Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: steffirah    30/04/2020    0 recensioni
Dopo essere atterrati in un mondo in cui, per poter ottenere la piuma di Sakura, bisogna completare un gioco, ecco che i protagonisti finiscono catapultati in un'altra dimensione, in cui, col recupero della piuma, ci sarà anche altro che verrà ritrovato.
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[Basata sui temi del "Tsubasa Month" di maggio: Day 19 Video Games + Day 25 Non-CLAMP Crossovers]
[Cross-over con Kingdom Hearts]
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane, Mokona, Sakura, Syaoran
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Many worlds, one sky






 
進めコイゴコロ
迷わずに君の元へ
夜も昼も花も
嵐もきっと
踏み越えて

 
- “Aikoi” -
 






Da quando erano atterrati in quel mondo, avevano compreso che c’era un unico modo per poter ottenere la piuma dei ricordi di Sakura: ossia, giocare a quello che lì veniva chiamato “videogioco”.
Nessuno di loro ne aveva mai sentito parlare, quindi non avevano alcuna idea di cosa dovessero fare, come lo dovessero fare. Non potevano sapere quanto potesse essere pericoloso, e non potendo mettere vanamente a rischio le vite di tutti Syaoran decise di occuparsene lui stesso.
Fay e Kurogane non ebbero tanto da ridire, quanto invece Sakura. Era preoccupatissima, sperava non compiesse alcuna pazzia, ma lui le garantì che in un modo o nell’altro sarebbe riuscito in quella nuova impresa e avrebbe recuperato la sua piuma.
Dinanzi a quella promessa lo aveva guardato indecisa, quasi ci fosse altro a preoccuparla. Eppure ormai doveva averlo capito, che per lui non c’era nulla di più importante di farle tornare i suoi ricordi. E che per questo si sarebbe anche gettato nel fuoco – situazione, talvolta, già capitata. Nulla lo avrebbe fermato, per farla tornare com’era una volta. Per restituirle tutta la sua anima, ricostruire tutto il suo cuore. Anche se, alla fine di quell’avventura, non lo avrebbe donato a lui.
Ed ecco come era finito seduto davanti ad un televisore e una consolle, con un joystick tra le mani, la principessa seduta alla sua sinistra, Kurogane alla sua destra e Fay e Mokona affacciati alle sue spalle, a fare il tifo per lui.
Il gioco in questione si chiamava “Kingdom Hearts” e consisteva nel seguire le avventure del protagonista, Sora, viaggiando attraverso diversi mondi per poter combattere l’oscurità con la luce, attraverso un’arma chiamata “Keyblade”. Parzialmente, sembrava vicino al loro viaggio, ecco perché non gli risultava del tutto difficile immedesimarsi in lui. D’altronde, era anche curioso di vedere i mondi che il gioco avrebbe offerto.
I controlli, una volta appresi, non erano molto difficili da manovrare, quindi stava andando avanti nella trama in maniera piuttosto spedita, talvolta rispondendo ai suoi compagni di viaggio quando facevano determinati commenti o seguendo i loro consigli. Soprattutto quelli di Fay, che sembrava divertirsi più di tutti, e quelli di Mokona, che seppure non ci avesse giocato aveva almeno un’idea generale di cosa fosse una PlayStation e come funzionasse il gioco.
Kurogane sembrava non capacitarsi di quella tecnologia, ma un po’ gli ricordava i volumi animati del “Maganyan” che aveva acquistato a Piffle; Sakura ne era altrettanto affascinata, seguiva la storia con concentrazione ed interesse.
Ad un certo punto, capendo che non c’era assolutamente nulla di rischioso, Syaoran si voltò verso di lei, proponendole: «Hime, vuole fare un tentativo?»
Lei lo fissò a bocca aperta, guardando poi il joystick con aria indecisa.
«E se… se sbagliassi qualcosa?» indugiò, esitante.
«Non importa, si può sempre rifare», le garantì e lei, in qualche modo, parve convincersene.
Lo guardò risoluta, ma il ragazzo non fece in tempo a passarglielo che Mokona gli esclamò in un orecchio, in tono perforante: «Ah! Syaoran ti dice di premere triangolo! Muoviti muoviti!!»
Agitato lo premette rapidamente, ma non appena voltò lo sguardo verso lo schermo per capirne la ragione ecco che fasci di luce uscirono fuori da esso; si avvolsero attorno ai loro corpi, quasi legandoli come corde fluorescenti, e li attrassero verso il televisore. Non potettero fare nulla per resistervi, ma d’altro canto non ci provarono neppure: forse era esattamente quello, ciò che andava fatto per poter raggiungere il loro obiettivo. Rimasero pertanto tutti concentrati, mantenendo i sensi all’erta.
Quando la luce bianca sparì, Syaoran fu il primo a riprendere coscienza. Si guardò intorno, notando di star galleggiando in una zona completamente buia, nera come l’inchiostro. Non c’era ombra alcuna dei suoi compagni. Né della principessa.
La chiamò a gran voce, sperando che dovunque fosse potesse sentirlo e rassicurarsi. Il suo nome echeggiò fino ad una distanza ignota, quasi sembrando estendersi all’infinito. Continuò a cercarla in tutte le direzioni, chiedendosi in che luogo fossero finiti, finché la sua attenzione non fu attratta da una voce cristallina, che sembrava lontanissima.
«… ran-kun… Syaoran-kun…»
«Hime!» esclamò, riconoscendola.
All’improvviso la voce della fanciulla si fece più forte, quasi stesse fluttuando verso di lui; e allora la vide, che gli volava incontro, con espressione sollevata. Ricambiò con un sorriso e aprì le braccia, pronto ad accoglierla come al solito, ma quando finalmente gli era vicina scomparve nel suo abbraccio.
Il ragazzo rimase pietrificato. Era certo di averla percepita, materialmente, per qualche istante; ma quasi contemporaneamente si era sollevata una brezza dall’origine ignota, che sembrava averla spinta maggiormente contro di lui… facendogliela passare attraverso e dissolvere nel nulla.
Era sparita, eppure la sentiva ancora vicina. Si portò una mano all’altezza del cuore, sentendolo dolergli.
Nello stesso istante apparve una nuova luce, proveniente dal basso, dai riverberi smeraldini. Abbassò lo sguardo, vedendo una sorta di cerchio prendere forma sotto i suoi piedi. Quando la luce affievolì, vide se stesso dormiente. C’erano diversi cerchi attorno alla sua figura, ed erano riempiti da suo padre, Sakura, e i suoi compagni di viaggio.
Osservò il resto di quella vetrata verde, traslucida, notando che sulla circonferenza ci fossero libri e pagine. In alto a destra, nell’oscurità, apparve improvvisamente una scritta in caratteri digitali: “Stazione del cuore”.
Quindi quelle erano le cose e le persone più importanti per lui? Quelle che albergavano nel suo cuore?
Sospirò, rendendosi conto che a nulla serviva ragionare in quel momento. Doveva dare la precedenza al ritrovamento di Sakura e degli altri, per poter portare a termine il suo compito. Per poter realizzare il suo desiderio.
Proprio allora sobbalzò, vedendo comparire dal nulla Mokona, la quale prese forma davanti ai suoi increduli occhi mentre esclamava un acuto “Puuuh!”.
«Mokona! Stai bene?»
Allungò una mano e lei balzò sul suo palmo, facendo un saltello e sbattendo le orecchie.
«Io sì! Sono contenta di vedere che anche tu sei salvo, Syaoran. Dove sono gli altri?»
Scosse la testa, mogio. Doveva capire in fretta come spostarsi, e forse una risposta poteva essergli data proprio da lei.
«Mokona, come sei arrivata fin qui?»
«Mmm…» Piegò la testa su un lato e si portò una zampa al viso, ponderando la risposta. «Non lo so», ammise, spiegando: «Vi stavo cercando, e dato che ho avvertito la tua presenza come la più vicina ho desiderato incontrarti. E sembro essermi teletrasportata qui. Avverto anche Sakura, ma non la vedo».
Il giovane serrò le labbra e annuì, comprendendo. Quindi bastava desiderarlo.
«Sakura-hime era qui», confermò, e la sua voce quasi si spense nell’aggiungere: «Ma sembra essersi dissolta nell’aria…»
Si aggrappò alla sua determinazione per non arrendersi, concentrandosi sulle immagini dei suoi compagni. Pensò intensamente a quanto volesse ritrovarli, chiudendo gli occhi, e per qualche ragione percepì uno strano formicolio alla mano, insieme ad uno sconosciuto calore. Riaprì le palpebre, vedendo che qualcosa stava prendendo forma in essa. Quando fu completa la riconobbe come una di quelle Keyblade, con un motivo simile a fiamme scarlatte. Se la rigirò nella mano, stupito di quanto fosse leggera e facile da maneggiare. Sull’elsa c’era inciso un piccolo lupo, avvolto da spire di fuoco.
Seguiva poi una specie di catena, cui era attaccato un ciondolo. Si trattava di un fiore di ciliegio, di un rosa brillante.
Serrò le dita attorno all’arma, capendo più o meno cosa dovesse fare, avendolo visto fare da Sora. Saltò pertanto in aria, tornando a galleggiare, e puntò il Keyblade precisamente verso il suo cuore. Una luce si irradiò da esso, avvolgendo totalmente la sua stazione. E quando scomparve, i due si ritrovarono in una nuova stazione.
«È quella di Kurogane!» la riconobbe Mokona.
Ripeté la stessa azione con lui, mirando al suo petto. La stazione del ninja era rosso rubino, e conteneva meno elementi rispetto alla sua. C’erano solo tre persone attorno a lui, due donne, una giovane – che supponeva essere Tomoyo-hime – e una adulta, e un uomo; lui gli somigliava particolarmente, ma non aveva idea di chi potesse essere. E si disse, a conti fatti, che fosse meglio non indagare.
Quando anche Kurogane prese forma, questi non ebbe il tempo di formulare domande che Mokona gli saltò sulla faccia, esprimendo tutta la sua felicità.
Si ritrovarono subito tutti e tre in un’altra stazione, stavolta blu zaffiro; essa era quasi spoglia, escludendo dei cristalli tutto attorno e tre figure: una donna, un uomo e un bambino. Quest’ultimo, sembrava essere una versione più infantile di Fay.
Anche qui Syaoran ingoiò tutte le sue domande e ne risvegliò il cuore col potere del Keyblade.
Dopo che fu comparso anche lui al loro fianco e chiese cosa fosse successo, non ricordando nulla da quando il ragazzo aveva premuto quel tasto, Syaoran e Mokona sintetizzarono quello che avevano vissuto.
Non appena smisero di parlare Syaoran serrò le labbra, parzialmente frustrato. Perché non gli appariva il cuore di Sakura? Perché lei non era con loro? E perché, nonostante tutto, gli sembrava che lei fosse ancora al loro fianco?
Confuso, guardò sotto di sé, sperando di vedere apparire la sua stazione, mentre i suoi compagni di viaggio esprimevano varie supposizioni su cosa potesse essere accaduto nel momento in cui si era dissolta; ma ecco che il suolo divenne simile ad una pozza d’acqua scura, in cui tutti sprofondarono, fino a quasi perdere coscienza.
A distanza, verso la superficie, si scorgeva tuttavia un bagliore più azzurrino, per cui allungarono una mano, sperando di raggiungerlo in qualche modo.
Quando riaprirono gli occhi si trovavano stesi sulla sabbia. Inevitabilmente Syaoran si chiese se non fosse tornato nel Regno di Clow, ma dopo che sbatté le palpebre, proteggendosi gli occhi dagli abbaglianti raggi del sole, e si sollevò col busto, si rese conto che non poteva essere. I loro piedi erano lambiti da flebili onde, dal suono calmante. Un mare verde acqua e un cielo turchese sembravano estendersi fino ai confini del mondo, mentre una linea all’orizzonte era tracciata da soffici nuvole bianche. Alla loro sinistra c’era una sorta di promontorio e un ponte in legno che conduceva ad un altro isolotto, mentre alle loro spalle sorgeva una montagnetta ricoperta da alberi e piante esotiche con strani frutti. Alcuni sembravano gigantesche noci di cocco, mentre altri somigliavano a grosse stelle gialle. Proprio dietro di loro scrosciava una sottile e bassa cascata, fino ad una piccola gola.
Il clima era mite e temperato, più piacevole rispetto al caldo torrido del Regno di Clow. Kurogane, una volta alzatosi e scrollatosi la sabbia di dosso – dopo aver abbaiato contro Mokona per avergli buttato altra sabbia tra i vestiti, infilandovisi per dispetto –, parve adeguarsi subito alla temperatura, togliendosi il mantello. Fay, dal suo canto, quasi non si spogliò del tutto e si sventolò con una mano, lamentando: «Che caldo…»
Syaoran si mise a sua volta in piedi, liberandosi anche del suo mantello, e se lo piegò distrattamente su un braccio. Rivolse loro uno sguardo eloquente, ma non fece in tempo a pronunciarsi che fu interrotto da un’altra voce.
«E voi chi siete?»
Si voltarono verso l’interno di quell’isola, scoprendo un ragazzo che riconobbero immediatamente, con quei suoi occhi blu come il cielo e quei spigolosi capelli castani: era Sora, il protagonista del gioco. Quindi erano finiti nel gioco? Non era stata Mokona a portarli lì, ma forse la piuma stessa?
Mokona rispose per tutti, presentandoli allegra, e non appena Sora rivolse loro un sorriso facendo altrettanto Fay si affrettò ad aggiungere: «Per caso hai visto una ragazza con gli occhi verdi e corti capelli biondi?»
L’isolano piegò la testa su un lato e rifletté, portandosi una mano al mento. «Mmh… occhi verdi… Intendete Selphie?»
I quattro si scambiarono uno sguardo confuso, prima di scuotere la testa.
«Il suo nome è Sakura», spiegò Syaoran. «Più o meno indossa abiti simili ai nostri.»
«In tal caso no, mi dispiace. Siete gli unici stranieri che ho incontrato.» Dato che li vide abbattersi, subito aggiunse con positività: «Però possiamo provare a parlarne con gli altri! Forse ne sanno di più!» Si portò le mani dietro la testa, rivolgendo loro un ghigno enorme. «D’altronde, saranno contentissimi di fare la vostra conoscenza.»
Detto ciò si avviò davanti a loro, scortandoli, e nel breve tragitto verso la baracca in legno indicò loro diverse zone dell’isola, a mo’ di guida turistica. Una volta entrati trovarono una ragazza dai capelli rossi intenta a intrecciare dei braccialetti, un’altra dai lunghi capelli biondi che disegnava su un block-notes e un ragazzo dai capelli argentei che osservava quel che quest’ultima faceva. Pur senza conoscerli, li riconobbero tutti: Kairi, Naminé e Riku.
«Ohi Sora, dov’eri finito?» chiese il suo amico, mentre tutti e tre sollevavano lo sguardo al loro ingresso, osservandoli curiosi.
«Scusate se ci ho messo un po’, ma ve lo avevo detto che avevo visto qualcosa a riva no? Ta-dan, sono delle persone! E un…»
Indugiò, fissando incerto Mokona, ora posata sulla sua spalla.
«Mokona è Mokona!»
«Una Mokona», concluse, indicandola con allegria.
Gli altri tre si alzarono per presentarsi e i viandanti fecero altrettanto. Sora divenne poi subito serio, aggiungendo: «Sembra che abbiano perso una loro amica. Dicono che sia una ragazza che si chiama Sakura. Voi l’avete vista?»
Non dovettero pensarci neppure per negare, con le due ragazze che si dispiacquero per questo.
Syaoran serrò i pugni, rimuginando. Se neppure loro che abitavano lì l’avevano vista, allora forse davvero era finita in un altro mondo…?
«Non preoccuparti, Syaoran.» Sollevò lo sguardo verso Sora, che gli aveva appena posato una mano sulla spalla, guardandolo con sicurezza. «Riusciremo a trovarla.»
Anche gli altri annuirono con la stessa certezza e il giovane finalmente sorrise, ringraziandoli.
«Perché non proviamo a controllare sull’isola principale?» propose Riku, ricevendo un assenso generale.
Uscirono pertanto di lì, dividendosi nelle tre barche con cui i quattro ragazzi usavano recarsi sull’isolotto. Kurogane salì su quella di Riku, raccontandogli in maniera breve e secca dei vari mondi in cui erano stati, finché alla fine non sbottò, indicando Syaoran: «Se ti interessano tanto gli altri mondi chiedi al ragazzo».
Riku lo guardò con quella che sembrava un’aria speranzosa, e immediatamente Kairi si intromise: «Oh, ma anche noi vorremmo sentire storie di altri mondi!»
Si scambiò un’occhiata consapevole con Sora, il quale ammise ammiccando: «Naturalmente!»
«Posso parlarvene anche io!» si intromise Mokona, con fare da star.
«E quando ti stanchi possiamo fare a cambio io e Syaoran-kun», concluse Fay che pure navigava con le due ragazze, remando lui stesso.
Rivolse un’occhiata condiscendente a Syaoran, che lo ringraziò con un sorriso, prima di spostare lo sguardo verso l’infinito mare. A breve distanza si vedeva un’isola più grande, con una catena montuosa, tanta natura e una cittadella con le case dai tetti rossi.
«Quella è la nostra casa», spiegò Sora, guardando l’isola con una certa nostalgia.
Da quel che aveva capito dal gioco, il suo compito lo portava spesso lontano, separandolo persino dai suoi più cari amici. E dalla persona più importante per lui. Parzialmente, Syaoran poteva capire come si sentisse, sebbene lui non si sentiva in grado di dire di avere una vera e propria casa… il Regno di Clow lo era, solo perché lì c’era Sakura. Lei era l’unica persona che potesse considerare una famiglia, l’unica che gli era rimasta, dopo la morte di suo padre. Casa era dove era lei, e ora… senza di lei, per lui non c’era più nulla.
Arrivati a destinazione si girarono l’isola in lungo e in largo, ma non sembrava esserci traccia della principessa. A quel punto Sora e i suoi amici contattarono persone che conoscevano in altri mondi, chiedendo se avessero ricevuto visite lì, ma anche così non ottennero alcun responso positivo.
Ben presto calò il crepuscolo, e quel mondo tinteggiato d’azzurro fu spazzato via da pennellate purpuree, che dipinsero il mare di un brillante color rubino.
Dato che cominciava a farsi tardi e non avevano ancora scelto dove dormire Kairi offrì vitto e alloggio nella sua grande dimora, abbastanza capiente per poterli accogliere tutti. Vista l’occasione si fermarono da lei anche i suoi amici e dopo che tutti andarono a dormire, Syaoran, avendo difficoltà ad addormentarsi, si affacciò sul balcone, osservando le numerose stelle nel cielo.
«Si dice che ciascuna stella rappresenti un mondo», mormorò una voce alle sue spalle.
Si voltò di poco, vedendo Sora rivolgergli un breve sorriso, prima di poggiarsi a sua volta alla ringhiera con uno sguardo lontano.
«Mi dispiace se non siamo ancora riusciti a trovarla.»
«Non c’è molto che potete fare», fece notare il viaggiatore, adombrandosi. Si sentiva tremendamente in colpa perché, in un modo o nell’altro, era stato lui stesso a farsela sfuggire tra le mani.
«Invece sì, vi aiuteremo. E ci riusciremo senz’altro. Anche se…»
Fece una pausa, spostando lo sguardo sullo straniero, guardandolo dritto negli occhi.
«Devi essere tu a guidarci.»
«Io?» ripeté Syaoran spaesato. Lui, che non conosceva il posto, né le leggi di quei mondi, né il luogo in cui lei si trovava… Come avrebbe potuto guidarli?
Sora assentì, spiegando: «Ogni volta che sono stato separato dalle persone a me care, ogni volta che le ho perse, ho sempre seguito il mio cuore per trovarle. Perché il mio cuore è connesso al loro, e sicuramente anche il vostro lo è. Quindi dovresti fare lo stesso. Ascolta il tuo cuore».
«Dovrei seguire il mio cuore?» ripeté, non capacitandosene.
«È la chiave che ti guida.»
Gli diede una piccola pacca sulla spalla, tentando di incoraggiarlo, per poi tornarsene nel suo sacco a pelo.
Il mio cuore… la chiave…
Si portò una mano al petto, concentrandosi.
Sakura, dove sei?
Non udì alcuna risposta, eccetto una breve oscillazione nel proprio animo. Quasi il suo cuore avesse appena vibrato.
Rivolse un ultimo sguardo determinato alla notte, con risolutezza. Avrebbe seguito il consiglio di Sora, e provato ad ascoltare il suo cuore.
Quando tornò a letto e chiuse gli occhi, attraverso le palpebre buie vide nuovamente brillare la sua stazione. Si tuffò istintivamente verso l’immagine di Sakura, inginocchiandosi su di lei, sfiorando quel suo splendido sorriso, più luminoso del sole.
«Sakura…» sussurrò. «Ti prego, dammi un indizio, uno qualsiasi per ritrovarti…»
Ci sperò con tutto se stesso, e si rialzò solo quando percepì l’aria cambiare alle sue spalle. Si voltò, vedendo delle scie nere nascere proprio dalla sua ombra, scontrarsi e intrecciarsi, oscillare fino ad entrare in simbiosi, creando una sagoma. Era identica a lui.
Fece un passo indietro, deglutendo a fatica. Stava succedendo di nuovo. Di nuovo vedeva un altro se stesso, di nuovo avrebbe tentato di fargli del male…
Strinse le dita attorno al Keyblade appena apparso nella sua mano, digrignando i denti, risoluto. Non gli avrebbe permesso di offuscare il suo cuore, impedendogli di arrivare a lei.
Così lottò contro di lui, affidandosi a quella nuova arma e alla luce.
Dopo che il nemico scomparve in tanti pulviscoli il cerchio verde si illuminò, frantumandosi in miriadi di piume. Syaoran si risollevò in quello spazio incorporeo, vedendole tramutarsi in decine di candide colombe che volarono via, mostrando al di là del suo il cuore di Sakura. Sora aveva ragione, erano connessi.
Sorrise rincuorato, immergendosi di nuovo. Lei riposava con aria serena, attorniata dalle persone a lei più care: il re, il principe, il sacerdote… e lui stesso. Si bloccò a mezz’aria, restando senza fiato. Sakura non lo ricordava più, però lui continuava ad esistere nel suo cuore. Percepì le lacrime raccogliersi nei suoi occhi, ma non le lasciò sopraffarlo. Se le asciugò prima che strabordassero e puntò il Keyblade verso di lei, liberandola come aveva fatto con gli altri.
Non appena la vide comparire contro la luce la afferrò al volo, scendendo sulla sua stazione rosata. Anch’essa luccicava, ed era circondata dalle sue piume. Dai suoi ricordi.
Le scostò dei capelli dal viso e appena riaprì le palpebre le sorrise dolcemente, mormorando sollevato: «Principessa, vi ho trovata. Sono lieto di vedere che state bene».
Lei sollevò una mano verso il suo viso, sfiorandogli una guancia, sembrando ancora mezza addormentata.
Sorrise a sua volta, con gratitudine.
«Sto bene», confermò. «Grazie per avermi protetta, Syaoran…»
Fece una pausa, azionando un’orchestra di tamburi nel suo cuore. Si morse un labbro, sforzandosi di non tradirsi, e lei esitò solo qualche istante prima di ritirare la mano e aggiungere, impacciata: «… kun».
Il ragazzo mise su il solito sorriso, augurandosi di essere convincente, e sviò la sua attenzione per aiutarla a rialzarsi. Le porse una mano e lei la prese, stringendo le dita attorno alle sue.
«Torniamo dagli altri?»
Annuì prontamente e lui non attese un secondo, prima di far scattare una specie di varco variopinto, simile ad una serratura.
Quando riaprì gli occhi in quella stanza color crema la luce del giorno filtrava attraverso le finestre, e percepiva un familiare calore contro il suo corpo. Chinò lo sguardo, vedendo Sakura dolcemente accoccolata contro di lui, con un viso pacato, come se fosse pienamente a suo agio. Si rilassò per lunghissimi attimi, carezzandole i capelli, finché non la sentì stirarsi. Si stava ridestando.
La lasciò, posandola di lato per mettersi seduto, e si guardò intorno. Non c’era più nessuno, forse erano già tutti svegli.
Sakura mormorò qualcosa di incomprensibile in dormiveglia, mettendosi a sua volta seduta mentre sbadigliava e si stropicciava gli occhi.
Le augurò buongiorno e lei biascicò altrettanto, con la testa penzolante. Ridacchiò sottovoce, pronto a proporle di riposare ancora se non si sentiva in forze, sennonché proprio in quel momento irruppero nella stanza i loro compagni di viaggio, con Mokona che le balzò addosso esclamando un prolungato: «Sakura!»
Anche Fay le si approcciò, inginocchiandosi dinanzi a lei, chiedendole come stesse, e Kurogane si arrestò a poca distanza, mostrandosi tuttavia altrettanto apprensivo.
Notando gli abitanti del loco affacciati dalla porta Syaoran si mise in piedi e raggiunse Sora, per ringraziarlo di cuore.
«È merito tuo se sono riuscito a trovarla.»
«Ma io non ho fatto nulla», ribatté l’isolano, confuso.
«Mi hai guidato verso la direzione giusta», spiegò, portandosi una mano al petto.
Lui sgranò gli occhi, comprendendo, e sogghignò con contentezza.
«Siamo lieti che si sia risolto tutto», si fece portavoce di tutti Riku, osservando la scena rasserenato, insieme alle due ragazze che ne stavano a loro volta gioendo.
Syaoran tornò da Sakura per poterglieli presentare. Loro fecero subito amicizia con lei, soprattutto Kairi e Naminé, che prestarono anche a lei abiti nuovi per farla stare più a suo agio.
Dopo una colazione a base di frutta e dolci dai nomi bizzarri tornarono sull’altra isola, dove furono presentate loro anche altre persone. Erano tutti amici di Sora. E con tutti giocarono sulla spiaggia, con la sabbia, l’acqua, rincorrendosi o gareggiando. Sora e Riku se la spassarono particolarmente duellando contro Kurogane, mentre Syaoran ascoltava interessato le storie che Kairi e Naminé stavano raccontando a Sakura. Le loro storie. E per un attimo si domandò se a lui stesso non era appena successa una cosa simile, se anche Sakura non avesse semplicemente dormito nel suo cuore nel momento in cui era scomparsa, stando con lui per tutto il tempo. Anche perché, quando la interrogarono sull’accaduto, lei riuscì unicamente a spiegare, insicura: «So solo che, nonostante fosse tutto buio, mi sentivo al sicuro. Come se fossi cullata e protetta da braccia familiari, avvolta in un piacevole e gentile calore».
«È simile alla percezione che ho avvertito io, quando ero nel cuore di Sora. Forse anche tu hai trovato rifugio nel cuore di Syaoran», suppose Kairi, voltandosi a guardare il ragazzo in questione con un ghigno furbo.
Egli sviò lo sguardo, sentendosi arrossire, e anche Sakura si agitò sulla battigia, mentre le due ragazze ridevano. Le raccontarono poi delle altre vicende vissute insieme, di tutti gli amici che erano riusciti a salvare e liberare, tra cui Naminé stessa. Per qualche ragione, lei era un’esistenza che normalmente non avrebbe dovuto esserci; eppure esisteva, e il suo cuore, un cuore che si era formato da solo, creando un’anima e un’identità a parte, staccata da quella di Kairi, era stato poi inserito in un corpo, da cui aveva preso vita. Syaoran non si spiegava bene il perché, ma assimilò quell’informazione, sentendo che in futuro avrebbe potuto tornargli utile.
Verso il tramonto, dopo aver chiesto a Mokona se avvertisse la piuma e aver ricevuto una conferma, si direzionarono tutti verso tale oscillazione – gli isolani curiosi di capire cosa fosse questa famigerata piuma –, fino a giungere sull’isolotto. La cercarono insieme, per poi trovarla a ridosso di una scogliera, protetta dalle onde del mare. Syaoran la recuperò in fretta, afferrandola senza indugio, ottenendola stranamente con più facilità del solito.
Tuttavia Sakura gli si accovacciò accanto, chiedendogli sottovoce: «Puoi custodirla per un po’? Non mi sento ancora pronta».
Assentì, mettendola al sicuro, e lei lo ringraziò con occhi accesi, tornando dagli altri, i quali non si capacitavano del come dovesse funzionare. Glielo spiegò come meglio aveva compreso, titubando sulla questione dei ricordi, ma parlandone con positività.
«Un giorno, grazie a Syaoran-kun, Kurogane-san, Fay-san e Moko-chan recupererò tutti i miei ricordi. Ne sono sicura.»
Per qualche ragione, Sora e Kairi rivolsero a Syaoran uno sguardo partecipe, per il quale il ragazzo si rimproverò. Sicuramente si era fatto sfuggire qualcosa sul suo volto.
«Sono necessarie le piume per ricordare?» chiese Naminé con tatto, ma la principessa non parve certa della risposta.
Guardò Syaoran, e così fecero tutti. Lui prese un respiro, spiegando: «Non contengono soltanto i suoi ricordi, sono… parti di lei».
Percepiva il suo sguardo fisso su di sé, ma usò tutta la sua buona volontà per non cedere e ricambiare. Si sarebbe sicuramente tradito, e alla fine non avrebbe fatto altro che ulteriore male a se stesso.
Pur consapevole di non poter fare nulla per aiutarla, ma avendo capito per sommi capi la situazione, Naminé decise di tentare una cosa; così prese Sakura per mano e la portò a sedersi ad una certa distanza dagli altri, stando una di fronte all’altra. Sembrò farle qualche domanda, e mentre Sakura rispondeva cominciò ad abbozzare qualcosa sul block-notes che portava sempre con sé.
Non capendo cosa stessero facendo, ci pensò Riku a rispondere ai loro interrogativi.
«Credo stia cercando di rappresentare il suo passato, per poi consegnarglielo, affinché non perdi di vista ciò che è importante.»
«Non funzionerà», decretò oggettivamente Kurogane.
Syaoran chinò il capo, rendendosi conto che la verità faceva ancora male. Ma si era ripetuto tante volte che non importava. Finché Sakura stava bene, non era necessario che lei si ricordasse di lui. L’unica cosa che contava davvero era che lui non la perdesse.
Fortunatamente Fay spiegò la situazione al suo posto, e Sora ne parve amareggiato.
«Non può andare davvero così.»
«È il prezzo che ho pagato», la fece breve il ragazzo, rassegnato.
«Ma non per questo lei non può amarti di nuovo!» argomentò, chiedendo conferma al suo amico. «Ragiono male?»
Riku scosse la testa, dandogli ragione, mentre i compagni di viaggio ammutolirono – tranne Mokona che sotto sotto canticchiava «Lo dico sempre, che si comportano da piccioncini».
Syaoran si sentì le gote in fiamme, e provò a negare quel che sapeva anche lui. Anche ammettendo che in passato piacesse a Sakura, ormai era finita. Non sarebbe mai riuscita ad innamorarsi di lui, perché tra loro ci sarebbe stata sempre l’ombra del suo ricordo. E dato che lui non poteva parlargliene, lei non poteva provare a ricordare, e se anche lo avesse fatto lo avrebbe immediatamente dimenticato… sarebbe sempre stata convinta che la persona per lei più importante, la persona che era stata al suo fianco per sette lunghi anni, era qualcun altro.
Anche stavolta Fay intervenne, dando voce a tutto ciò che il ragazzo pensava, quasi potesse leggere il suo animo. Ciò sembrò crucciare maggiormente i tre isolani, con Sora che non sembrava affatto accettarlo.
«È ingiusto!» sbottò indignato.
Riku sospirò al suo fianco, borbottando: «Lo sai che quando si tratta di pagare prezzi si va sempre a perdere ciò a cui più teniamo».
Un’ombra calò sui loro occhi, prima che quelli di Sora non si accesero di una rinnovata scintilla. Li fissò in quelli di Syaoran, mostrando una rinnovata convinzione.
«Se nemmeno col potere del Keyblade potete essere aiutati, allora non ci resta che una cosa.» Indicò il punto in cui si erano fermate le due ragazze, in particolare il bizzarro albero che cresceva orizzontalmente alla loro destra. «Dovete condividere un paopu!»
Kairi ridacchiò immediatamente, coprendosi la bocca con una mano, mentre Riku lo canzonò, spettinandogli tutti i capelli.
«Ma come siamo diventati romantici!»
«È che voglio si risolva!» strepitò e lo spinse via, facendolo ridere.
Syaoran percepì il suo petto scaldarsi, perché nessuno s’era mai prodigato tanto per la loro causa.
«Sora», lo richiamò, attirando la sua attenzione. «Grazie. Davvero.»
Lui mostrò nuovamente quel suo caratteristico sorriso e Kairi spiegò per lui come funzionasse tale tradizione. Appena finì, quasi si fossero messi tutti d’accordo, si allontanarono di corsa, tirandosi dietro i loro compagni di viaggio.
Rimasto solo, Syaoran si voltò verso Sakura e Naminé, vedendo che quest’ultima si era sollevata, e andava verso di lui con aria contrita.
«Non ho potuto fare molto, ma… ho provato a creare una connessione visiva, tra ricordi della mente e del cuore. Penso dovresti provare a parlarle.»
La ringraziò per il suo altruismo, e lei gli rivolse un minuscolo sorriso, per poi proseguire oltre.
Camminò quindi verso Sakura e si sedette alla sua destra, per affacciarsi su di lei. Aveva le mani strette attorno ad un foglio ben piegato, all’altezza del cuore, gli occhi brillanti fissi sul sole calante, le labbra dischiuse come se fosse in piena contemplazione.
«Hime?»
Si voltò nella sua direzione, e lui per un attimo trattenne il respiro. Gli ultimi raggi del sole carezzarono il suo viso, adornandolo di un alone divino. La sua espressione si ammorbidì, il suo sorriso si addolcì, mentre pronunciava il suo nome… senza alcun onorifico. Divenne ancora più radiosa, mentre aggiungeva: «Posso chiamarti solo “Syaoran”?»
Syaoran si morse un labbro, prossimo a cedere. Avrebbe dovuto negarglielo. Avrebbe dovuto dirle di no, mantenere le distanze, per non farla soffrire, avrebbe dovuto essere meno egoista, pensare di più ai suoi sentimenti e sovrapporli ai propri, ma la sua lingua fu più veloce di lui.
«Certamente.»
«Allora anche tu, chiamami solo “Sakura”!»
«Va bene… Sakura.»
Cedette, col cuore stretto in una morsa. La chiamava “principessa” proprio per ricordare a se stesso che le cose non erano più le stesse. Che lui, per lei, non era più nessuno di importante. Eppure, se a lei faceva piacere, se lei preferiva così… non riusciva a negarglielo.
Il suo sorriso si allargò, quasi l’avesse resa la persona più felice del mondo. Di tutti i mondi.
Si nascose quel foglio in una tasca, dondolando le gambe all’aria mentre tornava a guardare l’orizzonte infuocato.
Per un attimo, gli parve di rivedere lì l’allegra e spensierata Sakura che aveva conosciuto anni prima. Gli parve di vederla tornare bambina. E nel vedere il suo sorriso, si sentì nuovamente stringere tutte le budella.
Lei era davvero calda come il sole.
Guardò di sottecchi il frutto che gli avevano indicato gli isolani, e quasi contemporaneamente sentì lo stomaco della principessa brontolare. La vide portarsi le mani sull’addome, vergognandosi.
«Non vi imbarazzate, è naturale visto che non mangiamo da un po’.»
Lei lo guardò subito imbronciata e lui capì l’errore.
«Ah, volevo dire... non imbarazzarti», si corresse. Dopo tutto quel tempo, ancora non ci aveva fatto l’abitudine. Nonostante tutto, non dimenticava mai che lei era la principessa del suo regno.
«Syaoran, non farti problemi. Ci ho pensato bene», mormorò, facendosi più vicina, guardandolo dritto negli occhi. «Tu mi stai aiutando a ritrovare le mie piume… a ritrovare i miei ricordi, a ritrovare me stessa. So ancora poche cose, che sono una principessa, che prima di viaggiare ero sempre bloccata nel mio regno, com’era il mio popolo e… e come mi sentivo, quando stavo con…» Tacque, chiudendo le palpebre, sforzandosi di ricordare. Con aria dolente, e parzialmente anche mortificata, pronunciò: «Non lo so. Non riesco a vederlo. Non ricordo il suo nome…»
Syaoran trattenne le lacrime, mostrandosi comprensivo e positivo.
«Non vi - Non preoccuparti, sicuramente recupereremo anche questo ricordo.»
Lei rimase con quell’espressione ferita, prima di rivolgergli un sorriso mesto.
«Sei sempre così gentile, Syaoran. Per questo, per tutto quello che fai per me, ho pensato che non sia più necessario mantenere le distanze. Prima di ogni altra cosa, tu sei un amico. Il mio migliore amico. Ed è innaturale, no?, continuare ad essere tanto formali, dopo tutto questo tempo.»
Lui riuscì soltanto ad assentire, incapace di parlare.
Le brontolò nuovamente lo stomaco e, mortificandosi di nuovo, si guardò intorno, indicando il frutto a stella alle spalle del ragazzo.
«Quello sarà commestibile?»
Lui confermò, dicendole di aspettare lì mentre ne prendeva uno. Esitò per un attimo per staccarne un altro, ma poi si disse che no, non poteva farlo. Era ingiusto legarla a sé. Sarebbe stato troppo, troppo egoista.
Glielo porse e lei lo tolse dalle sue mani, osservandolo affascinata.
«Cos’è? Non ho mai visto un frutto del genere prima!»
«Si chiama “paopu”. È il frutto caratteristico della zona.»
«Che nome bizzarro.» Diede un morso, illuminandosi, per poi allungarlo verso di lui. «Guarda Syaoran! Dentro è verde! E ha un sapore stranissimo, dolce e aspro insieme, come i nostri bayap! Assaggialo!»
Lui spostò lo sguardo sulla parte morsa da lei, vedendo che realmente era verde dentro. Verde, come i suoi occhi. Forse lui non poteva legare lei a sé, ma lei avrebbe potuto farlo.
Lo assaggiò pertanto, mordendo una punta ancora intatta. Automaticamente glielo tolse dalle mani, portandoselo accanto al naso per sentirne l’odore.
«Profuma anche come il bayap!» notò, non rendendosi neppure conto di quello che stava dicendo.
Era sempre troppo facile con Sakura essere se stesso, abbassare la guardia, rivelare ogni suo pensiero. E se ne pentì immediatamente.
La guardò contrito, ma lei non ne sembrava affatto sorpresa. Anzi, aveva un’aria completamente serena.
Gli si appropinquò maggiormente, chiuse gli occhi e lo mangiò direttamente dalle sue mani, mordendo proprio là dove aveva morso lui. Quella era la Sakura della sua infanzia. La Sakura che non si imbarazzava a dirgli o fare tutto quel che le passava per la testa, che sì, un po’ arrossiva, ma non permetteva a nulla di separarli, ad alcuna distanza di frapporsi tra loro. La Sakura che conosceva sin da bambino, che lo aveva salvato, gli aveva dato un’identità, e ora lo aveva legato indissolubilmente a sé.
Gli prese una mano, intrecciando le dita alle sue, e lui ricambiò la stretta, guardandola negli occhi.
Sakura, stavolta te lo giuro. Starò per sempre al tuo fianco.
Per sempre.














 
Angolino autrice:
Eccomi qui, con un crossover (per la prima volta faccio un crossover nel crossover con storie che di per sé gia sono crossover ???). Follia a parte, è praticamente la realizzazione di un sogno (e chi mi conosce, ne sa le tante ragioni). Basterà sapere che ho praticamente fuso il mio manga preferito col mio videogioco preferito, e per averne avuto la possibilità ringrazio coloro che hanno ideato i prompt per questo mese. 
Dato che è una sorta di "anteprima" di ciò che continuerò a pubblicare per tutto maggio (e forse anche oltre, conoscendomi), avviso già da adesso che alcune one-shot le unirò in una raccolta (quelle prettamente what-if), mentre le AU saranno pubblicate a parte, quindi non seguirò l'ordine dei giorni. Oh, e oltre a fondere dei temi,  non li ho trattati tutti per una questione di tempistica (non avrei finito più, e ad essere onesta con alcune tematiche mi sarei anche depressa eccessivamente).
Bene, dopo questa super premessa, voglio solo dirvi che la storia di Kingdom Hearts in cui sono finiti i personaggi di Tsubasa non è nessuna a cui abbiamo ancora giocato. Quindi, è una sorta di speranza che un giorno Nomura possa risolvere tutte le questioni rimaste in sospeso e farli vivere tutti serenamente sulle Isole. Tra l'altro, avrei voluto mettere in mezzo molti più personaggi, ma già così è venuta lunghissima, quindi a conti fatti è stato saggio trattenermi ^_^'
Poi, volevo dirvi che se le cose vi sembrano non molto sensate è perché ho letteralmente preso elementi random che mi piacciono di KH e li ho mescolati insieme. Qualche riferimento agli eventi già accaduti, come avrete notato, c'è, sia nella ripresa di alcuni avvenimenti che in alcuni discorsi che vengono fatti (la storia dei Nessuno è un piccolo memento che dò a me stessa - e soprattutto alle CLAMP - per ricordare che se Vexen è riuscito a dare loro dei corpi, non vedo perché non si dovrebbe trovare una soluzione anche per Tsubasa).
Questa storia comunque è ambientata dopo Piffle, ma prima di Lecolt - per evitare le tragedie che ne susseguono -, e riprende diverse tematiche che mi stanno a cuore (e anche qui, chi mi conosce sa).
Non penso di avere nient'altro da spiegare, ad eccezione del termine "Hime" = principessa, mentre il "bayap" l'ho inventato di sana pianta (letteralmente xD). Il titolo è ripreso dalla lettera scritta da Kairi a Sora (ma va'?), mentre la canzone citata è quella cantata dalle Fiction Junction nell'anime (ogni one-shot sarà accompagnata da una canzone). La parte che ho preso recita "Il mio amore avanza senza perdersi verso il luogo in cui sei tu, superando indubbiamente tempeste, fiori, il giorno e la notte" (traduzione mia).
E detto ciò, spero vi sia piaciuta.
A presto!
  
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