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Autore: Frottole    01/05/2020    0 recensioni
James Sirius Potter era sempre stata una persona considerevolmente ragionevole. Chiunque, chiunque fosse passato sotto suo esame aveva un´etichetta. O un nome. O una ragione. Come Sean, Nally, Fred. Abby. Come Harry Potter. Come lui. Draco Malfoy.
Finché non era arrivato il giorno della gita, al suo settimo anno, di metá dicembre... dove James aveva cominciato a vedere e…non era piú riuscito a chiudere gli occhi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Harry/Ginny, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo VI






Quella mattina, James Sirius Potter, si era alzato alle sei in punto. Sbadigliando si era infilato un paio di pantaloni, i calzini – una felpa scura – e le scarpe, afferrando di volata l´occorrente per farsi una canna, uscendo i punta di piedi dai dormitori.
Aveva gli occhi gonfi di sonno, il cappuccio ficcato sui capelli estremamente scompigliati e l´espressione morta quando uscí fuori – annaspando per l´aria gelida che le schiaffeggió il volto. Guardó in alto: c´era nebbia, quella mattina, e al di sotto di quella foschia bianca, nuvoloni neri cominciavano ad addensarsi carichi d´acqua.
Mancavano esattamente due giorni alla gita e James era sempre piú agitato: non parlava con Carl, Abby e suo padre gli aveva messo in testa un sacco di cose sugli Spagnoli. O almeno su uno in particolare.
Superó la fontana, sedendosi al principio del sentiero che portava alla casa di Hagrid, ormai in pensione, sull´erba alta bagnata di rugiada. Cominció a tritare, rollare e leccare fino a ritrovarsi una delle sue sigarette magiche tra le labbra – sicuro di poter incontrare una sola persona a quell´ora in giro per Hogwarts.
E quella persona non tardó ad arrivare, con la sua tenuta sportiva e i capelli legati in una coda alta. Rovesció il capo fino ad incontrare i suoi occhi azzurri come il ghiaccio – ancora piú pallidi sotto quella luce – e sorpresi.
Si alzó, spazzolandosi l´erba dai pantaloni e tirando dalla sigaretta, con gli occhi come le foglie in autunno. James la raggiunse, sorridendole appena << ho pensato di allenarmi, stamattina >> mormoró con voce bassa, roca, di una persona appena sveglia e lei si lasció sfuggire un risolino.
James, piú di una volta, a guardarla aveva pensato ad un entitá angelica, pura, intatta. Gli aveva sempre dato l´impressione di essere stata creata proprio per incarnare un angelo – o almeno una statua con quelle fattezze.
Ma quando andava a fondo, quando scavava, nei suoi occhi azzurri – quasi bianchi – gli sembrava di scorgere un immenso inferno nero e infinito, pronto a prometterti e regalarti esattamente ció che hai pensato di fare. Perché era quello il potere che dava quel volto, quando lo osservavi.
Il potere di un bene capace di essere spezzato… ma che in realtá spezza, frantuma – distrugge.
<< Se riesci a tenere il mio ritmo >> sussurró lei, sorridendo appena, avvicinandosi cosí tanto da poterle sentire l´alito di menta e il profumo di tutto ció che poteva piacere al mondo.
Cazzo.
<< Avanti! >> lo esortó, staccandosi per cominciare a correre, facendolo quasi spiaccicare con la faccia nel pavimento. << Ti conviene veramente mettere le ali al piede, Malfoy! >>  urló allora, inseguendola, accorgendosi solo all´ultimo di una faccia conosciuta alle sue spalle. E si fermó, quasi come a rallentatore, con il cuore che decelerava insieme a lui.
Si giró, con i pugni chiusi e fissó l´altro con una tale rabbia negli occhi da poter uccidere con uno sguardo, tanto che Syrma lo raggiunse – cauta.  Erano giorni che non si rivolgevano la parola, senza nemmeno guardarsi e ormai erano arrivati ai ferri corti.
Non avevano mai litigato cosí. Mai. Nemmeno dopo la morte di Lewis.
<< Possiamo parlare? >> Carl quasi lo supplicó con uno sguardo, ma James sogghignó, scuotendo la testa bordata di cappuccio. << Mi sembra di averti detto tutto cio che dovevo dirti… o sbaglio? >> disse con disprezzo, le labbra piegate in una smorfia.
Erano due completi estranei – come se non avessero mai dormito nello stesso letto o mangiato nello stesso piatto. C´era cosí tanto rancore tra loro due, come se non si fossero mai guardati le spalle come due fratelli, uniti dallo stress di quel padre asfissiante, rigido e pretenzioso.
Era andato davvero tutto perso? Tutto quello non era contato nulla? Alla stregua di un´infanzia andata male.
<< Puoi dirgli che non é colpa mia? >> urló allora Carl, verso Syrma, disperato, con gli occhi lucidi di lacrime. << Non é stata colpa sua >> mormoró allora lei, in risposta, annuendo alle sue parole, senza peró guardarlo in faccia. Ma quello che ottenne fu solo una risata che sembrava il suono di uno specchio che va in frantumi. Il pianto di un cane.
<< No? Chi le ha dato quella merda, hm?
Chi cazzo é stato? >> urló allora, come un pazzo, perdendo definitivamente la ragione e raggiungendolo in un paio di falcate, afferrandolo per il collo con l´affanno di uno che ha corso chilometri senza fermarsi.<< Tu e questa merda, che continua ad uccidere gente! Come cazzo fai a non vederlo? >> gli sibiló ad un passo dalla faccia, scuotendolo con rabbia.
Era come se vedesse rosso e James non riusciva proprio a capire come facesse lui a non ragionare. E tutto quello che avevano passato insieme sfumava come fumo a vento, sparendo completamente davanti alla sua faccia. Tutto quello che riusciva a pensare era la faccia di Lewis sovrapposta a quella della Malfoy…e che avrebbe potuto sovrapporsi ancora alla sua, che esagerava quanto loro.
Quanti amici avrebbe perso ancora cosí? Collassati nel proprio vomito per la paura di vivere.
<< James, lascialo >> Syrma era alle sue spalle, ma fu troppo tardi: aveva caricato una testata cosí potente che la ragazza si morse le mani per non urlare quando sentí un crack disumano.
Un corvo gracchió, prendendo quota e James afferró di nuovo l´altro, con la fronte sporca di sangue, per colpirlo ancora.
<< James, smettila! >> Syrma cercó di staccarlo da Carl, spingendolo, ma fu lui a spingerla lontana. Si accaniva, senza vedere nient´altro, e Baston non reagiva, con la faccia grondante di sangue e gli occhi nonostante tutto disperati.
<< Experlliarmus! >> il suo incantesimo fu cosí potente che mandó James a gambe all´aria, mentre lei si avventava su Carl – prendendogli la faccia tra le mani giá macchiate di suo – cercando di mantenere il controllo.
<< Fammi vedere >> mormoró con voce flebile, mentre James affannava alle sue spalle. Aveva il naso rotto e la faccia ridotta un mezzo macello, ma continuava a guardare il ragazzo alle sue spalle.
<< Tu devi essere impazzito! >> Syrma si alzó, aiutando anche l´altro – traballante sulle gambe. Aveva le mani che tremavano, cosí James la guardó… riuscendo a trovare la paura.
L´aveva spaventata. Aveva perso il controllo e ora i suoi occhi sembravano argendo liquido – come un cielo irrimediabilmente rovinato.
<< Io… >> mormoró, ma lei lo stoppó alzando una mano come a volerli distanziare. << Non mi interessa. Ma non ho intenzione mai piú di assistere ad una cosa del genere. Mai piú! >> e con quelle parole gli diede le spalle, trascinandosi Carl appresso nonostante pesasse il triplo di lei.
James si guardó le mani, cercando di muovere le dita indolenzite, guardando la schiena di entrambi allontanarsi – continuando a non riuscire a dare un senso alla sua intera esistenza. Ma la Malfoy aveva ragione.
Stava impazzendo.
 
 ***


Erano le sette di mattina e Samuél si era ritrovato ad essere trascinato fuori dal letto da due bracce fragili – che in pigiama l´avevano trascinato per tutta la scuola, fino ai bagno di Mirtilla Malcontenta. Lui non sapeva nemmeno come ci era entrata Camélie nel dormitorio maschile, anche se sospettava che non era stata la sua prima volta, quella, e ora la guardava confuso mentre lei lo trascinava in uno dei bagni, chiudendosi la porta alle spalle con un sorrisetto sulla bocca.
Indossava giá la divisa e si allentó la cravatta con la mano destra, mentre con la sinistra lo costringeva a sedersi sulla tavoletta – baciandolo di getto. Era seduta su di lui quando gli infiló la lingua in bocca, sbottonandosi la camicetta e muovendosi lenta, come un serpente che dondola per incantare la sua vittima.
Mangiandosela viva.
Gli abbassó i boxer quel poco da permetterle di penetrarsi da sola – diretta – lasciva, senza nemmeno dargli il tempo di riprendere fiato. Aveva le mani sul suo collo e stringeva, scendendo verso il basso con le unghia per ricomincare da capo – partendo dai capelli scompigliati.
Spingeva il bacino verso di lui secca, quasi danzando, gemendogli nell´orecchio apposta. Samuél allora cercó di prendere il controllo, bloccandola per i fianchi e affondando le dita nella carne pallida – cercando di lasciarne l´impronta, come un cane che marchia il territorio.
Con una mano salí dietro la schiena, sfiorando la spina dorsale per arrivare dietro la nuca e tirarle i capelli – cominciando a farla muovere, decidendo lui come e quando con le dita salde.
La sentiva ansimare veloce proprio come il battito del suo cuore, che sembrava volergli uscire dal petto insieme a quei gemiti. Aumentó il ritmo, impazzendo nel sentirla cosí bagnata e calda mentre stringeva i muscoli interni attorno a lui.
Camélie rise e Samuél spinse l´ultima volta prima, trasformando quella risata in un urlo, prima di sentire l´orgasmo scuoterlo dall´interno. Il tempo rallentó e i granelli di polvere quasi si fermarono mentre lui le divorava la bocca, esplodendo.
Continuó a ciondolare su di lui, respirando a fatica e allora Samuél se la strinse contro – nell´imitazione di un abbraccio squallido. Si staccó, spingendolo e alzandosi, senza nemmeno guardarlo negli occhi.
Si riabbottonó la camicia sotto il suo sguardo incredulo, in silenzio. Si passó una mano tra i capelli disastrati dalle sue dita, aprendo la porta,
<< Grazie >> disse prima di uscire, lasciandolo solo ancora seduto sulla tazza del cesso.
<< Ma a che gioco stai giocando? >> le urló dietro, rialzandosi i boxer e i pantaloni, seguendola con le scarpe da ginnastica ancora slacciate. Ma Camélie era andata giá via, lasciandolo come un cretino in pigiama a parlare da solo.
Rientró ai dormitori dopo essersi beccato un cazziatone dalla Mcgranitt, che gli aveva naturalmente chiesto cosa Merlino ci facesse di prima mattina in giro per la scuola con addosso il pigiama – insultandolo quando gli venne la brillante idea di risponderle che era sonnambulo.
Sonnambulo un corno. E cinque punti in meno a Serpeverde.
E buongiorno, mondo!
Ma naturalmente le cose non andarono affatto come aveva pensato: perché l´idea di rientrare nella sua stanza per una doccia veloce – e gelida, soprattutto – non gli era parso cosí tanto assurda, ma quando varcó la soglia di quella camerata, regnava il caos.
Rosier urlava come un matto, rosso in faccia e in piena crisi, mentre proprio sul suo letto un povero disgraziato se ne stava con la faccia gonfia e sporca di sangue tra le braccia di nientepocodimeno Syrma Malfoy; Joshua cercava di capire il danno, esaminandolo con mani delicate e Samuél si chiese dove diavolo fosse capitato.
Ma… dormiva?
Prima Camélie lo trascinava fuori per scoparselo sopra ad un cesso in disuso poi tornava in stanza e sembrava di ritrovarsi su una scena gangster Babbana, dove con le mani si risolvevano i vecchi problemi.
<< Ma cosa cazzo… >> mormoró e tutti si girarono di scatto verso di lui, straniti dal pigiama e i capelli sconvolti, i segni rossi sulla faccia e l´espressione da ebete. << Ci mancava solo lo Spagnolo >> sputó Vincent, afferrando la sua giacca color cammello e uscendo – non prima peró di avergli dato una spallata, mandandolo quasi a gambe all´aria.
<< Buongiorno anche a te, stronzo >> sbuffó e Joshua lo guardó con aria maliziosa. << E allora? Dove sei stato, Samuélito? >> cinguettó, come una di quelle vecchie somare che vivono di pettegolezzi.
<< Con sua sorella >>
Per un attimo i tre lo guardarono, anche lo sconosciuto con la faccia passata sotto un tritacarni, e lui si chiese cosa avesse detto di male. << Non dirmi che ti sei fatto la Rosier! >> masticó il moribondo, tenendosi la mandibola.
Samuél cercó di osservarlo meglio e dopo ben due minuti si rese conto che quello era Carl Baston – il portiere dei Grifondoro. Uno dei Cavalieri della Brigata di Potter. Quello che vendeva droga insieme a quell´altra mezza squinternata di una mezza Vampira.
<< Ma che ti é successo? >>
Carl sospiró e Joshua lo guardó con occhio critico. << Quello che meritava, probabilmente >> disse e Syrma scosse la testa – stanca di prima mattina. Ma cosa credevano di fare, tutti e due? Aveva la strana sensazione di aver superato una linea immaginaria con James Potter e non riuscire piú a tornare indietro.
Quella mattina, per un attimo, aveva risentito la sua voce ricullarla e io suoi occhi inghiottirla – trascinandola in un turbine pericoloso. Era come lanciarsi a metri di altezza, ma con la bracatura giusta.
<< Non é colpa di Carl >> ripeté le stesse parole che aveva urlato poco prima, cercando di fermare invece la parte cattiva di Potter – dirompente e brusca, come quella di una bestia. E aveva avuto paura di lui, di quelle stesse mani che l´avevano stretta, riportata alla vita, stavano invece cercando di distruggere quella di qualcun´altro.
Aveva davvero creduto che quella linea potesse non ferirla, una volta superata?
<< Io sapevo cosa facevo. >> bisbiglió, sorridendo appena – senza particolare inflessione. Joshua volse la testa verso di lei, che non ricambió, continuando a fissare la T-Shirt bianca di Samuél.
<< L´ho fatto apposta. Volevo provare qualcosa. Qualsiasi cosa. Io volevo che la mia mente reagisse – che dimenticasse – che non mi opprimesse!
Era questo che volete sentirvi dire? Sí, sono malata >> sputó allora, velenosa, staccandosi da Carl con rabbia e alzandosi di scatto – ancora in pantaloncini e felpa. << Guardami. Guardami negli occhi e dimmi cosa cazzo vedi! >> continuó, il petto che si alzava e abbassava per lo sforzo di non urlare. Si slegó i capelli innervosita.
<< Io non ci vedo piú un cazzo da quando ho preso coscienza di me stessa. Da quando quell´uomo ha cominciato ad insultarmi giorno dopo giorno, umiliandomi a cene di famiglia e Party esclusivi. In me non ci vedo niente da quando ha cominciato a bacchettarmi dietro la schiena quando i miei genitori non c´erano – perché ero femmina e non meritavo niente >> la sua voce andava crescendo e Samuél e Carl la guardarono, ammutoliti.
Syrma rise e Joshua sentí il cuore andare in mille pezzi nel vedere quanto effettivamente fossero vuoti i suoi occhi. E spenti. Proprietari di un nulla cosmico che non avrebbe fatto altro che ferirla. Ucciderla. Sotterrarla viva.
<< Io non provo piú niente da quando mi é venuto il primo ciclo e questo non ha fatto che affermare la vergogna di essere quello che ero. E allora lui mi ha messo le mani addosso perché essere donna voleva dire anche quello… avevo undici anni. E quasi mi sono scorticata la pelle con la spugna ruvida in doccia >>  e lo rivide insieme a lei, con la faccia distorta dalle paure di una bambina, nelle vesti di un mostro che non meritava nemmeno di vivere sul suo stesso pianeta.
Joshua lo sapeva. Lo aveva visto nei suoi occhi, sentito con le sue orecchie, vissuto con il suo cuore… e non aveva mai detto niente. Era sempre stato in silenzio, cercando di tenerla piú lontana possibile da quella casa, perché aveva paura. Perché era un bambino con un potere pericoloso e il Ministero non voleva fare altro che rinchiuderlo da qualche parte per esaminarlo.
E aveva avuto paura per lui stesso e poi perché non sapeva cosa fare. E quando lo aveva capito, una volta abbastanza cresciuto da sputare in faccia ai lecchini del Ministro, lei lo aveva costretto ad un Incanto Fidelius – impedendogli di parlare con Draco di quello che succedeva sotto il suo tetto da anni, ormai.
Sarebbe impazzito e Syrma lo sapeva, proprio per quel motivo non aveva mai parlato – preferendo tenere al sicuro suo padre da se stesso; ed era cresciuta nell´ansia, nel terrore di ritornare a casa. Perché suo padre aveva cercato di tenere a bada quell´uomo, ma lei non era mai stata abbastanza „Malfoy“ da contrastarlo – come sarebbe dovuto essere di fatto.
Perché forse… nascere uomo sarebbe stato diverso. Sarebbe stato il primogenito perfetto, che avrebbe portato avanti il nome e il prestigio di famiglia; e invece no, era femmina e aveva tolto spazio a suo fratello. Non sarebbe mai stata in grado di gestire alcunché.
Perché era solo un involucro, un contenitore – un corpo e una faccia da esibire ai colleghi e agli amici. Lei non poteva provare sentimenti o emozioni. A lei non erano dovuti diritti, ma solo doveri.
Una schiava, ecco cos´era.
Aveva due catene che gli stringevano mani e gola, strozzandola, e non si sarebbe mai liberata finché quel cognome le avesse gravato sulla testa come una spada di Democle.
<< Quindi non é stato Carl, ma sono stata io. >> mormoró, lasciando cosí la stanza e loro in un silenzio allibito, distrutto, annichilito.
Carl non proferí parola. Lui era un Purosangue, sapeva come funzionava in quel tipo di famiglie: una mentalitá retrogada che rimaneva piantata come una radice velenosa – rendendo cosí i suoi rami e frutti giá marci ancor prima della nascita.
<< Lucius? >> chiese, guardando Joshua con gli occhi pesti – che intanto fissava il punto dove prima c´era Syrma. << No. Il vecchio Lucius era sempre tenuto d´occhio da Draco… troppo concentrato su di lui per vedere altro >> rispose, senza potersi sbilanciare ulteriormente.
<< Perché non hai mai detto niente? >>
Joshua quella volta non pianse, no. Gli sembrava di averlo fatto cosí tanto in quegli anni da non riuscirci piú. << All´inizio avevo paura, poi mi ha messo sotto incanto Fidelius. >> bisbiglió – provando quasi compassione per se stesso.
Se non avesse aspettato cosí tanto… forse, forse sí, quella storia non sarebbe continuata cosí a lungo come invece era successo. E in quegli anni si era fatto carico di quel segreto che un pó, insieme a lei, lo aveva ucciso dentro – facendolo sentire impotente, inutile. Quasi un parassita.
<< Perché l´ha fatto? >>
<< Forse temeva che suo padre sarebbe stato capace di ucciderlo. Oppure teme di essere giudicata e inamata, come qualcosa di rotto che poi butti nella spazzatura >> disse Joshua – mentre Samuél se ne stava in silenzio. La testa gli frullava di informazioni, pronta a scoppiare, ma era sicuro: lui avrebbe fatto qualcosa.
<< Ora pensiamo prima alla tua faccia, Baston. E dopo cercheremo di risolvere quest´altro problema. >> fu pragmatico come sempre e prese la situazione in pugno. Cercarono di recuperare qualche incantesimo e pozione per aggiustargli la faccia, insultandosi di tanto in tanto.
<< Certo che non si puó fare granché >> borbottó Joshua, ficcandogli in gola l´ultima pozione rubata dall´Infermeria. Carl gli mostró il dito medio e Samuél fece un passo indietro per osservare la sua opera.
<< Beh… se vai a dire in giro che stamattina eri ubriaco e andavi a sbattere contro i muri… forse… >> disse e Carl lo scansó per andare nel bagno e guardarsi: l´occhio era verdastro, verso la guarigione e la mascella mezza martoriata, ma tutto sommato sembrava davvero che avesse sbattuto contro tutta la stanza.
<< Meglio di prima >> sospiró, ritornando sui suoi passi. Erano leggermente in imbarazzo, ma uscirono dalla stanza insieme – parlando del piú e del meno per raggiungere la Sala Grande, evitando l´argomento che martellava la testa di tutti quanti, in quel momento.
Ma Samuél non aveva mentito. Non quella volta. Quindi, una volta finita la colazione, invece di andare con gli altri ad Hogsmeade – visto che era Sabato – si diresse nell´ufficio della Preside.
<< Sorbetto al limone >> disse, una volta davanti al Gargoyle di pietra che proteggeva l´entrata; quello si spostó, lasciandolo entrare e Samuél salí le scale a chioccola cercando di rimanere calmo.
<< Salve. >>
La faccia rugosa della Mcgranitt, di primo acchitto, lo aveva spaventato. Aveva l´aria di quelle vecchie bastarde che avevano cercato di portarlo piú di una volta lontano da sua madre. Poi ci aveva parlato e lei – con voce brusca – gli aveva ordinato di prendersi un biscotto. E i suoi occhi si erano addolciti.
<< Ho bisogno di raggiungere il Quartier Generale >>
La Mcgranitt annuí. << Ti aspettano >> disse, mostrandogli con una mano la polvere magica sul ripiano di legno – posizionato proprio appena un paio di centimetri sul camino. Samuél ne afferró una manciata, ringraziandola con un cenno del capo e con tutto il fiato urló << Grimmauld Place numero 12! >>, sentendo il familiare strappo all´ombelico di quando viaggiava in quel modo.
Quel vortice di colori e suoni gli metteva sempre la nausea e una volta sparita la faccia della Mcgranitt non ci mise molto nel cascare a faccia in giú, come letteralmente sputato dal camino, su un tappeto rosso molto soffice e costoso.
Samuél tossí, cercando di riprendersi – ma prima che provasse anche solo a rialzarsi, ancora accecato dalla polvere, due mani lo tirarono sú, traballante. << Ti senti bene, ragazzino? >>
La stanza cominció a prendere forma, con le pareti tappezzate d´oro e fotografie  appese ogni dove – e i mobili di cedro scuro che richiamavano il vero padrone di quella casa. Un Black. Perché era proprio con i gusti del suo padrino che Harry Potter aveva riarredato il Quartier Generale dell´Ordine della Fenice.
Samuél ci aveva parlato poche volte con quell´uomo e gli era parso subito sulla difensiva. Ma come dargli torto? Per loro, lui era solo un ladro. Un ragazzino che si era fatto fregare dagli Auror Spagnoli come un novellino – un cambia bandiera. Una mina vagante, ecco.
<< Cazzo >> disse, quando riconobbe l´uomo che lo aveva tirato su senza sforzo. E come avrebbe potuto non riconoscerlo? Alto, distinto e vestito completamente di nero: il volto era sfilato e dal mento leggermente aguzzo, i capelli di un biondo particolarmente platino e due occhi grigio piombo che lo sondarono straniti quando si lasció sfuggire quella sua particolare riflessione a voce alta.
Era Draco Malfoy. Il motivo per cui aveva trascinato il suo culo secco fin lí.
<< Ma porca pu… >> continuó, venendo poi interrotto da una seconda voce. Harry Potter infiló la testa nel salottino giusto per ritrovarsi davanti la sua faccia terrea e l´espressione impietrita di Malfoy. << Lo hai giá spaventato? >> borbottó, critico.
<< Io non gli ho detto proprio niente, San Potter. É lui lo strano. Sta dicendo „cazzo“ da quando mi ha visto >> disse Draco, guardandolo un ultima volta con superioritá e poi dandogli le spalle per raggiungere l´ex compagno di scuola nella piccola cucina.
<< Beh, ha capito tutto dalla vita, Malfuretto >> sbuffó allora Harry. << Vieni o no? >> e con quello lo invitó in cucina – dove attorno un lungo tavolo erano sedute altre cinque persone.
Un bel mazzo di gigli bianchi erano al centro e una donna dai capelli rossi li aggiustava meticolosamente, con addosso un grembiule rosa da cucina: aveva appena poggiato un vassoio pieno di dolcetti e caffé e quando alzó gli occhi, Samuél non ci mise molto a fare due piú due.
Aveva gli occhi di James Potter. Lo stesso nocciola macchiato di verde, l´ardore, il fuoco che sembrava rendere vive quelle iridi. << Lei deve essere la signora Potter. Assomiglia molto a James >> disse, abbassando il capo in segno di rispetto. E lei sorrise, con qualche efelide sul naso piccolo e i capelli rossi come lingue di fuoco a danzarle attorno al viso.
<< Non me l´ha mai detto nessuno >>
Giá. Effettivamente, con una forte miopia e senza occhiali, da lontano James era la fotocopia del signor Potter. Ma quegli occhi e la bocca a forma di cuore non potevano che essere della donna che gli stava di fronte.
<< E allora? >>
Samuél vide il Ministro Schacklebolt seduto a capo tavola a sorseggiare il suo thé e un´altra donna dai capelli ricci e folti seduta al suo fianco – rigida. << Ti siedi o no? >> e non se lo fece ripetere due volte, sedendosi proprio vicino all´uscita. Ginny sogghignó, divertita.
<< Io… >>
Un altro uomo dai capelli rossi lo guardava seduto proprio a due posti di distanza e Samuél tossí, imbarazzato. << Sono andato a letto con la Rosier, stamattina >>
Il Ministro sputó il suo thé tutto in faccia all´uomo dai capelli rossi, mentre Harry cominció a sbattere ripetutamente la fronte contro il tavolo di legno. << Beh, poteva andare peggio >> borbottó Draco Malfoy, incrociando le braccia al petto e afferrando il suo caffé rigorosamente nero e senza zucchero.
<< Cioé… non sono venuto quí per dirvi questo. Ma comunque avevate ragione, perché mi ha detto che ci sará da divertirsi alla gita >> continuó ed Hermione Granger scosse la testa riccioluta – sospirando pesantemente.
<< Quella ragazzina non fará altro che causarci problemi! >> sibiló, nel suo Tallieur rosa pesca, mentre il resto annuiva. Aveva un´aria familiare, ma non riusciva a collocarla da nessuna parte. Gli occhi erano grandi e bruni e la linea del collo sottile.
<< E… >> la sua voce si bloccó e Samuél tossí. Tutti lo guardarono, interdetti, e lui cercó di farsi piccolo sulla sedia dove si era seduto. Lui… voleva solo fare qualcosa di buono per qualcuno.
Era vero. Aveva sbagliato e continuava a sbagliare. Non aveva avuto bandiere e riguardi nelle altre persone – pensando solo al proprio benessere e quello della sua famiglia; aveva perso il controllo, era quella la veritá.
Non era riuscito a fermarsi quando era il momento e a soli diciassette anni si era ritrovato con lo sterco fino al collo, pronto a sommergerlo. Ma doveva farlo. Se quello poteva significare salvare l´anima di una persona.
<< C´é un problema con la Malfoy. >>
La stanza si ammutolí. Draco Malfoy alzó di scatto la testa, pallido come un cadavere ed Harry Potter si giró per guardarlo di scatto – come a volergli guardare dentro, leggendogli il pensiero.
<< Io… l´ho tenuta d´occhio, ultimamente – insieme al suo amico Zabini. E penso che voglia uccidere una persona >>
Oh… se un volto potesse rappresentare la parola paura, quello di Draco Malfoy sarebbe stato perfetto in quell´esatto momento. I suoi occhi plumbei erano una tempesta di emozioni, ma il suo corpo era immobile – calmo, inflessibile come quercia centenaria.
<< Di che stai parlando? >> la voce di Hermione Granger era un sussurro e allora Samuél si passó le mani sulla faccia, con l´aria che sembrava volergli venire meno nei polmoni.
Come… come spiegare una vita di sopprusi? E scelte sbagliate? Era come essere picchiati dalla vita, ingiustamente e poi ricambiare a colpi di ascia – passando nel torto piú totale.
<< Ha cercato di uccidersi perché qualcuno abusa di lei da … beh, praticamente da sempre >> era strano dirlo ad alta voce. Ma era quella la realtá: la Malfoy si era calata cosí tanta roba cercando di stordirsi cosí tanto da poter dimenticare.
E Draco Malfoy lo guardó ancora, ora confuso. Sbatteva ripetutamente le palpebre, come se non riuscisse a realizzare nella propria testa le sue parole. E allora Samuél decise di ricambiare quello sguardo, una mano sul petto e gli occhi decisi.
<< Io non so´chi sia questa persona e l´unico che ne é a conoscenza … é sotto incanto. Ma vuole vendicarsi, capisce? E se Zabini non é uno stupido, lo fará durante questa gita.
L´unico pezzo di anima integro che le é rimasto andrá in frantumi nello stesso momento in cui metterá fine alla vita di una persona. Anche se quella persona é un pezzo di merda che merita di morire nelle piú atroci sofferenze! >> disse, cercando di strappargli un barlume di luciditá nella rabbia che stava crescendo in quell´uomo.
In quel padre.
<< Che cosa cazzo stai dicendo? >>
La voce di Draco Malfoy sembrava uscita dall´oltretomba, ma Samuél non si lasció intimidire. Non quella volta. Non quel giorno.
<< Le sto dicendo che un maiale ha picchiato sua figlia da quando lei ne ha memoria. E poi ha cominciato ad abusare di lei quando era abbastanza grande da poter dire all´1800 che é la comunitá Magica che era stata lei a provocarlo >> e fu cosí duro che Hermione Granger sobbalzó sulla sedia, inorridita.
Ginny Weasley in Potter si portó le mani alla bocca, pallida come un cencio, ma nessuno osó parlare oltre lui. Samuél poggió una mano su quella dell´uomo – con gli occhi di quel bambino che non era mai cresciuto.
Che non era mai potuto crescere, perché era cosí che funzionava dalle sue parti.
<< Tu… tu sei l´unico che puó aiutarla, ma non come pensa. Sono venuto quí perché mi serve aiuto. E tu devi rimanere lucido e soprattutto libero per farlo >> continuó e allora Draco Malfoy annuí, cercando di tenere ferme le mani da quel tremolio.
<< Pensi che siano collegati agli attacchi a Malfoy Manor degli ultimi tempi? >> gli chiese Harry, ma l´altro scosse la testa – lasciando che un ciuffo di capelli gli coprisse lo sguardo tormentato.
<< Io ho un piano >> disse Samuél e tutti puntarono gli occhi su di lui.
Beh… se c´era da ballare, bisognava farlo bene, no?

 
 
 
 
   
 
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