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Autore: FunnyPink    10/08/2009    14 recensioni
-Tesoro sta piovendo-risi ancora
-vieni- lo invitai
-ma ti bagnerai tutta- non riuscivo a non smettere di ridere, della sua espressione incuriosita, mentre lentamente uscii e presi a scendere le scale e una volta davanti al salotto ripetei ancora
-vieni- e allora lì, completamente sotto la pioggia, allargai le braccia, e gettai la testa all’indietro, chiudendo gli occhi, lasciando che ogni goccia di pioggia mi prendesse appieno.
Anche la pioggia, che tanto avevo odiato, faceva adesso parte della mia serenità.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’inverno non era più inverno per me, come l’estate non era più estate, il vento non era più che una carezza, e la pioggia nie

Pioggia

 

 

 


Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita
.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.


Ascolta, Ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani

ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.


(Dannunzio Pioggia nel Pineto)

 

 

 

L’inverno non era più inverno per me, come l’estate non era più estate, il vento non era più che una carezza, e la pioggia niente di più che un leggero scorrer d’acqua sulla mia pelle.

La mia pelle era ormai immune alle stagioni, potevo percepire anche le differenze di mezzo grado del tempo e di qualsiasi cosa che mi trovassi davanti, ma non erano più un problema, potevo andare a giro anche in costume da bagno in qualsiasi stagione, mio marito sicuramente sarebbe stato estasiato della visione, ma dato che dovevamo tenere sempre un basso profilo, non c’era permesso fare queste bizzarre esperienze.

Un tempo guardare dalla finestra di casa mia, in una delle solite giornate di pioggia di Forks, mi avrebbe scatenato uno sbuffo distratto di noia, e diffidenza, il dovermi imbacuccare completamente per non prendere troppa umidità, altrimenti avrei rischiato di ammalarmi, e dovermi fare una doccia più di una volta al giorno, mi avrebbe innervosito.

Un tempo…sembrava passato così tanto, non potevo credere di essere una Vampira da soli due mesi, è come se fossi nata per esserlo, la mia vita aveva peso un tono così alto, così perfetto, che solo poche cose riuscivano a scalfirlo, il sorriso illuminava sempre il mio pallio volto, la serenità che mi portavo dietro contagiava tutta la famiglia, tanto che passavo molto tempo in compagnia di Jasper, il quale inconsapevolmente, era attratto dal mio umore.

Ero rinata vampira.

E adesso quella pioggia, non scatenava più le stesse emozioni, stavo sorridendo. Sorridevo, con il volto a un palmo dal vetro della casa della mia famiglia, casa Cullen.

Sorridevo guardando il cielo di varie sfumature di grigio, le nuvole cariche si aggrovigliavano tra loro, e sembravano passate con un pennello, dove la mano di un pittore si era trovato a giocare a intrecciare tutte le tonalità che riusciva a creare facendo strani movimenti di polso, cerchi e torsioni, fino a creare le vaporose nuvole del nostro paesaggio.

Più in basso spiccavano verdi foreste: verdi lucenti, verdi sbiaditi, verdi scuri e qualche tronco grigio scuro, pochi alberi con ancora delle temerarie foglie colorate, che vibrano a ogni brezza del vento. E l’acqua che scendeva lenta, e che rendeva ogni piccola superficie lucida  bagnata.

Un tempo mi sarei lamentata, “è tutto bagnato e verde” avrei detto, “quasi alieno”.

 

Mentre stavo osservando tutto ciò che i miei occhi riuscivano a percepire, nel mio mondo, nella mia casa, la mia famiglia stava intrattenendo nel salotto. Mio marito stava suonando il piano, la melodia la conoscevo era stata composta per nostra figlia, era allegra e squillante, e ricordava i suoi movimenti e i suoi giochi; jasper e Emmett stavano giocando a scacchi, se giocavano insieme era possibile vedere un’intera partita, senza lamentele per imbrogli contro chi leggeva le mosse, o le prevedeva; Carlisle era seduto con un libro in mano; mentre Esme stava mostrando ad Alice e Rosalie alcuni dei suoi progetti sul tavolo della sala, poco lontano da noi; mia figlia stava invece dormendo nella vecchia stanza di Edward e con lei stava Jacob.

Questo era il mondo, ed era perfetto, mio padre ne faceva parte, così come Jake e gran parte del branco, avevo mio marito e mia figlia, ancora certe volte non credevo che fossero davvero miei. Tutto era perfetto.

E allora sospirai, estasiata.

Le note del piano si fermarono a metà di un movimento molto veloce, e quando cessò tutti se ne accorsero e si voltarono verso di lui. Ma lui osservava me, perché poco dopo mi chiese.

-Cosa c’è tesoro, sei triste?- aveva sicuramente scambiato il sospiro per tristezza. Quando venne accanto a me e io mi voltai verso di lui, però, trovò sul mio viso tutt’altra espressione, stavo sorridendo. Mi guardò alzando un sopracciglio. Non potei fare a meno di ridere della sua espressione, le note della mia risata, cui non ero ancora abituata risuonarono allegre, nella quiete della casa.

Feci un passo avanti, mi allungai sulle punte, e gli diedi un bacio. Quando scesi e lo guardai nuovamente, sorrideva anche lui, con quel suo sorriso sghembo che mi avrebbe eternamente incantata. Camminai lentamente a passo umano, lungo la vetrata del salotto, fino a ritrovarmi sulla porta, e lentamente la aprii.

Rimanendo sulla porta guardai verso Edward.

-Tesoro sta piovendo-risi ancora

-vieni- lo invitai

-ma ti bagnerai tutta- non riuscivo a non smettere di ridere, della sua espressione incuriosita,  mentre lentamente uscii e presi a scendere le scale e una volta davanti al salotto ripetei ancora

-vieni- e allora lì, completamente sotto la pioggia, allargai le braccia, e gettai la testa all’indietro, chiudendo gli occhi, lasciando che ogni goccia di pioggia mi prendesse appieno.

Anche la pioggia, che tanto avevo odiato, faceva adesso parte della mia serenità.

Sentii rapidi passi raggiungermi, e tiepide braccia cingermi la vita e abbracciarmi, mentre la testa andava ad appoggiarsi al suo petto, e le sue labbra raggiungevano la mia tempia, sentii che il tempo, che per me aveva perso ogni valore, avrebbe dovuto fermarsi adesso, era questo l’attimo giusto, l’attimo per cui valeva la pena vivere una vita intera o l’eternità.

Le gocce di pioggia si posavano lungo il mio volto, lungo i capelli, ormai quasi fradici, sul mio collo e scendere giù sotto la magliettina, molto poco invernale, nell’incavo dei seni. Sentii mio marito mugulare, deliziato.

Sentii, altri passi avvicinarsi trotterellando sul prato.

-Hei sorellina, ti fa ha fatto proprio male diventare vampira- disse Emmett ridendo, aprii gli occhi, guardai il volto di Edward, e poi mi volsi verso Emmett, e Jasper che ci avevano raggiunti, anche loro incuranti della pioggia. In quel momento Jasper fece un salto dando una pacca in testa al fratello. Ne nacque una dello loro numerose lotte, ridendo e scherzando, correvano sotto la pioggia come due bambini.

Rimasi a fissarli, dalla dolcezza dell’abbraccio che ancora mi cullava.

-si rovineranno tutti i vestiti- sentii pronunciare sulla porta di casa, dalla squillante voce di Alice, che però dopo un sospiro rassegnato, volò con noi nel prato, raggiunta, con mia sorpresa, anche da Rosalie, le due cominciarono a volteggiare nel prato, ballando una melodia tutta loro, mugolata solo con la bocca. L’armonia dei loro movimentale le faceva somigliare due splendide Driadi, che giocano.

Le guardai estasiata, poi rialzai ancora lo sguardo verso l’alto, sul volto magnifico di mio marito che sporto in avanti, osservava un po’ i suoi fratelli, un po’ la mia espressione. Mi sorrise, in un modo che se fossi ancora umana, avrebbe fatto battere il mio cuore all’impazzata. E lentamente mi regalò un intenso bacio.

Nell’estasi del momento, fummo raggiunti della voce di mia “madre”, ormai è come se lo fosse, Esme con voce soave ci ricordò

-ricordatevi di levarvi le scarpe prima di rientrare- sorrisi poi quando la sentii gridare

-Aaah, no amore mettimi giù- Carlisle, ne aveva approfittato, e aveva preso la moglie di peso, portandola con noi sotto la pioggia, mentre il volto di lei sembrava severo, quello di lui, così giovane, poco più vecchio di me, del mio “padre” vampiro, sorrideva, abbracciando la moglie.

Armonia

Fu in quel momento che inspirai profondamente, facendomi raggiungere da tutti gli odori della natura. Sentii distintamente, ma non ci feci caso, l’odore di piccoli animali, nascosti sotto gli alberi e tra le fronde, per proteggersi dal temporale, ma non mi fecero alcun effetto. Sentii l’odore dell’erba e della terra umida, fresca e frizzante, avvolgermi, sentii in maniera distintamente il profumo dei cedri, dei pini, e degli alberi che tutto intorno, grazie alla pioggia emanavano un’aroma intensa, rilassante, mi sentii come in un bagno, avvolta da mille fragranze, cullata dalla pioggia e dall’atmosfera familiare.

Le due braccia che mi avvolgevano, si sciolsero, e mi volsero.

Incontrai ancora gli occhi estasiati si mio marito, la pioggia ci aveva completamente zuppati, i miei vestiti aderivano perfettamente, i miei capelli era spiaccicati sul collo e grondanti. Ma la sua visione fu ancora per me una sorpresa, ogni volta che lo guardavo, mi perdevo, la sua camicia, stropicciata e di una tonalità più scura per il bagnato, era aderente al suo corpo, che più di una volta avevo paragonato a un dio greco, i capelli, scompigliati, erano ormai ciuffi grondanti, il tutto tra due occhi ambrati e una fila di denti perfetti e abbaglianti, tra le due labbra piene.

-Questa leggiadra ninfa, accetterebbe l’invito di un’umile creatura?- mi chiese con voce maliziosa e sognante.

-A una condizione, bel satiro, dovrai prima prendermi- sorrisi e in un attimo partii, attraverso il bosco, arrivando a ricoprire in pochi attimi km di strada. Correvo e giocavo, girando intorno ad alberi, saltando cespugli, e aggrappandomi ai rami, sentivo Edward ridere subito dietro di me, che correva invece sempre dritto. Con un tempo calcolato, mi raggiunse, stringendomi ancora tra le braccia, alla vista di una casetta, la nostra casetta.

-la ninfa, ha perso- mi sussurrò

-il satiro, ha forse barato?-

-no creatura dei boschi, il mio onore è integro-

-ne sei veramente sicuro?-lo stuzzicai ancora

-si, e di grazia adesso vorrei il mio premio-disse avvicinando la bocca al mio collo, e sfiorandolo col naso, prima di baciarlo

-e sia satiro. Hai già deciso quale sarà il premio?-

-Ho una certa idea- disse, sentii il respiro irregolare di una risata dietro il mio orecchio, quando le sua labbra, lasciarono baci, lenti e infuocati che scesero dal collo alla clavicola, giù fino collo della maglietta, le mani mi cingevano i fianchi, accarezzarono i lembi i pelle scoperta, ogni tocco risvegliò ogni singolo nervo del mio corpo.

Mugolai, non potendomi trattenere, e risposi

-credo di essere interessata- mi prese delicatamente tra le braccia e mi sollevò come se fossi piuma, portandomi verso le mura del nostro, più piccolo, segreto, e privato mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi, è venuto un piccolo temporale, e nonostante il mio umore fosse un po’ triste, si alzasse un’afa incredibile per il caldo e l’umidità, ho sorriso, e mi son alzata e ho fatto due passi sotto la pioggia, ho tolto, gli occhiali e ho cominciato a volteggiare, e in quel momento ho pensato a quella magnifica poesia di d’Annunzio.

Eggià!!

Gli scrittori famosi, non sono tutti barbosi, come si pensa, certe volte tra i banchi di scuola… anche io l’ho pensato tante volte…

Ma questa…questa poesia è particolare, regala la freschezza di una pioggia, ti regala le sensazioni del rumore della pioggia, dei profumi.

E sull’onda dei ricordi e delle sensazioni dell’acqua che ho preso oggi, ho scritto questa ff, senza troppe pretese, solo perché mi andava.

Spero che qualcuno la legga, e che magari la apprezzi, oppure critichi il mio stile, tanto lo faccio già da sola.

Con la speranza, di vivere un giorno nella mia ff, vi saluto come fa un vero folletto.

 

Se noi ombre vi siamo dispiaciuti,

immaginate come se veduti

ci aveste in sogno, e come una visione

di fantasia la nostra apparizione.

Se vana e insulsa è stata la vicenda,

gentile pubblico, faremo ammenda;

con la vostra benevola clemenza,

rimedieremo alla nostra insipienza.

E, parola di Puck, spirito onesto,

se per fortuna a noi càpiti questo,

che possiamo sfuggir, indegnamente,

alla lingua forcuta del serpente.

ammenda vi farem senza ritardo,

o tacciatemi pure da bugiardo.

A tutti buonanotte dico intanto,

finito è lo spettacolo e l’incanto.

Signori, addio, batteteci le mani,

e Robin v’assicura che domani

migliorerà della sua parte il canto

 

Puck - Shackespeare sogno di una notte di mezza estate.

   
 
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