Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: AndreBon97    28/04/2020    0 recensioni
Questa storia parla di magia, della lotta tra il bene e il male ma non solo. Questa storia parla di responsabilità, di crescita, di amicizie e di scelte.
Frutto della mia mente malata ha aspettato anni per venire finalmente a galla. Spero dunque di potervi strappare almeno un sorriso e di non annoiarvi più del dovuto con il mio racconto.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 2- Il Marchio

Mondo Umano. Alcuni Mesi Prima.

Un tonfo sordo risuonò per tutta la stanza.
“Ahia…” proferì una voce assonnata proveniente dai piedi di un letto che sembrava essere appena stato investito da un autentico uragano.

Il cuscino strapazzato, insieme a gran parte delle lenzuola, ve ne era disordinatamente disposto mentre l’altra estremità delle coperte avvolgeva ancora il ragazzo steso a terra.
Gli ci volle qualche minuto per capire che, nell’agitazione notturna, era scivolato giù dal letto.

Dalla serranda filtravano i primi raggi di luce, segno che con la notte anche le speranze di rimettersi a dormire erano svanite.

Procedendo a tentoni cercò di afferrare il cellulare che si trovava sul comodino e, dopo un paio di tentativi a vuoto, ritirò la mano soddisfatto.

Mezzanotte ed 1 minuto, era questo l’orario segnato sul display. Il ragazzo si stropicciò gli occhi meravigliato, come a cercare una spiegazione nella stanchezza, ma una volta riaperti dovette arrendersi a tale evidenza. Inesorabile il led recitava:

“ 4 Novembre, 00:02. Temperatura esterna:8°C ”
 
Sullo sbigottimento iniziale, tuttavia, nel giovane vinse la stanchezza e la consapevolezza che l’indomani, a scuola, avrebbe dovuto portare a termine un compito importante. Quella luce, che filtrava dalla serranda, proveniva sicuramente dal lampione sotto casa.

Erano anni che presentava difetti e bizzarrie. Talvolta l’emissione della luce era irregolare, altre troppo potente e non erano rare le occasioni in cui capitava che il circuito si fulminasse.

Rassicurato dalla ferma convinzione in quella che era la sua ipotesi, si trovava sul punto di rimettersi a dormire quando venne interrotto dal rumoroso cigolare dei cardini della porta che si stava aprendo.
 
“Cristo, Theo, sei tu? Mi hai fatto prendere un accidente! Scusa se ti ho svegliato… dai, vieni qui sulle mie gambe”.

Il micio non se lo fece ripetere due volte e con un balzo salì sul letto.

“Ecco, da bravo, chi è il mio coccolone…Ehi ma dove vai?”

Effettivamente più che alle coccole il felino sembrava particolarmente interessato alla serranda che si trovava alle sue spalle. Svincolandosi dalla presa del giovane, lo scavalcò e si mise a tamburellare con le zampette sugli infissi. Inizialmente il suo padrone pensò ad un gioco ma man mano che i minuti passavano quel tamburellare si faceva sempre più frequente, insistente e frenetico, fino a che il gatto non iniziò a “soffiare”, tirando fuori gli artigli e preparandosi alla carica.
 
“Ehi, Theo, fermati. Ma che ti prende? Così mi costringerai a ricomprare gli infissi. Vuoi farmi fare brutta figura con mamma e papà al loro ritorno?”

Il micio sembrava non averlo sentito, o meglio così pareva, poiché imperterrito proseguiva nella sua opera di distruzione. Il giovane fu costretto a sollevarlo di peso, stando attento a non diventare il nuovo bersaglio delle sue artigliate, e allontanarlo dalla finestra.

“Basta ho detto, ti ho già detto che la fuori non c’è niente”.

Così dicendo iniziò a sollevare la serranda che impediva la visuale dalla finestra.
“Guarda, è solo uno stupidissimo lampion…”

“MA CHE CAZZO?” esclamò tra lo stupito e lo spaventato.

Non si trattava di uno stupidissimo lampione.
Al di la del suo solito giardino, delimitato dal suo solito cancello non vi si trovava più la strada bensì, al suo posto, si ergeva una fittissima foresta la cui unica via di accesso sembrava partire da quello che fino al giorno prima considerava semplicemente il suo vialetto di casa.

Tuttavia, per quanto quella visione potesse essere shockante un dettaglio ben più strano aveva catturato gli occhi del giovane: la luce.
Quei raggi a cui non aveva dato importanza sembravano partire proprio dal bel mezzo della foresta stessa. Di un rosso purpureo, la luce era abbagliante ed illuminava il cielo stellato.

Sospirò. Nei suoi 16 anni di vita non era mai stato un attento osservatore del mondo o, più semplicemente, di quello che lo circondava. A lui bastava vivere nel suo, che la piccola bolla nella quale si era rinchiuso non scoppiasse. Tuttavia, qualunque fosse la ragione, la presenza di quelle stelle, apparentemente unico elemento ordinario di una notte così atipica, riusciva a rincuorarlo.

A risvegliarlo dal suo apparente stato confusionario, catturando la sua attenzione, fu nuovamente Theo.
Non sapeva per quanto tempo fosse rimasto immobile ad osservare la foresta comparsa al di la del suo giardino di casa come per magia ma doveva essere stato sufficiente per permettere al felino, che fino a pochi istanti prima si trovava al suo fianco, di uscire in giardino, scavalcare con un balzo il cancelletto e dirigersi lungo il sentiero che vi si inoltrava.

“Maledizione”

Senza perdere altro tempo il giovane corse verso l’entrata, percorrendo le scale che dividevano la sua camera dall’ingresso di due in due.
Una volta all’esterno, scavalcando a sua volta il cancello di casa, partì all’inseguimento del micio.
Bastarono pochi minuti perché la luce che illuminava il cielo venisse coperta dalle fronde degli alberi, tra i quali il giovane si ritrovò a percorrere una strada sempre più angusta e dissestata.

“Theo, dove sei?” “Vieni qui, micio, micio, micio!”

La foresta era disorientante. Talvolta il percorso portava a destra, altre a sinistra, per poi proseguire in linea retta per quelli che al ragazzo sembravano chilometri.
Non aveva mai avuto un grande senso dell’orientamento, da piccolo era il classico ragazzino che soleva perdersi nei grandi centri commerciali, ma di una cosa era certo: si trovava in un vero e proprio labirinto.

Man mano che passava il tempo, più camminava più si sentiva mancare le forze e le gambe, ormai pesanti, scivolavano nel terreno scosceso. Incespicò un paio di volte: in una piccola disconnessione, in un ramo ed in quello che sembrava un ciottolo, prima di arrivare finalmente a destinazione.

Il suo gatto era proprio lì, davanti a lui, fermo in un punto in cui la foresta sembrava diradarsi ed intento a fissare quelli che, a tutti gli effetti, avevano l’aria di essere dei vecchi ruderi. Nel bel mezzo dei quali vi era collocato un piccolo pozzo d’acqua. La fonte della luce.

Con le ultime forze rimaste, spinto dalla curiosità, decise di avvicinarvisi. Procedendo lentamente, un passo dopo l’altro, nel giro di pochi secondi aveva ormai raggiunto il pozzo. Poi, quando gli fu a pochi passi, qualcosa di ancora più strano accadde. La luce, che fino a pochi istanti prima vi fuoriusciva, si affievolì di colpo fino a scomparire del tutto.

Non ebbe neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo che un boato riecheggiò per tutta la foresta, la terra iniziò a tremare ed un fascio di luce ancora più intenso investì tutto quello che aveva avuto la sfortuna di trovarsi nel suo raggio di azione.

Ne percepiva il calore diffondersi lungo tutto il corpo, fin sotto la pelle.

Ad un tratto si sentì scoppiare la testa, premendo sulle tempie ne poteva sentire il battito accelerare.
Non era in grado di stabilire quanto tempo fosse passato. Forse pochi secondi, magari minuti, ma il dolore si intensificava sempre di più. Gli occhi iniziarono a farsi pesanti, le forze a venire meno.
Senza neanche accorgersene si ritrovò in ginocchio. Pochi istanti dopo cadde a terra stravolto. L’ultima cosa che udì prima di chiudere gli occhi fu un rumore di passi. Qualcuno si stava avvicinando.

Quando li riaprì lo sgomento e la paura iniziali lasciarono spazio allo stupore generale: tutto quello che lo circondava gli era nuovamente familiare. Sapeva dove si trovava, era nuovamente nella sua stanza.

Cos’era successo? Possibile che quello che aveva passato non fosse stato altro che uno strano sogno o, meglio, un incubo?

L’ultima cosa che ricordava era di essere stato centrato in pieno da quel fascio di luce, di aver avvertito un gran dolore alla testa e di essere collassato subito dopo.
Già, la testa. Un brivido gelido gli corse lungo la schiena, doveva controllare.
Con un balzo felino saltò giù dal letto, spalancò la porta che separava la camera dal bagno e corse davanti allo specchio.

“MA PORCA PUTTANA!?”

Il dubbio che si era insinuato nella sua mente aveva trovato presto risposta. Non si trattava di un sogno. Proprio al centro della sua fronte un simbolo sembrava essere stato marchiato a fuoco.

“Non avere paura…”

Il ragazzo raggelò, aveva forse pronunciato quelle parole senza rendersene conto? No, era stato qualcun altro.
Non ebbe il tempo di uscire dal bagno che una figura incappucciata gli sbarrò la strada.
Era in trappola. Era in trappola e chiunque fosse li con lui ne era ben consapevole. Tentare la fuga dalla finestra era un’impresa impossibile, dato che soli pochi mesi prima vi aveva installato delle inferriate per tenere alla larga i ladruncoli del quartiere. Non gli restava altro da fare se non affrontarla.

“Ehi, tu chi cazzo sei?”

La figura non rispose, ne accennò a muoversi.

Magari se si fosse mostrato più minaccioso, muovendo qualche passo verso di lei, sarebbe riuscito a farla confessare. Tuttavia, fu proprio dopo aver formulato quel pensiero che capì che sarebbe stato tutto inutile.
Per quanto si sforzasse, per un motivo o per l’altro, non riusciva più a muovere un singolo muscolo del suo corpo. Che fosse la paura? No, era sicuro che il motivo fosse un altro.
Fu a quel punto che la persona davanti a lui si decise a parlare:

“Fossi in te non mi muoverei più di tanto. Quando sei entrato in questo bagno, aprendo quella porta, hai innescato uno dei miei sigilli di contenimento. Li ho sparsi per tutta la casa mentre dormivi, perché non scappassi una volta sveglio. Solo io posso scioglierli.”
 
“Dunque, nella foresta, eri tu? Sei stato tu a riportarmi fin qui, non è vero?”
 
La figura annuì.

“Ci sono tante cose che ancora non sai, caro Max. Quello che è accaduto oggi nella foresta è tra queste ma non preoccuparti addestrarti affinché tu sappia è il compito che mi è stato affidato, Guardiano.”
 
“Ehi, come sai il mio nome? Chi sei? Inoltre, penso che tu abbia sbagliato persona…”
 
La figura scosse la testa.
 
“Ti ho osservato per molti anni, beh, con la collaborazione di Theo.” Il gatto, che fino a quel momento era rimasto in disparte, aveva appena fatto capolino con la testa e raggiunto il suo padrone. Per qualche ragione, al giovane ignota, il sigillo non aveva effetto su di lui.
 
“In ogni caso non c’è nessun errore. Tu sei stato scelto e quel simbolo sulla tua fronte ne è la prova.”

Così dicendo scosto la tunica che le copriva il polso destro. Recava lo stesso simbolo che il ragazzo portava sulla fronte.

“Proprio come me. In ogni caso, per quanto riguarda il CHI sono…” aggiunse, portandosi le mani sul cappuccio e scoprendosi il volto:

“Piacere, il mio nome è Emma”.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: AndreBon97