi ti libererei da questo peso. Se servirebbe, lascerei l’Inghilterra questa notte stessa».
Will cominciò ad agitarsi. C’era qualcosa che non andava. Ormai il dolore della crisi si era quasi estinto, ma avvertiva – non per un qualche legame soprannaturale, ma perché conosceva l’altro quanto se stesso – un turbamento diverso nell’animo di Jem, un tipo d’angoscia di cui, sapeva, era in certi versi responsabile.
«Jem…» iniziò Will vedendo l’altro agitarsi, ma Jem non lo lasciò parlare.
«Non ti meriti questo» continuò il ragazzo, e la voce quasi gli s’infranse per l’agonia che vi racchiudeva. «Oh Will, perdonami. Io dovrei essere il motivo della tua felicità, non la causa delle tue sofferenze. Questo non è un legame benedetto dal Cielo. Questa è una maledizione».
A quelle parole, Will sussultò quasi Jem lo avesse colpito. Sciolse l’abbraccio in cui si trovavano per prendergli il viso tra le mani, in modo che lo guardasse in faccia. Gli occhi di Jem, di solito argentei come i capelli a causa della malattia che lo consumava, ora erano scuri, quasi neri, resi febbrili in parte dalla scia della crisi appena passata, in parte da quella che era ancora in corso.
«Mai». La parola uscì fuori dalle labbra di Will con una tale intensità da sembrare un sibilo. «Mai devi pensare una cosa del genere. Come puoi…» Will prese un profondo respiro e chiuse gli occhi. Doveva calmarsi. Doveva dire le cose, queste cose, nel modo giusto, perché Jem doveva capire che fosse la verità. Will era costretto a mentire in continuazione, spesso – più di quanto avrebbe voluto – anche con Jem; ma questo era troppo importante per non correre dei rischi. Con Jem, la sua anima gemella, l’altra metà di se stesso, non poteva permettersi di non essere sincero quando contava. Per un terribile momento ebbe paura di non esserne più in grado, di aver semplicemente passato troppo tempo a mentire da non sapere più come essere onesto. E tuttavia doveva provare. Avrebbe provato finché vi fosse riuscito.          
«James, tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata. Incontrarti mi ha salvato. Credevo che non ci sarebbe mai più stato amore nella mia vita. Credevo di essere ormai completamente solo al mondo. Niente mi rende più felice di essere con te. Niente mi da più gioia che vederti ogni giorno guardarmi come se fossi degno di essere amato».
Will sentiva di stare tremando. Vedeva le sue mani intorno al volto di Jem muoversi in piccoli spasmi che non riusciva a bloccare. Si costrinse a continuare. «Ti prego, devi credermi. So di non essere…» Dovette fermarsi e deglutire prima di andare avanti. «… So di non essere una persona abbastanza onorevole per cui le parole possano valere qualcosa. Ma, giuro sull’Angelo, James Carstairs, che io ti amo e che non vorrei nessun altro al mio fianco. Nessun altro al tuo posto. Lo giuro».

 

Will si sentiva svuotato. Non aveva mai detto prima quelle parole – non ad alta voce –, nessuno dei due lo aveva fatto. Sembrava non essercene bisogno: aveva sempre creduto che Jem sapesse che lo amava, che lo voleva, così come lui sapeva di essere amato e voluto dall’altro. Ma erano tante le cose sulle quali Will si sbagliava di solito; aveva solo sperato che con Jem fosse diverso.

 

L’altro lo stava ancora guardando in silenzio. Non aveva cercato di fermarlo nemmeno una volta mentre parlava, nemmeno quando Will era inciampato nelle sue stesse parole e aveva dovuto interrompersi, aspettare e continuare. Era rimasto immobile, paziente, come sempre quando si trattava di lui (lo conosceva troppo bene – nonostante lui avesse fatto di tutto per non permettergli di capirlo a fondo e mantenere i suoi segreti oscuri rinchiusi in angoli remoti dentro sé – e questo riempiva Will di una tenerezza e felicità al di là di ogni immaginazione – la sensazione, la consapevolezza di essere conosciuti e amati, anche se non del tutto compresi, era l’emozione migliore che si potesse provare. Era essere a casa).
Gli occhi di Jem erano tornati quasi del tutto chiari, segno che ormai la febbre era completamente scomparsa, erano solo leggermente dilatati, lucidi, sembravano quasi argento liquido splendente.
«Tu…» disse, ma non continuò. Sembrava essere a corto di parole.
E poi si mosse, dopo quelle che erano parse ore, portando le mani sul viso di Will, come a specchiare il gesto che lui stesso aveva fatto prima. «William. Non ho mai pensato che bene di te» affermò in risposta Jem. «Non sono in grado di capire il tuo comportamento, perché tu non me lo permetti, ma so che hai le tue ragioni per agire in questo modo. Non ti ho mai considerato una persona di meno di chiunque altra. Semmai, io ti considero al di sopra di qualsiasi altra persona io abbia mai conosciuto. È per questo che vorrei il meglio per te. Perché ti amo, più di quanto ami me stesso».
Adesso fu il cuore a tremargli nel petto. Sentiva le gambe molli. Se non fosse stato seduto, Will temeva sarebbe potuto crollare a terra. «Sei tu il meglio per me, James Carstairs. Non dubitarne mai».
E senza pensare, senza che potesse fermarsi, si sporse in avanti poggiando le labbra su quelle di lui. Non aveva mai fatto nulla di simile prima. Non perché non avesse voluto, ma perché non si era mai sentito abbastanza degno. Avere Jem accanto a sé era già tutto quello di cui aveva bisogno. Non voleva prendersi altro da lui, soprattutto sapendo di non potergli dare in ritorno neanche la metà (non avrebbe mai potuto dare a Jem tutto quello che ogni giorno, sin dal loro primo incontro, l’altro era riuscito a donargli).
Tuttavia, in quel momento il desiderio di comunicargli il tumulto dentro il suo animo era tale da non essere riuscito a fermarsi. Voleva ardentemente che comprendesse quanto profondamente lo amasse. Forse un bacio non era molto, ma sembrava abbastanza. Sembrava giusto.

 

E poi Jem rispose al bacio, il corpo che si rilassava e lasciava andare tra le sue braccia come se non avesse aspettato altro. Questa volta, tutto dentro Will tremò.
«Anche tu sei il meglio per me, William Herondale» sussurrò Jem sulle sue labbra. «Non dubitarne mai».
Will credette seriamente di poter scoppiare a piangere come non faceva ormai da anni. Chiuse gli occhi e tornò a baciare Jem.
Semmai le lacrime scorsero sul suo viso, sperò che l’altro capisse fossero lacrime di gioia.

 

   
 
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