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Autore: Martina_C_96    02/05/2020    0 recensioni
[Sconsiglio vivamente il plagio, anche parziale, dell'opera: registrata su Patamu, n° 121829.]
Esiste un momento, un semplice istante che sembra uguale al precedente, in cui la tua vita cambia e ti rende una persona diversa.
Giulia aveva una band, un fidanzato e una vita spensierata, prima di quel momento.
Ora, a distanza di tre anni e mezzo dall'evento che le ha sconvolto la vita, Giulia appare l'ombra di se stessa, incatenata tra le mura dei propri pensieri in un labirinto da quale non riesce a uscire... o, forse, non vuole.
Sarà l'incontro con il ragazzo più strano e irritante che abbia mai conosciuto a ricordarle la bellezza insita nella vita stessa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Giusy ha visto tante cose
per i pochi anni che ha,
è una vita che non riesce
ad avvicinarsi alla realtà.

           Ultimo, Giusy

 

Lunedì, 24 settembre 2018

 
Si alzò dal letto con il profumo del caffè che aleggiava per casa, come al solito.
Sua madre glielo faceva trovare pronto nella moka tutte le mattine da quando aveva quindici anni. Giulia non glielo aveva mai chiesto e non ricordava nemmeno l’ultima volta che l’aveva ringraziata per quelle sue costanti attenzioni quotidiane.
Era una cosa scontata, come lo erano state tante altre cose nella vita di Giulia.
Era scontato che ogni domenica avrebbe cantato nel coro e che il pomeriggio avrebbe avuto prove con la sua band, i “Night Blind Gryphons”. Era scontato che Daniel sarebbe andato a prenderla e che l’avrebbe accompagnata a tutti i suoi concerti. Era scontato, fin dalla quarta superiore, che si sarebbe diplomata con un voto superiore a novanta, che avrebbe cercato lavoro come contabile e lei e Daniel avrebbero iniziato a risparmiare per costruire una casa insieme.
Scontato, come respirare.
Poi era successo tutto ciò che Giulia non avrebbe mai potuto prevedere e lei aveva promesso a Dio che non avrebbe più dato per scontato niente. Nemmeno il caffè.
La ragazza appoggiò la tazza sul lavandino, dopo averla bevuta. Afferrò la borsa e controllò l’orario per assicurarsi di arrivare in tempo alla fermata.
«Grazie, mamma», le disse, prima di schioccarle un bacio sulla calda guancia coperta da un velo di cipria. Non attese la risposta e si precipitò fuori dall’abitazione, serrando energicamente il portoncino alle sue spalle.
Scesa dalla corriera che l’aveva condotta fino alla città di Treviso, Giulia s’incamminò lungo Riviera Santa Margherita, assaporando gli scorci che il fiume offriva a quell’ora della mattina. L’università si affacciava proprio sul Sile e regalava, con la facciata bianca e le ampie arcate, uno spettacolo davvero suggestivo, anche se Giulia aveva sempre preferito la prospettiva del palazzo proposta dalla parte opposta. Spesso, la ragazza, poco prima di tornare a casa, si appoggiava alla ringhiera posta una volta attraversato Ponte Dante Alighieri* ad ammirare quello che, in assoluto, era il suo quadro preferito del centro città.
Spinse le porte a vetri e si ritrovò nell’atrio dell’università, poi guardò l’orologio che portava al polso: segnava le 9 e 45. La lezione sarebbe iniziata alle dieci e mezza. Poco male, avrebbe preso posto nell’aula vuota ed avrebbe occupato il tempo studiando, come al suo solito.
Una ragazza bionda e allampanata in tailleur le fece un cenno con la mano mentre la incrociava sulle scale che portavano alle aule. L’aveva già vista prima, forse frequentava i suoi stessi corsi, ma, in fondo, Giulia non aveva mai fatto caso a chi fosse presente nelle classi. A pensarci bene, non aveva mai notato nessuno negli ultimi anni. Non era amica di nessuno e non aveva gruppi di studio. L’università, per Giulia, non era mai stato nulla di diverso dal luogo il quale le aveva dato la possibilità di fare qualcosa per se stessae prescindeva da qualunque legame lei avrebbe potuto potenzialmente stringere al suo interno.
Non aveva mai avuto interesse a dare confidenza ai suoi compagni di corso, non aveva mai amato gli amici per convenienza ed era certa che, una volta concluso il suo percorso di studi, tutti quei volti si sarebbero dissolti come tanti altri prima di loro.
Ricordava bene il suo primo giorno in facoltà: l’aula era gremita di persone e l’entusiasmo aleggiava fra i banchi delle matricole. Ora, al quarto anno, gli studenti iscritti non erano più di un quinto di coloro i quali si erano seduti fra i banchi, con lei, i primi giorni di università.
L’ambiente era ancora deserto quando Giulia mise piede al suo interno. I suoi passi risuonarono sul pavimento lucido fintanto che ella non prese posto su una fila centrale, il più vicino possibile alla presa ove avrebbe attaccato il pc.
Non trascorse molto tempo prima che altri passi, nella stanza, destassero la sua attenzione. Un ragazzo snello con una giacca grigio topo veniva proprio nella sua direzione. L’aveva già visto e ricordava di averci parlato un paio di volte. Doveva chiamarsi Nicola, o, forse, Niccolò.
«Anche tu così presto in aula?» domandò il ragazzo con un ampio sorriso, prima di prendere posto accanto a lei.
Un intero auditorio libero e proprio qui si deve sedere! Speriamo, almeno, che non abbia voglia di parlare!
Giulia non fece nemmeno in tempo a formulare il pensiero: «Adoro l’aula vuota! Ho passato quasi un’ora in treno, questa mattina, ed eravamo pigiati come sardine. Certo che li tengono davvero al massimo, qui, i condizionatori!» commentò sedendosi. «Ho notato un paio di pinguini tentare di fare irruzione, prima! Dici che se morissimo assiderati si potrebbe considerare dolo eventuale
Giulia pensò che non ci fosse soggetto più ridicolo di un giurista che forzava una battuta avente ad oggetto il diritto.
La ragazza sorrise di rimando per cortesia e si immerse nuovamente nel libro di studio. Era il primo giorno del semestre e, aveva deciso, non avrebbe permesso a niente e nessuno di intromettersi fra lei e gli esami che la separavano dalla laurea. Meno che meno al primo chiacchierone mattiniero che voleva improvvisarsi attore comico.
...
 
La luce calda del tardo pomeriggio rifletteva sulla pavimentazione bianca e sui muri chiari degli edifici. L’enorme orologio posto sopra all’arcata che separava Piazza del Quartiere Latino da Piazza Santa Maria dei Battuti segnava le quattro e mezza, ma tutti sapevano che era indietro di un quarto d’ora.
Il tepore dell’aria, quel giorno, ricordava ancora l’estate appena trascorsa e l’elevata umidità le aveva fatto appiccicare la polo al corpo, dandole la sensazione di indossare una sorta di seconda pelle.
Giulia passò di fronte alla suggestiva sartoria sulla destra, nella quale non si sarebbe potuta permettere nemmeno un bottone, e si diresse verso Grom.
Il cartello della gelateria era visibile persino dall’università e, da diversi minuti, oramai, la tentava. Non perché fosse, a parer suo, il migliore gelato della città; semplicemente, era il più vicino alle aule e, quel giorno, Giulia era troppo stanca per camminare.
Pagò il cono gelato e, spinta la porta a vetri, indugiò sull’idea di occupare un posto su una delle panchine in ferro della piazza, per poi optare per i gradini posti dinnanzi alla fontana.
Stava passeggiando distrattamente in quella direzione quando qualcuno la investì, stampando il suo gelato sulla polo sudata, coronando così nel migliore dei modi la sua giornata perfetta. Oltretutto, il disgraziato, nemmeno ebbe la cortesia di scusarsi. Giulia voleva proprio sapere chi fosse, questo idiota che stava ridacchiando alle sue spalle!
Rabbiosamente, spostò lo sguardo dalla sua maglietta sporca di gelato al viso del tizio, incontrando due occhi verdi che, all’improvviso, si fecero seri, mentre sul volto di quello che doveva essere un ragazzo della sua età – forse, qualche anno più vecchio – si dipingeva un’espressione a dir poco sorpresa.
Giulia fece per parlare, ma, appena prima che ella potesse proferire parola, il giovane se ne andò, piantandola in asso senza aprire bocca.
Per una frazione di secondo, la ragazza meditò se seguirlo e pretendere le sue scuse, poi scosse le spalle e decise che, quel giorno, era troppo stanca persino per litigare.
 

* curiosità: Ponte Dante Alighieri venne chiamato così in onore del Sommo Poeta che, nella “Commedia”, riferendosi alla città di Treviso al fine di raccontare di quello che, all’epoca (1300 ca.), era il suo disquisito signore (Rizzardo da Camino), scrisse: “dove  Sile e Cagnan s’accompagna”; nel punto preciso in cui il Sile incontra il suo affluente, v’è, quindi, Ponte Dante.
   
 
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