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Autore: IamNotPrinceHamlet    02/05/2020    1 recensioni
Seattle, 1990. Angela Pacifico, detta Angie, è una quasi 18enne italoamericana, appassionata di film, musica e cartoni animati. Timida e imbranata, sopravvive grazie a cinismo e ironia, che non risparmia nemmeno a sé stessa. Si trasferisce nell'Emerald City per frequentare il college, ma l'incontro con una ragazza apparentemente molto diversa da lei le cambia la vita: si ritrova catapultata nel bel mezzo della scena musicale più interessante, eterogenea e folle del momento, ma soprattutto trova nuovi bizzarri amici. E non solo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“L'ha steso?”

“Sì, è andato giù come un sacco di patate. Ed era un sacco bello grosso” Angie molla per un attimo la mia mano, giusto il tempo di mimare la stazza approssimativa del tizio, poi la stringe di nuovo, mentre camminiamo verso la sua macchina.

“Con un pugno?”

“Ad essere precisi, due”

“Visto quello che ti ha detto, io gliene avrei dati di più” ubriaco o no, se tocchi una donna sei una merda e se mi capiti a tiro sei morto.

“Avresti infierito su un sacco di patate inerme?”

“Nah, hai ragione: scarsa soddisfazione. Comunque hai capito Meg, tipa tosta”

“Già… e pensare che all'inizio credevo fosse una fighetta insipida”

“Cosa? Tu? Tu che hai un pregiudizio? Non è possibile!” mi diverto a stuzzicarla. Quando le ho espresso dei pregiudizi molto simili sul conto di Violet mi ha fatto sentire una merda.

“Eheh sì, lo ammetto, ho sbagliato anch'io: errare è umano. Comunque è così che abbiamo fatto amicizia ed è iniziato tutto”

“Esempio di come da una brutta storia possa nascere qualcosa di buono”

“Vedi, quindi anche quel tizio qualche merito ce l'ha avuto dopo tutto” quando arriviamo alla sua Mini, Angie mi prende anche l'altra mano e si appoggia al paraurti tirandomi a sé.

“Merito un cazzo. E’ successo una vita fa e io neanche c'ero e mi prudono lo stesso le mani dalla voglia di pestarlo a dovere” probabilmente portarmi a mangiare Thai nel quartiere universitario la fa sentire abbastanza al sicuro da possibili avvistamenti da parte dei nostri amici.

“Non ti agitare” cerca di calmarmi con un bacio e diciamo che ci riesce benissimo, ma non è necessario che lo sappia.

“Uhm… sono ancora un po’ agitato” le dico dopo aver fatto un po’ di scena, schioccando le labbra e la lingua come fanno i sommelier dopo un sorso di vino.

“Ahah dai, andiamo” me ne stampa un altro veloce e apre la portiera, mentre io faccio il giro per salire dall'altro lato.

 

“Angie, io sono l'ultimo a poter dare lezioni sullo stradario di Seattle, ma non dovevamo girare a sinistra?” le domando dopo la svolta al secondo semaforo.

“Oh… ma… perché tu vuoi tornare a casa, giusto?” stava allungando la mano verso il vano porta oggetti, ma si blocca, come se l'avessi beccata a combinare qualcosa e li vedo anche nel buio dell'abitacolo i suoi occhioni improvvisamente tristi.

“No, cioè, non per forza”

“Perché pensavo che è ancora presto e…” rimette entrambe le mani sul volante e contemporaneamente si stringe nelle spalle.

“Infatti, è presto” è sempre troppo presto per me quando è ora di salutarla.

“Pensavo… così… di fare un giro”

“Va bene”

“Ma se vuoi ti porto a casa”

“No, non voglio andare a casa”

“Non ti ho chiesto neanche se domattina hai da fare”

“Non ho un cazzo da fare domattina, Angie”

“Magari sei stanco”

“Non sono stanco”

“Appena posso faccio inversione”

“Angie?” le prendo la mano destra dal volante e ne bacio il palmo.

“Sì?”

“Portami in giro”

“Ok”

“Dove mi vuoi portare?” le chiedo lasciando andare la sua mano, che stavolta si fa strada nel cassettino porta oggetti e ne estrae una cassetta, senza custodia, che viene prontamente infilata nello stereo.

“In un posto… vedrai” sorride mentre Jim Morrison comincia a cantare.

 

Yeah I’m a back door man

I’m a back door man

The men don’t know

But the little girls understand

 

“Manca ancora molto?” le domando mentre Brian Ferry ha appena finito di dire che L'amore è la droga che preferisce e noi ci immettiamo nella Greenwood Avenue.

“No, ci siamo quasi”

“Quasi… sii più specifica” mi piace stuzzicarla e vedere le sue facce.

“Meno di dieci minuti e siamo arrivati. Ti stai annoiando?”

“Con te mai”

“E allora perché sei così impaziente?”

“Non sono impaziente, vorrei solo capire se questo posto dove mi vuoi portare si trova dentro i confini degli Stati Uniti o no. Perché se per caso, per essere sicura che i nostri amici non ci sgamino, mi stai portando in Canada, ti avviso che non ho con me il passaporto”

“Ah ah” Angie mi rivolge un'occhiataccia, a cui segue immediatamente una carezza e una stretta sul mio ginocchio.

“Allora non sconfiniamo?”

“No”

“E dove stiamo andando?”

“Tra poco lo vedrai”

A un bivio giriamo a sinistra e poi ancora a sinistra e gli alberi si infittiscono.

“Tanto lo so: mi stai portando in un parco”

“Chissà” stacca per un attimo le mani dal volante per allargare le braccia facendo la gnorri.

“No! Mi stai portando al mare” mi correggo quando dopo pochissimo la strada diventa in discesa, la vegetazione si dirada un po’ e vedo meglio l'orizzonte.

“Una cosa non esclude l'altra”

“Adoro vederti guidare col cambio manuale, lo sai?” dico cambiando completamente argomento, perso nei suoi movimenti nella guida.

“Ahah ho imparato a dodici anni, da mio padre. Tu lo sai fare?”

“No”

“No?? Davvero?” mi guarda scioccata per un attimo mentre prende dolcemente le curve della strada praticamente deserta.

“Eheh davvero, giuro, non ho mai provato”

“Ti insegno io!”

“Volentieri. Scommetto che sei una bravissima insegnante”

“Brava, ma severa”

“Perfetto”

Un cartello giallo indica una strada senza uscita ed è a quel punto che capisco che siamo arrivati a destinazione. Angie svolta in una strada sterrata piuttosto stretta sulla sinistra, per poi fermarsi in una sorta di spiazzo naturale, una radura in mezzo agli alberi, col muso della Mini rivolto verso l'ampia vista libera sul mare.

“Wow”

“Dal parcheggio più in alto il panorama è migliore, ma qui è più tranquillo” commenta spegnendo il motore.

“Lo vedo” mi guardo attorno ed effettivamente siamo ben nascosti dalle case costiere.

“Ti piace?” mi domanda mentre si scioglie la sciarpa e la lancia sul sedile di dietro, e dalle casse sfumano gli Stones e arriva morbida e graffiante allo stesso tempo la voce di Nico.

 

Here she comes, you better watch your step
She’s going to break your heart in two

 

Ho poco da fare attenzione ormai. Ci sono dentro fino al collo e il mio cuore è suo; non è spezzato, ma può farci quello che vuole, anche se non ha le lenti colorate e non è una Femme fatale diabolica e spietata come quella della canzone.

“Sì, mi piace qui…” maliziosa sì però, con quel sorrisino che… aspetta un momento “Angie?”

“Dimmi” risponde sbottonandosi il cappotto.

“Un piccolo dubbio mi assale”

“Eheh cioè?”

“Mi hai portato qui a scopare?”

“EDDIE!”

“A scopare in una Mini Cooper?”

“AHAHAHAHAH!”

“Perché ridi? Ho fatto una semplice domanda” in realtà mi sto divertendo un sacco anch'io, ma in maniera più discreta.

“Certo che proprio non ti piace girare attorno alle questioni, eh?”

“No, dovresti saperlo ormai… Allora?”

“Allora, ti ho portato qui per stare un po’ insieme tranquilli, tra di noi, in intimità”

“Cioè scopare”

“Non solo per quello!”

“Ma anche quello”

“Beh… se ti va, sì” ammette e lo vedo anche al buio che è arrossita. Questa cosa delle iniziative da prendere ci sta sfuggendo di mano. Ma non mi sto certo lamentando.

“Mi va, ma per fare questa cosa andava bene pure casa mia, anzi era meglio”

“Insomma” scuote la testa poco convinta.

“Sia per la temperatura che per la comodità”

“Dimentichi un piccolo particolare”

“Quale?”

“Uno non così tanto piccolo, che vive con te e si chiama Jeff”

“Jeff sa quando farsi i cazzi suoi, è un ragazzo sveglio”

“Appunto, troppo sveglio!”

“Uff…”

“E poi non c'è questo panorama a casa tua” ribatte indicando la vista attraverso il parabrezza.

“Qualunque sia il posto, il panorama è sempre spettacolare quando ci sei tu”

“In pratica mi stai dicendo che vuoi tornare a casa” abbassa lo sguardo e fa finta di niente perché non può accettare un complimento neanche a morire.

“No, voglio stare qui e godermi il panorama da vicino” la abbraccio infilandole le mani sotto il cappotto e tirandola verso di me per un bacio. Il primo di una lunga serie.

“Allora ti è piaciuta come… iniziativa?” mi chiede staccandosi dalle mie labbra e mettendosi a giocare coi miei capelli.

“Eheh sì, molto. Solo vorrei capire come si svolge il tutto a livello… come dire… logistico”

“Usa un po’ di fantasia, no?”

“La prossima volta che vuoi andare in camporella dimmelo che prendo il mio pickup”

“Ahahah non è che là ci sia tanto più spazio alla fine, sai?”

“Però c'è sempre il cassone”

“Ahahahahah comodissimo e soprattutto discreto”

“Dipende dove vai…”

“Oddio, l'hai fatto nel cassone??” Angie si stacca da me e mi guarda come se avesse visto un fantasma.

“Un paio di volte, sì”

“Per la gioia dei guardoni”

“Ovviamente mi sono prima accertato che non ci fosse nessuno in giro”

“Sei un esibizionista del cazzo!”

“Non c'era nessuno, scema!”

“Eheh anche adesso non c'è nessuno”

“Già”

Ci guardiamo per un secondo, smettiamo di ridere e praticamente ci saltiamo addosso l'un l'altro nello stesso istante. Angie si scrolla il cappotto di dosso e in qualche modo lo butta sul sedile di dietro dopodiché si arrampica a cavalcioni su di me, tutto questo senza scollare la bocca dalla mia.

“Abbassa un po’ lo schienale” mi sussurra nell'orecchio.

“Così?” tocco appena una levetta laterale e mi ritrovo steso.

“Ahahah anche un po’ meno, ecco così. Magari prova ad andare anche un po’ in là” Angie mi aiuta a risollevarmi dopodiché raggiunge un'altra leva, presumo sotto al sedile, e lo spinge all'indietro in modo da quadagnare qualche centimetro quadrato in più di spazio vitale.

“Sei comoda?”

“Sì, tranquillo”

“Sei sicura? Hai un ginocchio sulla portiera e l'altro sull'attacco della cintura”

“Non sono mai stata meglio” se io non amo perdere tempo con le parole, Angie è quella che non indugia con i fatti perché sta già cercando di slacciarmi i pantaloni. Ci riesce e basta qualche secondo perché mi faccia già uscire di testa. Poi si alza botto torna sul suo sedile.

“Che fai? Dove vai?”

“Aspetta, devo giusto rimuovere… qualche piccolo ostacolo” la vedo slacciarsi le scarpe, trafficare con i suoi jeans, e presumo anche con gli slip, prima di tornare da me. Anch'io tiro giù tutto nel frattempo per facilitare la dinamica. Non faccio caso al fatto che non l'ho vista lanciare nient'altro sui sedili posteriori ed è solo quando allungo le mani per accarezzarla che mi accorgo che ha ancora indosso una gamba dei pantaloni.

“Fai le cose a metà?” rido sulle sue labbra.

“Metti che dobbiamo ricomporci al volo”

“Hai pensato proprio a tutto, eh?”

“Lo sai che sono precisa”

“Uhm vedo. Anche la cassetta…”

“Che cassetta?”

“La compilation da scopata che stiamo ascoltando da quando siamo partiti”

“Che?!” Angie scatta non so se più per la mia uscita o per il modo in cui la tocco.

“Non provarci neanche a fare finta che non lo sia”

“Figurati!”

Tim Buckley ha appena detto che vuole essere la tua vittima d'amore” e lo capisco eccome.

“E’ una compilation… romantica… si vede che mi è uscita così”

“Talmente romantica che subito dopo ti ha chiesto di frustarlo e prenderlo a schiaffi”

“Mai sentito parlare di metafore? E sì che scrivi canzoni”

“Metafore. Sì certo. Quindi quando Eric Clapton parla di fare l'amore contro il muro è sempre una metafora? E non cito quello che viene dopo che è pure peggio, perché tanto già lo sai” le sbottono il golfino e la camicia insieme, mentre lei si stringe nelle spalle e cerca di fare la gnorri.

“E’ solo una bella canzone”

“Sono tutte belle” la stringo e riesco a tirarmela di nuovo addosso.

“Non voglio musica di merda quando guido” sentenzia prima di baciarmi togliendomi praticamente il fiato.

“Né quando ti imboschi col tuo ragazzo” la ripago subito con la stessa moneta.

“Sono precisa” mi fissa e risponde beffarda dopo un po’. Che poi… questa cassetta l'avrà fatta apposta? Cioè, apposta per stasera o comunque per me? O è un mix già pronto all'uso che tiene lì per ogni evenienza? E se sì, con chi l'avrà usato? L'avrà fatto avendo in mente qualcun altro? Ma soprattutto, perché mi vengono questi pensieri del cazzo adesso?

“Una cosa però l'hai dimenticata…” concentriamoci che è meglio.

“Cosa?”

“Non sono pronto a diventare papà”

“Ah! No… ce li ho, tranquillo” tutta la sicurezza di un secondo fa sparisce, Angie si tira su e si volta non solo per tentare di raggiungere e aprire il portaoggetti, ma anche per nascondere una piccola punta di imbarazzo.

“Sei la mia precisina preferita”

“Tecnicamente… ehm… il rischio non lo correresti ugualmente… nel senso che… beh, prendo la pillola, però ecco…” comincia a balbettare mentre apre la scatola senza guardarmi.

“Va bene”

“Al momento preferisco così, cioè, secondo me è meglio usarli lo stesso… se per te non è un problema…”

“Angie”

“Almeno per adesso, visto che… beh… abbiamo appena… poi con quello che è successo prima…”

“ANGIE?”

“Sì?”

“Ho detto che va bene, basta paranoie, ok?”

“Sicuro?”

“Ma certo, più in là vedremo, adesso va benissimo così”

“Ok”

“E adesso vieni qua”

“Come qua? Sono già qua”

“Intendo dire, più vicino”

“Siamo in una Mini, non posso andare molto lontano”

“Ho freddo e mi sento solo quaggiù sul sedile. E ho voglia di te. Quindi torna qui” la tiro per i lembi della camicia e lei si arrende, non so se più per paura che gliela strappi o perché convinta dalle mie parole.

“Lo sguardo da cucciolo bisognoso è quasi più potente delle fossette” alza gli occhi al cielo, o meglio, al tetto dell'auto, e mi raggiunge sorridendo.

“Addirittura?”

“Ho detto quasi

 

**

 

Ancora non mi capacito di come faccia Angie ad avere tutto questo potere su di me, di come faccia a disarmarmi e stupirmi ogni volta. Anche una cazzata assurda, come quella di appartarsi in macchina a fare contorsionismo notturno in un posto sconosciuto, roba che non faccio da quasi una decina d'anni, con lei diventa speciale, e non solo per l'atto pratico in sé. In questo momento sono totalmente rapito dalla ragazza che sta sopra di me, ma non soltanto perché sta letteralmente sopra di me. La verità è che mi sta sopra, sotto, dentro, fuori, sulle spalle, tra le gambe, nella testa, nel sangue, sulla pelle e tutt'attorno. Faccio l'amore con lei nel modo e nel luogo più scomodi e stupidi del pianeta, ma il mio unico pensiero è che la voglio più vicina, ancora di più, come se fosse umanamente possibile. Il mio unico pensiero non è un pensiero perché non riesco a pensare, è solo un istinto, una sensazione, come la fame e la sete. La bacio e attraverso gli occhi chiusi vedo colori e punti luminosi, lampi di luce come scosse elettriche date da fulmini improvvisi. E le scariche si fanno via via più ravvicinate e intense e io penso di stare impazzendo perché non ho mai provato nulla del genere. Finché Angie non disimpegna la bocca e la usa per parlare.

“Ma cos- OH CAZZO”

Insomma, non so se sia colpa/merito di Angie, ma ci siamo rincoglioniti l'un con l'altro a tal punto da non accorgerci della volante della polizia spuntata chissà quando da chissà dove e parcheggiata a pochi metri da noi col lampeggiande acceso.

“Oh oh”

“OH OH? C'è la cazzo di polizia e tutto quello che sai dire è Oh oh??” Angie torna alla realtà molto più velocemente di me, che invece sono ancora un po’ confuso.

“Che devo dire? Merda sarebbe più appropriato?”

“Sì, decisamente”

“Che fai ti rivesti?”

“No! Ma va! Resto qui tranquilla ad aspettare gli agenti a culo nudo” Angie si affanna a ricomporsi, mentre io faccio tutto lentamente. Diciamo anche che per me è più semplice.

“Non agitarti troppo, possono pensare che vuoi nascondere qualcosa”

“Nascondere qualcosa è proprio quello che sto cercando di fare” tira su frettolosamente i pantaloni e inizia ad abbottonarsi il golfino, tralasciando la camicia, non so se volontariamente o no.

Quando sentiamo qualcuno bussare al finestrino saltiamo in due. Angie guarda alla sua sinistra, poi di fronte, poi verso di me e scuote impercettibilmente la testa prima di indossare l'espressione più innocente che le ho mai visto in viso da quando la conosco.

“Buona sera, agente” si rivolge a uno dei disturbatori della nostra serata dopo aver tirato giù il finestrino. A giudicare dall'ombra che intravedo attraverso il mio, direi che il compare sta dalla mia parte.

“Buona sera… anche se buona notte sarebbe più appropriato, che dite?” abbiamo beccato il poliziotto che fa lo spiritoso. Cazzo.

“Beh, sì eheh!” Angie decide di assecondarlo e non posso darle torto “Come… ehm… come posso aiutarla?”

“Uhm vediamo, cominci con accendere la luce e darmi i suoi documenti, signorina”

“Certo, subito!” Angie si allunga sul sedile di dietro e il poliziotto picchietta il parabrezza con il manganello in corrispondenza dello specchietto per attirare la sua attenzione e farle capire che prima deve accendere la luce interna dell'abitacolo. Lei sussulta un attimo e poi esegue, prima di tornare a cercare i documenti.

“Stai calma” le sussurro mentre recupera la borsa e porge il tutto all'agente. Avrei preferito esserci io alla guida, non vorrei che Angie si agitasse e combinasse qualche cazzata. Sarà la prima volta in vita sua che la fermano.

“Grazie, anche quelli del suo… amico… prego” il tipo mi guarda malissimo e nello stesso momento qualcun altro bussa al mio finestrino. Voltandomi vedo una figura femminile che mi fa segno di tirarlo giù.

“Buona sera, ecco a lei” tiro fuori lentamente il portafoglio e da lì la patente, prima di darla alla collega.

Angelina W. Pacifico… Idaho, eh?”

“Sì, mi sono trasferita da qualche mese” Angie ci aggiunge del suo, rispondendo a una domanda fatta da nessuno, cercando di mostrarsi disposta a collaborare.

1972. Wow, sembra quasi vera ahah!” l'agente sventola il documento e ride a denti stretti rivolto alla collega.

“Sembra? Guardi che è vera!” Angie si infastidisce e io sbianco perché se comincia a rispondere alle provocazioni sono cazzi.

“Sarà… è da controllare”

“Controlli pure!” cazzi amari.

“Facciamo che mi da anche il libretto di circolazione, così controllo pure quello, che ne dice?”

“Va benissimo! Glielo do subito, per me può anche perquisire me, lui e tutta la macchina, ho la coscienza pulita io!”

“Ma lo sa che mi ha dato un'ottima idea, signorina Pacifico?” lo stronzo ride ancora sotto i baffi e spero che Angie si levi al più presto dalla faccia l'espressione in cagnesco che le vedo fare mentre recupera i documenti della macchina.

“26 anni. Non sei un po’ troppo grande per quella ragazzina?” mi domanda la poliziotta dopo aver esaminato la mia patente e io decido di tacere, peccato che qualcun altro non sia del mio stesso avviso.

“IO SONO MAGGIORENNE! In che lingua glielo devo dire?”

“Silenzio!” l'urlo del poliziotto mi coglie di sorpresa dal mio lato, dove ha raggiunto la collega per prendere il mio documento, prima di tornare alla sua auto per i controlli.

“Angie, taci, per favore” sibilo tra i denti sperando segua il mio consiglio.

“Maggiorenne o no, è sempre un po’ più grande di te” la poliziotta si china sul finestrino affacciandosi a parlare con Angie, con un tono più gentile.

“Non è un reato” risponde lei sottovoce e non so neanche se l'agente l'ha sentita. Forse finalmente ha capito qual è l'atteggiamento giusto.

“Vai all'università di Washington?” chiede la donna, che evidentemente vuole buttarsi sulle chiacchiere per ammazzare il tempo e per allentare la tensione.

“Sì, come fa a saperlo?”

“L'adesivo sopra il paraurti”

“Ah! Sì, mi sono trasferita qui apposta, per l'università”

“Con i tuoi?” ok, l'operazione poliziotto buono/poliziotto cattivo è iniziata.

“No, da sola”

“Quindi vivi da sola, hai un appartamento…”

“Beh sì”

“E tu?” stavolta si rivolge a me e per farlo mi punta la torcia dritta in faccia.

“Io non faccio l'università”

“Intendo dire, tu non ce l'hai una casa?”

“Certo”

“E allora cosa diavolo ci fate qui? In macchina? Beh, in una specie di macchina” continua spegnendo la torcia e usandola per indicare sommariamente la vettura e io mi giro verso Angie di scatto perché lo so che potrebbe bastare questo per farla scattare e saremmo fregati, ma lei imperterrita resiste e risponde pacata.

“Facevamo un giro”

“Un giro?”

“Sì” ribadisco io.

“Da fermi?”

“Ci siamo fermati un attimo” risponde prontamente la mia ragazza.

“Per fare cosa?”

“Chiacchierare” si è instaurato questo meccanismo per cui diamo una risposta ciascuno a turno, quindi sono io ad aprire bocca.

“Parlare” aggiunge Angie.

“Ascoltare musica” questo me lo suggerisce la cassetta che continua ad andare avanti con… The rain song?? Angie, cazzo, non potevi essere meno ovvia? E hai il coraggio di dire che non è un mix da scopata. Praticamente il nastro basterebbe da solo come prova in tribunale di atti osceni in luogo pubblico.

“Guardare il panorama”

“Sì sì, infatti quando siamo arrivati abbiamo visto quanto eravate concentrati sul panorama” la donna alza gli occhi al cielo e le scappa da ridere. Verrebbe da ridere anche a noi probabilmente se non fossimo sotto interrogatorio.

“Lei non ha specificato quale panorama… anche tu, un po’ di elasticità mentale, per favore!” il collega cabarettista torna e porge i documenti a Angie attraverso il finestrino.

“Giusto!” esclama la poliziotta scambiandosi sguardi divertiti col socio, che torna a fare domande.

“Allora, se perquisisco questa macchinina da autoscontro ci trovo della droga o no?”

“No, agente” risponde seccamente lei e io spero sia vero, perché se ci trova qualcosa siamo doppiamente nella merda.

“Armi?”

“Figuriamoci, per carità. Le odio”

“E se ti faccio il palloncino cosa trovo?”

“Nulla perché non ho bevuto. Lui sì, qualcosina, ma non guida”

“Sì, ho visto, ho capito che sei tu che conduci, era piuttosto evidente ahahah” il tizio non riesce a trattenersi e scoppia a ridere sul finale, seguito a ruota dalla collega, che però lo redarguisce, rivelandoci così anche il suo nome.

“Barlow!”

“Ok ok, lo sapete perché vi abbiamo fermati?”

“Eravamo già fermi” Angie dice a voce bassa, ma non a sufficienza, mentre mi passa le carte da mettere via nel portaoggetti.

“Non faccia la spiritosa, lo sapete o no?” non dirgli che se lo fa lui lo puoi fare anche tu, so che glielo vuoi dire, ma non farlo, ti prego!

“No” rispondiamo in coro. Meno male. E almeno su questo è preparata: con la polizia, fare sempre gli gnorri.

“Perché secondo voi trombare in macchina in un luogo pubblico è una cosa normale, giusto?”

“Non è un luogo pubblico se non c'è nessuno, no?” la mia ragazza ci prova e rimarrà molto delusa.

“E questo su quale codice civile l'hai letto?” risponde lui sarcastico.

“Spero non studi legge, tesoro”

“No. Studio cinema”

“Aaah! Allora stavate provando le scene, ecco cosa!” questi due si stanno divertendo un mondo con noi.

“Barlow, piantala! Ehm ehm stiamo pattugliando la zona perché ultimamente ci sono state delle rapine. C'è una banda che prende di mira le coppiette che si appartano qui di notte, proprio come voi, ragazzi”

“Quindi al vostro posto rivedrei un po’ le mie abitudini” aggiunge il collega riprendendo fiato dalla sue risatine del cazzo.

“Ognuno di voi ha una casa, andate lì”

“Ma sì, O'Hara, non hai capito? Ci sarà di mezzo una storia di corna! Lui molla la fidanzata a casa con una scusa e si incontra con l'amante più giovane, ho ragione o no?”

“NO!” Angie reagisce scandalizzata e io sento che questa serata sarà ancora molto lunga.

“Ce lo potete dire, tanto questo no, non è un reato” Barlow si china praticamente incrociando le braccia sull'apertura del finestrino e affacciandosi verso l'interno.

“Non c'è nessuna fidanzata a casa” spiego io.

“Allora è il suo ragazzo il cornuto?”

“Il suo ragazzo sono io, stiamo assieme”

“Quindi, fatemi capire: state insieme, in una relazione regolare intendo, lei è maggiorenne, ognuno di vuoi due ha una casa… coinquilini rompicoglioni?” l'agente O'Hara conta sulle dita gli elementi che non le quadrano nel ragionamento.

“No, cioè, non troppo” Angie mi guarda mentre risponde, come se cercasse un suggerimento o, più probabilmente, perché trova il tutto tremendamente assurdo, tanto quanto me.

“E allora perché non siete a casa vostra?”

“Lo chieda a lei” non so perché rispondo in questo modo, non so neanche se l'ho fatto davvero, non me ne accorgo nemmeno, mi esce così, spontaneamente.

“Eddie?!”

“Dicci, Angie, perché non siete a casa vostra?” insiste il comico, incuriosito, chiamandola per nome.

“Perché… perché è una cosa fresca”

“E questo si era capito, anche solo per… per l'entusiasmo, ecco” il poliziotto continua guadagnandosi l'ennesima finta occhiataccia dalla collega.

“Non vuole dirlo ai nostri amici” e questo mi sa che sono ancora io che vado a ruota libera.

“E perché? C'è qualche ex di mezzo?” O'Hara domanda e ormai siamo passati dall'interrogatorio all'angolo del gossip.

“No. Cioè, sì,” Angie si corregge quando mi vede fare una smorfia “ma non è quello il motivo”

“E allora qual è? Mica ti vergognerai di lui? Insomma, non ho una particolare attrazione per i capelloni, ma mi sembra un bel ragazzo, tutto sommato”

“Non mi vergogno affatto, è… è bello. E’ perfetto, in tutto” dal gossip siamo arrivati alle confidenze? Un momento, cos'è che ha detto?

“E allora?” già, e allora? Mentalmente mi unisco ai due che insistono all'unisono per avere in cinque minuti una risposta che io cerco da settimane.

“E’ che… beh, abbiamo gli stessi amici, è tutta una compagnia. E alcuni di loro suonano in un gruppo, con lui”

“Musicisti eh? Forse una perquisizione conviene farla tutto sommato” Barlow fa un'altra battuta del cazzo, ma la collega lo ignora e resta sul tema del momento.

“E sono più amici tuoi o suoi?”

“Beh, io li ho conosciuti poco prima, ma… più o meno uguale, direi”

“Ok, quindi hai paura sia di perderli sia di farli perdere a lui se le cose andassero male, giusto?”

Angie annuisce in silenzio alle parole di O'Hara e io rimango di stucco. Perderli? Improvvisamente una luce nuova viene gettata sulla faccenda, un nuovo punto di vista che non avevo mai preso in considerazione. Angie ha detto che non si fida di se stessa, ma si fida di me e non le ho mai creduto fino in fondo. Ha sempre espresso questa preoccupazione nei confronti dei nostri amici, perché sono impiccioni e non si fanno i cazzi loro, ma non avevo mai considerato che l'oggetto delle sue insicurezze fossero proprio loro, i ragazzi.

“Ho paura di essere giudicata o che giudichino lui. Ho paura di far nascere casini nel gruppo e che le nostre strade si dividano” Angie continua a confessare e mi chiedo se ci voleva davvero la minaccia di due poliziotti annoiati per tirare fuori finalmente la verità. Ma è lei che non l'ha mai rivelato o sono io che non ho mai capito un cazzo?

“Tesoro, ma è una cosa normale! Prendersi, lasciarsi, riprendersi, rilasciarsi, mettersi con un altro dello stesso giro. Nelle compagnie succede continuamente, ma non per questo si sfasciano” O'Hara si accende una sigaretta e da poliziotto buono si è trasformata in sorella maggiore. O meglio, nella zia a cui confidare tutto.

“Beh, non lo so, non ho mai avuto una compagnia, non così grande. Non ho mai avuto tutti questi amici” ora è tutto chiaro, cazzo. Non li ha mai avuti e non vuole perderli.

“Angie, se proprio dovessimo combinare qualche cazzata, sta’ sicura che i ragazzi il culo lo fanno a me, mica a te. E il ben servito, se proprio deve prenderselo qualcuno, me lo becco sempre io” cerco di rassicurarla, ma dalla sua espressione non ci sto riuscendo.

“E pensi che questo mi farebbe piacere?”

“Mi sembra di guardare una puntata di Oprah dal vivo” commenta Barlow rapito.

“Angie, gli amici restano. La verità è che agli amici frega, sì, ma non più di tanto. Non fraintendermi, gli amici ti amano, ti danno dei consigli più o meno richiesti, possono mettersi in mezzo e prendere le parti dell'uno o dell'altro, ma alla fine vogliono solo che voi stiate bene, sia insieme sia ognuno per conto suo. A un certo punto si fermano e dicono arrangiatevi, nel miglior senso possibile. Poi se spariscono, beh, vuol dire che non erano amici veri”

“Forse, forse ha ragione”

“Certo che ho ragione!”

“Ragione o no, qui a scopare non ci dovete venire più, intesi?” il poliziotto, che si stava praticamente accasciando alla portiera, si ridesta e da un paio di colpi al tetto della macchina, forse per darsi una svegliata da solo.

“Intesi”

“D'accordo”

“Bene, si è fatta una certa, andiamo O'Hara”

“Tornate a casa, ragazzi. E guida con prudenza, Angie, va bene?”

“Certo”

“Buona notte”

“Arrivederci agenti”

“A mai più” aggiungo io quando i due sono ben lontani.

Tiriamo su i finestrini nello stesso momento, Angie mette in moto e attende.

“Non vanno?”

“Aspettano che partiamo noi, per essere sicuri che ce ne andiamo” le spiego e sorrido tra me e me del fatto che non l'avesse capito. E’ come una piccola rappresentazione della sua innocenza. A volte mi dimentico che è giovanissima, che non ha esperienza in nulla, e no, non sto parlando solo degli atteggiamenti da tenere con gli agenti di polizia.

“Oh già, non ci avevo pensato, che palle” Angie sbuffa e parte.

 

“Che cosa assurda” siamo di nuovo in città quando Angie finalmente rompe il silenzio.

“Già”

“Che momento imbarazzante”

“Molto imbarazzante” però mi ha aperto un po’ gli occhi, quindi tutto sommato è anche servito a qualcosa. Da quando siamo partiti non abbiamo più fatto cenno a quello che è successo, non abbiamo accennato a niente perché non abbiamo aperto bocca e ci siamo limitati a scambiarci sguardi e sorrisi fugaci e a canticchiare qualche canzone. Adesso, una volta metabolizzata tutta la faccenda, è arrivato il momento di riprendere discorso, stavolta tra noi.

“Non mi era mai successo”

“Neanche a me” ho avuto a che fare con la polizia, ma non per questo tipo di infrazioni.

“Ci sono stata un sacco di volte e non ho mai visto polizia, queste rapine devono essere una cosa recente”

Ci metto un po’ a registrare quello che ha detto, forse perché sto ancora pensando al reato che stavamo compiendo su questi sedili neanche un'ora fa. Ma quando realizzo è come se mi svegliassero con una secchiata di ghiaccio potentissima.

“Mai? Perché, ci eri già stata?”

“Certo, se no come facevo a conoscere il posto?” lei risponde tranquillamente, quindi o è pazza o non ha capito dove sto andando a parare o non gliene frega un cazzo.

“E con chi?” la bocca di Angie si apre in una piccola O e qui intuisco che adesso sì, ha capito dove voglio arrivare.

“Come con chi? Con… con Meg”

“Con Meg”

“Sì, lei è qui da una vita, conosce i posti. Me l'ha fatto conoscere lei”

“Che ci sei andata a fare in riva al mare di notte con Meg?”

“A fare un giro! A bere e fumare, e spettegolare”

“E basta?”

“Ahahah che vuoi dire, che cosa pensi facessimo?”

“Voglio dire, ci sei andata con Meg e basta? Un sacco di volte, hai detto”

“E con te”

“Con Meg, me… e basta?”

“Beh…”

“Angie?”

“Non solo…”

“Ci sei andata con Jerry?”

“…”

“Angie, parlo con te”

“Lo so, ci sono solo io qui” siamo fermi al semaforo e Angie si guarda attorno nell'abitacolo, buttando pure l'occhio sui sedili di dietro, prima di tornare a fissare me.

“E quindi?”

“Non ci sono andata con Jerry”

“Quindi mi giuri che non mi hai portato dove ti infrattavi con il tuo ex, vero?”

“No!”

“Ok”

“Con lui… ehm… siamo andati nel parcheggio di sopra”

“COSA?!”

“Che c'è? Perché ti arrabbi?”

“Perché? Come perché? Mi porti a fare cosacce dove scopavi il tuo ex ragazzo, non dovrei neanche arrabbiarmi?”

“Non ho mai scopato Jerry in quel posto!”

“Il fatto che fosse un altro parcheggio cinquanta metri più su non cambia la sostanza, Angie”

“Intendo che non l'ho mai fatto in macchina con Jerry!” esclama mentre fa un cenno di scuse al tipo dietro, che ci ha appena suonato perché non siamo scattati subito al verde. Anche lui, che cazzo vuole poi? Che cazzo di fretta ha?

“No?”

“No, non ho mai… non ho mai avuto rapporti completi con Jerry in auto”

“Questo uso sospetto di termini molto, troppo specifici non mi sembra per niente casuale”

“Ci siamo baciati”

“Non lo voglio sapere” mi basta che lo dica per immaginarmelo, diciamo che me lo immagino anche senza che lei mi dica nulla, la mia immaginazione non ha bisogno di aiutini.

“Ma se me l'hai praticamente chiesto?”

“Non sono scemo, ho capito che non te lo sei scopato lì, ma qualcosa ci facevi. Il succo non cambia”

“Che c'entra chi ci ho portato prima, adesso ci sei tu”

“C'entra perché… perché mi da fastidio, mi fa strano, mi da… una sensazione… brutta”

“Te l'ho praticamente detto quando ci siamo arrivati che ci ero già stata, ma non hai fatto una piega. Perché adesso te la prendi tutto d'un tratto?”

Ed effettivamente è vero, me l'ha detto, non mi ricordo le parole esatte, ma me l'ha fatto capire. La verità è che ero talmente preso dalla situazione, da lei, dal suo profumo, dai suoi gesti nel togliersi la giacca, dai suoi occhioni, dal suo sorriso malizioso a forma di cuore… e non ho capito un cazzo.

“Si vede che prima non ci ho fatto caso e adesso sì”

“Io vengo da fuori, non conosco tanti posti, se decido di appartarmi con te da qualche parte non posso improvvisare, è ovvio che io segua… ehm… una strada già battuta”

“Beh allora non andiamo più da nessuna parte e stiamo a casa, così risolviamo il problema”

“Se è per questo, Jerry è stato anche nel mio letto, non andiamo più nemmeno lì?” Angie mi guarda perplessa e io lo so, lo so che sono pazzo, che sono io quello malato, che la gelosia retroattiva non ha senso. Ma mi girano le palle, ah, se mi girano!

“Potresti… potresti evitare di ricordarmelo? Grazie”

“Ma… sei geloso di Jerry?”

“No” noooo ma va! Cosa te lo fa pensare?

“Ok. Anche perché sarebbe veramente stupido se tu lo fossi” ecco, appunto.

“Infatti”

“Perché non mi interessa, non c'è praticamente la benché minima speranza che lui possa interessarmi ancora e che possa tornare con lui” siamo sicuri? Magari da parte di Angie non c'è storia, ma Jerry ci spera ancora, eccome. Me l'ha detto lui! Ovviamente, questa informazione me la tengo per me.

“Lo so”

“Bene”

“Anche la cassetta la usavi con lui o è una mia esclusiva?”

“La cassetta l'ho fatta ieri, per te. Per l'occasione” ribatte sfiancata, alzando gli occhi al cielo.

“Ok”

“Contento?”

“Molto. Mi piace”

“Meno male”

“La cassetta di Jerry invece com'era?”

“Dio, Eddie, non c'è mai stata nessuna cassetta di Jerry”

“Non ci credo”

“Pensala come vuoi, potrei anche non risponderti, perché la cosa in fondo non ti riguarda. Invece ti ho pure risposto ed è la verità” ha ragione, quello che aveva con Jerry non sono cazzi miei. E sto facendo la figura del coglione.

“Scusa”

“Va bene”

“Sono un po’ stupido a volte”

“Ho notato”

“Poi però mi passa”

“Lo spero”

“Poi me la presti la cassetta? Voglio farne una copia”

“Spero ti passi in fretta, molto in fretta”

 

**

 

“Eccoci” Angie si ferma a un isolato da casa mia, come fa sempre ultimamente ogni volta che mi riaccompagna a casa.

“Guarda che Jeff non fa la casalinga impicciona alla finestra per controllare con chi esco. Non gliele può fregare di meno, sono mica Stone” scherzo per alleggerire un po’ l'atmosfera, che è ancora tesa nonostante le mie scuse e le stronzate che sparo.

“Venerdì” Angie tiene stretto il volante e continua a non guardarmi.

“Venerdì cosa?”

“Venerdì suonate all'Ok Hotel”

“Sì”

“E si festeggia Jeff, che fa gli anni due giorni dopo”

“Già”

“E poi lunedì iniziate a registrare Eleven

“Hahaha si chiama Ten

“Ma sono undici canzoni! Non ha senso, te l'ho già detto!” finalmente si volta dalla mia parte e le mani si spostano sulla parte bassa del volante.

“Se è per questo è anche il nostro primo disco, lo chiamiamo One? O First? Eheheh”

“Ridi ridi, poi quando non saprete come chiamare il vostro decimo album vedremo chi riderà per ultimo”

“Il decimo? Credi che dureremo così tanto?”

“Certo! Ma vi scioglierete proprio a causa di quel disco perché non saprete che cazzo di nome dargli, indecisi tra… boh… una marca di surf e una riserva dei Seattle Supersonics”

“Ahahah sempre che i Sonics esistano ancora”

“Perché non dovrebbero?” mi chiede improvvisamente seria, in quella sua maniera adorabile di focalizzarsi su dettagli del tutto secondari.

“Tu ci pensi mai al futuro? Dico, il futuro futuro, tipo venti o trent'anni da ora?” io sì, ad esempio ora mi sto immaginando tra vent'anni, a parlare in macchina con te, magari di ritorno da una partita dei Sonics.

“Mmm no, cioè, non dettagliatamente, ma sono curiosa di sapere se sul 2001 aveva ragione Kubrik o se nel 2019 avremo schiavi replicanti androidi come in Blade Runner, quello sì”

“Eheh intendo il tuo futuro, personale, a che punto sarai. Cioè, dove ti vedi, come ti vedi… cose così” le domando ancora e vorrei confessarle che io ogni tanto ci penso al futuro. E lei mi prenderebbe per il culo perché uno che è abituato a vivere l'attimo che pensa al futuro è un controsenso. Ma io farei finta di non averla sentita e le direi che non lo so se ci arriverò, ma ogni tanto mi piace immaginarmi tra venti o trent'anni, magari coi capelli più corti o senza capelli addirittura, a vivere di musica, sposato, con due o tre marmocchi. E allora sì che scapperebbe a gambe levate.

“Beh, no, onestamente non ci penso. Spero giusto di riuscire a laurearmi prima di allora”

“Dai, una maniaca del controllo come te che non pianifica il suo futuro? Mi stupisci”

“Il lontano futuro non si può controllare, così come il passato, l'unica cosa su cui puoi avere il controllo è il presente. O il futuro immediato” fa spallucce mentre il suo sguardo si perde chissà dove attraverso il vetro di fronte a lei.

“Vivi l'attimo anche tu allora? Devo aspettarmi di trovarti a scalare qualche edificio nel tempo libero?”

“Eheh no, ma le mie tempistiche di pianificazione sono piuttosto brevi. Per esempio, per ora arrivano fino a venerdì, come ti stavo dicendo, prima che ci perdessimo via in uno dei nostri discorsi senza senso” adoro i nostri discorsi senza senso.

“Che succede venerdì?”

“Pensavo, che potremmo farlo venerdì”

“Che cosa? Scalare un edificio? Io comincerei con qualcosa di iconico, tipo il cappello e gli stivali giganti di quella stazione di servizio, come si chiama…”

“Pensavo potremmo dirlo venerdì”

“Dire cosa?”

“Di noi… agli altri”

“Ah” non ci posso credere, sto sognando? Sì, dai, la storia dei poliziotti era troppo assurda, ovvio sia tutto un sogno, dovevo arrivarci.

“Visto che per un motivo o per l'altro saranno praticamente tutti lì, secondo me potrebbe essere l'occasione giusta. Così, ecco, lo diciamo solo una volta” continua lei e stranamente non mi sono ancora svegliato.

“Ma sei sicura?”

“Sì”

“Non devi farlo perché te l'hanno detto due sbirri del cazzo”

“Non è per quello”

“Né perché mi sono arrabbiato senza motivo pochi istanti fa”

“Non è neanche per quello”

“E allora per quale motivo?”

“Ahah è dall'inizio che premi per dirlo a tutto il mondo e adesso fai storie?” Angie molla il volante e si gira completamente verso di me.

“Non faccio storie, è che voglio tu sia sicura e mi sembra strano tu ti sia convinta in un paio d'ore”

“Non mi sono convinta adesso, ho sempre pensato che l'avremmo detto prima o poi, ovviamente. Adesso ho capito che il momento è arrivato”

“Sì?”

“Sì”

“Ok”

“Perfetto”

“Lo diciamo venerdì”

“Già”

“E come lo diciamo? Cioè, all'atto pratico, come facciamo? Salgo sul palco, ti indico e dico al microfono Quella laggiu è la mia ragazza?”

“Fai una cosa del genere e non esisterai più neanche per il primo album dei Pearl Jam, altro che il decimo” mi minaccia così bene che mi fa paura sul serio.

“Facciamo fare direttamente dei poster?”

“Non dobbiamo fare niente, dobbiamo solo comportarci normalmente”

“E coi nostri amici come comunichiamo? Con la telepatia?”

“Ci comporteremo normalmente, come facciamo di solito quando siamo da soli e loro non ci sono”

“Calandoci i pantaloni e saltandoci addosso?” lo so, lo so che sono un coglione, lei si sta finalmente aprendo e io sparo cazzate, ma non ci posso fare niente, sono fatto così, specialmente quando sono contento.

“Eddie!”

“Ti sei proprio fissata coi luoghi pubblici eh? Non conoscevo questo tuo… lato esibizionista, ahia!” insisto mentre cerco di schivare le sue sberle.

“Sei proprio scemo!”

“Eheh dai, scherzavo”

“Io faccio un discorso serio e tu scherzi”

“Scherzo perché sono felice per la tua decisione”

“Comunque… intendevo cose normali, camminare mano nella mano, abbracciarsi, baciarsi, senza ostentare la cosa, con discrezione ecco, in modo che tutti capiscano. E verranno a chiederci Dovete dirci qualcosa? oppure Ma state assieme? e a quel punto ci basterà un sì, risposta secca, senza troppe spiegazioni”

“Sei un genio”

“Che ne dici? Può andare?”

“Certo che può andare, mi sembra un'ottima idea”

“Ok, allora è andata”

“E visto che tanto venerdì lo diciamo a tutti, potresti accompagnarmi fino a casa, per favore?”

“Ahahah no”

“E magari salire con me”

“E’ già venerdì per caso?”

“Uhm no”

“Allora scordatelo”

“Quanto manca a venerdì?”

“Poco. Buona notte” Angie si avvicina e mi da quello che nelle sue intenzioni doveva essere un bacio veloce, ma io non resisto e la tengo stretta.

“Stai gelando, rimettiti il cappotto” le dico staccandomi a malincuore da quell'abbraccio freddino, ma solo a livello di temperatura.

“E’ vero, nella fretta di andarmene, me lo sono scordato” segue il mio consiglio afferrandolo dai sedili di dietro.

“Allora… buona notte” le do un altro bacio, apro la portiera, sospiro e scendo dalla macchina.

“Notte, ti chiamo domani, ok?” le faccio un cenno e sorrido sotto i baffi. Adoro quando mi chiama. Poi d'un tratto, proprio mentre sta per ripartire, mi torna in mente un dettaglio.

“Angie, aspetta!” due colpi alla sua portiera e lei frena di colpo e abbassa il finestrino.

“Che c'è? Hai dimenticato qualcosa?” mi chiede guardandosi attorno nell'abitacolo.

“Per cosa sta la W?”

“Che?”

“Il poliziotto, quando leggeva la tua patente, ha detto Angelina W. Pacifico. Per cosa sta la W?”

“Ah. Quella W” si irrigidisce e il motore si spegne, non credo l'abbia fatto lei volontariamente.

“Sì quella” mi appoggio al tetto della macchina e mi chino verso il finestrino, aspettando la risposta.

“E’ un'iniziale”

“Ok, immaginavo. Iniziale di…?”

“Di un nome”

“Già, e qual è questo nome?”

“Il mio secondo nome”

“Che è…?”

“Che è… un nome che inizia per W” mi guarda con aria sofferente e sento che non ha finito di tergiversare.

“Ahahah cos'è, un altro dei tuoi segreti?”

“Esattamente! Buona notte, Eddie” fa per tirare su il finestrino, ma io lo blocco infilandoci la mano. Spero di non rimetterci le dita.

“Ahahah buona notte un cazzo, dimmi come ti chiami”

“Devo proprio?”

“Sei la mia ragazza, devo sapere il tuo nome per intero!”

“Io non lo so mica il tuo nome per intero”

“Sono nato Edward Louis Severson III, per un po’ sono stato Edward Jerome Mueller e ora sono Edward Jerome Vedder, perché ho preso il cognome di mia madre”

“Jerome e Louis sono dei bellissimi nomi” commenta lei, concentrandosi sui nomi e ignorando completamente il casino anagrafico della mia identità.

“Scommetto che anche il tuo è bello”

“No, non lo è”

“W come… Wendy?”

“No”

“Wanda?”

“No”

“Wilhelmina? Winifred?”

“No e no”

“Winona”

“Magari. Non è neanche un nome”

“Come non è un nome”

“E’ un nome che non è un nome, è… una cosa”

“Una cosa? Aspetta! Genitori hippie, giusto?”

“Ehm… già”

“Willow!”

“No”

“Water?”

“No, buona notte Eddie” rimette in moto e la mia faccia almeno ha il potere di farle tornare il sorriso.

“Col cazzo! Non mi puoi lasciare così”

“Lo sto facendo, notte notte!” Angie prende e parte e mi lascia qui, come un coglione, a scervellarmi sull'ennesimo mistero, sull'ennesima cosa di lei che non so e che non vedo l'ora di conoscere.

 

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“No no no, Grace, mi dispiace, ma te lo devo dire: hai sbagliato tutto. E questo? Vuoi passare? E passa! Quanto ti ci vuole per sorpassare una Granada diesel?” senza nulla togliere alla macchina del mio caro genitore, non è esattamente il modello più veloce mai prodotto dalla Ford.

“Perché?”

“Se accosto ti basta o devo scendere a darti una spinta? Oh ecco! Bravo! Come perché? Ci vedi della logica?” il deficiente passa e io posso tornare a torturare Grace.

“Beh dai, tralasciando il metronotte che stava per beccarci, è stato carino e mi sembrava ti stessi divertendo”

“Infatti! Il pic nic notturno nella fabbrica abbandonata è stato figo. E anche la fuga dal sorvegliante. Oddio, se vogliamo chiamarla fuga: eri più lenta di una lumaca, se il tizio fosse stato almeno un pelo in forma ci avrebbe acchiappati”

“Avrebbe acchiappato me, visto che tu sei scappato senza aspettarmi” sottolinea imbronciata.

“Ti aspettavo alla macchina”

“Certo”

“Col motore acceso, avevo un piano ben preciso in mente”

“Immagino”

“Comunque l'appuntamento è stato da 8, non parlavo di quello”

“E allora di cosa?”

“Della cassetta. E’ tutta sbagliata” non dico che debba essere ai livelli di Angie, che è una sorta di cintura nera nell'arte della cassettina, però neanche fare un pastrocchio del genere. Se l'avessi saputo, non le avrei chiesto di portare qualcosa da sentire in macchina.

“Ahahah sono canzoni che piacciono a me, come fanno a essere sbagliate?”

“Non sono sbagliate le canzoni, ma come le hai messe assieme. Hai infranto ogni regola per la creazione di una compilation” le canzoni prese singolarmente vanno dall'ok al fantastico, qualcuna mi ha anche sorpreso. Non pensavo che Grace potesse conoscere band come i Cock Sparrer o i Japan, che tra loro c'entrano come i cavoli a merenda. E ovviamente sono vicine nel mix di Grace.

“Esistono regole del genere?”

“Certo che sì!”

“Fammi un esempio”

“Beh prima di tutto, non c'è un tema”

“Un tema?”

“Sì, un tema, un filo conduttore, qualcosa che le accomuni”

“Il tema è: Canzoni che mi piacciono”

“Ahahah eh no, non funziona così. Devi raccontare una storia, non buttare lì pezzi a caso. Hai messo canzoni di generi diversi, decadi diverse, mood diverso, perfino lingue diverse!”

“Adoro quella canzone di Ofra Haza!”

“Lente, veloci, poi tutte lente. Nah! E non puoi buttare lì un pezzo lo-fi e poi piazzarci subito dopo una megaproduzione”

“Non sono una musicista, non mi interessano i tecnicismi, io vado a sensazione”

“Quali sensazioni malsane ti portano a piazzare Bootsy Collins dopo i Bauhaus?”

“Creano entrambi… un'atmosfera” Gracie fa spallucce ma io continuo.

“E poi hai messo dei pezzi live… in una compilation… uhm… non si fa”

“Ok, quindi voto alla cassetta?”

“Non classificabile. Ripresentati al prossimo appello”

“E invece, voto ai miei stivali nuovi?” domanda accavallando le gambe per mostrare il suo nuovo acquisto. Come se non l'avessi già notato.

“10. Pete, il tuo ex, ti ha consigliata bene” sono marroni, con le stringhe fittissime e una sorta di ricamo laterale.

“Pete non è il mio ex e lo sai benissimo. E non fare finta di essere geloso perché tanto non ci crede nessuno”

“Non sono geloso, constatavo semplicemente il suo buon gusto estetico” e stanno benissimo con quei pantaloncini di velluto.

“E comunque non li ho comprati lì, li ho trovati in un negozio vintage in centro” un po’ mi crogiolo nell'autoconvinzione che li abbia presi apposta per me, perché sa l'effetto che mi fanno.

“Non sono male. Anche se non te li ha venduti Pete” d'altra parte però non vorrei pensasse sono un cazzo di pervertito che non riesce ad avere un'erezione se non vede un paio di stivali. E in generale, non vorrei pensasse sia quel tipo di persona che è necessario stupire ogni volta, con qualcosa di estroso o sopra le righe. Ho avuto questa impressione, ma magari è solo mia. Insomma, la cosa degli appuntamenti è simpatica, ma più che altro perché è una cosa solo nostra, e non semplicemente per l'originalità delle scelte nelle uscite.

“Sei un cretino, Stone, te l'hanno mai detto?”

“Sì, ma detto da te suona meglio” le rispondo con un lesto baciamano e voglio vedere come ribatte a questo colpo da maestro.

“Meglio del mio mix tape?” è brava anche lei, non c'è che dire.

“Decisamente. Non che ci volesse molto…” ma non sa ancora fino a che punto mi piace avere l'ultima parola.

“Già. E anche per capire quanto sei cretino, mi ci è voluto davvero poco” risponde con un occhiolino. L'ultima parola, ma quanto le piace togliermela?

 

**

 

“Sicuro di non volere qualcosa?” Grace mi chiede dal bagno, mentre io mi fisso su uno dei due acquari.

“Sicuro, sono pieno” per il pic nic avrà preparato venti panini, più il vino, direi che sono a posto.

“Non hai neanche un mini-posticino nello stomaco per il dolce?”

“Credo di non avere più spazio in nessun organo interno, anche volendo. Forse nelle orecchie, potrei provare ma…”

“Neanche per questo dolce?” Grace esce e la maniera in cui mi si presenta non mi è affatto nuova, ma non per questo meno straordinaria.

“Beh, magari… giusto un assaggio…” credo che i miei organi interni stiano esplodendo nel momento in cui Grace avanza verso di me, completamente nuda e solo con gli stivali addosso.

Istintivamente indietreggio, ma non so perché, deve essere un istinto del cazzo perché non ho assolutamente intenzione di sottrarmi alle sue attenzioni, anzi. Forse sono solo in soggezione di fronte alla sua bellezza. Forse sono solo ancora un po’ brillo.

“Perfetto.” Grace mi viene incontro, ma anziché abbracciarmi, mi dribbla e prosegue verso la cucina. La vedo scostare una delle sedie, forse quella nuova, forse no, per poi appoggiare le mani al tavolo e saltarci su “Allora che aspetti? E’ pronto in tavola”

“E questa… da che film porno di serie B l'hai presa?”

“Muoviti o mi rivesto”

“Ok”

 

**

 

“Che fai stanotte? Rimani a dormire?” sto ancora cercando di capire chi sono e dove mi trovo e quale camion mi ha appena travolto, quando Grace si riaffaccia in cucina in pigiama, con lo spazzolino in bocca, intenta a lavarsi i denti.

“Dipende”

“Dipende da che?”

“Se posso dormire nel tuo letto sì, se no me ne torno a casa mia” non so dove trovo la forza di tirare fuori l'argomento che potrebbe generare una gran discussione. Forse ho raggiunto un equilibrio tale nel nostro rapporto da riuscire a parlare apertamente di tutto. O forse è solo che mi fanno male i reni, le gambe e tutte le ossa e ho sonno, e quindi vorrei dormire sulla superficie più comoda e più vicina possibile.

“Ok, allora ci vediamo domani” Grace punta lo spazzolino verso di me per poi rimetterselo in bocca e tornare in bagno.

“Dai, Ciottolina, perché devi fare sempre così?” mi alzo dal divano tirandomi su boxer e calzoni alla bene e meglio, cercando di non perdere l'equilibrio, prima di andare verso il bagno per parlare faccia a faccia come le persone normali, ma il faccia a faccia diventa letterale quando lei sbuca dalla porta come una furia e quasi ci sbattiamo contro a vicenda.

“Come cavolo mi hai chiamata??” mi chiede trattenendo una risata a stento.

“Hai detto che il tuo cognome significa sasso, no? Non posso chiamarti… She-Stone, mi farebbe senso”

Stonia?”

“No”

Stonette?

“Perché non possiamo dormire assieme?” la riporto al succo della questione, perché conoscendo lei, e me, potremmo andare acosì vanti per ore.

“Te l'ho spiegato perché, è complicato” Grace si allontana da me e si sofferma un attimo di fronte al divano, come se ci si volesse sedere, ma poi ci ripensa e prosegue, sedendosi al tavolo della cucina, sulla sedia accanto alla porta d'ingresso.

“Lo so, ma ora, beh, è passato del tempo. E da qualche parte dovrai pure iniziare per… abituarti di nuovo alla presenza di un'altra persona, no? Andiamo per gradi” recupero la sedia che Grace aveva buttato da parte una mezz'oretta fa e mi ci siedo, risultando così esattamente di fronte a lei.

“Non sono solo io a dovermi abituare, Stone” in questo modo lascia intendere che ci sia dell'altro e io non sono certo stupido, l'ho capito da un pezzo che non è solo una questione di abitudine all'essere single. C'è una cosa che la rende insicura, all'inizio pensavo fosse qualcosa nella sua stanza, tipo le decine di peluches o qualche animale domestico strano di cui non vuole rivelarmi l'esistenza. Ma poi ho capito che è molto più di questo. Ho pensato che potrebbe avere qualche disturbo ossessivo compulsivo che la fa andare in panico nel momento in cui una persona va a turbare il suo equilibrio. Insomma, basta vedere il casino che ha tirato fuori per la sedia. Magari sistema le cose sul comodino secondo un preciso ordine di utilizzo o fa il letto col righello le squadre e l'idea che qualcuno glielo scombini la manda ai matti. Però mi ha risposto picche anche quando l'ho invitata a rimanere a dormire da me. Non è voluta nemmeno entrare nella mia stanza. Probabilmente riesce a dormire solo nel suo letto, vuoto. Poi ho pensato anche che potrebbe avere a che fare col suo passato, con la sua lunga malattia di cui non vuole mai parlare. Magari prende dei medicinali che la scombussolano o semplicemente che non vuole mostrarmi. Sono arrivato anche a pensare che possa prendere qualche droga, ma no, non la mia Gracie. E poi che c'entrerebbe la sua camera?

“Ok, se mi dici a cosa mi devo abituare, magari comincio a portarmi avanti io e poi tu mi vieni dietro, che ne pensi?”

“Fosse facile”

“Lo so che non è facile, altrimenti non avrei aspettato così tanto prima di metterti alle strette”

“Mi stai mettendo alle strette?”

“Sì, o parli o parli”

“Per forza?”

“Non me ne vado di qui finché non mi dici che succede. Davvero”

“Oh.” forse solo ora Grace capisce che faccio sul serio e che non mi farò andare bene le sue risposte evasive anche stavolta “Ok, va bene”

“Non devi avere paura, sono… sono solo io.” allungo le mani sul tavolo per prendere le sue e finalmente alza lo sguardo incrociando il mio “E lo sai quanto sono intelligente, sono in grado di capire qualsiasi cosa, puoi stare tranquilla”

“Eheheh lo so, mi posso fidare”

“Esatto”

“Mi devo fidare, insomma, sapevo che questo momento sarebbe arrivato, prima o poi te lo devo dire, non posso nascondertelo per sempre. Nonostante le tue passioni peculiari”

“Che vuoi dire?”

“Ugh non posso credere che sto per fare il discorso, di nuovo” si nasconde la faccia tra le mani, che poi si passa tra i capelli.

“Di nuovo?”

“Sarà per questo che sono diventata allergica alle relazioni stabili, per evitare di dover rifare lo stesso discorso ogni volta. Ma poi sei arrivato tu e mi hai mandato all'aria tutti i piani” Grace mi prende di nuovo le mani, dà una stretta e mi sorride, prima di lasciarle andare e tornare a esaminare la stampa della tovaglia sul tavolo.

“Che discorso?”

“Non è facile per me essere a mio agio con un uomo… in intimità”

“Davvero? Perché a me e alle mie articolazioni non sembrava affatto” provo a scherzare per allentare la tensione, ma non so se sia il caso, forse è una cazzata, forse devo lasciarla parlare e basta.

“Non parlo solo di quell'intimità, ma in generale”

“Perché sei abituata ai tuoi spazi e-”

“No, non c'entra un cazzo quello. E’ una cosa… una cosa fisica, Stone”

“Fisica?”

“Lo so, conoscendomi la prima cosa che viene da pensare è che sia la mia testa ad avere problemi. E non sono qui per negarlo, insomma, che io non sia del tutto registrata è un dato di fatto”

“Beh… l'hai detto tu, eh?” alzo le spalle e rispondo al suo mezzo sorriso con uno pieno.

“Ma il punto della questione è un problema che ha a che fare, ecco, col mio corpo”

“Il tuo corpo non può avere problema alcuno, Ciottolina”

“Perché non l'hai visto tutto, Bam Bam” visto il momento delicato, decido di soprassedere sul nomignolo, che tutto sommato mi sono meritato.

“Come non l'ho visto? Più di così!”

“Diciamo che la tua curiosa fissazione in questo caso ha giocato a mio favore. O sfavore, perché in realtà ha fatto in modo che io potessi rimandare la questione a oltranza fingendo che il problema non esistesse, quindi dipende dai punti di vista”

“La mia curiosa… Gracie, non ci sto capendo niente, puoi essere un po’ più chiara?”

“C'è qualcosa che non va nel mio corpo, qualcosa che non hai visto”

“Ha a che fare con la tua malattia passata?”

“Sì”

“Oh Grace, non saranno delle cicatrici a mettermi a disagio! Mi alzo, pronto a prenderla tra le braccia e stritolarla per punizione, ma lei rimane inchiodata al tavolo”

“Eheheh cicatrici… magari fosse quello!”

“Che significa?”

“Il problema non è qualcosa che ho, ma qualcosa che… manca”

“Sarò scemo, ma io non ho notato niente”

“Sai cos'è un osteosarcoma?”

“Dal nome direi una malattia delle ossa” il termine tecnico irrompe in una conversazione che fino ad ora era stata decisamente leggera, dirottandola completamente verso una destinazione più cupa.

“Un tumore, per la precisione”

“E’ questo che hai avuto, anni fa?”

“Sì”

“Ok. Ma l'hai sconfitto quello stronzo di tumore, insomma, stai alla grande”

“Ma quello stronzo di tumore il segno l'ha voluto lasciare lo stesso, Stone”

“Grace, seriamente, non c'è nulla che mi possa allontanare da te. Posso sembrare un coglione con la puzza sotto il naso, ma non sono un tipo impressionabile” in questo momento meglio tralasciare il fatto che non amo particolarmente gli aghi.

“Sai come si cura l'osteosarcoma?”

“Chemio?”

“Chemioterapia e chirurgia”

“Ok”

“E’ partito dall'alluce, una cosa rarissima a detta dei medici”

“Devi sempre essere originale tu, eh?” Grace da corda al mio sdrammatizzare con i suoi sorrisi, ma io non sono più tanto sicuro se sia l'atteggiamento giusto da tenere e la mia uscita mi sembra meno intelligente di quanto non dia a vedere.

“Poi si è esteso via via a tutte dita, poi il resto. E’ stato tutto così veloce, una settimana prima mi sentivo bene, vivevo la mia vita tranquillamente, poi un dolore mentre facevo jogging e una settimana dopo rischiavo di perdere la gamba o, peggio, di morire in caso avesse raggiunto organi vitali”

“Ma i super chirurghi hanno fatto il loro dovere e ti hanno rimessa in sesto” sembro il bambino che non vuole sentire le parti drammatiche della storia della buona notte e vuole arrivare subito al lieto fine, per addormentarsi sereno.

“Sì. Mi hanno salvata. A un piccolo prezzo”

“Grace, chi se ne frega se il tuo piede non è bello da vedere, l'importante è che sei qui, adesso, con me, a poter parlare di questo”

“Non è bello da vedere perché non lo puoi vedere, Stone, non hai ancora capito? Non c'è, non ce l'ho, me l'hanno dovuto amputare” sento le parole uscire dalla bocca di Grace, ma suonano vuote di significato. Sento il bisogno di sedermi e di dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma mentre riesco a fare la prima cosa, il mio secondo intento mi risulta stranamente impossibile. Forse per la prima volta nella mia vita non so cosa dire. O meglio, ho talmente tante cose che vorrei dire che mi girano in testa e mi sembrano tutte stupide, superficiali, stonate, del tutto inutili.

“Stone?”

E non so neanche come muovermi. Cosa faccio? Se mi allontano sembrerò distaccato, se mi avvicino penserà che sto ostentando una serenità che non posso realisticamente avere, stessa cosa se le guardo i piedi, ma se evito del tutto di guardarli si convincerà di avermi spaventato.

“Stone di’ qualcosa. O se non vuoi dire niente, almeno chiudi la bocca, ce l'hai spalancata da un quarto d'ora” Grace si allunga verso di me sul tavolo e mi chiude la mandibola con una lieve pressione della mano. La sua mano così delicata, dolce, gentile, come lei. Non posso credere le sia successa una cosa del genere, proprio a Grace. Ok, nessuno si merita un dolore di questo tipo e il mondo è pieno di orrori, ma posso essere libero di indignarmi per un'ingiustizia di questa portata?

“E’ il destro o il sinistro?” finalmente parlo. E ovviamente dico una boiata.

“Che differenza fa?” Grace mi guarda giustamente come si guarda un coglione.

“Così, per sapere”

“Destro”

“E hai una protesi?”

“Ovviamente sì, se no secondo te come farei a stare in piedi?”

“Ma non si nota, cioè, quando cammini, cammini normalmente. Sei solo un po’-”

“Lenta, come una lumaca” completa la mia frase ed è come quando nei film gialli viene dato l'indizio definitivo e una lampadina si accende nel cervello dell'investigatore, che comincia a ripercorrere a ritroso tutti i momenti chiave dell'indagine. Nel mio caso specifico, tutte le volte in cui ho preso Grace per il culo per la sua lentezza.

“Dio, sono uno stronzo” e d'improvviso, la realizzazione.

“Sì, ma stronzo o no, questo non lo potevi sapere”

“Ma mi sento una merda ugualmente”

“Ti passerà. Ok, allora, adesso che vuoi fare?”

“Che voglio fare?”

“Generalmente, secondo la mia esperienza, gli uomini a questo punto si dividono in due categorie, vorrei sapere a quale delle due appartieni”

“Dipende dalle categorie” rispondo, sempre più scomodo su questa sedia. Forse è perché è quella nuova. Sì, sarà per questo. Grace ha ragione, ha sempre avuto ragione, una sedia non vale l'altra.

“Quelli che non vogliono vedere e quelli che vogliono guardare”

“Oh”

“E, all'interno delle suddette categorie, troviamo due ulteriori sottogruppi: quelli che non vogliono vedere, ma mi chiedono di mostrarglielo per dimostrare che non gli fa né caldo né freddo, e quelli che invece sono curiosi di vedere, ma dicono di no per non sembrare morbosi”

“Io, beh, mi sa che io appartengo a una nuova categoria”

“E cioè?”

“Quelli che non sanno cosa fare”

“Eheh beh, di certo una categoria più onesta” Grace si alza e io la copio istantaneamente.

“L'hai detto a qualcun altro? Della nostra compagnia, intendo”

“No”

“Perché non me l'hai detto prima?”

“Ti sembra una cosa facile da dire? Ciao, mi chiamo Grace, sono dell'acquario e il mio colore preferito è il rosso. Ah, e ho un piede solo”

“Ho… ho bisogno… sì, insomma devo uscire” come faccio a dirle che devo andarmene senza sembrare una merda? Non ne ho idea e infatti mi esce malissimo.

“Te ne vai?” mi chiede mentre prendo la mia giacca e faccio per mettermela.

“Mi serve una boccata d'aria”

“Oh, ok”

“E devo schiarirmi le idee.” al terzo tentativo di inserimento della seconda manica della giacca andato a vuoto, Grace ha pietà di me e mi dà una mano “Grazie”

“Va tutto bene, Stone?” mi fa una domanda a cui, onestamente, non so rispondere e non so neanch'io il perché.

“Certo, è tutto ok.” le prendo il viso tra le mani e la bacio “E’ solo… non me lo aspettavo, devo metabolizzare la notizia, tutto qui” dico a lei e a me stesso.

“In tutti questi anni, non ho ancora trovato un modo migliore per dirlo”

“Beh, tanto adesso non ti servirà più cercare un altro modo”

“Ah no?”

“Eh no, ora stai con me, non dovrai più dirlo a nessun altro ragazzo” offro a Grace un sorriso più convinto, anche perché lei non si merita nulla di meno, e la bacio ancora.

“Meno male, allora vedi che servi a qualcosa anche tu?”

“Buona notte, Ciottolina”

“Notte Stone” esco dall'appartamento di Grace, poi dal suo palazzo, poi mi infilo in macchina ed è lì che mi accorgo di aver praticamente trattenuto il fiato, per tutto il tempo.

  
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