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Autore: Alexis Cage    04/05/2020    1 recensioni
"Guardò, prima di potersene rendere conto, in uno spostamento automatico degli occhi attratti dal movimento sconosciuto. Impiegò qualche secondo a processare cosa stesse guardando, ma quando lo realizzò ormai era troppo tardi"
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Racconti diurni'
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Aveva dimenticato gli spartiti di sopra. Dispiacendosi molto per la vergogna, si alzò sebbene l’esecuzione dell’altra musicista non fosse ancora finita, uscì dal salone della villa dei suoi genitori e salì la scalinata all’ingresso, così da recarsi al piano superiore dove si trovavano le loro stanze personali. Si diresse subito nella loro camera da letto: sapeva bene di aver lasciato gli spartiti lì, accanto all’antico pianoforte su cui tanto adorava esercitarsi. Aprì la porta della stanza in fretta, lasciando che la memoria e la poca luce proveniente dal corridoio la guidassero, e trovò gli spartiti con facilità dove ricordava fossero. Dopo averli presi sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi del suo riflesso, nello specchio appeso al muro accanto cui si trovava il pianoforte; si soffermò sul suo volto pallido, poi colse un movimento fugace alle sue spalle.

Guardò, prima di potersene rendere conto, in uno spostamento automatico degli occhi attratti dal movimento sconosciuto. Impiegò qualche secondo a processare cosa stesse guardando, ma quando lo realizzò ormai era troppo tardi: il sorriso di quella creatura si ampiò, attanagliandole la gola per il terrore.

Prima che la creatura avesse potuto fare altro, uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle. Il respiro affannoso, gli occhi spalancati che quasi riflettevano l’immagine che aveva visto, non passò molto tempo prima che riuscisse a ritrovare se stessa. Poi iniziò a gridare.

Suo padre arrivò presto: aveva lasciato poco prima il salone per andare a visitare la moglie, in una camera poco distante dalla sua, sottoposta ancora a quelle cure respiratorie che seguiva ormai da mesi. Trovò la figlia tremante davanti alla porta della sua stanza e intuì che aveva lasciato i suoi spartiti sul vecchio pianoforte, il suo preferito. Entrò nella camera da letto senza pensarci, ritenendo che la figlia fosse agitata perché temeva di fare una figuraccia presentandosi al concerto del salone senza la sua musica. Nemmeno lui accese la luce.

Quando la figlia, rimasta paralizzata ad aspettarlo, fu liberata un poco dal terrore, premette l’interruttore ed entrò nella stanza. Di suo padre non c’era traccia; della creatura, nemmeno. Poi vide delle macche, sulla testiera del letto, che fino a poco prima non c’erano: vide il volto distorto di suo padre, catturato nel suo ultimo urlo inascoltato, lanciato prima che la creatura lo prendesse.

Scappò senza rendersene conto. Corse nella camera di sua madre, una stanzetta piccola con un letto soltanto, adibita per le sue cure e prima inutilizzata. Vi entrò, dopo aver acceso la luce, non notando subito che era vuota, ma immaginò che la madre si fosse allontanata per recarsi alla stanza da bagno lì accanto. Il cuore ancora veloce, la mente lenta a ragionare, si ritrovò comunque a domandarsi perché fosse lì: era stato soltanto un cattivo gioco di ombre, le sarebbe bastato scendere nel salone per ritrovare suo padre lì, forse infastidito dal fatto che sua figlia si era allontanata nel corso dell’esibizione.

Fece per uscire dalla camera, già tranquillizzata, quando scorse qualcosa che le bloccò le gambe. Non riusciva a spostare gli occhi, fissi sul dispositivo metallico che aiutava sua madre a respirare durante la notte. La teca di vetro che lo circondava rifletteva la luce della stanzetta, abbastanza perché lei riuscisse a vedere il proprio riflesso su di essa; e, a pochi centimetri da lei, il riflesso di una figura scura, indistinguibile. Tranne che per il sorriso su quel volto, il sorriso che si ampliava sempre più, sempre più.

La luce si spense all’improvviso e, come per suo padre, nessuno sentì le sue urla.

  
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