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Autore: Jinevra    29/04/2020    1 recensioni
Tempo addietro esistevano i Draghi, esseri ancestrali e potenti.
Temuti dai popoli che non comprendevano la loro magia ed amati da coloro che li accettavano e li veneravano come fossero divinità.
Esiste una leggenda che narra della loro scomparsa.
Questa racconta di fiducia ed inganni.
Per farla breve queste creature primordiali furono tradite da un uomo che loro credevano un devoto servitore. Questo non era altro che un oscuro stregone, bramoso di ciò che i draghi custodivano. Agendo solo per il suo tornaconto ottenne ciò che tanto desiderava, l'immortalità e potere smisurato. Crudelmente li trasmutò, confinandoli in corpi mortali come lo era il suo un tempo.
L'affronto subito li lasciò atterriti, giurarono che si sarebbero vendicati non solo di lui ma di ogni essere vivente.
Questi formarono una stirpe e col passare di svariati anni le loro generazioni future dimenticarono ogni cosa. L'uomo, la vendetta e la loro vera forma.
Patrona ora l'ultima rimasta della sua dinastia, non consapevole dei poteri che sopiscono dentro di lei dovrà tentare di placare questa atroce guerra che tanto le ha sottratto e scoprire chi è veramente.
Capirà che solo lei ha la possibilità di salvarli o decidere di distruggerli.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Seconda parte. Il risveglio e la consapevolezza di essere oramai sola.

 

Patrona stropicciò gli occhi, c'era una luce intensa che la colpiva.
Aprì gli occhi, era il sole, era molto forte, doveva già essere pomeriggio inoltrato.
Ancora mezza assonnata si mise a sedere, dov'era?
C'era qualcosa di morbido sotto di lei, era freddo e bagnato al tatto.
Strabuzzò gli occhi, cominciava a vederci lucidamente.
Era neve, era in mezzo alla neve. Ora ricordava.
Si guardò attorno, tutto era ricoperto di bianco, doveva aver nevicato per tutto quel tempo.
Ebbe un leggero sussulto e cominciò a scavare forsennatamente accanto a lei, le sua mani diventarono rosse e screpolate ma continuo, sapeva bene cosa stava cercando.
Ed infatti lo trovò.
Il corpo di suo fratello giaceva serenamente.
A guardarlo sembrava quasi che stesse dormendo, con quel sorriso, gli occhi socchiusi ed il volto beato.
Si trattenne a stento dal piangere di nuovo.
Si alzò e cercò di darsi una ripulita, togliersi la neve dai vestiti, quel tanto che riusciva.
Poi decise che non poteva lasciare suo fratello in quello stato, sarebbe diventato presto cibo di qualche predatore.
Si rimboccò le maniche del giaccone decisamente troppo grande per una ragazzina come lei, compose un chignon sbarazzino per non dover litigare con i suoi capelli arruffati e si mise al lavoro.
Prima di tutto doveva trovare delle pietre, grandi e colorate se possibile, le erano sempre piaciute le cose variopinte.
Iniziò a girovagare per il campo, mentre camminava il suo sguardo correva fra i vari corpi mezzi sepolti, notò alcune armi incastonate nel terreno, altre incastrate nel torace di qualcuno.
I volti di quelle persone erano indescrivibili, alcuni mostravano smorfie di dolore raccapriccianti, altri erano  privi di ogni minima espressione, vuoti.
Patrona tentò di non concentrare la sua attenzione su di loro, era gia traumatizzata abbastanza.
Nella sua ricerca trovò varie pietre di media grandezza adatte alle sue esigenze, le gettò tutte nella bisaccia e si diresse verso suo fratello.
Mentre tornava qualcosa catturò il suo sguardo, un uomo come gli altri era morto adagiato contro un tronco d'albero, sembrava avere una sorta di medaglione tra le mani.
Questo colse la curiosità di lei che subito si inginocchiò presso il suo corpo.
Cercò di divincolare le mani congelate dell'uomo, alla fine riuscì ma dovette rompergli un dito, cosa che la fece venire un conato di vomito.
Preso il ciondolo, pareva fatto d'oro, il bordo era tutto usurato, forse poteva aprirsi.
Con una leggere pressione questo si aprì a Pat, dentro vi trovò una cosa che le strappò una lacrima e le fece tremolare il labbro inferiore.
Era un ritratto tutto accartocciato, questo rappresentava l'uomo in questione e fra le sue braccia, raggiante come il sole, vi era una splendida bambina, aveva il sorriso più gioioso che avesse mai visto.
Anche l'uomo sorrideva, sembrava l'essere più felice sulla terra.
Osservò il volto di lui in quel momento, i suoi occhi erano aperti e svuotati da ogni emozione.
Con le dita frementi glieli chiuse e gli ripose al collo la collana, unendo poi le sue mani attorno ad essa.
Magari dov'era ora avrebbe potuto rivedere la sua piccola in quel modo.
Scrutò il cielo, il suo volto pareva cercare qualcosa. Forse un segno che le dimostrasse di aver fatto la cosa giusta.
Fece un lungo respiro e rimettendosi in piedi riprese a camminare scavalcando qua e la qualche persona.

Eccola ritornata.
Un poco affaticata per il peso delle pietre incominciò a darsi da fare.
Le ripose con una precisione millimetrica, prima di questo aveva disposto il corpo del fratello in un posizione adeguata, ben sdraiato con lo sguardo rivolto verso l'alto e le mani congiunte.
Era stato complicato dato che il corpo era completamente immobilizzato e ghiacciato ma con calma e precisione era riuscita nel suo intento.
Recuperò perfino la spada di lui, la prese fra le mani e si specchio nella lama, il suo volto era orribile.
Era stremato probabilmente per tutto quello che aveva subito in quei giorni, come poteva una ragazza avere quello sguardo. I suoi capelli erano già un groviglio, una massa indistinta di color vermiglio, i suoi occhi che sempre aveva odiato erano li che la fissavano con disgusto; uno verde smeraldo, l'altro del colore dei denti di leone, certe volte si chiedeva perché avesse l'iride di due colori invece che di uno come ogni persona normale, per non parlare di quella ripugnante ustione che le divida il viso in due. I suoi parenti dicevano sempre che erano segni particolari che la rendevano speciale ed unica, certo e grazie a questo non aveva mai avuto amici e tutti diffidavano di lei. Per finire in bellezza la sua pelle sembrava porcellana, era pallida quasi quanto la neve sotto ai suoi piedi. Si faceva ribrezzo. In quel frangente non era solo questo a farla stare male ma il suo volto; era cupo, serio, quasi inespressivo.
Ripensò all'espressione smagliante della piccola nel ciondolo; lei sarebbe stata in grado, un giorno, di sorridere ancora?
Di nuovo si ritrovò a fare un lungo sospiro. Scacciò quegli sciocchi pensieri dalla testa e collocò la spada fra le mani del fratello, facendo aderire bene l'elsa ai polpastrelli.
Sembrava un grande cavaliere assopito in quella maniera, questo le fece piacere. 

Ora suo fratello poteva riposare in pace e serenità.

Sulle pietre appoggiò lo scudo che fieramente portava lo stemma della sua casata, osservò con disgusto quella figura, un dragone rosso fuoco su sfondo verde.
Tutta quella guerra era stata un stupidaggine e per cosa? Un trono che tutti bramavano solo per il potere e la gloria che gli avrebbe portato.
Essere re non era così semplice, dovevi badare al fabbisogno del tuo popolo, servirlo prima di tutto.
Esatto servirlo, non il contrario come invece molti sostenevano.

Un Regno senza il popolo è nulla, un re senza la sua gente è nulla.

Questo sembrava molto chiaro a lei, per altri era invece difficile da capire.
La sfacciataggine di persone arroganti che ambivano al loro solo bisogno aveva portato a tutto questo, alla morta dei suoi cari, al disfacimento della sua dinastia.
Ora lei era l'unica rimasta in vita della sua stirpe, di certo sarebbero venuti a cercarla; sperando magari di trovare il suo corpo morto.
Dalla sua borsa ripesco un anello lucente con il loro simbolo e lo gettò ai piedi del cumulo di pietre, si strappo poi un lembo del cappotto e lo conficcò li accanto.
Con meticolosità effettuò, facendosi dei piccoli tagli alle dita, una stradina di sangue fino ad una foresta fitta poco distante.
Lasciò di tanto in tanto altri lembi della sua mantella, voleva far credere a chi sarebbe arrivato per cercare prove della loro morte che era stata ferita ed aveva cercato di trascinarsi al riparo in quel bosco.
Aveva smesso di nevicare da tempo, le tracce lasciate sarebbero rimaste abbastanza a lungo.
Tornò dal fratello per l'ultimo saluto; distese una mano su uno dei massi.
« Ti vendicherò fratello mio, tutti voi sarete vendicati. »
Fremeva dalla rabbia che provava, chiuse gli occhi e dentro di sé sentì il fuoco divamparsi, alcune lacrime le sfuggirono rigandole le guance.

Si, avrebbero subito ciò che meritavano, avrebbero sofferto almeno quanto lei. O più.
Detto questo si incamminò, cancellando man mano le sue impronte ed accertandosi di essere ben coperta dalla mantella verso l'unico persona che ancora poteva darle un aiuto tangibile. 


 

   
 
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