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Autore: mattmary15    29/04/2020    0 recensioni
Sono passati anni dagli eventi di Cuba. Charles ed Erik si sono separati, ma il destino ha in serbo un tiro mancino per loro e a riunirli sarà l'ultima persona a cui pensano. Stavolta saranno alle prese con un nuovo avversario dei mutanti e una potente organizzazione che ne gestisce le risorse e che reclama l'eredità di Sebastian Shaw.
Seguito de 'L'anello mancante' ma può essere letta anche senza conoscere il contenuto del prequel.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Shaw'
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Capitolo IV
Parigi

 

Parigi era bellissima. 

La città si era vestita da sera. Mille luci si riflettevano sulla Senna. 

Tessa camminava lungo il fiume stretta in un cappotto di panno. Si era alzato un po’ di vento e lei se ne andava in giro senza meta.

Aveva lasciato i suoi compagni di viaggio in hotel e, con una scusa, si era diretta verso la Tour Eiffel. Quell’enorme complesso di metallo aveva il potere di farla sentire insignificante e la cosa, invece che turbarla, le dava conforto.

Suo padre le aveva sempre ripetuto quanto fosse speciale e quanto il suo potere fosse straordinario. Lei voleva sentirsi ordinaria, capace di sparire in mezzo a tanta gente comune. 

Camminò fino alle radici di ferro ben piantate nel suolo e guardò su. Quella sensazione di grandezza e immortalità che le trasmetteva era simile a quella proveniente dalla statua della libertà nel golfo di New York. A volte si chiedeva se quelle due signore di ferro si percepissero l’una con l’altra. Se la grandezza di una alimentasse la vanità dell’altra e facessero a gara a chi dovesse mostrarsi più maestosa.

Girò a vuoto per un po’ e si ritrovò davanti ad una bancarella di libri usati. Diede un’occhiata ad un vecchio volume de ‘Il conte di Montecristo’ ma lo posò senza dargli una seconda occasione. Prese invece una copia rilegata in pelle rossa di ‘Orgoglio e Pregiudizio’.

Si sedette ad un bistrot a bere un bicchiere di vino rosso e sfogliò le prime pagine del racconto. Adorava quel libro. Ne possedeva decine di edizioni diverse e le aveva lette tutte.

Quando arrivò alla prima descrizione del signor Darcy, sorrise, chiuse il libro e pagò il conto.

Decise di tornare all’albergo facendo lo stesso percorso al contrario. Quando raggiunse l’hotel le luci nella Senna si erano fatte più vivide. In una di quelle create dai grandi lampioni di vetro smerigliato, lo vide. Stava con i gomiti poggiati sul passamano di legno del ponte su cui si era fermato e guardava nell’acqua. Lei camminò fino a stargli accanto. La sua immagine comparve di fianco a quella di Charles e lui sorrise senza smettere di guardarne il riflesso.

“L’aria di Parigi ti fa bene, professore.”

“Vorrei che fosse così. Un tempo aveva su di me l’effetto che fa una coppa di champagne ad una bella donna che non sa reggere l’alcol.”

“Modesto.”

“Mai stato modesto. Tu, piuttosto, hai camminato a lungo. Ero in pensiero.” Tessa si stupì della semplicità con cui Charles confessava i propri sentimenti.

“Potevi venire a cercarmi. Sono certa che mi avresti trovata.” Charles si voltò a guardarla.

“Mi avrebbe fatto piacere ma, al momento, non sono autosufficiente.” Disse indicando Erik che leggeva un libro seduto al bar dell’albergo.

“In che modo dipendi da lui?”

“Usa il suo potere per isolare la mia mente.”

“Quindi funziona.”

“Sembrerebbe di sì.”

“E non puoi allontanarti da lui?”

“Fino ad una certa distanza, sì.” Gli occhi di Tessa furono attraversati da un leggero stupore. Poi sorrise mettendogli una mano sul braccio.

“Quanto distante puoi andare?”

“Io, francamente, non lo so.”

“Vieni con me.” Disse lei trascinandolo lungo la scala di pietra che scendeva dal viale al letto del fiume. “Dimmi se funziona.” Charles si fece trascinare ridendo fino a valle e dovette ammettere che non percepiva nulla. Anche a quella distanza, lo scudo di Erik funzionava perfettamente.

“Incredibile! E’ davvero potente come dicono.” Esclamò Tessa con un po’ di affanno nella voce per aver fatto le scale di corsa.

“Forse non se ne rende neppure conto!” Le rispose Charles ridendo a propria volta. “E comunque non ci siamo allenati abbastanza per correre cosi!”

“Già.” 

“E per giunta, dobbiamo risalire. Ne è valsa la pena, secondo te?” Tessa gli prese la mano e lo invitò a seguirla ancora.

“Non siamo mica scesi quaggiù solo per stimare il potere di Erik! Guarda.” Disse invitandolo a prestare attenzione ad un punto buio sotto al ponte.

Inizialmente Charles non se ne accorse. Poi, mentre avanzava nell’oscurità seguendo Tessa, le vide.

Decine e decine di lucciole che brillavano intorno a loro. Il professore non seppe spiegarselo ma rise e si commosse nello stesso tempo. Tessa, vicina a lui, gli asciugò una lacrima dal viso.

“E’ la bellezza, vero?” Chiese lei e Charles annuì. “La prima volta che ho capito che sarei stata libera un giorno, che la mia vita non era destinata a finire dentro una gabbia, c’erano le lucciole. Non vivono a lungo, sai? Mi chiedo se gli costi fatica fare luce a quel modo.” Charles avrebbe voluto rispondere che era una reazione chimica ma si guardò il palmo di una mano in cui uno degli insetti si era poggiato.

“Lo fanno per amore,” disse piano, “si chiamano nel buio per trovarsi. Lo fanno per amore.” Tessa si guardò intorno e le sembrò che davvero le lucciole danzassero due a due per amarsi e darsi conforto nell’oscurità.

“Allora non fanno fatica.” Concluse lei. Charles lasciò che la lucciola nel palmo della sua mano volasse via e andò a cercare quella di Tessa. La strinse forte nel buio.

“Forse no.” Charles sentì la voce di Erik nella sua testa e capì che dovevano tornare. Tuttavia qualcosa in lui era cambiato. Aveva ritrovato una luce flebile e incerta nell’oscurità.

Flebile, incerta, incapace di durare. Eppure luce.

 

Erik aveva finto di non vedere. 

Era rimasto a sorseggiare il suo bicchiere di Bordeaux e a leggere una copia de ‘Il buio oltre la siepe’. 

Aveva letto solo poche righe prima che l’idea di Charles e Tessa da soli a parlare di chissà che, gli impedisse di concentrarsi ulteriormente sul testo.

Si domandò se, quando aveva chiesto espressamente a Charles se stessero insieme, lui fosse stato sincero. Si rispose che non gli importava. Se Charles voleva avvicinare quella donna dalle sembianze di Lena a lui cosa importava? Non era Lena. Non lo era neppure lontanamente. 

Il modo in cui aveva esplicitamente dato ad intendere che era meglio liberarsi di Raven, o di chiunque di loro, piuttosto che vederla finire in mano al nemico, non era affatto tipico di Lena.

Eppure, per quanto si trovava a biasimarla, poteva ammettere almeno a se stesso che quell’atteggiamento era ammirabile. In perfetta sincronia con gli ideali che lui condivideva.

In quel caso non era la donna giusta per Charles, incapace persino di concepire una cosi spietata determinazione. Era suo compito farglielo capire? Chiuse il libro e bevve un sorso di vino.

No. Non era suo compito. Neppure lontanamente. Eppure lo chiamò nella sua mente. Come era solito fare quando era rinchiuso in una cella di plastica ed era disperato. 

Poco dopo lo vide tornare. Tessa era un passo dietro a lui.

Non riuscì a capire se si tenevano per mano oppure no. Lei lo sopravanzò e raggiunse il suo tavolo, si sedette e prese il suo bicchiere.

“E’ buono?”

“Assaggia.” Disse Erik continuando a guardare le pagine del suo libro. Voleva dissimulare  noncuranza ma quando lei si portò il bicchiere alle labbra, i suoi occhi non riuscirono ad impedirsi di osservare.

“Ottima scelta.” Asserì lei posando di nuovo il bicchiere vicino alla mano con cui lui teneva il libro.

Erik sollevò gli occhi e notò il libro rosso che aveva poggiato sul tavolino.

“Orgoglio e pregiudizio?”

“I difetti da cui cerco di salvarmi ogni giorno.”

“Essere orgogliosi non è necessariamente un difetto.” Precisò Erik. Charles prese una sedia e si accomodò mentre con una mano chiamava un cameriere.

“Lo è, se ti impedisce di accettare gli altri.” Disse Tessa tamburellando con le dita sulla copertina del libro.

“Solo i deboli vedono l’orgoglio come un difetto.” Precisò Erik finendo il vino nel bicchiere. Il cameriere arrivò a prendere la nuova ordinazione.

“Interessante teoria.” Disse Charles inserendosi nella conversazione. “Quindi se sei forte, sei autorizzato a comportarti come se avessi sempre ragione. Detto da chi è stato rinchiuso in un campo di concentramento è paradossale.”

“E da qui,” lo interruppe Erik, “i pregiudizi. Che, francamente, non mi aspetterei da un professore.”

“Ti prego,” lo punzecchiò Charles, “accusami di tutto tranne del fatto di non avere una mente aperta.” Tessa rise di gusto.

“Humor inglese. Mai capito.” Gli fece eco Erik mentre il cameriere posava sul tavolo altri tre calici di vino rosso. “L’orgoglio nasce dalla consapevolezza dei propri mezzi. Quando è giustificato, perché mai dovrebbe costituire un problema?”

“Dove finisce la consapevolezza ed inizia l’alterigia?” Chiese Charles sorseggiando il vino. Erik sorrise maliziosamente.

“Abbiamo già fatto questa conversazione. Conosci il mio punto di vista. Sentiamo quello di Tessa.” E mimò un brindisi alla direzione della donna. Tessa prese il suo calice e lo fece tintinnare con l’altro.

“Ritenere l’orgoglio un difetto è un pregiudizio. Avere pregiudizi è da orgogliosi. Questo direi se non avessi intenzione di essere sincera. Conosco gente priva di qualsiasi tipo di orgoglio. Ne ho compassione. Eppure di eccessivo orgoglio si può morire. A mio avviso il confine tra consapevolezza di se stessi e alterigia sta nella solitudine. Quando ti guardi intorno e ti ritrovi solo, allora c’è qualcosa di sbagliato.” Erik e Charles guardarono il proprio bicchiere sorridendo e poi si lanciarono uno sguardo che sembrava d’intesa.

“Ci ha messi nel sacco, professore.” Esclamò il tedesco.

“Pare di sì.” Gli fece eco Charles.

“Non era mia intenzione giudicare. Se la mia solitudine parlasse per me, direbbe che sono la più orgogliosa a questo tavolo.”

“Tu non sei sola.” La corresse Charles.

“O lo siamo tutti, ma ci piace pensare che non sia così.” Fece Erik.

“Oppure abbiamo unito le nostre solitudini per un po’.” Rispose Tessa.

“Mi piace di più,” annuì Charles “é un compromesso accettabile.”

Erik li guardò e, in particolar modo, guardò Charles. Era così tranquillo e sorridente perché non avvertiva più le voci? Lo era perché Tessa aveva sciolto il gelo nel suo cuore? Probabilmente perché aveva smesso di assumere farmaci e droghe. Quel pensiero gli fece venire in mente una domanda.

“Dov’è Hank?”

“E’ andato a prendere Lucy Abbot.” Rispose Charles.

“La segretaria di Trask?” Chiese Erik.

“La mia amica.” Precisò Tessa.

Non fecero in tempo a rientrare in albergo e a salire in camera di Charles che bussarono alla porta. Tessa andò ad aprire e salutò Hank e la nuova arrivata.

“Ragazzi, lei è Lucy. Lucy loro sono Charles ed Erik. Hank lo hai già conosciuto.” La ragazza, dai capelli castani e profondi occhi scuri, sorrise e salutò con un cenno del capo.

“Piacere di conoscerti, Lucy, sei la benvenuta.” Fece Charles invitandola a sedersi. Erik la squadrò dalla testa ai piedi.

“Così tu sei la segretaria personale di Trask.” 

“Sì.”

“Tu potresti farci avvicinare a Trask?”

“Sono qui per questo, no?”

“Sei qui, ma nessuno di noi ti conosce. Potresti essere una spia di Trask.” Disse Erik fingendo d’interessarsi al giornale.

“Lui è lo stronzo che controlla i metalli?” Chiese Lucy a Tessa. Erik parlò per primo.

“Esatto. Tu quale super potere hai?” La stuzzicò sapendo che non era una mutante. La ragazza incrociò le braccia.

“Io riconosco gli stronzi.” Charles scoppiò a ridere.

“E’ un potere fantastico, Lucy.” Erik tornò a guardare il giornale. “Come pensi di poterci aiutare, cara?” La ragazza si accomodò sul letto parlò guardando Tessa di tanto in tanto.

“Tessa mi ha detto che la persona che state cercando può assumere l’identità di chiunque. Lei pensa che al momento abbia le sembianze del generale Won Su.” Tirò fuori un foglio da una tasca. “Qui c’è l’elenco delle stanze assegnate agli ospiti del sign.Trask. E una piantina con la loro posizione.” Tessa proseguì al posto della sua amica.

“Hank andrà con Lucy. Quel dispositivo che ha messo a punto per il Pentagono, tornerà utile anche a questo giro. Lucy lo porterà più vicino possibile a Trask. Dovrebbe essere in grado di disturbare il dispositivo con cui lui individua i mutanti.”

“Questo agevolerà Raven.” Precisò Erik.

“Dobbiamo darle un vantaggio o finirà catturata. Impedirlo è il nostro obiettivo. Ora che stai meglio, professore, potresti usare le tue capacità per confermarci la sua identità e distrarla.”

“Posso farlo.” 

“Dovrai mostrarle il futuro che ci aspetta se lei non demorde. Erik penserà al resto.” Disse la donna raggiungendo la finestra e guardando fuori.

“Al resto?” Chiese Hank con una nota di forte preoccupazione nella voce. 

“La scorterò fuori dalla sede del convegno senza che nessuno ci ostacoli.” Precisò il diretto interessato.

“Pare che abbiamo un piano anche questa volta.” Concluse Tessa sciogliendo quella riunione improvvisata. 

Hank decise di accompagnare Lucy al palazzo dei congressi per mettere a punto il suo apparecchio. Quest’ultima, salutando Tessa, le prese le mani e le parlò con franchezza.

“Se dici che il piano funzionerà, ci credo ciecamente. Non ti ho sentita enunciare tutte le alternative però.”

“Ho fiducia nei loro mezzi.” Lucy spalancò la bocca per lo stupore.

“E’ la prima volta che ti sento parlare di fiducia.”

“Mi sono sempre fidata anche di te, no?”

“Non dopo avermi conosciuta. Quanti anni sono passati, cinque, prima che mi dicessi come la pensavi veramente?”

“Non ti ho mai detto come la penso veramente!”

“Tessa!”

“Lucy, so quel che faccio. Va meglio così?”

“Va meglio.”

La ragazza l’abbracciò e andò dietro ad Hank. Tessa fece per lasciare anche lei la stanza di Charles quando questi la richiamò.

“Solo una parola.” Disse facendole cenno di chiudere la porta.

“Dimmi.”

“Ho la sensazione,” disse muovendo due dita accanto alla tempia destra e calcando sull’ultima parola “che tu non mi abbia detto tutto.” Tessa incrociò le braccia.

“Professore, hai dei pregiudizi su di me?” Lui le si parò di fronte e infilò entrambe le mani in tasca.

“No. Solo preoccupazioni. E sono certo che anche Erik le condivide.” La voce dell’altro li raggiunse immediatamente.

“Neppure lontanamente!”

“E va bene. Non posso calcolare le percentuali di successo del piano.” Confessò Tessa.

“Come mai?” Chiese Charles e anche Erik si alzò e li raggiunse. La mutante sospirò.

“Gli eventi di domani saranno condizionati dalle nostre azioni. Posso prevedere logicamente quelle di Raven perché conosco i suoi obiettivi.”

“Conosci anche i nostri.” Tessa reclinò appena la testa di lato con espressione perplessa.

“No. Non li conosce.” Fu Erik a rispondere e Charles gli lanciò un’occhiataccia.

“Cos’è che Tessa dovrebbe sapere?” Chiese il professore.

“Sa già troppo per i miei gusti.” Lo fulminò l’altro.

“Appunto.” Sentenziò la donna.

“Posso aiutarti io.” La calmò Charles. “Scarica la mia memoria e avrai dati sufficienti per stimare non solo le mie ma anche le reazioni di Erik.” A quelle parole Tessa fece un passo indietro e si strinse una mano nell’altra, nervosamente.

“Non posso,” fece scuotendo la testa “non posso farlo.”

“Non ho paura, credimi.” Tessa alzò la voce.

“Dovresti. Non chiedermelo più.”

“Ti rendi conto che avere il vantaggio di sapere cosa fare domani potrebbe essere l’unica chance di cambiare il futuro?” Le chiese l’uomo coprendo con un solo passo lo spazio fra loro e costringendola a rispondergli.

“E tu ti rendi conto che il mio tocco non è affatto gentile come quello di Lena e che la tua mente è troppo potente per me? Inoltre, ora come ora, sei vulnerabile.”

“Non curarti di questo. Posso sopportarlo e, se proprio vuoi saperlo, il tocco di Lena non è stato per niente gentile all’inizio.”

“Smettetela! Smettete di comportarvi in questo modo ridicolo.” La voce di Erik era fin troppo determinata. Afferrò un braccio di Charles e lo tirò indietro. “Questa cosa non riguarda te. Riguarda me. Sono le mie azioni che non può prevedere. E’ la mia memoria che deve scaricare. Avanti, fallo e facciamola finita.” Tessa fu intimorita da quella forza di volontà. 

“Credi che farei più volentieri del male a te?” Erik allargò le labbra sottili in un sorriso malizioso.

“Credo di sì.” Accennò ma la reazione di Tessa non fu quella che si aspettava. La donna si girò e la porta della camera si aprì e poi si richiuse, sbattendo, quando lei l’ebbe attraversata. Erik allargò le braccia. “Ho detto la verità!” Si giustificò.

“Perché la provochi sempre? Ti sembra il modo migliore di creare un contatto con lei?”

“Non è quella la mia intenzione.”

“Mi sembra proprio quella, la tua intenzione.”

“Charles, avanti!”

“Puoi fingere con tutti che non ti importi quanto somiglia a Lena ma non puoi ingannare me. So quanto l’amavi e so quanto ti è costato perderla. Non puoi essere indifferente al fatto che una donna con i suoi occhi, il suo sorriso, il suo profumo, ti stia accanto dopo tanto tempo.” Erik strinse un pugno.

“Vuoi fare il professore con me? Quello che hai appena detto vale anche per te.”

“Io voglio solo cambiare il futuro.”

“Non fare l’ipocrita.” Charles si difese con veemenza.

“Non lo sono!”

“Allora dove sei andato poco fa da solo con lei?” Il più giovane distolse per un attimo lo sguardo poi  riprese coraggio e rispose.

“Non mi sono mai intromesso. Non ho mai cercato di allontanare Lena da te. Ho cercato di proteggere i tuoi sentimenti quanto i suoi. Ora non hai alcun diritto di parlarmi in questo modo. E non puoi proprio perché Tessa non è Lena. Non so quale dolore si porta dentro ma è grande quanto il tuo e quanto il mio. Ho di nuovo uno scopo. C’è qualcosa di sbagliato in questo?” Erik distese la mano e la richiuse un paio di volte ritrovando il controllo.

“No. Abbiamo tutti bisogno di uno scopo.”

“Bene,” disse Charles, “allora chiedile scusa e risolvi questa faccenda. Valutare le conseguenze è la sua capacità non la nostra. Lasciamo che sia lei a scegliere cosa è meglio fare. Non forziamola.”

“Disse la buona fata madrina.” Lo canzonò Erik. “Vado a cospargermi il capo di cenere. Tu va’ a dormire. Domani ti voglio in forma.”

“Non fare danni.” 

La voce di Charles lo raggiunse che era già nel corridoio.

 

Tessa espirò e il fumo della sigaretta si alzò verso il cielo trapuntato di stelle. Il terrazzo dell’albergo era più trasandato del resto della struttura, il tipico posto in cui non andava nessuno. La donna fece un paio di passi avanti ed indietro prima di sentire la porta delle scale aprirsi e chiudersi.

Erik uscì dall’ombra avanzando piano. La luce della luna illuminò la sua fronte alta e corrugata.

“Me ne offri una?” Chiese indicando la sigaretta tra le dita di Tessa. La donna gli allungò il pacchetto. Lui accese una sigaretta e posò pacchetto e accendino sul bordo di cemento che li separava dal vuoto. “Non volevo offenderti e, sinceramente, non penso che tu sia il genere di persona che trae soddisfazione dall’altrui sofferenza.” Tessa fece un altro tiro e rispose.

“Non lo so. Quando mio padre è morto non ne sono stata sconvolta. Questo fa di me una persona cattiva? Forse.” Disse scuotendo le spalle.

“Non sono la persona adatta ad esprimere giudizi morali. La mia offerta resta valida anche se Charles ritiene che tu debba scegliere per conto tuo.”

“Fa davvero male. Non stavo esagerando.”

“Neanche io. Sono in grado di sopportarlo.”

“Non voglio.” Disse lei portando la sigaretta alle labbra e guardandolo di sbieco. Erik sorrise.

“Bastava dirlo subito. Io rispetto oltre ogni cosa il libero arbitrio.” Alzò le mani lasciando la sigaretta in bilico tra le labbra. Tessa lo trovò bello. I muscoli delle braccia e del petto si distinguevano nitidamente sotto la maglia mentre le vene del collo sparivano sotto al mento deciso. Gli occhi sottili sembravano più scuri del solito e quel colore gli dava un’aria meno gelida. Tessa gli sorrise. Gli fece un vero sorriso.

“Humor inglese?” Chiese mentre lui recuperava la sigaretta.

“Tedesco. In genere non sono il tipo che fa ridere la gente. Qualcuno apprezza il mio fascino però.”

“Oh, ne sono certa.”

“Non fare la maliziosa.”

“Non lo faccio. Lena ti trovava molto attraente.” Erik camminò fino al cornicione e vi salì. L’aria fresca della notte lo colpì in pieno petto.

“Lei era molto attraente. Tu lo sei. Ho detto a Charles che mi sei indifferente ma la verità è che ti detesto.” Tessa guardò la sua figura stagliata contro il cielo nero di Parigi.

“Perché le somiglio?”

“Perché so che non sei lei ma il mio corpo si rifiuta di accettarlo. Ho amato Lena più di chiunque altro al mondo. E nonostante questo, l’ho rimpiazzata. Con Emma prima e con Raven poi. Non me ne vergogno. Era sempre lei che avrei voluto ma ero troppo debole per accettare il vuoto che aveva lasciato. E lo sono anche adesso. Forse se mi facessi del male, potrei odiarti di più.”

“Non sono Lena e credo che mi odi già abbastanza.” Erik si voltò e le tese una mano come ad invitarla a salire sul cornicione con lui. Lei scosse la testa in segno di rifiuto.

“La tua diffidenza mi uccide!” Esclamò lasciandosi cadere all’indietro. Tessa gridò nel vederlo cadere. Corse a guardare oltre il cornicione mettendo le mani sul parapetto e sporgendosi in fuori.

Erik se ne stava disteso con le braccia incrociate sul petto a galleggiare in aria. Tessa sospirò.

“Che gran bastardo sei.”

“Verissimo,” disse levitando fino al terrazzo e riprendendo la posizione verticale, “ma ora sai qualcosa in più di me.”

“Che ti piace bluffare?” Erik le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio.

“Puoi giurarci.” Lui la sopravanzò e sparì nel buio della tromba delle scale.

Tessa guardò la luna.

“Domani andrà bene. Cambieremo il futuro di Lena. Andrà bene.”

Si strinse nella giacca e recuperò le sigarette dal cornicione prima di tornare in camera sua.

 

  
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