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Autore: 92Rosaspina    03/05/2020    1 recensioni
"Il battito delle ali di una farfalla in Brasile, può provocare una tromba d’aria nel Texas". Così il fisico Edward Lorenz spiegò, in una conferenza del lontano 1979, la Teoria del Caos, secondo cui il minimo cambiamento può significare una storia del tutto diversa. Da un’azione svolta o non svolta, oppure svolta in modo diverso, possono nascere futuri ed eventi imprevedibili.
Contrariamente al pensiero comune, però, Caos non è disordine. Caos è un ordine così complesso da sfuggire ad ogni tentativo di comprensione dell'uomo. Una sequenza ben definita ma così piena di variabili da risultare imprevedibile.
E se è vero che il minimo cambiamento può condizionare l'epilogo di una storia, e che la vita è fatta di scelte e ogni scelta ha le sue conseguenze, allora le possibilità diventano infinite.
Tutto però ha un inizio ben definito, una comune origine. Un lounge bar nel mezzo di Nuova Domino. E tutto passa sotto lo sguardo indagatore di un occhio carico di conoscenza.
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri personaggi, Atemu, Mana, Seto Kaiba, Yuugi Mouto
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Pharaoh's Kingdom 16 - parte 2


15. Falle nel sistema- parte due








L'ufficio di Seto Kaiba sembrava illuminato di luce propria, quasi divina. Yusaku venne fatto accomodare alla sedia di fronte alla scrivania del CEO della Kaiba Corporation, invitato dal fluido gesto di una donna dall'esotica e penetrante bellezza: i suoi occhi, fregiati di una misteriosa sfumatura di blu e verde, risaltavano magnificamente sulla carnagione mulatta, e i lunghi capelli neri apparivano lisci e setosi già solo allo sguardo. Con quei tratti somatici, e il corpo che intuiva snello e scattante anche sotto il tailleur bianco e nero, Yusaku trovava che quella donna stesse meglio su una passerella o fotografata sulla patinata copertina di una rivista di moda, e non dietro una scrivania...per quanto l'immagine in sé fosse piuttosto attraente. Era professionale e fredda, distaccata quanto bastava per incutere ammirazione e soggezione con un solo sguardo.
Yusaku si sistemò meglio sulla sedia e attese che a entrare fosse Seto Kaiba in persona. Ishizu Ishtar non abbandonò il suo fianco per un solo secondo, tenendo tra le mani quella piccola cartella bianca con su stampato il logo dell'azienda.

Con suo sommo sgomento, l'irruzione in casa di Seto Kaiba e del suo gruppo di sorveglianza non si era conclusa con una sua veloce consegna ad una stazione di polizia: pronto a far valere i suoi diritti e accusarlo di effrazione di domicilio, Yusaku era stato invece invitato a fare visita alla sede della Kaiba Corporation. Era chiaro che stesse per entrare dritto nella tana della tigre o, per avvicinarsi all'impressione data dal giovane CEO, nella bocca dello squalo, ma aveva accettato per qualche mistico motivo che ancora non riusciva a spiegarsi.
Forse perché voleva vedere quanto realmente fosse grande l'impero di quello che, in teoria, doveva essere il suo nemico, l'uomo da neutralizzare? E invece aveva la spiacevole sensazione che il ruolo si fosse insospettabilmente ribaltato: risucchiato all'interno di quella gigantesca torre, senza il suo fedele laptop Yusaku si sentiva...sconfitto, forse? Sì, eppure non prigioniero.

Seto Kaiba fece il suo ingresso nell'ufficio, seguito da quel ragazzino dai capelli neri vestito come un uomo d'affari in miniatura: non fosse stato per la statura bassina e il volto infantile, avrebbe giurato di trovarsi di fronte ad un vicedirettore. Il ragazzino si accomodò sul divano in pelle vicino alla vetrata, aprendo su di esso la sua valigetta metallica ed estraendo una tra le diverse console portatili che possedeva; Seto Kaiba si accomodò alla scrivania e lo scrutò intensamente con i suoi occhi blu, il volto lievemente nascosto dalle mani giunte. Solo in quel momento Ishizu Ishtar si mosse, consegnando al giovane la cartellina.
    -    Ottimo- lo sentì mormorare, aprendola e svelandone diversi fogli stampati all'interno – Vai pure. Ti chiamerò se avrò bisogno-
Ishizu Ishtar non rispose. Fece un lieve inchino con il capo, prima di voltarsi e uscire dall'ufficio, chiudendo la porta alle sue spalle.
    -    Allora, Yusaku Fujiki-

Seto osservò il ragazzo con occhio critico: a un primo sguardo dava un'impressione quasi disturbante. Escludendo le assurde sfumature che gli coloravano i capelli, e quella che sembrava la divisa di un plesso scolastico, appariva come un giovane ragazzo appena entrato in carriera universitaria, stando al dossier che Ishizu gli aveva appena fornito: lo scorse velocemente con gli occhi, voltò un paio di pagine prima di soffermarsi su un quadro clinico molto interessante.
Test cognitivi, test per la funzione psicomotoria, valutazione dello stile di apprendimento e delle competenze nella vita indipendente, tutti condotti da una struttura specialistica, gli avevano evidenziato i chiari segni della sindrome di Asperger all'età di nove anni. Seto alzò lo sguardo sul ragazzo, osservandolo meglio.
Yusaku Fujiki lo osservava con il volto privo di qualsiasi espressione, apparentemente disinteressato a ciò che gli stava intorno. Sapeva che stava ragionando e valutando, lo sentiva, ma il volto inespressivo non gli dava conferma di quella sua teoria, e gli occhi verdi osservavano un punto indefinito alle sue spalle. Seto tornò a leggere il quadro clinico: la diagnosi precedente era stata riconfermata con un secondo esame in età adulta.
Sindrome di Asperger: Seto ricordava di aver letto qualcosa a riguardo, tempo fa, spinto più dalla curiosità di capire perché tante persone erano portate ad auto diagnosticarsi un così strano disturbo autistico ad alto funzionamento. Gli individui portatori di questa sindrome presentavano difficoltà nelle interazioni sociali, schemi di comportamento ripetitivi e stereotipati, attività ed interessi in alcuni casi molto ristretti; tuttavia, a differenza di altre forme di autismo, non portava a significativi ritardi nello sviluppo del linguaggio o nello sviluppo cognitivo. Intelligenza, comprensione e autonomia non erano compromesse dalla sindrome: questo portava alla teoria che la sindrome di Asperger non dovesse essere catalogata come una malattia, piuttosto come uno stile cognitivo diverso, come l'omosessualità. Altre teorie sostenevano che la combinazione tra sindrome di Asperger e abilità avesse prodotto persone geniali, le menti più illustri della storia dell'evoluzione dell'uomo.

Seto posò ancora lo sguardo sul ragazzo, arricciando il naso, dubbioso.
Sicuramente possedeva un cervellino di prim'ordine, per riuscire a entrare nei server della Kaiba Corporation e creare tutto quel caos: non era stato abile abbastanza per aggirare tutte le protezioni e i firewall, ma a suo merito doveva ammettere di aver fatto un lavoro finissimo, costringendolo a rimediare anche con una certa velocità. Chissà cosa sarebbe successo se avesse tardato solo qualche minuto in più.
Cervellino funzionale ma totalmente privo di empatia e socializzazione: quel ragazzo sembrava andare in giro con addosso un cartello con su scritto ASPIE a caratteri cubitali.

    -    In tuo merito, devo ammettere che sei stato davvero bravo- sibilò Seto, gli occhi blu stretti e ridotti a due fessure – Non è da tutti riuscire a entrare nei miei server; l'unico sciocco sprovveduto che ha tentato un attacco hacker alla mia azienda è finito sul lastrico nel tempo di dire “SOLDI”. Tuttavia, ho una domanda da porti al riguardo: per conto di chi?-
Yusaku alzò gli occhi su di lui, e finalmente Seto notò un tremolio, un lieve cedimento della sua impassibile facciata. Non si aspettava davvero quella domanda? Doveva ammettere che sbatterlo subito dietro le sbarre sarebbe stato più sensato: con la velocità con cui aveva ottenuto quel mandato che gli aveva permesso di fargli irruzione in casa, avrebbe impiegato metà del tempo per fargli mettere dei braccialetti di metallo ai polsi e fargli stampare in faccia un bel segnetto dorato. Ishizu stessa, poco prima di uscire dall'ufficio, gli aveva riservato un'occhiata dubbiosa.
Perché permettere al nemico di infiltrarsi in prima persona tra le sue linee?
    -    ...Sono stato pagato per farlo- rispose Yusaku. Aveva una voce corposa, bassa, rischiarata da una lieve nota giovanile che confondeva i pensieri e le domande sulla sua effettiva età.
    -    Mi sembra chiaro- rispose Seto, serrando le dita – In fondo è quello che tu sei, no? Un hacker-
    -    ...Preferisco “consulente informatico”. Dà molto meno nell'occhio-
    -    Come no. Dovrei farti sbattere in una cella della Struttura e far buttare la chiave, razza di ladruncolo. Hai anche una bella faccia tosta, giuro-
Yusaku lo fissò impassibile: sembrava davvero adirato.
    -    Non faccio mai nomi dei miei clienti- disse poi il ragazzo – E questo per tre motivi: numero uno, non è moralmente corretto. Numero due, vengo pagato anche per tenere la bocca chiusa. Numero tre, è nella mia etica assumermi le piene responsabilità di quello che faccio e accettarne le conseguenze. Sono consapevole di non aver scelto un modo pulito per vivere-
    -    Bene. E io ti darò, allora, tre motivi perché tu debba deciderti a vuotare il sacco. Numero uno, posso farti passare dei guai, dei guai molto grossi. Numero due, vedi il punto numero uno. Numero tre, vedi il punto numero due-
    -    Le minacce fanno parte della mia professione-
    -    Non è mio interesse sbatterti dentro-
    -    Ah no?-
    -    A che scopo? È evidente che tu sei una pedina-
    -    E secondo lei è una cosa buona o una cosa cattiva?-
    -    Sei solo una pedina. Il Re è qualcun altro. Parliamoci chiaro, Yusaku: non è mio interesse consegnarti alle autorità, ma non esiterò a farlo a meno che tu non faccia come dico io-
    -    ...Mi sta ricattando, forse?-
    -    Ti sto dando la possibilità di uscire pulito da questa storia e con una professione vera. Hai indubbiamente del talento, e voglio che tu lo metta al mio servizio-
    -    Non posso accettare-
    -    Dammi tre motivi per non farlo-
    -    In realtà, in questo caso ne basta solo uno: sanno chi sono-
    -    Allora lavori per più di uno-
    -    Ho parlato con una sola persona, ma dietro c'è un'intera congrega-
    -    Interessante...-

Lo era davvero: l'arcigno volto di Sakue Izayoi gli si materializzò in testa senza che nemmeno lui volesse dare corpo a quel pensiero. Seto si torse nervosamente le mani; l'idea che quella donna e il suo circolo di pseudo-filantropi confusi fosse dietro a tutto quello che era successo in quelle ventiquattro ore gli dava il voltastomaco dalla rabbia. Non aveva prove che legassero loro le mani, ma la sua concorrenza era stata già sbaragliata da anni, i suoi nemici neutralizzati. Chi altri poteva mettergli i bastoni tra le ruote, se non nuovi avversari palesatesi poco tempo prima?
Non ci si prendeva impunemente gioco di Seto Kaiba.
    -    Mi perdoni, cosa ci trova di così interessante?- domandò Yusaku, aggrottando lievemente la fronte.
    -    Così non funziona, Yusaku. Le domande devo farle io, che c'è ora?!-
Il ragazzo alzò lievemente un sopracciglio, osservando Seto Kaiba voltarsi verso il telefono che squillava incessantemente. La sua mano si posò sulla cornetta dell'apparecchio, gli occhi scrutarono torvi il display per riconoscere l'interno.
    -    Ishizu- soffiò poi nell'apparecchio, trattenendo a stento un ringhio - ...Ah sul serio? Proprio ora?!-
Seguì un attimo di silenzio, in cui il CEO si voltò verso il ragazzo che stava per mettergli a soqquadro i server. Yusaku sostenne il suo sguardo con fermezza, non molto sicuro di cosa stesse succedendo; si voltò ad osservare il ragazzino seduto al divano, anche lui attirato dall'improvvisa pausa di Seto.
    -    E va bene. Fallo salire, parliamo anche con lui. Ehi, Mokuba-
Il ragazzino alzò gli occhi sul maggiore, abbozzando un sorriso.
    -    Perché non fai fare al nostro ospite un giro della struttura?- gli domandò poi – Nel frattempo che io discuto con un amabile signore? Continueremo dopo il nostro piccolo incontro, Yusaku Fujiki-

Qualcosa, negli occhi di Seto Kaiba, gli procurò un lieve brivido lungo la schiena. La mente gli restituì l'immagine di uno squalo bianco che si avvicinava alla preda con pochi colpi di coda: il CEO della Kaiba Corporation sembrava pronto ad uno scontro faccia a faccia con un pezzo grosso, a giudicare da come l'aveva pomposamente definito. Il ragazzino chiamato Mokuba chiuse la console portatile nella sua valigetta metallica e scese dal divano, sorridendogli e facendogli cenno di seguirlo.
Spinto alla curiosità, Yusaku lo seguì, congedandosi con un breve inchino del capo.
Nell'esatto momento in cui il giovane Fujiki lasciò la stanza insieme a Mokuba, Ishizu accompagnò l'ingresso di un ragazzo troppo cresciuto, dalla faccia esageratamente lunga,  vestito con un pesante completo blu scuro e una cravatta giallo canarino che gli fecero serrare gli occhi in uno sguardo carico di disprezzo: ghigno disturbante sul volto da faina e accostamenti cromatici di dubbio gusto, la combo perfetta per fargli rizzare tutti i nervi.
    -    Torno in ufficio- fece Ishizu – Mi chiami se--
    -    Resta qui, Ishizu. Non le dispiace vero, signor...-
    -    Suketsune. Izayoi Suketsune- rispose l'altro, con la voce che traboccava viscidume.
Avesse potuto scoppiare a ridere, Seto l'avrebbe fatto molto volentieri. L'intera storiella era così divertente da dargli quasi ai nervi.
    -    Izayoi eh? Nome non nuovo. Prego, si accomodi pure- lo invitò il giovane, con un cenno della mano – Chiudi la porta, Ishizu-
    -    Desidero anzitutto ringraziarla per la cortesia nel ricevermi- disse Suketsune, mentre la donna chiudeva la porta e si andava ad accomodare al divano scuro, gli occhi fissi sul tablet e il pennino che scorreva veloce a scrivere qualcosa – So che è davvero difficile trovare un momento, per lei, per--
    -    A voi Izayoi piace davvero tanto gonfiare gli altri di belle parole, eh?-

Le sue risposte al vetriolo ottenevano sempre l'effetto sperato di destabilizzare il suo interlocutore, e Seto Kaiba ne traeva un sordido piacere, a mettere in ginocchio le persone con poche parole; Atem era l'unico che sembrava immune al suo stesso potere, con suo sommo rammarico. Tuttavia poteva consolarsi con dei pallidi, eleganti cravattoni vestiti a festa che cercavano di distrarre uno squalo con delle esche succulente, bene al sicuro nella loro gabbia di protezione fornitagli dal loro patrimonio.
Le sue fauci erano forti e grandi abbastanza per fare a pezzi qualsiasi gabbia.
    -    Immagino che mia madre, Sakue Izayoi, sia venuta a farle già visita-
  -   Ah, era sua madre?! Non l'avrei mai detto! Sì, abbiamo amabilmente conversato per un po' l'altro ieri, prima che mi trovassi costretto a far intervenire la sicurezza per intercettarla: non riusciva a trovare l'uscita dalla torre-
    -    Ah, tipico di lei! Con l'età che avanza ha perso molte cose, il senso dell'orientamento in primis!-
E si abbandonò ad una risata molto nervosa e forzata. Seto Kaiba lasciò che un ghigno gli piegasse le labbra, nascondendolo appena dietro le sue mani giunte.
Per quanto gli desse sui nervi, la situazione cominciava ad assumere tratti così grotteschi da apparire divertenti.
    -    Signor Izayoi, perdoni la franchezza ma sono molto occupato- sibilò Seto, gelido come un iceberg – Per cui, se è qui solo per ricalcare le orme di sua madre, allora le ricordo che quella è la porta: non ho tempo da perdere-
    -    Ah, ma neanche io signor Kaiba! Neanche io! E sono qui non certo per rubarle tempo prezioso, ma per proporre un vantaggioso accordo!-
    -    Se sarà vantaggioso lo deciderò io. Sentiamo un po'-

E si mise meglio comodo sulla sua poltrona, senza interrompere il contatto visivo. Giurò di aver visto Ishizu sogghignare divertita.
    -    Beh, so che mia madre ha un modo tutto suo di parlare e fare proposte. Io sono più malleabile e propenso a scendere a patti: in fondo il successo si raggiunge meglio se si collabora in due, no?-
    -    Dopo questa deve darmi tre motivi per non metterla alla porta-
Il pensiero corse, anzi saltò letteralmente a Yusaku Fujiki.
    -    Oh, gliene darò uno solo, signor Kaiba, ed è lo stesso motivo per la quale lei è arrivata a rivestire un così alto ruolo nella società e nell'economia. Potere, signor Kaiba. E soldi, se capita-
    -    Ishizu--
    -    Mi ascolti, signor Kaiba. Sappiamo cos'è successo al suo cantiere sul ponte Daedalus, una vera tragedia. Quei poveri uomini...padri di famiglia che si stavano guadagnando onestamente da vivere, strappati troppo presto alla loro vita-
    -    Concordo, una tragedia assurda. Ma chi si è macchiato di tale crimine pagherà, gliel'assicuro. Sono già partite le indagini-
    -    Ottimo lavoro, signor Kaiba. Ma non credo che basti. Il ponte è stato momentaneamente chiuso, e immagino lei debba riprendere alla svelta i suoi lavori. Il progetto della sua ferrovia è davvero degno di nota, e la mia famiglia vorrebbe contribuire a tale realizzazione. Siamo disposti ad assicurare un ingente capitale a sostegno del suo completamento, e a pagare di nostra tasca dei corpi di sorveglianza che tengano d'occhio i cantieri giorno e notte-
    -    Ma che bravi samaritani. E immagino che la condizione unica per beneficiare di tali favori sia quella di lasciar perdere il Satellite, vero?-
    -    ...Lei è un uomo estremamente intelligente, signor Kaiba--
    -    LO SO-

Di nuovo quella scintilla di disagio illuminò gli occhi spiritati di Suketsune Izayoi. Di nuovo Seto colse il sorriso divertito di Ishizu, malcelato dalla sua mano destra, mentre fingeva di rimettersi a posto gli occhialetti sul naso per la decima volta in quei tre minuti.
    -    E proprio perché lo sono, e sono fermamente convinto che anche lei abbia un po' di sale in zucca...- riprese Seto – Che mi sento in dovere di fermarla qui. Sua madre mi aveva già offerto del denaro, la scorsa volta, per lo stesso motivo-
    -    Già, ma non c'era di mezzo questo increscioso problema della sicurezza! Adesso le cose saranno sicuramente--
   -   I miei piani non cambiano. Ponte aperto o no, i lavori procederanno normalmente, e senza i vostri soldi-
    -    Ci pensi bene. Signor Kaiba, gli attacchi potrebbero intensificarsi! E tutto questo per cosa? Per collegare un'isoletta sperduta ad un simbolo continentale come Nuova Domino? Cosa penseranno i suoi colleghi? I suoi sostenitori?-
    -    Pensassi a loro non sarei qui, ora. Voi Izayoi siete fatti tutti della stessa, identica, molliccia pasta frolla. Molto male-
    -    Siamo semplicemente accorti e desiderosi di vedere le nostre famiglie, e la nostra cittadinanza, al sicuro e lontana dalla feccia del Satellite-
    -    Intende quella chiusa al sicuro dietro le sbarre della Struttura?-
    -    Intendo quella che vaga a piede libero per Nuova Domino. Conosce il Pharaoh's Kingdom, signor Kaiba?-
Dove voleva arrivare?! Seto storse il naso, guardingo.
    -    Sì- rispose comunque, con un'alzata di spalle – Un locale passabile. Idea carina, quella di rievocare un'oasi nel deserto, ma avrei investito meglio il mio capitale-
    -    Mmmmh. E sapeva che il suo proprietario dà lavoro a un ex galeotto?-
    -    Intende forse il capetto del bar? Yusei Fudo, mi pare si chiami. Un tipo a posto, grande lavoratore. Peccato per quel segno in faccia, certo, ma come si dice nessuno è perfetto...-

Non traeva alcun vantaggio nel prendere le difese di Atem e del suo locale, tanto meno dei suoi lavoratori; ma qualcosa lo spinse a cercare di tenerli fuori da quella storia.
    -    Mi sta quindi dicendo che lei è favorevole alla reintegrazione sociale dei criminali?- domandò Suketsune, in tono stupito - ...Sono sorpreso, lo ammetto. Non lo aspettavo da lei-
      -    Ah davvero? E come mai, di grazia?-
   -    Perché come ben saprà, le mele marce vanno tolte dal canestro, prima di impestare tutto il resto-
    -    Ottima osservazione. Lasci che gliene faccia io un'altra-
Ishizu smise di ghignare. Alzò gli occhi verso di loro, gli occhialetti scivolati sulla punta del naso.
Il tono di voce di Seto Kaiba era definibile spietato.
    -    Non si fanno soldi a vivere nel passato- sibilò poi – Quel ragazzo, Yusei, è stato intelligente abbastanza per capirlo e ridimensionare la sua vita nonostante questo. Cos'abbia fatto non lo so, per quel che mi riguarda potrebbe anche aver ammazzato qualcuno, ma sa la cosa divertente? È che a me non importa. Come non mi importa nulla di tutti quelli che, come Yusei Fudo, cercano di ritrovare la propria strada. No, non li ammiro, ma neanche li disprezzo e ostacolo. Ho cose ben più importanti a cui pensare, piuttosto che a un ragazzo con una saetta dorata in faccia o alle paranoie di una famiglia di cialtroni-
Ancora seduta al divano, Ishizu si morse l'angolo destro del labbro inferiore: un gesto che faceva solo quando la tensione, per lei, si faceva evidente e palpabile, e quindi piuttosto raro da vederle.
    -    La ringrazio della visita, signor Izayoi. Porti i miei saluti a sua madre. Ishizu, accompagna il signore verso l'uscita. Ah, e appena possibile rimandami qui Mokuba e il signorino Fujiki-
Qualcosa, nell'espressione di Suketsune, gli fece capire di aver toccato un tasto particolarmente suscettibile. Seto serrò lo sguardo, seguendo con gli occhi i rigidi movimenti del giovane Izayoi mentre Ishizu lo accompagnava alla porta.
Aveva avuto una strana reazione, quando aveva fatto il nome di Yusaku: tutto il volto gli si era contratto, e sembrava aver perso del colorito. Gli occhi, invece, avevano preso a vagare per tutta la stanza, quasi alla ricerca di una via di uscita che lo portasse fuori da lì.
Perché mai quella reazione? Non era il comportamento che ci si aspettava, da una persona che, in teoria, non sapeva neanche di chi stava parlando. Avrebbe capito se avesse reagito a sentire il nome di Mokuba: il fratellino gli era sempre intorno anche durante manifestazioni e meetings internazionali, suo malgrado si era fatto anche lui conoscere...ma Yusaku Fujiki? Un universitario allampanato, totalmente privo di empatia e esperto in hackeraggio di sistemi informatici e furti di dati sensibili?
L'illuminazione lo colse al cervello, colpendoglielo con un calcio. Il suo ghigno si allargò ancora.
Aveva ragione, come sempre.




    -    E questo è il nostro bar! Bello vero? C'è proprio di tutto, dai dolci ai cornetti ai gelati, e qui puoi anche ordinare il pranzo se dimentichi di portartelo da casa! In fondo al corridoio, invece, c'è la nostra palestra! Chi termina il proprio turno lavorativo può entrare lì dentro e tenersi in esercizio! Abbiamo anche una piscina riscaldata, e un centro massaggi!-
Yusaku arrancava dietro quel piccolo uomo d'affari, che aveva appena imparato a riconoscere come il fratellino di Seto Kaiba. Nonostante la differenza di dimensioni, e la zavorra costituita da quella voluminosa valigia metallica, Mokuba attraversava porte e corridoi con passo spedito ed energico, senza tentennamenti o smarrimenti. Sembrava conoscere il posto davvero bene, e per quanto fosse giovane già si comportava come un piccolo uomo d'affari: vestito di tutto punto, educato e formale, con quel tono professionale che il fratello maggiore sembrava aver fin troppo estremizzato.
Aggirandosi per i corridoi della torre della Kaiba Corporation, Yusaku si era fatto un'idea molto più grande di dove era andato a ficcanasare: non solo una casa produttrice di videogiochi, ma un vero e proprio impero monetario di cui Seto Kaiba ne era il re indiscusso, servito e riverito dalla sua fedele servitù.
Ancora non riusciva a spiegarsi il motivo per cui avesse scelto di non denunciarlo.

Forse era troppo presto per dirlo, in fondo avevano interrotto la loro conversazione a riguardo, e in quei minuti poteva scattare di tutto nella sua testa, anche il desiderio di fargli piazzare le manette ai polsi. Yusaku si guardò intorno, individuando diverse uscite d'emergenza e la planimetria della torre stampata sul piano antincendio.
Se le cose si fossero messe male, avrebbe dovuto dare fondo a tutta la sua agilità ed inventiva per scappare da lì.
Non sarebbe stato affatto semplice.
    -    E tu invece cosa fai?- domandò Mokuba, curioso - Quello che dice il fratellone è vero?-
    -    Dipende da cosa dice tuo fratello- si limitò a rispondere il giovane – Lavoro nell'informatica-
    -    Ma fai anche cose illecite, giusto?-
    -    No, mi diverto a passeggiare nei server altrui quando capita-
    -    ...Stai facendo il sarcastico?-
    -    No-
    -    Sul serio?!...Oh, era sarcasmo anche quello!-
Mokuba scoppiò a ridere, prendendo meglio in mano la sua valigetta, osservando Yusaku alzare gli occhi verso il soffitto.
    -    Sei strano!- esclamò poi il ragazzino, con un furbo sorriso sulle labbra.
Yusaku quasi inchiodò in mezzo al corridoio, scoccando un'occhiata in tralice in direzione di Mokuba, scrutando i suoi occhi blu.
Strano, aveva detto. Lui era da considerarsi strano? Cos'aveva di strano? E va bene, i referti clinici parlavano chiaro ma non era così “strano”...non come gli altri sembravano capire. Qualcuno sosteneva lui fosse fin troppo intelligente, Yusaku la vedeva in maniera molto più semplice: erano senza ombra di dubbio gli altri che si comportavano in maniera stupida, lui aveva almeno la briga di mettere il cervello in moto e ragionare sulle cose.
Era vero, la sua empatia cognitiva era totalmente assente: non riusciva a contestualizzare pensieri e intenzioni altrui, e non era in grado di comprendere battute e senso dell'umorismo nei discorsi, tendendo a prendere le cose troppo sul serio e, una volta scoperte le reali intenzioni del suo interlocutore, silurarlo con qualche sarcastica risposta al vetriolo. Semplicemente non era capace di stare allo scherzo, ma era capace di provare e condividere sentimenti, così come il desiderio di aiutare chi gli stava intorno e si trovava in difficoltà...anche senza sapere come, a volte.
Definirlo apatico e senza sentimenti era davvero esagerato. Ma sapeva anche che spiegare simili concetti agli altri era solo una perdita di tempo: in fondo, le persone ci vedevano solo uno stramboide dai capelli colorati.

    -    Te la sei presa?- domandò Mokuba, sgranando gli occhi. Yusaku fece spallucce.
    -    No- rispose poi, la voce incolore – Ci sono abituato-
    -    Uh? In quanti te lo dicono?-
    -    Tutti quelli che hanno a che fare con me-
   -    Mmmmh. Beh, non sanno che si perdono! Insomma, essere normali è tremendamente noioooooso! È fantastico possedere un talento innato e sfruttarlo a tuo vantaggio, non trovi?-
Okay, quello era davvero strano.
    -    Immagino di sì- commentò Yusaku, prima di individuare la figura scattante di Ishizu Ishtar avanzare verso di loro a falcate ampie e decise.
    -    Signorino Kaiba- la sentì chiamare, a distanza sufficientemente ravvicinata per farsi udire dal diretto interessato – Suo fratello ha terminato l'incontro. Può risalire in ufficio. Anche lei, signor Fujiki-
    -    ...Devo proprio?- fu il solo commento di Yusaku, storcendo la bocca.
    -    Temo di sì, signor Fujiki. Questo o le manette-
    -    ...Passiamo ai ricatti ora?-
    -    Forse, ma si ricordi che è stato lei a scagliare la prima pietra-
Tanto bella quanto intelligente, non c'era che dire, con una lingua velenosa come un'aspide. Yusaku annuì e seguì il giovane Mokuba per i corridoi, in direzione dell'ascensore.


****


Aki salì le scale che portavano alla terrazza con passo svelto, infilando velocemente il telefono nella tasca anteriore dei pantaloni. Esageratamente in orario, forse anche in anticipo, la rossa si era precipitata a lavoro, pronta ad una nuova serata in terrazza. Chissà se anche il seguente mattino ci sarebbe scappato un bagno alla luce del sole, usufruendo della piscina.
Piscina che era già occupata da Atem, a quanto poteva vedere: il proprietario del Pharaoh's Kingdom si stava concedendo una serie di bracciate in stile libero, immergendosi di tanto in tanto e risalendo con poche, semplici spinte. Aki rimase ad osservarlo in silenzio, a debita distanza: erano entrambi soli, probabilmente Atem stesso non si aspettava visite o anticipi dei suoi lavoratori.
Tuttavia, quando si rese conto della sua presenza non sembrò affatto turbato, anzi: la salutò con un ampio gesto del braccio sinistro e si issò a bordo vasca, uscendo dall'acqua e recuperando alla svelta un grosso telo che utilizzò per tamponarsi corpo e capelli.
    -    Sei in anticipo- le disse poi – Anche più del tuo solito! A cosa devo tutta questa fretta?-
In un primo momento, Aki non rispose, troppo impegnata ad osservare il Faraone che le si avvicinava.
Che Atem fosse un tipo del tutto singolare le era ormai chiaro, ma alcuni tratti della sua persona erano davvero misteriosi, a tratti inquietanti. L'unica volta che l'aveva visto privo di abiti dalla vita in su era stato nel corso della sua prima serata in terrazza, quando aveva camminato sull'acqua: gli aveva riservato uno sguardo di sfuggita, concentrata più su come i suoi piedi si muovevano sulla superficie della piscina e divertita dall'occhiataccia di fuoco con cui Mana aveva incenerito qualche misteriosa accompagnatrice. Ma ora che lo aveva fisicamente di fronte, era impossibile non notare quel segno.

Atem si mostrava come un uomo giovane e atletico, con un fisico allenato senza apparire troppo pesante o grosso: l'insieme dei muscoli di petto, braccia e ventre, che premevano contro la pelle, dava più l'impressione di un uomo agile piuttosto che forte, una persona che badava al benessere fisico quel che bastava per stare bene e farsi guardare piacevolmente anche dagli altri. Eppure era impossibile che nessuno notasse quel suo gigantesco sfregio.
Se fino a quel momento aveva pensato che la cicatrice che sfregiava il ventre di Yusei fosse grossa, ora cominciava davvero a farsi qualche domanda. Il torso di Atem era vergato da una grande incisione, che partiva dalla parte superiore di ciascuna spalla: i due segni convergevano in un unico punto, nella parte superiore dello sterno, per poi scendere lungo la parte anteriore del torace, deviando a sinistra dell'ombelico.
Una ferita grande, troppo perché se la fosse procurata a causa di un incidente o di una rissa: il segno lasciato era di una precisione letteralmente chirurgica. Aki sbatté gli occhi, incredula: la cosa non dovette passare inosservata ad Atem, perché il Faraone ricambiò lo sguardo stupito, seguì la direzione dei suoi occhi e poi annuì, comprendendo il perché di tanto silenzio e stupore.
Si lasciò perfino sfuggire una lieve risata.
    -    Storia un po' lunga, devo dirtelo...- esordì, con un sorriso sornione – Mettiamola così: tutti sbagliamo qualcosa, prima o poi-

    -    ...Quella è l'incisione di un esame post-mortem- mormorò la ragazza, con un filo di voce – Con quell'incisione si-si...-
    -    Dillo Aki. Si aprono i cadaveri, giusto?-

La terra sembrò mancarle da sotto i piedi per un breve attimo.
    -    Ma tu--
    -    Non sono morto? No, a quanto pare. Ma ho fatto prendere un bello spavento al coroner...-
Aki scosse il capo e si voltò altrove, decisa a non voler approfondire la questione. Quegli argomenti la insospettivano e spaventavano contemporaneamente: aveva capito che Atem non era certo un tipo “normale”, ma un conto era far apparire e sparire le cose...un conto era ingannare la morte.
Scosse il capo: a ben pensarci, anche quello sfregio poteva essere un'illusione. Sarebbe stato sensato.
Sicuramente più realistico di un morto deambulante. Era ancora troppo presto per un'apocalisse zombie.
    -    E allora? Come mai tutta questa fretta?- domandò ancora Atem, ripiegando accuratamente il telo e mettendoselo sotto braccio – Forse preoccupata per Yusei?-
    -    ...Cosa ti rispondo a fare se riesci a leggermi nella mente...-
    -    Ahaha! Sarebbe interessante Aki, ma temo di non poterlo fare. Non ne sono in grado-
Sì come no, pensò la rossa, mal celando un sorriso.
    -    E poi significherebbe violare la tua privacy. E io non sono quel tipo di persona-
    -    Detto da uno che si diverte a fare esperimenti con le persone è strano-
Il sorriso di Atem si affievolì, piegandogli le labbra in una curva gentile; il Faraone scrutò Aki con occhio critico, annuendo con il capo.
    -    Messa così hai perfettamente ragione- rispose poi, spostando il peso da una gamba all'altra – Non ha effettivamente senso. Ma vedi...i miei esperimenti vertono su tutt'altro campo. Mi piace definirmi mentalista, ma non provo alcun interesse a conoscere i pensieri reali degli altri; ciò che è di mio reale interesse è la meccanica secondo cui reagisce la mente umana a determinati stimoli-
    -    Me l'avevi detto. Mettere le persone di fronte a diverse situazioni e studiare le loro reazioni, no?-
    -    Non solo-
    -    Uh?-
    -    Vedi, quando tu fai apparire e sparire delle carte sotto il naso delle persone, o ti diletti in altri giochetti simili, le reazioni sono più o meno le stesse. Incredulità, stupore, divertimento, a volte rifiuto, non accettazione di ciò che è successo, impegno nel cercare di capire, di spiegarsi come e perché. Sempre le stesse, tutte molto prevedibili a lungo andare. Quello che a me interessa è come la mente umana reagisce a degli stimoli a lungo termine-
    -    Stimoli a lungo termine?-

Aki sembrava piuttosto confusa, e la cosa lo fece sorridere.
Anche lei era divertente da osservare, un esperimento che stava riuscendo alla stragrande e che, per quanto ricalcasse la linea d'azione seguita per Yusei Fudo, stava conducendo a risultati...non inaspettati certo, ma molto interessanti.
    -    Sai come Yusei è arrivato qui?-
    -    ...No-
    -    Mh. Strano che non te l'abbia raccontato-
    -    Mi ha narrato del suo passato al Satellite, ma cosa l'abbia portato qui...non ne ho idea-
    -    Capisco. Beh, prendiamoci qualcosa, ti va? Mentre ti spiego-
Senza aspettare la sua risposta, Atem si avviò verso il bancone, a passi grandi e fluidi. Dopo un primo attimo di incertezza, Aki lo seguì, le mani strette sul manico della sua borsetta.
Atem era davvero strano, e sotto mille punti di vista. E fosse stato per l'assurdo colore dei suoi capelli, avrebbe anche potuto passarci sopra: insomma, si vedeva di peggio in giro...ma c'erano tantissimi punti incompresi di quel giovane uomo.
Trattava tutto con il divertito, riservato distacco di un narratore onnisciente che già sapeva come le cose avrebbero raggiunto la loro conclusione: nulla sembrava sorprenderlo o almeno impensierirlo, o almeno così appariva...se davvero esisteva qualcosa capace di mandarlo in agitazione, era dannatamente bravo anche a dissimulare quelle emozioni. Estremamente colto e intelligente, i modi raffinati e le sue capacità di deduzione lo rendevano un abilissimo conversatore, capace di pilotare il discorso e lasciarti privo di difese con poche parole; eppure non ne faceva necessariamente un vanto, di quella dote, e anzi, quando gli capitava di farne uso finiva sempre con lo scusarsi. La sua educazione era esemplare, peraltro riflessa dal fratellino Yugi. Il più piccolo era più timido e apparentemente ingenuo, e questo sicuramente influiva sul suo atteggiamento, ma Atem aveva la malizia di un demonio e le sottili, raffinate arti di un gatto sornione che cercava coccole. Qualità ineccepibili che gli valevano il rispetto e la reverenza di chi gli stava intorno, e a volte anche i timore.
Soprattutto, aveva degli interessi del tutto particolari. Non si parlava solo di Egittologia, quello era anche accettabile: in fondo era un argomento di studi come tanti altri, bastava pensare a Yusei e ai suoi occhi blu perennemente puntati alle stelle (magari evitando di pensare troppo a quegli occhi, a meno di non voler concludere nulla nell'arco della giornata...); il fatto stesso di osservare le persone e le loro reazioni era misterioso ed apparentemente incomprensibile.
Aki non sapeva mai cosa aspettarsi, da lui.

Avvicinatisi al bancone, Atem preparò in pochi, esperti gesti, il suo analcolico preferito, porgendoglielo delicatamente in un bicchiere collins. Cominciò a preparare il suo Martini solo quando la vide prendere il primo sorso.
    -    Come Yusei ti avrà raccontato, ha soggiornato per qualche mese nella Struttura- iniziò Atem, inserendo il ghiaccio nel bicchiere – Per aiutare un suo caro amico. All'epoca la vita nel Satellite era tutt'altro che facile: esclusa dalle normali vie di comunicazione, l'isola era stata trasformata in una discarica galleggiante dagli illustri cittadini di Nuova Domino. Yusei è finito dietro le sbarre proprio mentre le cose stavano lentamente cambiando, e quando si è poi ritrovato libero, ha avuto grossissime difficoltà a ricominciare da capo. Vedi, c'è una cosa che mi affascina particolarmente delle persone, ed è proprio l'affidamento che viene fatto su pregiudizi e apparenze. Incredibile come un segnetto dorato in faccia cambi il modo in cui le persone ti affrontano-
Il pensiero di Aki corse alla linea dorata che segnava la guancia sinistra di Yusei. Era stato doloroso doverla subire?
    -    Il corpo di guardia della Struttura è famoso per applicare metodi non proprio pulitissimi per la gestione dei detenuti, eppure indovina un po'? A nessuno pare importare di quello che succede realmente là dentro: sono tutti considerati delinquenti all'unanimità, e come tali hanno meritato tutte le loro sofferenze. Poco importa che Yusei, per dirtene uno, sia finito in cella per salvare un amico: per la nobiltà di Nuova Domino ha ampiamente meritato tutto. Il marchio in faccia, le botte, le percosse, un paio di quelle cicatrici sulle braccia, elettroshock e colpi sparati con teaser per il solo gusto di farlo-
Istintivamente Aki rabbrividì, alla parola teaser. La devastante utilità di quegli aggeggi era nota a chiunque, e qualche anno prima diversi uomini di giustizia erano stati processati proprio per aver abusato di un simile marchingegno. Il servizio denuncia del notiziario era stato in seguito censurato, per via delle sconvolgenti immagini rivelate in esso, tuttavia era stato trasmesso in onda prima che i filtri mediatici ne applicassero le dovute restrizioni: Aki ricordava con orrore quel ragazzo, un pacifico manifestante armato solo di un cartello di protesta, colpito da tre di quegli apparecchi insieme. Lo shock era stato tale da provocargli un arresto cardiaco.
Yusei aveva passato anche quello?!

    -    E come se non bastasse, la beffa si è aggiunta al danno- riprese Atem, facendo tuffare con grazia un'oliva nel calice - Il segno che ha sul volto è indelebile, e automaticamente lo bolla come carcerato. Chi ha a che fare con lui sa subito, per prima cosa, che ha fatto qualcosa di molto grave che l'ha portato a farsi un bel viaggetto nella Struttura. E come ben saprai, i pregiudizi delle persone ti rendono la vita difficile, soprattutto di fronte a caratteristiche così evidenti. Yusei avrà perso il conto delle porte sbattute in faccia e dei posti di lavoro persi a causa di quel simbolo. Devi sapere che è stato varato un programma di...come si chiama...? Reintegrazione dei galeotti nella società, ma pare che non a tutti piaccia-
    -    E...E Yusei fa parte di quel programma?!-
    -    Ha fatto parte, sì. Ha vissuto per diverso tempo in questa struttura finanziata dal governo, nell'attesa di trovare un lavoro e un posto in cui vivere. E come ti ho detto prima, la gente ha tantissimi pregiudizi-
Aki annuì: non le riusciva difficile immaginare il povero Yusei dover far fronte a occhiate maligne, sussurri sospettosi e porte sbattute in faccia solo per quel segnetto, quello stesso simbolo che lei aveva a malapena notato e non sapeva neanche cosa significasse, all'inizio.
    -    E come penso tu abbia capito, a me di tanti pregiudizi non importa un bel cazzo-
La rossa posò gli occhi nocciola sulla figura di Atem, intento a bere qualche piccolo sorso di Martini.
    -    Mi piace tastare le cose con mano- spiegò Atem, posando il bicchiere sul bancone e dando una rapida occhiata al cellulare – Ho voluto di persona constatare quanto fosse effettivamente cattivo, questo ragazzo che veniva dal Satellite. Sai, è arrivato qui da noi allo stesso tuo modo: un annuncio di lavoro al quale lui ha risposto senza neanche troppo entusiasmo. Ora è il mio capobar. Vedi? Questo intendo, con reazioni dell'animo umano: Yusei ha passato una giovinezza tutto tranne che semplice, ma ha volutamente scelto di non farsi condizionare da essa e di guardare avanti, provare e riprovare senza mai gettare la spugna. E la sua costanza è stata premiata-
    -    ...Toglimi una curiosità- fece Aki, dopo un attimo di pausa – Anche a lui hai letto le carte?-
Atem non rispose direttamente, ma le sorrise. Aki lo prese come un sì.
    -    ...E quelle carte con cui lui ha avuto a che fare...- mormorò poi la ragazza – Erano forse la Persuasione...scusa, la Forza e la Speranza?-
Anche stavolta, il Faraone rimase in silenzio, limitandosi a sostenere il suo sguardo mentre prendeva un altro sorso di Martini.
    -    Trovo che la vostra possa essere una coppia perfetta, sai?-

Fu combattuta tra il desiderio di nascondersi sotto qualche poltroncina e il mandare al diavolo il suo datore di lavoro, insieme a mezza crew del Pharaoh's Kingdom. Insomma, ma cosa prendeva a tutti quanti?!
Tutta quella voglia di vederli accoppiati ad ogni costo, ma perché?!
    -    Trovo che entrambi abbiate caratteri molto simili- spiegò Atem, quasi le avesse letto nei pensieri – Con qualche tratto distintivo, certo, ma con alcune similitudini lampanti. Entrambi poco inclini a fare subito amicizia, per tanti motivi. Entrambi con la testa sulle spalle e propensi a ragionare bene sulle mosse da eseguire prima di giocare le vostre carte. Entrambi due fedeli amici una volta compresa la vostra sfera emotiva, ed entrambi rapidissimi nel mandare le persone al diavolo. C'è chi dice che gli opposti si attraggono, ma io non ho mai creduto molto a questa teoria. E tu?-
    -    ...Non saprei- rispose Aki, con un'alzata di spalle: la conversazione stava diventando davvero strana...- Immagino sia un po' come...come l'oroscopo no? La gente tende a crederci solo quando dà belle notizie. Immagino sia la stessa cosa, dipende da chi hai davanti-
    -    ...Hah. Bel pensiero questo. Dico davvero! Non ci avevo mai pensato-
La rossa sbatté gli occhi un paio di volte, stupita.
Davvero era riuscita a superarlo?!
    -    Come teoria non è affatto male- ammise poi il Faraone – Ma per concludere il nostro discorso iniziato poco fa, intendo questo per “stimoli a lungo termine”. Mettere le persone a confronto con situazioni durevoli, vedere come reagiscono, come si ridimensionano di conseguenza. L'uomo è una creatura meravigliosa, con delle capacità di adattamento tutte sue: gli animali potranno avere una marcia in più, guidati dal loro istinto di sopravvivenza, ma la capacità di ragionamento e razionalizzazione dell'uomo non è seconda a nessuno-
    -    Ma ragionare troppo su alcune azioni potrebbe portare a conseguenze indesiderate...no? Se Yusei non si fosse fatto avanti quella volta, per coprire il suo amico, le cose avrebbero potuto finire diversamente-
    -    Quello che dici è giusto. Bruno, o come si chiamava quel tipo, avrebbe scontato la sua pena, dal primo all'ultimo giorno. E magari Yusei e i suoi amici sarebbero ancora lì, a scannarsi con la feccia del Satellite. E anzi, il Satellite sarebbe stato probabilmente fatto affondare nell'oceano. Chi lo sa-
    -    Tu pensi davvero che il destino di una persona possa cambiare il mondo?-
    -    Non cambiarlo, ma influenzarlo. E non tutto il mondo, ma ciò che le sta più vicino e le è più caro. Prova a pensarci-

E ci provò, davvero, e concluse che sì, le cose avrebbero potuto prendere una piega ben diversa per Yusei e gli altri. Probabilmente avrebbero tutti insieme lasciato il Satellite, oppure sarebbero affondati con esso; forse sarebbero finiti a correre nello stesso team agonistico: il ragazzo delle stelle non avrebbe mai conosciuto né Atem, né Judai, né gli altri.
Tanto meno lei.
O forse le cose avrebbero seguito lo stesso percorso.
    -    Ci stai pensando davvero?!- domandò Atem, curioso. Aki annuì – Heh, era così per dire...ma sono contento di aver suscitato in te una simile reazione. Sei una brava ragazza Aki, mi piace come ragioni-
Aki non seppe cosa rispondere a quel complimento, limitandosi a sorridere e annuire col capo.


****


    -    E adesso come sta?-
    -    Meglio. Abbiamo passato la mattinata insieme, a non fare nulla. Abbiamo cucinato, guardato un po' di televisione, siamo stati tutto il tempo insieme e così continueremo. Ora sta dormendo-
Yuma sbuffò, staccando una mano dal volante e stropicciandosi gli occhi, l'auto che avanzava lentamente.
    -    Come ti è sembrato?- domandò poi; l'impianto bluetooth dell'auto mandò un lieve scricchiolio per l'interferenza con il cellulare di Kotori, seduta accanto a lui, che lo spense velocemente.
    -    Bene, dopo- rispose Yuzu, dall'altra parte, la voce bassa – Stamattina appena tornato è crollato di colpo, mi ha presa di sprovvista...ma ha recuperato velocemente-
    -    Davvero? L'hai fatto ingozzare di cornetti finché non ha iniziato a rotolare?- domandò Kotori, riordinandosi i capelli in una morbida treccia.
    -    Naaah, abbiamo preferito direttamente una doccia-
    -    Cos...ooooooh, caaaaapitoooo...- ghignò Yuma, svoltando a destra – Beh, felice di sapere che non ha perso voglia per quello! Non era così grave dopotutto!-
    -    Già, ma non va bene uguale- Yuzu sembrava davvero preoccupata – Le crisi sono diminuite parecchio, ma restano. Bisogna trovare una soluzione-
    -    Non vuole andarci dallo psicanalista, lo sai-
    -    Per carità, mi rifiuto di sbolognarlo ad uno strizzacervelli che non sa che diavolo è successo. La soluzione ci sarebbe Yuma, è che lui ha un rifiuto fisiologico per quest'eventualità-
    -    Ho capito ragazzi, ma cazzo! Sono passati sei fottutissimi anni, dovrà pur mettersi col cuore in pace no?-
    -    Lo sai come è fatto-

Yuma sbuffò esasperato, scuotendo il capo.
Eccome se sapeva come Yuya fosse fatto. E doveva ammetterlo, quel ragazzo era molto più complicato di quanto sembrava. Era arrivato al Pharaoh's Kingdom carico di energia, inventiva e voglia di fare, avevano praticamente legato subito e stretto una bella amicizia; ma Yuma non poteva negare di aver notato diverse stranezze in quel ragazzo.
La prima volta che si era trovato a dover fronteggiare una sua crisi era stato davvero tragico, anche perché nessuno sembrava realmente in grado di aiutarlo o almeno di capire cosa stava succedendo: in pieno turno lavorativo, Yuya si era lasciato sedere a terra, aveva abbracciato le ginocchia al petto ed era letteralmente scoppiato in un pianto isterico. A volte Yuma credeva di sognarli, quegli occhi diversi spiritati e sbarrati nell'orrore, i denti digrignati quasi volesse frenare le grida di dolore, le nocche sbiancate delle mani e le lacrime che gli scorrevano sul volto, implacabili e quasi dolorose. Più di tutto, ad impressionarlo era stato il continuo, sommesso ringhio che gli aveva fatto vibrare la gola tra i singhiozzi: un cane sperduto che provava ad intimidire qualche creatura minacciosa.
Quella volta, neanche Atem sapeva che pesci pigliare. Yuya aveva chiesto di fare una telefonata urgente col cellulare di qualcuno, poiché era rimasto senza credito sul suo: era così che tutti avevano conosciuto Yuzu.
La ragazza era piombata nel locale prima che riusciva, ed era stata lei a tirare Yuya fuori da quel suo stato pietoso. Si era inginocchiata di fronte a lui, l'aveva stretto con tutte le sue forze e il giovane si era aggrappato a lei come un naufrago alla sua scialuppa di salvataggio. Non ricordava cosa lei gli aveva detto, sapeva solo che, una volta in piedi, Yuya si era asciugato le lacrime con un gesto così infantile da mettere tenerezza e aveva chiesto scusa a tutti, riprendendo a lavorare.
Era stato allora che Yuma e gli altri avevano scoperto delle sue improvvise crisi. La perdita del padre era una ferita ancora fresca e, apparentemente, insanabile. Con il tempo, appena acquistata con tutti una maggiore confidenza, Yuzu aveva raccontato loro che il ragazzo si era rifiutato di presentarsi alla cerimonia funebre del padre, così come di visitare la sua tomba in futuro. Addirittura era scomparso per tutto il tempo in cui la camera ardente era rimasta allestita in casa, non aveva voluto saperne in alcun modo.
Sapeva che suo padre era morto, eppure non voleva accettarlo. E sapeva anche che lui non aveva colpe a riguardo, eppure si addossava tutta la responsabilità dell'accaduto. Quando entrava in crisi lo ripeteva spesso, quel “è colpa mia” che stringeva il cuore da una parte, e faceva incazzare dall'altra.
Yuzu stessa sapeva che c'era un solo modo per risolvere definitivamente la questione, ma perfino lei sembrava riottosa a volerlo applicare, essenzialmente perché nessuno poteva davvero prevedere come lui avrebbe reagito. Poteva sprofondare in un'ennesima crisi, poteva crollare del tutto, poteva infuriarsi con tutti e c'era davvero di che avere paura, quando Yuya si arrabbiava...la situazione avrebbe anche potuto concludersi rapidamente e nel modo più semplice e felice, ma nessuno ne aveva la certezza.
Si continuava a peggiorare. E si restava sempre allo stesso punto.

C'era però da dire che l'arrivo di Yuzu, nella sua vita, era stato provvidenziale; o almeno la sua entrata ufficiale come compagna. Da quando avevano condiviso insieme i sentimenti che provavano uno verso l'altra, Yuya era sensibilmente migliorato: aveva ancora delle ricadute in quel baratro di tristezza e depressione, ma erano molto più sporadiche, e soprattutto la voce e la presenza della ragazza lo aiutavano a venirne fuori molto prima. I margini di miglioramento c'erano, la possibilità di guarirlo anche.
A costo di trascinarlo per le orecchie sulla tomba del padre, l'avrebbe aiutato.
Non sopportava di vedere il suo migliore amico dover ridursi così.
    -    Yuzu scusami, dicevi?-
    -    Dicevo, che stasera contiamo ugualmente di passare! Almeno vi vede, vede te e gli passa completamente-
    -    E noi lo accoglieremo a braccia aperte!-

Kotori sorrise, osservando Yuma alzare trionfalmente entrambe le braccia.
    -    Non esiste tristezza con me intorno!- esclamò il ragazzo, allegro ed energico come il suo solito: affermazione che la ragazza non poté fare a meno di confermare con un cenno del capo – A costo di rifilargli un papagno in testa, gli inculcherò un po' di buonsenso in quella zucca! Tsè! Voglio proprio vedere, poi, come farà a stare di nuovo male! Aaaah, e pensare che si ritrovava la fila fuori casa, questo!-
    -    Yuma?!- Kotori si voltò ad osservarlo, stupita – Che diavolo dici?-
    -    Quello che ho detto! Ahaaaa, perché non lo sapevi?! Quel ragazzaccio lì parla tanto di Atem, ma anche lui si è dato il suo bel da fare!-
    -    ...Stiamo parlando dello stesso Yuya? Quello che gira con i boxer di Adventure Time--
    -    Ma cos'avete contro quei boxer?!- sbuffò Yuzu, ancora al telefono – Glieli ho regalati io!-
    -    Yuzu sul serio?!- domandò Yuma, scioccato – Cosa ti è passato per la testa?!-
    -    Mi piacevano! E piacciono anche a lui!-
    -    Ti rendi conto, Tori?! Parliamo di un tipo che va in giro con dei boxer improponibili e sacramenta contro i videogiochi, perde tempo a rotearsi le bottiglie in testa e SOPRATUTTO è vittima di crisi di depressione! Quello lì aveva LA FILA FUORI DAL PORTONE DI CASA prima che arrivasse Yuzu!-
    -    Lui?! Davvero?! Com'è possibile?!-
    -    Ma che ne so, probabilmente faceva tenerezza con quel faccino che si ritrova...solo Yuzu non si fa scrupoli a rifilargli sganassoni quando serve!-
    -    Ehi, che diavolo dici?!- sbraitò Yuzu, nell'abitacolo – Io non l'ho mai picchiato! Cerco solo di risollevarlo come meglio mi riesce!-
    -    Con modi poco ortodossi!-
    -    Ma che funzionano sempre! E poi, signorino, vorrei ricordarti che la storia delle sbarbine che se la facevano con Yuya è vecchia ormai, e non mi dà neanche più fastidio!-
    -    Aha, si sente infatti...-
    -    Pensa a te e a chi ti sta accanto, piuttosto che alle conquiste del tuo migliore amico!-
    -    ...Non ho capito-
    -    Hah! Hai visto?! Ehi aspetta, ma sei in vivavoce?!-
    -    Lo sono sempre stato fin dall'inizio!-
    -    Merda! Ah ehm ahahah, aaaah Yuya si è appena svegliato! Vado a fargli qualche coccola, ci vediamo tra qualche ora! Ciaoooo!-
    -    NO YUZU ASPE--

Troppo tardi: la comunicazione si spense prima che Yuma potesse gridare dietro Yuzu, cercando di ottenere più spiegazioni. Il ragazzo sbatté gli occhi un paio di volte, scuotendo il capo e sbuffando frustrato.
    -    Giuro, a volte non la capisco quando dice certe cose...- borbottò poi – Tu che dici Kotori? Eh?...Tori?!-

Yuma la osservò preoccupato: la ragazza non si era voltata a guardarlo né gli aveva risposto, mantenendo le iridi arancio fisse sulla strada di fronte a loro. Con le mani strette sulla borsetta posata sulle ginocchia, la giovane deglutì e si lasciò poi andare ad una risatina nervosa. Yuma arricciò il naso, confuso.
Cosa stava succedendo a tutti quanti?
    -    Eheheh...ma tu la capisci Yuzu quando dice queste cose?- gli domandò poi, la voce tremolante. Yuma si strinse nelle spalle.
    -    Non proprio- ammise poi – Più che altro perché non finisce mai di spiegarsi! Aaaah, che devo fare con quella...-
Scalò le marce fino a rallentare vistosamente ed entrò nel parcheggio del personale del Pharaoh's Kingdom. Mentre posteggiava nel primo spazio libero disponibile, Yuma ripassò mentalmente le parole della sua amica.
Pensa a te e a chi ti sta accanto, aveva detto. Beh, lui ci pensava abbondantemente: non aveva mai fatto fin troppo mistero sull'affetto che lo legava ai suoi amici e a Kotori, ed era sempre pronto ad aiutarli e prendere le loro difese, in ogni occasione. Il fatto era che l'aveva detto con un tono che non l'aveva pienamente convinto: era come se sottintendesse qualcos'altro, che sul momento gli sfuggiva.
Avrebbe dovuto chiederle qualche cosetta, appena l'avesse rivista. Scese dall'auto insieme a Kotori, guidandola con sicurezza attraverso il parcheggio.
La volante della polizia era ferma proprio di fronte all'entrata del Pharaoh's Kingdom. Non c'era nessuno al suo interno, l'auto era spenta; tuttavia la sola vista fece scattare qualcosa nella testa di Yuma. Kotori alzò lo sguardo su di lui, poi tornò ad osservare la vettura, curiosa e, allo stesso tempo, preoccupata: cosa stava succedendo? Cosa significava?
    -    Yuma, tutto bene?- gli domandò poi, accarezzandogli un braccio – Sei sbiancato-
    -    Entriamo-
Senza dire altro, Kotori lo seguì per le scale che portavano alla porta d'accesso del Pharaoh's Kingdom: le voci si sentivano già qualche scalino prima. Con un gesto secco, Yuma fece glissare a lato la porta in vetro. C'erano Atem e Yugi: il secondo era al riparo dietro il bancone, ma teneva gli occhi puntati sulla scena che si stava svolgendo di fronte a loro.

Sotto lo sguardo della crew del Pharaoh's Kingdom, Yusei alzò entrambe le braccia e lasciò che l'ispettore Trudge completasse la sua perquisizione. Le grosse mani dell'uomo, prive di guanti per poter sentire meglio se fosse nascosto qualcosa sotto i suoi abiti, lo tastarono su spalle, braccia, gambe, fino alle caviglie; rovesciarono il cappuccio della felpa, rovistarono nelle tasche, estraendone lo smartphone che consegnò al collega, un tizio alto e allampanato, talmente magro da sembrare malaticcio.
    -    Te lo restituiamo, stai tranquillo- borbottò la guardia, notando lo sguardo di Yusei farsi sottile e omicida.
    -    Lo spero- sbuffò Yusei – Per quanto ancora dovrà andare avanti 'sta pagliacciata?-
    -    Si tratta della prassi, Yusei. E lo sai-
    -    Prassi che non stavate più ripetendo da un anno ormai. Cos'è successo ora?-
    -    Fa' silenzio-
Yusei sbuffò ancora, roteando gli occhi al cielo e osservando con sguardo assassino l'apparecchio in mano all'ispettore. Seduta a qualche poltroncina di distanza, Aki osservò la guardia puntare un grosso rilevatore verso il volto del capobar: il segno dorato venne passato sotto l'occhio attento dello scanner.
    -    Vieni qui, non abbiamo finito-
    -    Oh, cosa c'è ancora?!-
Yusei sembrava molto seccato da quell'improvvisa perquisizione. Il ragazzo alzò lo sguardo, incontrando gli occhi castani di Judai: il suo compagno osservava la scena a braccia conserte, gli occhi stretti e l'espressione impietrita, concentrata, seria come mai vista prima d'ora. Anche Atem scrutava il capobar e l'ispettore con sguardo serio ed indecifrabile, perso in chissà quale pensiero ma ben attento ad ogni movimento delle mani dell'uomo.
Seduta poco più in là, Aki si torceva le mani, nervosa. Yusei provò un moto di rabbia e tristezza.
Non meritava di assistere ad una simile scena.
    -    Posa pure l'indice qui-
    -    Nooo, sul serio?! Mi dà fastidio questo!-
    -    E piantala, che sarà mai...! Neanche la punturina di una zanzara!-
Sembrava che tra quei due ci fosse confidenza, molta; Aki li aveva visti e sentiti scambiarsi frecciatine di continuo, ma qualcosa nei loro occhi le aveva fatto intendere che la loro fosse la complicità tipica di due persone che si conoscevano da tempo. In un lampo aveva collegato i racconti di Yusei, riguardo alla sua permanenza nella Struttura, alle due guardie entrate nel Pharaoh's Kingdom: il ragazzo rachitico era rimasto sempre in silenzio, forse era un novellino che aspettava ordini da eseguire, ma Tetsu Trudge si era fatto avanti senza paura né tentennamenti, rassicurando tutti su quello che sosteneva fosse un “semplice controllo di routine”.
Per evitare che qualcuno stesse commettendo cose pericolose o non legali, aveva detto. Ma l'unica persona che aveva voluto perquisire era stata proprio Yusei.

Il giovane frenò a stento un'imprecazione, quando il piccolo ago trapassò la punta dell'indice destro, bucandoglielo. Trudge rimase ad osservare il display per qualche secondo, mentre Yusei si ficcava il dito in bocca, succhiando un poco.
    -    Direi a posto- borbottò la guardia – Per tua fortuna-
    -    Sempre un piacere rivedere la tua brutta faccia sfregiata, Trudge- ghignò Yusei, le mani sui fianchi.
    -    Ah-haaa, indovina chi devo ringraziare di questo ricordino?-
La mano sinistra dell'uomo si indicò la grossa cicatrice che gli sfregiava lo stesso lato del volto, grossa, profonda, e chiusa anche male: Aki riusciva a vedere perfino la sottile traccia lasciata dai punti di sutura.
    -    Andiamo, mi facesti incazzare davvero quella volta!- esclamò Yusei, scrollandosi nelle spalle.
    -    Ancora devo capire da dove cacciasti fuori quel coltello-
    -    Abile gioco di mani. All'epoca ero bravo-
    -    Adesso non più?-
    -    Adesso faccio roteare altro, invece di coltelli e lacci. Ti offro qualcosa?-
    -    Non posso bere in servizio-
    -    Non devi metterlo per forza a rapporto-
    -    Finiscila, cretino-
    -    Posso farti una domanda?-
    -    Spara-
    -    Chi?-
Era una domanda che lo stava rodendo da un po', esattamente da quando aveva visto Trudge fare il suo ingresso nella sala.
Non era nuovo a quelle perquisizioni nel suo posto di lavoro, anzi: si trattava di una prassi contemplata e prevista, richiesta dal governo per tenere traccia delle attività degli ex detenuti inseriti nel programma di riabilitazione. Quando aveva iniziato a lavorare al Pharaoh's Kingdom, le perquisizioni erano quotidiane, a volte in più orari della stessa giornata: qualche volta era capitato che entrassero mentre stava lavorando. Facevano le loro verifiche di routine, lo perquisivano, controllavano borsa, armadietto e cellulare, constatavano che era tutto a posto e poi facevano ritorno alla stazione di polizia, contenti di aver fatto il loro dovere di diligenti tutori della legge. Il teatrino era andato avanti per mesi, prima che le visite diventassero molto più sporadiche fino ad azzerarsi del tutto. Era da ormai un anno che non vedeva più alcun rappresentante della legge varcare l'ingresso del Pharaoh's Kingdom, e quella visita improvvisa l'aveva colto di sorpresa.

Era da tempo che non vedeva più il vecchio Trudge, e doveva ammettere che fosse cambiato davvero poco da come se lo ricordava: sempre statuario e irremovibile come una roccia, il volto duro e lo sguardo diretto come un pugno sul naso. Tuttavia sembrava molto più tranquillo e riflessivo, privo di quella verve provocatoria che tanto lo faceva innervosire quando soggiornava nella Struttura.
Quel tipo era in grado di far saltare il sistema nervoso anche ad un santo, quando si impegnava. Avvezzo alle violenze sui detenuti come quasi tutti i suoi colleghi, considerava la gente del Satellite come “feccia”, “spazzatura”, e questo era quando ci andava piano con gli insulti. Era cresciuto, era maturato professionalmente, era diventato il mentore di tante altre reclute che facevano affidamento su di lui per imparare i segreti del mestiere, e senza apparente motivo si era anche affezionato a quel ragazzo del Satellite, apparentemente così scontroso e burbero, relativamente tranquillo rispetto agli standard a cui era stato abituato: mai aveva causato una rissa, mai aveva sfidato una guardia, mai aveva cercato guai nella Struttura. Solo una volta aveva perso le staffe con Trudge, e l'ispettore aveva assaggiato la lama del coltello con cui Yusei stava affettando lo spezzatino di maiale nella mensa.
L'unica volta in cui aveva visto Yusei Fudo all'opera: veloce, fulmineo come il morso di un serpente che piantava le zanne nella carne. E dovevi essere tale, per sopravvivere nel Satellite di quegli anni.

    -    Chi, cosa?- domandò poi Trudge, corrugando la fronte.
    -    Non cadermi dalle nuvole, non è da te- rispose Yusei, incrociando le braccia al petto e sostenendo il suo sguardo – Ormai è un anno che nessuno della sorveglianza si presenta qui a farmi la perquisizione, quasi mi ero dimenticato la tua brutta faccia non fosse per Facebook. È chiaro che non mi consideravate più un problema, e che la mia fedina penale era ormai pulita. E ora eccoti qui, con un cadetto che sembra travestito da palo della luce. Perché?-
    -    ...Sei sempre stato fin troppo intelligente, Yusei. Questo ti causerà qualche guaio prima o poi. Hai ragione, abbiamo seguito degli ordini. Ordini che sono partiti da una segnalazione-
    -    Quale segnalazione?-
A parlare era stato Atem: il Faraone aveva mosso un passo, frapponendosi tra l'ispettore Trudge e Yusei. La differenza di altezza con i due era lampante, eppure entrambi arretrarono di un passo: l'ispettore sembrò farsi improvvisamente più piccolo.
    -    Ci è giunta voce che il Pharaoh's Kingdom nasconda qualcosa- rispose poi Trudge – O meglio qualcuno. Feccia del Satellite ingiustamente a piede libero, hanno detto. Insieme ad altre cose-
    -    Altre cose del tipo?-
    -    Qualcosa riguardo ad un giro di prostituzione. Ovviamente siamo rimasti tutti piuttosto sorpresi: insomma, conosciamo il locale e chi ci lavora dentro, il nostro Sergente Rhodes ne è cliente affezionata e sa che cosa c'è qui dentro e cosa succede...tuttavia abbiamo dovuto accogliere la segnalazione e farci un giro di ricognizione-
    -    ...Chi era l'uccellino?-
La voce di Atem si era levata alta e cupa, nel silenzio creatosi. Aki si alzò in piedi, avvicinandosi velocemente, il cuore che le batteva forte nel petto.
    -    Temo di non poter fare nomi- rispose Trudge – È anche nell'interesse di chi ci ha dato l' indicazione-
    -    Non mi ripeterò una seconda volta. Chi ha parlato?-
E stavolta Aki ne fu sicura, come il Tempo che scorre inesorabile e la Morte che si avvicina: il Terzo Occhio si aprì sulla fronte di Atem, scrutando il volto impassibile dell'ispettore Trudge: gli occhi ametista del Faraone scintillarono qualche secondo, quasi avessero rubato la luce dalle iridi dell'uomo di fronte a lui.
Ci volle poco perché la ragazza capisse che l'uomo era stato ipnotizzato.
    -    La segnalazione viene da un consiglio che riunisce le famiglie più importanti di Nuova Domino- disse l'ispettore, la voce piatta e incolore – A capo del consiglio c'è il senatore Izayoi-
Il mondo le crollò sulle spalle con la potenza di una valanga.

In una terribile ed inquietante moviola, gli sguardi di tutta la crew del Pharaoh's Kingdom, Yusei compreso, si voltarono verso la rossa: nell'agitazione del momento, Aki non si rese conto dell'espressione di pura sorpresa che animava i loro occhi. Tutto ciò che la sua testa le riproponeva ora, erano le parole del sergente Trudge, ripetute come in un playback mandato a ripetizione.
La segnalazione veniva da un consiglio che riuniva le più importanti famiglie di Nuova Domino, e a capo di tutto c'era il senatore Izayoi. C'era suo padre, maledizione! Suo padre era la mente organizzatrice di quel controllo a sorpresa, suo padre aveva parlato della presenza di delinquenti al Pharaoh's Kingdom, suo padre aveva sostenuto ci fosse un giro di prostituzione!
I ricordi della festa di fidanzamento di Suketsune le sfilarono nella mente con la velocità di una vecchia pellicola: la rossa sibilava tra i denti di lavorare come cameriera, Yusei infilava il biglietto da visita del locale nel taschino della giacca di Suketsune, sfottendolo per il fiore all'occhiello.
Era tutto collegato. Era tutto così palese e ovvio da farle letteralmente schifo: il solo pensiero che suo padre avesse preferito credere alle parole di un piccolo serpente come Suketsune le fecero contrarre la mascella e stringere i pugni dalla rabbia. Prima di rendersene propriamente conto, Aki imboccò la scala che portava ai camerini, scendendoli in tutta fretta.
La voce di Yusei la richiamò dall'alto; Aki lo ignorò, reprimendo a stento un singhiozzo di rabbia.


Costernato e scosso, Yusei si portò le mani tra i capelli, sbuffando esasperato e passeggiando avanti e indietro per la sala. Si voltò solo per un attimo, per scrutare i volti di Trudge e Atem: l'ispettore lo osservava a sua volta con aria indecifrabile, forse scontenta, e il Faraone aveva reso i suoi occhi affilati come stiletti. Il capobar aveva la percezione di vedere gli ingranaggi del suo cervello lavorare freneticamente, riflessi dalle iridi ametista.
Qualcuno aveva insinuato cattiverie infondate sul suo regno. E la cosa non gli era affatto piaciuta. Con una punta di sadica gioia nel cuore, Yusei si ritrovò a ringraziare le stelle di non trovarsi al posto di quei cravattoni.
Era troppo crudele sperare che qualche testa saltasse via?

Non gli servì il cenno che Atem gli fece col capo, invitandolo a seguire Aki nei camerini: Yusei si era già liberato velocemente del grembiule che aveva appena terminato di allacciarsi e si era fiondato verso le scale, scendendole più velocemente che gli riusciva e spalancando la porta degli spogliatoi femminili senza troppo garbo.
I suoi singhiozzi si udivano dalla tromba delle scale. Il ragazzo del Satellite trattenne a stento quella sfilza di imprecazioni che gli stava risalendo lentamente lungo le corde vocali: e meno male che si era ripromesso di non farla mai più piangere...
Poi scosse il capo. La colpa era interamente sua. Sua e della sua lingua lunga e più tagliente di un coltello, quando ci si metteva: se quel giorno non avesse controbattuto alle provocazioni saccenti di quel damerino del cugino di lei, non sarebbe successo nulla di tutto questo. Trudge sarebbe rimasto nel suo ufficio a ingozzarsi di ciambelle, lui avrebbe lavorato come ogni altro giorno e Aki sarebbe rimasta tranquilla.
Ora era di nuovo al punto di partenza.

La ritrovò seduta su una delle poltroncine messe a disposizione nei camerini, curva sulle ginocchia e con entrambe le mani che le coprivano il volto, la schiena scossa da forti singhiozzi. Le si inginocchiò di fronte, posandole le mani sulle ginocchia.
    -    Aki?-
Il suo richiamo frenò sul nascere l'ennesimo singhiozzo, e la rossa fece timidamente spuntare gli occhi dalle sue pallide dita. Mordendosi il labbro inferiore, Yusei le accarezzò lievemente un braccio.
    -    Aki, va tutto bene-
La rossa si strinse ancora di più tra le braccia e scosse vigorosamente il capo. No, non andava per niente bene, e poco importava quello che Yusei poteva dirle in quel momento, nulla avrebbe rimediato a quella tremenda, orripilante sensazione di sporco e lerciume che sentiva circondarla come un mantello.
Tra i nomi che avevano richiesto quell'improvviso controllo c'era quello di Izayoi. C'era il suo nome. E tra le persone che avevano malignato sul Pharaoh's Kingdom e la gente che ci viveva dentro c'era anche suo padre, c'era la sua famiglia. Non aveva più nulla da rendere conto a nessuno, era vero: forse solo a sua madre, che si preoccupava tanto per lei e la sua incolumità e salute...ma il resto dei suoi familiari erano fuori dai giochi: nessuno aveva la minima idea di cosa volesse dire vivere una simile realtà. Nessuno aveva idea di cosa significasse, per lei, varcare la soglia del Pharaoh's Kingdom e trovare ad aspettarla i sorrisi di Yugi, l'allegra ficcanasaggine di Judai e gli sguardi intensi e lontani di Atem; nessuno aveva idea cosa volesse dire essere accolta dalla straboccante energia di Yuma o dai buffi giochi di Yuya.
Nessuno sapeva cosa significasse, per lei, incrociare lo sguardo con gli occhi blu del ragazzo delle stelle.

Nessuno sapeva un accidente di niente, eppure tutti, ma proprio tutti avevano l'ardire di farsi avanti e sputare sentenze, credere alle parole velenose di quello che, alla fine dei conti, era un bamboccio viziato e non solo dargli credito, ma cospirare tutti insieme per metterla nella situazione più critica ed imbarazzante della sua vita.
Perché li sentiva, li percepiva distintamente, gli occhi blu di Yusei scrutarla torvo dal basso verso l'alto. Li sentiva puntarsi sul suo volto nascosto tra le mani, lo sguardo fosco di un implacabile giudice pronto per una sentenza di condanna.
    -    Mi ascolti?!-
La sua voce era carica e tremolante di rabbia. Aki sentì un brivido scuoterle la schiena.
    -    Non è successo assolutamente nulla-
    -    Lo dici tu!-
Finalmente uscì dal suo nascondiglio creato con mani e braccia, svelandosi ai suoi occhi in quell'assurda, terribile persona che lui sperava di non vedere mai più. Con gli occhi scintillanti di lacrime e il volto sfigurato dalla tristezza, Aki gli si presentò con il labbro inferiore reso gonfio a furia di morsi rabbiosi.
E lei, a guardarlo, ad osservare quel suo implacabile sguardo truce e il volto serio, quasi arrabbiato, esplose. Con le mani nascoste tra i capelli rossi, Aki venne scossa da una serie terribile di singhiozzi, incapace di riprendere fiato. Spalancò le labbra, inspirò aria a grandi boccate nel tentativo di riprendere controllo del suo respiro, senza successo.

Yusei sentì il cuore esplodere in mille pezzi. Era anche peggio della volta precedente.
Senza pensarci troppo sopra si alzò in piedi, costringendola a seguirlo con il movimento, prima di spalancare le braccia e accoglierla nel caldo rifugio del suo corpo.
Quello fu l'ultimo colpo alle difese ormai compromesse della rossa: con i pugni stretti sulla sua camicia, Aki affondò il volto nel suo petto e scoppiò in un pianto dirotto.
Era decisamente peggio rispetto alla volta precedente. Impotente, troppo scosso e arrabbiato con sé stesso perfino per parlare, Yusei non poté fare altro che stringerla nel suo abbraccio, e sfiorarle la tempia sinistra in un bacio leggero come un soffio.
Aveva una tale voglia di urlare che sentiva avrebbe tirato giù l'intera volta celeste e le sue amate costellazioni.
    -    Ehi, ascoltami-
Yusei la allontanò da sé quel poco che bastava per prenderle il volto tra le mani ed osservarla con sguardo contrito: la sua espressione addolorata gli fece contorcere le viscere.
Perché?
    -    Non è colpa tua. Levatelo dalla testa-
    -    Aha, certo- sbuffò Aki, ironica, un suono sommesso spezzato da un altro singhiozzo.
    -    E invece no! Cosa diavolo stai pensando?-
    -    Yusei, non hai sentito allora?!- sibilò la rossa – Tra quelle persone che ti hanno fatto questo...tra quelle persone che hanno detto certe cose c'è anche mio padre! C'è anche la mia famiglia!-
    -    Fatto cosa?! Chiesto ad un agente di perquisirmi?! Sai quante volte l'hanno fatto? Ne ho perso il conto! È la prassi, Aki!-
    -    Che non stavano ripetendo da un anno ormai! E-e ora ti hanno trattando come un galeotto appena uscito dalla prigione!-
    -    E tu pensi davvero che per me sia un problema?!-
    -    Dovrebbe esserlo!-
    -    E allora non ci siamo, non hai capito nulla. Con i pensieri di quella gente mi ci pulisco il culo-

Aki trasalì nel sentire quell'inaspettato turpiloquio. Alzò gli occhi nocciola verso di lui, che la osservava tenendole le mani sulle spalle.
Era mortalmente serio.
    -    Senza troppa offesa perché sono comunque i tuoi familiari...anzi sai che ti dico? Fanculo anche questo!- esclamò, scuotendo rabbioso il capo – Proprio non capisco come tu abbia fatto a venire su così...così diversa da loro! Così umana, dannazione! E tu che gli stai ancora dietro! Proprio non vuole entrarti in zucca che a loro non gliene importa nulla di te, eh? Guarda in mezzo a che casino ti hanno piazzato!-
Aki alzò una mano e si asciugò le lacrime che le scorrevano lungo il viso, disegnando lunghe scie luccicanti sulle guance. Le spalle vennero scosse da un altro singhiozzo.
    -    Ci stai male, e ti capisco, in fondo è della tua famiglia, ma ora basta! Passa una volta, passa due, passa tre, ma all'ottantaduesima direi che è il caso di darci un taglio, mh?-
E fu stavolta lui a prenderle il volto tra le mani e raccogliere le lacrime con le dita, costringendola ad alzare lo sguardo e fronteggiare i suoi occhi. Aki era confusa, stravolta dalla tristezza e dalle lacrime, con la punta del naso e le guance rosse e i capelli scarmigliati, e quando lo guardò con quei tristi e acquosi occhi da cerbiatta sperduta, Yusei provò il forte impulso di abbracciarla così stretta da soffocarla.
Si trattenne solo al pensiero di poterle fare fisicamente male, a metterci la forza che intendeva.
    -    E poi pensi davvero che io mi faccia condizionare da quello che pensa la gente? E soprattutto temi che io ti guardi con occhi diversi dopo questa merdata che hanno fatto? Tu non sei loro Aki, ricordatelo. Sei vittima tanto quanto me. Ehi, ascoltami. Guardami-
Stavolta Aki non poté davvero sfuggire al suo sguardo. La rossa prese un profondo respiro, recuperando lentamente controllo di sé e del suo respiro.
Ebbe la percezione di sentire la pelle della sua fronte andare letteralmente a fuoco, quando sentì le labbra di Yusei sfiorarle con un bacio. Lungo, molto lungo, ponderato, desiderato forse da entrambi; il ragazzo si separò dopo un tempo che ad Aki apparve come infinito, tornando ad abbracciarla stretta come aveva fatto poco prima.
    -    Ho promesso che mai ti avrei più vista piangere- le disse, accarezzandole i capelli – E così farò. Adesso ti dai una sistemata, ti asciughi queste lacrimucce, saliamo di sopra e ci mettiamo a lavorare. Chiederò ad Atem di farti stare un po' con me al bancone, vuoi?-
Yusei sorrise quando la vide annuire con la testa. Lo sguardo gli cadde sulle sue labbra tumefatte dai morsi, dove la punta della lingua era passata nervosamente ad inumidirle mentre i denti tornavano ad inciderle lievemente.
Moriva dalla voglia di baciarle. Il desiderio di sentire di nuovo, stavolta per davvero, quelle labbra sulle sue lo stava divorando come un demone interiore: gli occhi non potevano fare a meno di percorrere quella morbida curva disegnata, lievemente più colorita della pelle.
Posò la fronte sulla sua, lo sguardo basso, il respiro di lei, ormai regolarizzato seppure ancora pesante, che si confondeva con il suo. Sentiva un vago odore di pulito, un profumo leggero e delicato gli solleticava le narici, e il solo pensiero di quella bocca...
Datti un contegno, razza di animale.
Poteva farlo no? Era perfettamente in grado. Era grande, maggiorenne, vaccinato e pienamente padrone di sé stesso.
Puoi farcela. Forza, ragazzo del Satellite!...o delle stelle, come ti chiama lei. Come se n'è uscita quell'altra volta, oh dannazione potrei chiedere a tutti di farmi chiamare così...ma no, detto da lei è tutt'altra cosa...
Puoi farcela. Allontanati da lei ora.
    -    Yusei?-

Il suo sussurro lo colpì con l'impatto di una testata. Il ragazzo deglutì nervosamente, inspirò ma non riuscì a separarsi.
Andiamo, allontanati!
    -    Dimmi- le rispose poi, la voce roca e la gola secca.
    -    ...Nulla. Volevo solo dirti grazie-
Va bene, al tre.
    -    Grazie di cosa?-
Uno.
    -    Per tutto-
Due.
    -    Tutto cosa?-
Due e mezzo.
    -    Tutto quello che hai fatto-
Due e tre quarti.
    -    Non ho fatto nulla-
    -    Oh, Yusei...sai bene cos'hai fatto-
...Tre.


Quasi fosse vittima di qualche beffardo scherzo del destino, fu la stessa Aki a decidere di annullare la poca distanza rimasta e catapultarsi ancora tra le sue braccia. La sua bocca si schiantò contro la guancia sinistra attraversata dal segno dorato, lasciandolo interdetto per un breve attimo.
Sulla guancia. Un bacio a stampo, sulla guancia. Come aveva fatto qualche sera prima.
Quelle labbra così belle e delineate, quella bocca che sembrava pronta a parlare d'amore e meraviglie e che troppe volte si ritrovava a sognare durante la notte, si era posata sulla guancia. E gli aveva lasciato un bacio che non aveva nulla a che fare con quelli precedenti: delicato, caldo, lievemente umido di lacrime salate, un petalo di rosa che si posava su dura roccia granitica.
Neil Armstrong, ti ho battuto. Sono finito sulla Luna senza razzo né tuta spaziale.
Aki si allontanò da lui, sorridendogli riconoscente prima di precipitarsi nel piccolo bagno a darsi una rinfrescata. Yusei rimase lì, in piedi in mezzo alla sala, ad osservare imbambolato un punto impreciso del vuoto, in attesa.



Yuya si presentò a inizio serata, con gran sorpresa di tutti eccetto Kotori e Yuma, a conoscenza delle sue intenzioni. La sorpresa fu in qualche modo doppia, capace di cogliere impreparato perfino Atem, quando il ragazzo con gli occhialetti gli chiese la possibilità di lavorare quella sera come straordinario. Sosteneva di aver bisogno di stare con persone a cui voleva bene, e di poter fare quello che gli riusciva meglio, quella giocoleria che aveva fatto diventare il suo mestiere.
Yusei aveva colto diversi sguardi d'intesa tra il ragazzo e Yuzu, seduta al tavolo insieme a Kotori: i due incrociavano spesso i loro occhi, si sorridevano consapevoli di chissà cosa e tornavano a concentrarsi su altro. Un po' come tra lui e Aki, che a cadenze quasi regolari si scambiavano lunghi sguardi prima di voltarsi, le labbra contratte in un lieve sorriso; tutto questo con grande gioia di Judai, che davvero non sapeva più dove girarsi a guardare.
Con sommo sollievo di Yusei, Jack e Crow non si presentarono quella sera.
Con consapevolezza e, a dirla tutta, una punta di rammarico, Atem si arrese all'evidenza: Seto Kaiba non gli avrebbe inviato alcuna risposta.


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La quarantena sembra mollare la presa, ma MI RACCOMANDO: non fate cavolate :) Che questo è il momento perfetto per farsi sfuggire di mano la situazione e finire chiusi in casa altri due mesi.
Non vi nascondo che la situazione tutta mi ha messa non pochi pensieri in testa.  Lezioni universitarie online, esami pure, laboratori annullati, tirocini anche: le ore di attività pratica non si recupereranno tanto presto, SE sarà possibile recuperarle. E questo potrebbe costituire una grossa lacuna nella formazione.
Speriamo in bene ragazzi. Voi come state? <3

Rosaspina

   
 
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