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Autore: EliaS_Eliana    04/05/2020    0 recensioni
Una donna venne trovata in mezzo ai resti fumanti del Tempio delle Sacre Ceneri. Una maga, una straniera. L'Araldo del Tevinter
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Lei e Cassandra si ritrovarono a risalire un sentiero liberato dalla neve sul quale, a distanza intermittente, si imbatterono in barricate presidiate dai soldati e da uomini che correvano in direzione opposta alla loro, portando messaggi, soldati o civili feriti e i morti che continuavano a trovare tra le macerie del Tempio e sulla strada.
La neve continuava a cadere morbida, ostacolando i movimenti dei soldati e rallentando le operazioni di soccorso. Il mantello rosso di scaglie di drago  Visenya contrastava nettamente con il biancore della neve. Il freddo intorno a loro era acuto e pungente, ma Visenya non sentiva freddo, nonostante la relativa leggerezza dei suoi abiti. Si diceva, nel Tevinter, che i figli della Casa del Sole fossero semidivini. Il loro sangue non era quello delle genti comuni e possedevano caratteristiche che li distinguevano dai comuni mortali con i quali si erano ritrovati a vivere. Erano solo antiche leggende e miti, creati e messi in giro, probabilmente, dalla sua stessa famiglia secoli prima per aumentare il proprio prestigio e la propria influenza. Non era una cosa inusuale nella sua patria. Visenya non ci aveva mai fatto troppo caso. Considerava la sua ascendenza un privilegio e un fardello allo stesso tempo. Preferiva non cullarsi nell’illusoria beatitudine nella quale giacevano troppi dei suoi connazionali. Il lustro della sua stirpe era certo un suo retaggio, ma non le apparteneva. Non poteva vantare alcun merito per le glorie passate dei suoi antenati. Piuttosto preferiva concentrarsi sul presente e su quello che lei avrebbe potuto lasciare alle generazioni future. Si aspettava di poter lasciare un’eredità migliore di quella lasciata dagli antichi condottieri del Tevinter nel resto del Thedas.
Ci fu una seconda esplosione. Arrivò come una scossa sulla sua mano che le attraversò tutto il corpo come un’onda. Le tolse il respiro e fu costretta a fermarsi, ma riuscì a rimanere in piedi stavolta. Cassandra le si avvicinò per sostenerla, circondandole la spalla con il suo braccio.
“Le pulsazioni si stanno facendo più frequenti. Più il arco si allarga, più squarci compaiono e più demoni giungono nel nostro mondo”.
Meteore di luce verde continuavano a precipitare mentre risalivano insieme il pendio. Ognuna di esse portava demoni dall’Oblio. Con il passare del tempo andavano aumentando. Era necessario chiudere il Varco il più in fretta possibile.
Visenya si rese conto guardandosi la mano ferita che nessuno le aveva ancora detto come avesse fatto a ritrovarsi lì. La sua mente era vuota e debole, non aveva memoria di ciò che era successo.
“Come posso essere sopravvissuta a quell’esplosione?”.
“Dicono di averti vista… uscire da uno squarcio e subito dopo perdere i sensi. Dicono di aver visto una donna nello squarcio alle tue spalle. Nessuno sa chi fosse. Il resto della valle è stato raso al suolo, insieme al Tempio delle Sacre Ceneri. Nessuno sa come tu sia ancora in vita”.
Passavano in quel momento su un ponte di pietra, allestito come uno dei presidi. Una meteora si schiantò davanti a loro, facendo riversare il ponte sul fiume ghiacciato sottostante. Dalla meteora era fuoriuscita un’ombra minore. Cassandra sguainò la spada e andò ad affrontare il mostro, intimandole di restare indietro. Visenya non era abituata a lasciare che altri si prendessero l’onere di difenderla, ma intervenire in quel momento avrebbe significato una mancanza di rispetto nei confronti della Cercatrice, perciò si fece da parte. Subito dopo, però, un altro demone uguale al precedente aveva varcato lo squarcio e puntava dritto verso di lei. Nonostante fosse una maga, Visenya aveva ricevuto un eccellente addestramento al corpo libero e alle armi bianche, in particolare ai pugnali. Li portava nascosti sotto le vesti: erano la sua arma segreta, nessuno al Sud si aspettava che un mago sapesse usare altro se non un bastone. Aveva già constatato che l’avevano perquisita, ma none erano alla ricerca di pugnali e i suoi erano molto ben nascosto. Provò un isto di orgoglio per essere stata come al solito un passo più avanti di tutti, ma pensò anche che se quella era l’unica organizzazione che avrebbe potuto salvare il mondo dalla rovina allora avevano ottime probabilità di fallire… Reagì d’istinto: era leggera e veloce, addestrata al combattimento sin da bambina. Un singolo demone non costituiva alcuna minaccia per lei. Non dovette neanche scomodarsi a usare i suoi poteri.
Si girò per tornare da Cassandra, ma si ritrovò la sua spada fra sé e lei.
“Butta le armi, subito”.
Visenya non si scompose. In tutta tranquillità rispose a Cassandra nell’unico modo in cui avrebbe potuto: dicendole la verità.
“Credete davvero che mi occorrano dei pugnali per essere pericolosa?”. Dicendo questo si fece attraversare da un’unica, leggera, scarica elettrica. Lungo tutto il corpo. Come tutti i maghi, Visenya non aveva bisogno di un bastone per evocare la magia. Il bastone aveva come solo effetto quello di incanalare l’energia spirituale del mago, indirizzandola con maggiore facilità verso il giusto obiettivo. Un guerriero senza spada non cessava di essere pericoloso, così come un mago senza bastone.
Cassandra sembrò sdegnata. “Questo dovrebbe rassicurarmi?”.
“Beh, non Vi ho ancora tramutata in un coniglio”. Disse questo rimanendo assolutamente seria nell’espressione.
Ottenne l’effetto desiderato. Cassandra si lasciò andare in un mezzo sorriso, abbassando l’arma. Se effettivamente Visenya fosse stata colpevole quello sarebbe stato un ottimo momento per uccidere Cassandra e scappare. Fortunatamente per la guerriera, Visenya stava dalla sua parte. “Hai ragione. Io non posso proteggerti. E’ meglio se li tieni. Sarà preferibile anche trovarti un bastone, sempre che sia possibile in mezzo a questo caos. Dovrei tener conto del fatto che mi hai seguita senza opporre resistenza”.
“E’ il bastone a scegliere il mago, Cassandra. Sarà preferibile che mi facciate avere il mio”.
Proseguirono il cammino, dove si imbatterono in altri squarci, dai quali fuoriuscirono altre ombre minori e demoni wraith, dei quali dovettero evitarne il veleno quasi letale che usavano lanciare contro i nemici.
Raggiunsero quasi la fine di una scalinata scolpita nella pietra, che risaliva il versante dal fiume. “Ci stiamo avvicinando al primo squarcio. Sento il clamore della battaglia!”.
“Battaglia? Chi sta combattendo?”.
“Lo vedrai presto. Dobbiamo intervenire subito”.
Le due donne giunsero presso delle rovine fumanti, al cui interno si combattevano fino all’ultimo sangue uomini e demoni. Al centro delle rovine, sollevato da terra, vi era un enorme cristallo verde. Sembrava come vivo. Le protrusioni si muovevano come arti e pareva risucchiare tutta l’energia intorno a sé. Era uno squarcio nel Velo fra questo mondo e il mondo dell’Oblio, un portale interdimensionale attraverso il quale i demoni potevano passare.  
Visenya evocò la tempesta: fulmini violetti ricaddero sui demoni al centro della battaglia. Mentre ancora erano intorpiditi dall’elettricità lei e Cassandra vi si riversarono contro, ponendo fine alle loro esistenze.
“Presto, prima che ne arrivino altri!”. Visenya non fece in tempo neanche a chiedersi a chi appartenesse quella voce che si sentì afferrare la mano sinistra e rivolgerla verso lo squarcio. Fu come un magnete, non seppe neanche lei spiegarsi il come: il marchio sulla sua mano si nutrì dell’energia dello squarcio, fino ad esaurirla del tutto e a richiuderlo, ricucendo il Velo con un’implosione.
 
Si girò verso la voce che le aveva parlato, leggera e fluida come il vento tra le foglie degli alberi. Un sussurro nel mezzo di una foresta. Apparteneva a un elfo, uno strano elfo, diverso dagli altri elfi del Tevinter. Diverso da tutti gli elfi che si potevano incontrare nell’intero Thedas. La guardava in un modo strano che in un certo modo la turbava, ma non sapeva perché. Distolse lo sguardo da quegli occhi così placidi che sembravano riuscire a penetrare in tutti i segreti della sua mente.
Era un mago, come dimostrava il bastone intagliato che portava con sé, di antica fattura elfica, molto antica. Un bastone semplice, come ancora se ne vedevano fra gli elfi silvani. Come lo squarcio che aveva appena richiuso, l’elfo era magnetico, carico di energia sopita.
Visenya riuscì solo a chiedere: “Come?”.
“La magia che ha aperto il Varco nel cielo è la stessa che ha marchiato la tua mano. Ho ipotizzato che il marchio potesse chiudere gli squarci creati con il Varco… e la mia ipotesi si è rivelata corretta”. 
In quel momento intervenne Cassandra, andando dritta al sodo, come sua abitudine: “E per questo riteniamo che potrebbe anche chiudere il Varco”.
“Probabile. Sembri possedere la chiave della nostra salvezza”.
“Buono a sapersi! Temevo che non ci saremmo più liberati di quei demoni”.
Si girarono tutti e tre verso il nano che aveva appena parlato, fino a quel momento rimasto in disparte ad aspettare. “Varric Tethras. Spirito libero, cantastorie e all’occasione compagno di avventure poco gradito”. Pronunciò quest’ultima frase ammiccando in direzione di Cassandra, che si lasciò andare in un’espressione disgustata e infastidita.
Era alto (per essere un nano) e imponente. Dall’abbigliamento e dai modi affabili Visenya lo riconobbe come appartenente alla Gilda dei Mercanti. La sua presenza in quel posto stonava più di quella di chiunque altro. Come lei, era uno straniero, probabilmente veniva dai Liberi Confini a Nord.
“Non ditemelo. Vi siete appena unito alla Chiesa!”
L’elfo scoppiò a ridere, sinceramente divertito. “E’ una domanda seria?”.
Varric rispose abbassando lo sguardo, ma mantenne un certo tono provocatorio nella voce: “Tecnicamente sono un prigioniero, come te”.
Cassandra sembrò particolarmente offesa da questa affermazione: “Vi avevo condotto qui per riferire la vostra storia alla Divina. Ora non è più necessario”
“Eppure eccomi qui. Per vostra fortuna, considerando i recenti sviluppi”.
Calò un silenzio imbarazzante. Era evidente che fra i due ci fosse qualcosa, ma Visenya non era sicura che fosse solo discordia. Interruppe il silenzio rivolta a Varric: “Bella balestra”. Lo era davvero. Di mirabile fattura, sicuramente il lavoro di un Maestro, un corpo snello di legno intagliato e decorato in ottone; nascondeva un segreto che Visenya aveva notato: una baionetta retrattile in una fessura sotto uno dei bulloni frontali, utile durante il combattimento ravvicinato.
Varric sembrò piacevolmente compiaciuto. “Vero? Io e Bianca ne abbiamo passate tante insieme. E ci sarà di nuovo di grande compagnia in questa valle”.
Cassandra intervenne subito per interromperlo: “Non se ne parla! Il vostro aiuto è apprezzato Varric, ma…”.
“Sapete com’è ridotta la valle Cercatrice? I vostri soldati non la controllano più, avete bisogno di me!”.
Cassandra rimase senza parole. Borbottò qualcosa disgustata, ma sapeva Varric aveva ragione, come aveva potuto constatare insieme a Visenya nel breve tratto che avevano percorso insieme per arrivare fino a lì. Dovette accettare la compagnia del nano.
A quel punto si fece avanti l’elfo, che ancora non aveva rivelato la sua identità. “Il mio nome è Solas, comunque. Sono lieto di vederti ancora in vita”.
Varric aggiunse: “Tradotto: ho impedito a quel marchio di ucciderti mentre dormivi”.
Visenya non lo sapeva, ma in seguito al suo ritrovamento da parte dei soldati nelle rovine del Tempio era caduta in uno stato di trance in cui era rimasta per giorni, nei quali la sua mente aveva lottato per recuperare il controllo, incapace di distinguere la realtà dal sogno. Giorni in cui era caduta in un vortice di oscure visioni che lei poteva percepire reali tanto quanto la persona che le era rimasta accanto giorno e notte senza mai riposare, lottando insieme a lei per tenerla in vita. Visenya ricordava solo vagamente la mano che con un panno la lavava con acqua gelida per abbassarle la febbre, la aiutava con pazienza a inghiottire pozioni per attenuarle le visioni. Se avesse chiuso gli occhi in quel momento, concentrandosi poteva ancora sentire una melodia, un canto, in una lingua sconosciuta che l’aveva guidata come un faro nella notte. In quel momento si ricordò chiaramente di Solas. Riconobbe come suo il volto che prima vedeva solo offuscato davanti a sé, cantare una melodia di cui ora era in grado di ricordarsi.
Entulesse, ritorno.
Visenya rimase senza parole. Niente di ciò che avrebbe detto sarebbe stato abbastanza. Solas le aveva salvato la vita con una dedizione e una pazienza eccezionali, senza nemmeno conoscerla, senza nemmeno considerare per un momento che lui era un elfo e lei una maga del Tevinter.
“Grazie”. Non riuscì a dire altro, ma non ce ne fu bisogno. Solas capì e quell’unica parola fu per lui abbastanza. Si portò la mano destra sul petto, come per portarsi quella parola sul cuore.
Visenya guardò la propria mano e la cicatrice luminosa su di essa. La donna del tempio, le visioni, lo squarcio appena chiuso… non era normale.
“Il marchio… non è una magia di questo mondo”.
“No, infatti. Porti su di te i segni dell’Oblio”.
“Come possiamo esserne certi? Conoscete la magia dell’Oblio?”.
“A differenza di te, Solas è un eretico” aggiunse Cassandra, come se questo fatto fosse sufficiente per spiegare ogni cosa.
“Tecnicamente, Cassandra, tutti i maghi sono eretici ora”. Rispose Solas. Si rivolse nuovamente a Visenya: “Nei miei viaggi ho avuto modo di approfondire la conoscenza dell’Oblio, mi hanno permesso di condurre studi molto al di là delle possibilità di qualunque mago di un Circolo. Sono giunto fin qui per fornire tutto l’aiuto di cui sono capace contro il Varco. Qualunque sia la sua origine, se non verrà chiuso sarà tutto perduto”.
“Per parte mia posso dire che la vostra presenza si è già rivelata essenziale. Dovremmo tutti ringraziarvi per aver preso parte a questa missione spontaneamente”.
“Non dovrebbero, è stato piuttosto un gesto razionale, anche se è noto come il buon senso tenda a scarseggiare ultimamente…”. Dicendo questo accennò un sorriso e si rivolse alla Cercatrice: “Cassandra, devi sapere che la magia all’opera qui è di un tipo a me sconosciuto. La tua prigioniera è certo una maga, ma dubito fortemente che un mago qualsiasi possa sprigionare un simile potere”.
“Vedremo di far valere le tue opinioni al nostro ritorno al Consiglio. Ora dobbiamo recarci subito all’accampamento”.
Detto questo si incamminò su per il sentiero, subito seguita da Solas.
“Beh… Bianca non sta nella pelle”. Avevano altissime probabilità di morire e bassissime probabilità di avere successo. Non c’era motivo per dilungare l’attesa. Varric le stava già simpatico.
 
 
 
"Quando nelle lunghe notti gelate levava il muso alle stelle gettando lunghi ululati nello stile dei lupi, erano i suoi antenati morti e ridotti in polvere, che levavano il muso alle stelle e ululavano nei secoli attraverso di lui".
 
Jack London
 
   
 
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