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Autore: rekichan    02/05/2020    0 recensioni
«Ino ha castato Lussuria Innaturale e tu hai fallito miseramente il Tiro Salvezza su Volontà. Come gli altri centinaia di tiri da quando abbiamo iniziato questa pietosa sceneggiata che mi ostino a chiamare “campagna” – sbadigliò – Ora, o cominci a cercare di farti il cagnaccio, oppure ti faccio spuntare un non-morto alle spalle che ti inchiappetta con il suo femore. Scegli la soluzione che preferisci».
[Pathfinder!AU][SasuKiba][MadaSaku][NaruGaa][DeiIno][HinaTen]
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Kiba Inuzuka, Madara Uchiha, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Gaara
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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AVVISO

Da questo capitolo in poi si affronterà un argomento molto delicato, di cui non sono competente. Ho attinto a tutta la documentazione disponibile, ma non è detto che sia riuscito ad affrontarlo al meglio. Non è mia intenzione offendere nessuno, né ferire la sensibilità di chi vive personalmente certe situazioni. Però era un argomento che, a causa di fobie personali, era giusto affrontassi e spero di farlo con la dovuta delicatezza. Tengo però a precisare che le reazioni di Sasuke non sono universali, ma sono come mi comporterei io nella sua stessa situazione, quindi l’interpretazione della faccenda è molto personale. Per ulteriori note, ci rivediamo a fine capitolo.

 

Capitolo IV

The dice giveth and the dice taketh away

 

«Ehi, Sakura! Come stai? Hai notizie di Sas…»

Sakura lanciò la cartella sul bancone del Konoha Comics&Games. La borsa atterrò sul ripiano con un tonfo sinistro e rovinò a terra, sparpagliando il contenuto sul pavimento. Kiba riuscì a malapena a intercettare i suoi occhi furenti, prima che la voce tagliente di Madara intervenisse.

«Se devi lanciare roba, fallo a casa tua. Qua stiamo lavorando» la redarguì. Sembrava esserci quasi dolcezza nel suo tono, ma Kiba lo conosceva troppo bene per non sapere che quella calma preannunciava tempesta.

Era una settimana che il suo capo arrivava di cattivo umore al lavoro. Be’, non fosse mai stato Mr. Simpatia, ma negli ultimi giorni era davvero terribile, neanche fosse pronto a evocare Rovagug in persona.

Con uno sbuffo, Sakura radunò le proprie cose nella cartella. Non senza rivolgere uno sguardo sprezzante a Madara. Kiba avvertì la tempesta farsi sempre più vicina e trovò più saggio dimostrarsi estremamente interessato al riordino degli scaffali.

«Ora che il mio negozio è tornato a essere un posto civile» lo sentì dire, mentre spostava una action figure di Giorno Giovanna «Che cazzo vuoi?»

«Quando si gioca?»

Giorno cadde malamente sul pavimento. Kiba si affrettò a raccoglierlo e a riporlo sul piedistallo. Pregò che Madara non si accorgesse mai del graffio di ben due millimetri sui biondi capelli del JoJo di turno, ma il suo capo sembrava abbastanza sorpreso da non prestargli attenzione. Forse avrebbe potuto dare la colpa a un cliente distratto.

«Tu vieni qui a devastare il mio negozio…»

«Esagerato» sbuffò Sakura, sedendosi sopra il bancone sotto lo sguardo furibondo di Madara e quello disperato di Kiba.

«Scendi» ordinò Uchiha.

«Obbligami».

«Ok, ok… senti, io non so se ti sei strafatta di canne…» s’intromise Kiba.

«Io non mi drogo!»

«…o se sei semplicemente stanca di vivere. Ma quello lo devo pulire io dopo, quindi, prima che il capo si trasformi in Cthulhu, scendi dal bancone e risparmiami ore di agonia, grazie».

Con un grugnito plateale, la ragazza decise di lasciare in pace la scrivania. Kiba tirò un sospiro di sollievo e si affrettò a togliere gli aloni rimasti sul legno, prima che Madara raggiungesse il limite di sopportazione.

«Quindi…» azzardò «Vuoi sapere quando si gioca?»

«Devastando il neg…»

«Abbiamo capito» Sakura tagliò il brontolio del Master con un cenno della mano «Mi dispiace, ok? Però voglio sapere a quando la prossima sessione».

«Perché, volete continuare a giocare?» sghignazzò Madara «Pensavo che foste tutti lì per far compagnia a quel fissato di mio nipote».

«All’inizio, forse. Ma ci siamo visti e abbiamo deciso di continuare» serrò le labbra «Con o senza Sasuke».

 

La bacheca di Facebook era diventata molto più interessante del solito in quei giorni, soprattutto per sfuggire alle occhiate indagatrici della madre. Mikoto si era fatta sospettosa, da quando Sasuke passava molto meno tempo nella fumetteria del cugino e Sakura non era perennemente a casa loro. Così, per evitare domande scomode, aveva preso l’abitudine di scrollare la home dei social network per tenere le dita impegnate e farle credere di star messaggiando con l’amica. Era più facile fingere, piuttosto che rispondere alle domande di un genitore apprensivo nei riguardi della tua vita sociale.

«Come vanno gli esercizi, Sasuke?»

Si costrinse ad alzare lo sguardo dallo smartphone e incrociare, passivo, gli occhi castani della dottoressa. Un grumo di bile si condensò in gola. Percepì addosso l’attenzione speranzosa dei genitori e del medico. Cosa doveva dirgli? Forse che non gliene fregava un cazzo di quegli esercizi? Che erano noiosi, dolorosi e che non servivano a nulla? O forse doveva sorridere rassicurante, dir loro che andava tutto bene e osservare le facce contratte di preoccupazione distendersi nel placebo dell’assoluzione?

Così sarebbero stati bravi genitori, loro. Stavano facendo il possibile e non era colpa loro, se le cose sarebbero comunque andate come dovevano andare; se ogni sforzo era indirizzato solo a rimandare l’inevitabile, a rendere la tragedia meno dolorosa.

«Bene» mentì. Riabbassò lo sguardo sullo schermo. L’aria attorno a sé si fece meno pesante e il grumo più denso.

«Credo che possiamo proseguire con la terapia» continuò la dottoressa Tsunade «Certo, non è risolutiva, ma…»

Ma tanto non ci sarebbe stato niente da fare. Tanto era solo una lotta contro il tempo. Tanto… Cercò di deglutire il bolo che gli ostruiva la gola. Un ultimo spasmo disperato per non vomitare fuori parole di cui si sarebbe pentito. Il pizzicore che precede il pianto lo scosse da capo a piedi, raggrumandosi sugli occhi. Inspirò. Buttò tutto dentro, di nuovo. Avrebbe voluto avere una bacchetta magica caricata con Guarigione[1], o un Chierico in grado di sistemare le cose. Invece non aveva niente di tutto quello: né nella realtà, né, ormai, nella fantasia.

Tsunade continuava a parlare. Si rivolgeva a lui, ma Sasuke sapeva che le bastava l’attenzione dei suoi genitori. Lui era l’oggetto della discussione, e la sua condizione lo autorizzava ad alienarsi, a non ascoltare, a delegare decisioni che riguardavano la sua vita. Non doveva essere partecipe, solo subire passivamente quello che persone più competenti avevano deciso, camminare sulla strada già segnata. Era, a tutti gli effetti, il PNG nelle mani di un master particolarmente sadico all’interno del GdR della Vita e le persone attorno a sé, i suoi genitori, i medici, gli specialisti… loro erano i protagonisti della quest.

Il suo pensiero andò alla campagna, al litigio con Sakura, al piangersi addosso tra i cassonetti e al saluto di Kiba quando lo aveva lasciato sulla porta di casa. Una scompigliata di capelli e un sorriso condiscendente che gli avevano fatto più male di una palla di fuoco[2] potenziata[3] e massimizzata[4] in pieno petto.

Di che si stupiva se Kiba lo trattava da bambino? Anzi, come un moccioso che rovina il gioco a tutto il party, per dirla con le parole di Madara. Alla fin fine si era comportato come tale e non riusciva neanche a trovare le forze di chiedere scusa. Aprì e chiuse più volte la chat whatsapp di Sakura, lesse l’ultimo messaggio che si erano scambiati.

Comunque ha un bel culo, aveva scritto l’amica. Stavano parlando di Kiba, o forse di Madara… Sasuke non ricordava più e non riusciva a leggere i messaggi precedenti. Lo sguardo si era cristallizzato sulla data, il giorno dell’ultima giocata: due settimane prima.

«Sasuke?» la mano di sua madre lo stava scuotendo. Alzò la testa e notò che l’attenzione dei presenti era concentrata su di lui, in attesa di una risposta a una domanda che non aveva sentito. Percepì distintamente un sospiro da parte di suo padre e lo osservò mentre scostava lo sguardo pieno di disappunto e commiserazione.

«Scusate, mi sono distratto» mormorò, poggiando il cellulare sulle gambe. Inghiottì di malavoglia il sorriso gentile di Mikoto e quello condiscendente di Tsunade.

«Non preoccuparti, alla tua età capita spesso di stare con la testa fra le nuvole» celiò la dottoressa. Sasuke immaginò distintamente una pioggia di dardi incantati trafiggerle il petto prosperoso e lasciarla esamine a terra. A lei, al suo team, a quella fottuta clinica dove finiva ricoverato un mese sì e l’altro pure e dove un giorno i suoi l’avrebbero scaricato vita natural durante. Non lo dicevano, ma era evidente che sarebbe andata così. Chi avrebbe avuto voglia di prendersi cura di una persona non autosufficiente? Avvertì il peso della mano materna sulla sua spalla. Deglutì saliva e parole inopportune. Guardava Tsunade e non la vedeva; davanti agli occhi scivolavano immagini di corse in moto, di risate attorno a un tavolo, di strategie arrabattate e di dadi che rotolavano. E di tutto quello che poteva essere e non sarebbe stato. Di serate in taverna, di avventure fantastiche, di guerre, e magie, e gloria, e corse all’aria aperta. Boschi impervi, erte montagne, oceani profondi…

«Voglio solo essere sicura che…»

­«Quanto?» domandò, in un alito di fiato. Di fronte all’espressione spaesata della dottoressa, sospirò e si costrinse a puntualizzare «Quanto… tra quanto non potrò più camminare?»

Ecco. L’aveva detto. Come se avesse lanciato Parola del Potere[5], i lemmi acquisirono una forma, s’addensarono in una verità da cui non poteva più scappare.

«Non lo so» ammise Tsunade «Potrebbe succedere tra un anno, come tra dieci… non si sa quanto veloce degeneri la tua mal…»

«Non mi dica stronzate» alzò la voce. Avvertì distintamente i muscoli contrarsi nel tentativo di uno scatto, di un movimento più brusco. La voglia di alzarsi in piedi e uscire dalla stanza, un compito che il suo cervello aveva affidato alle sue gambe e che, maledette, cominciavano a tradirlo. Le muoveva. Camminava, ancora, ma le contrazioni muscolari erano sempre più frequenti, i movimenti sempre più rallentati e… e… «Sono mesi che faccio analisi» si costrinse a restare fermo, i pugni serrati sulle cosce «Non è possibile che non sappiate a che punto sta. Non ci credo!»

Tsunade tacque. Riordinò, in un brusio assordante, alcuni fogli sulla scrivania. Le dita smaltate tamburellarono per qualche secondo sulla superficie levigata.

«Il problema non sono le gambe. Non solo…»

Un Raggio Polare[6] avrebbe riscaldato l’atmosfera più delle parole del medico.

«…con la fisioterapia possiamo farti camminare bene ancora per un anno. Ma il cuore…»

Cardiomiopatia. La parola gli rimbombò nel cervello, oscurando il resto. È troppo presto, pensò. Di solito si manifestava verso i trent’anni, se lo faceva. Era troppo giovane, ancora. Troppo sano.

«Morirò?» si stupì della calma con cui pose la domanda. Indifferente, dissociato dalla situazione. Non sta accadendo a me, si disse. È come una giocata. Tiri i dadi ed esce quel che esce, e a me esce sempre 1. Sua madre singhiozzò al suo fianco; il padre sembrò perdere il poco di colorito rimasto. Così è questa la vita, un enorme gioco di ruolo.

«È prematura,» rispose Tsunade «ma oggi è facile tenerla sotto controllo. Devi solo stare più attento e poi ci sono i farmaci…»

Altre pasticche. Altra droga per tenerlo vivo. Nel mondo reale gli incantesimi si chiamavano farmaci e i chierici dottori. E i maghi? I maghi non esistevano nella realtà. Per questo ne aveva voluto giocare uno, per fare l’impossibile, visto che il possibile gli era negato.

«Ok» se aveva interrotto il discorso della dottoressa, non se n’era accorto «Scusate, io esco» aggiunse. Salutò la dottoressa.

«Sasuke…» mormorò Mikoto.

«Torno a casa da solo. Ho… voglio stare da solo».

Uscì dall’ufficio. Aveva bisogno di stare all’aria aperta, di respirare vero ossigeno e non l’atmosfera viziata della stanza. Voleva camminare, finché ancora ce la faceva. Camminare e non fermarsi finché le gambe lo avessero sostenuto. Non correre: camminare, camminare e basta, senza meta. Superò il giardino della clinica, l’alto cancello. Una macchina quasi lo investì, senza fermarsi sulle strisce pedonali. Fu avvolto da una nuvola di gas di scarico. Tossì e riprese a camminare, un passo dopo l’altro.

 

Dall’altra parte della città, al Konoha Comics&Games, Sakura controllò un’ultima volta il cellulare, guadagnandosi un’occhiata di rimprovero da Madara. Con un sospiro lo spense e tirò iniziativa.

 

 

 

N/A: ma voi vi ricordate il primo capitolo, quando questa doveva essere una fanfiction for fun, perché avevo voglia di cazzeggiare su Pathfinder? Ecco, vi sia di lezione: non credetemi quando dico di voler scrivere qualcosa di leggero.

Non voglio dire il nome della sindrome da cui è affetto Sasuke, perché non è mia intenzione affrontarla a livello medico. Non avrei le competenze per farlo in maniera adeguata, quindi mi astengo, nonostante viva con le pagine mediche e una consulenza infermieristica costante (grazie Alice, probabilmente manco te lo ricordi, ma ti ci ho rotto le palle per un paio di settimane buone quando ho cominciato la storia). Mi interessa, invece, esplorare la relazione che può esserci tra un gioco di ruolo, in cui puoi fare cose che nella realtà ti sono negate, e una condizione fisica in cui ti ritrovi a essere (quindi non di partenza) e che ti priva di una tua abitudine.

Be’, spero di aver fatto qualcosa di decente.



[1] Guarigione è un incantesimo da Chierico che guarisce 10 danni/livello incantatore e fa cessare immediatamente le condizioni avverse sul bersaglio: Abbagliato, Accecato, Affaticato, Assordato, Avvelenato, Confuso, Caratteristiche, Demente, Esausto, Frastornato, Folle, Infermo, Malato, Nauseato e Stordito.

[2] Palla di fuoco: uno degli incantesimi più forti dei livelli medi. Infligge danni ingenti da esplosione (1d6 per livello dell’incantatore, fino a un massimo di 10d6) e può distruggere l’equipaggiamento.

[3] Potenziare: gli effetti di un incantesimo si moltiplicano del 50%.

[4] Massimizzare: gli effetti di un incantesimo sono estesi al massimo. Quando Sasuke parla di “palla di fuoco massimizzata e potenziata” sta calcolando un totale di 10d6 al massimo (quindi 60 danni) + il 50% di questi (30), quindi un totale di 90 danni. Abbastanza da uccidere un personaggio sul colpo.

[5] Parola del Potere: può avere diversi effetti una volta pronunciata, arrivando a stordire o uccidere gli avversari.

[6] Raggio Polare: attacco a distanza che infligge 1d6 danni da freddo/livello e risucchia 1d4 a Destrezza.

   
 
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