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Autore: ChiiCat92    03/05/2020    2 recensioni
"I denti gli facevano male, ad ogni morso sentiva il dolore insinuarsi nella gengiva fino a toccare i nervi.
Un dolce, dolce dolore.
Una goccia di miele scivolò tra le dita, densa e dorata come ambra, colando sul braccio. La osservò mentre tracciava un appiccicoso sentiero di zucchero sulla pelle con occhi grandi, deliziati. Poi, con la lingua, leccò il nettare dorato.
Del favo erano rimasti pochi resti, appiccicati tra le sue dita insieme con il miele. E i pungiglioni delle api.[...]"
Genere: Angst, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Xue Yang
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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02/05/2020

 

Angst 


I denti gli facevano male, ad ogni morso sentiva il dolore insinuarsi nella gengiva fino a toccare i nervi. 

Un dolce, dolce dolore. 

Una goccia di miele scivolò tra le dita, densa e dorata come ambra, colando sul braccio. La osservò mentre tracciava un appiccicoso sentiero di zucchero sulla pelle con occhi grandi, deliziati. Poi, con la lingua, leccò il nettare dorato.

Del favo erano rimasti pochi resti, appiccicati tra le sue dita insieme con il miele. E i pungiglioni delle api.

Per quel tenero, dolce bottino aveva dovuto combattere lo sciame. Dopo averlo spaccato con un bastone era corso via dalla furia delle api stringendosi al petto il resto dell’alveare.

Certo, l’avevano punto un po’ di volte, le dita cominciavano a farsi insensibili per quanto erano gonfie, ma il miele era così dolce che valeva tutta quella sofferenza. Se solo i denti non gli facessero così male avrebbe potuto mangiare miele per sempre. 

Tirò su col naso e affrontò l’ultimo boccone. Le gengive irritate dallo zucchero mandarono una fitta, gli occhi gli si riempirono di lacrime. 

Ringraziò tutti gli Dèi per quel pasto.  


Il mondo era spaventosamente grande a guardarlo dal basso. Il frusciare di vesti, lo scalpiccio di piedi indaffarati e la polvere erano tutto quello che Xue Yang riusciva a percepire. 

Quando sgusciava tra la folla riusciva quasi a scomparire, era proprio come una magia. 

Poteva diventare invisibile quando voleva, soprattutto in giornate come quella. 

Nell’aria riusciva a sentire l’odore dei baozi e il palato formicolava per il desiderio. 

Aveva fame. In realtà aveva sempre fame. Per qualche ragione la fame superava tutte le altre paure, tutti gli altri bisogni.

Stanchezza, freddo, solitudine, diventavano candidi rumore di fondo mentre camminava su piedi ricoperti di piaghe. Perché la fame aveva il morso più doloroso di tutti, veniva insieme con qualcosa che Xue Yang non riusciva a spiegarsi, e che saliva velenoso lungo tutto il suo corpicino. 

Xue Yang scrollò le spalle e si sporse per guardarsi intorno. I grandi occhioni scuri scrutarono tra le vesti colorate, attraverso la selva di gambe e braccia, tra le ruote dei carretti. 

Finché rimaneva al sicuro rannicchiato nel vicolo quella girandola vivente non poteva risucchiarlo. Era la sua posizione privilegiata sull’esistenza, un segreto noto solo a lui e a nessun altro. 

Le mani gli facevano ancora male per le punture delle api, si erano sgonfiate anche se i bozzi dei pungiglioni le facevano sembrare tutte deformate.

Le aprì e le chiuse davanti agli occhi per essere certo che funzionassero ancora, che tutte e dieci le dita si agitassero al suo comando. 

Lo stomaco si strinse in una morsa, ringhiando per avvertirlo. Aveva davvero creduto che il miele sarebbe bastato per farlo tacere, che stupido. 

Si passò la lingua tra i denti, ancora vagamente dolci. Quando la gola si stringeva così sapeva gli occhi gli si sarebbero riempiti di lacrime e che non sarebbe più riuscito a respirare per i singhiozzi. 

Doveva muoversi, muoversi adesso.

Sgattaiolò fuori dal vicolo, circondato da giganti.

Gli adulti tendevano ad evitarlo, come se fosse circondato da un’aura nero petrolio, e lui, forte della sua invisibilità, riuscì a insinuarsi tra loro, fischiettando allegro sulle note di una melodia che ondeggiava nell’aria.

Xue Yang si avvicinò ad una bancarella per controllare cosa vendesse, se ci fosse qualcosa che poteva arraffare senza farsi notare. 

La frutta aveva un colore invitante, succoso. Xue Yang socchiuse gli occhi per sopportare la fitta di dolore del suo stomaco. 

Il venditore sembrava impegnato in una discussione con un uomo su chissà cosa, e il cesto delle mele era alla sua altezza.

Solo una. Due. Tre al massimo. Sì, con tre la sua fame si sarebbe placata per un po’, gli avrebbe permesso di dormire in pace almeno quella notte. 

Il cuoricino prese a palpitare più veloce in petto. Era invisibile, invisibile, doveva esserne convinto altrimenti non avrebbe funzionato. 

La punta delle dita riuscì a sfiorare una mela prima che qualcuno lo afferrasse dalla collottola, sollevandolo e gettandolo nella polvere.

« Ladro! » ringhiò l’uomo che l’aveva scoperto.

Come aveva fatto? Perché la sua magia non aveva funzionato? 

« No...no io… » provò il bambino, mormorando appena.

L’istinto gli disse di proteggere il viso mentre l’uomo lo picchiava. Era logico, no? Proteggere i denti in bocca per poter continuare a mangiare, gli occhi per poter continuare a vedere, la lingua per poter continuare a pregare

L’uomo strillò qualcosa riguardo una lezione che doveva imparare, ma le orecchie di Xue Yang erano piene del ronzio delle api.

Come quando aveva colpito l’alveare e le api l’avevano aggredito, così gli uomini si riversavano su di lui, uno sciame di rabbia e fuoco. 

Rimase rannicchiato con la testa tra le ginocchia per tutto il tempo, senza osare alzare lo sguardo, senza respirare. 

Anche quando l’uomo smise di colpirlo rimase lì, appallottolato come un animale, cercando di capire quanto dolore provasse. 

I giganti in vesti colorate intorno a lui erano tornati alle loro faccende. Il cestino con le mela, la prima cosa che Xue Yang cercò con occhi lucidi, era stato spostato. 

C’era un fermento liquido nelle voci dei presenti, sussurravano nella sua direzione senza guardarlo davvero. Perché soffermarsi su una cosa piccola e sporca come lui d’altronde. 

Si alzò in piedi, tremante. Nonostante le percosse a fargli davvero male era solo lo stomaco. 

Si allontanò stringendo le braccine intorno al corpo pesto, il sole era ancora alto nel cielo e lui riusciva a sentire il suo calore sulla pelle come un conto alla rovescia: se non avesse trovato qualcosa da mangiare prima del buio non avrebbe avuto le forze per superare la notte. 

Respirò più a fondo ma lentamente, perché l’aria trovava ostacoli mentre scendeva nella gola a gonfiare i polmoni. 

Ogni passo era più difficile del precedente mentre si muoveva tra i passanti. L’incantesimo d’invisibilità era sparito, c’erano troppi occhi su di lui, troppe lingue si muovevano disgustate al suo passaggio. 

Non aveva forza per versare lacrime. 

Si lasciò scivolare contro un muro, esausto. Forse, alla fine del mercato, quando i venditori avrebbero smontato le bancarelle, avrebbe trovato qualcosa per terra. Un frutto schiacciato, i resti gettati via di un cavolo, una patata marcescente: avrebbe mangiato qualsiasi cosa. Doveva solo aspettare, e intanto sarebbe rimasto lì a riposare.

Per la prima si chiese cosa sarebbe successo se avesse chiuso gli occhi senza più risvegliarsi. Se qualcuno avrebbe mangiato lui come facevano gli animali. Si augurò di avere un sapore dolce, come il miele che aveva mangiato solo quella mattina. 

Chiuse gli occhi, la testa ciondoloni sul petto. 

« Tieni, mangia. » era caldo e soffice tra le mani, l’odore inconfondibile. Automaticamente Xue Yang portò il baozi alle labbra. Era dolce, sembrava sciogliersi sulla lingua. 

Finì troppo in fretta.

Aprì gli occhi solo per ritrovarsi davanti la mano tesa di un bambino. Per un attimo lo sguardo indugiò sui suoi vestiti bianchi, sugli occhi gentili, prima di trovare il secondo baozi che gli stava porgendo.

Xue Yang lo prese con entrambe le mani e, con religiosa attenzione, lo mangiò più lentamente del primo.

Il bambino gli sorrise. Quel sorriso trasudava miele, Xue Yang provò il folle desiderio di leccarlo via dalle sue labbra. 

Mangiò il secondo panino, leccandosi le dita, deliziando il bambino vestito di bianco, come soffuso da una luce divina. 

« Questo è l’ultimo, mi dispiace. » 

Le loro dita si toccarono, Xue Yang quasi sobbalzò a quel contatto. Strinse il baozi al petto come se temesse che il bambino glielo portasse via, ma dal momento che lui non si mosse poté mangiarlo, aspirando le briciole tra le dita. 

« A-Chen! A-Chen! » il bambino si volse al richiamo, candido, morbido, dolce come il baozi che gli aveva dato.

« Devo andare. » disse, con un sorriso. Xue Yang avrebbe voluto nutrirsene. Infilò una manina nella veste e tirò fuori un sacchetto di stoffa. « Le tenevo per dopo ma...preferisco che le abbia tu. » 

« A-Chen! » 

Xue Yang non ebbe il tempo di rifiutare il regalo perché il bambino volse le spalle e corse verso la donna che lo stava chiamando. 

Lo osservò a lungo mentre spariva tra la folla, senza avere il coraggio di seguirlo se non con lo sguardo.

Poi controllò cosa c’era nel sacchetto.

Erano palline colorate coperte di farina zuccherosa. Xue Yang ne prese una, la guardò controluce: una caramella. 

La mise in bocca e cominciò a succhiarla lentamente. 

No, il suo corpo non poteva avere quel sapore, nessuno avrebbe mangiato qualcosa come lui, qualcosa di sporco e tossico come lui. 

Ma quel bambino…

Quel bambino doveva avere quello stesso sapore. 

Infilò il sacchetto nella veste, la caramella si scioglieva adagio. 

Ne voleva ancora, ne voleva di più. 

Infilò un’altra caramella in bocca ma la tenne sotto la lingua per evitare che si dissolvesse troppo in fretta, e riprese a camminare.

La fame non era più il suo unico pensiero, adesso c’era anche quel bambino dolce vestito di bianco. 

Un giorno l’avrebbe di certo spaccato e divorato il miele dentro di lui.

Un giorno.

 
   
 
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