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Autore: Patman17    04/05/2020    1 recensioni
Sei anni dopo la sconfitta di Yggdrasill i Digimon tornano nel mondo reale. Ikari è all'ultimo anno di superiori, incompreso e sempre solo finalmente incontrerà degli amici che lo aiuteranno a cambiare.
Genere: Avventura, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati sei anni da quando la DATS sconfisse Yggdrasill e i digimon tornarono nel loro mondo, io al tempo ero molto piccolo e ricordo bene la paura che provavo nel vedere quell'enorme mondo che stava per caderci sopra.
Non ho mai avuto contatti con i Digimon, non sono mai stato curioso anzi ne ero terribilmente spaventato o almeno fino a quando non accadde l'inverosimile. Il mio nome è: Noizu Ikari, 18 anni, 1.85 e stagista come investigatore privato; al tempo vivevo da solo così da potermi isolare, odiavo la compagnia, dato il mio soprannome sia al lavoro che come studente: il gigante cattivo o il poliziotto cattivo. In verità io, ero solamente incompreso, cercavo degli amici e una ragazza come ogni ragazzo della mia età. Tutti avevano paura di me e le incomprensioni di alcuni fatti accaduti erano solamente la punta dell'iceberg.
Al tempo vivevo in un piccolo appartamento a Tokyo, le giornate passavano lentamente e io potevo esser catalogato come un quasi hikikomori, dalla mia avevo solo mucchi di manga shoujo che mi aiutavano ad immaginare come potesse esser la mia storia d'amore, in fondo mi rimaneva solo immaginare.
La mia storia però, inizia ad inizio primavera, quel giorno indossavo la divisa della mia scuola una semplice camicia color blu scuro e dei pantaloni del medesimo colore, si intonavano bene con i miei capelli color nero che al tempo non erano nemmeno così tanto corti.
A scuola tutti mi evitavano o cercavano di attaccar briga con me, fallendo miserabilmente; purtroppo ogni volta che reagisco tutti lo interpretano come attacchi di bullismo, ero arrivato anche al punto di comportarmi come un vero delinquente, o meglio cercavo di risultare il più aggressivo possibile. Ero stanco di tutto questo.
Quel giorno però arrivò nella mia classe una ragazza nuova: Hanabira Haru, alta 1.67, occhi marroni e capelli lunghi, molto lunghi color nero. Aveva un carattere così dolce, gentile e loquace con tutti e, i suoi capelli profumavano di chissà quale bellissimo fiore, ne ero completamente affascinato ma, purtroppo... il professore la fece sedere accanto a me. Ero terrorizzato, cosa stava pensando di me? Le faccio paura? Sono davvero così mostruoso? Erano i miei principali pensieri, si notava che ne ero preoccupato e infatti con quella sua piccola voce così carina e dolce come una ninna nanna mi rivolse la parola, con un grande sorriso. “Noizu-san tutto bene?” Domandò e io, incredulo a ciò che mi era appena accaduto rimasi pietrificato dinanzi a lei, quei secondi di puro imbarazzo finirono non appena trovai coraggio per rivolgerle la parola, o meglio ci provai.

“Sì... tutto bene”.

Andava a meraviglia invece. Il mio unico rimpianto fu non aver avuto il coraggio di dirle di chiamarmi per nome, sembrava una cosa troppo audace per uno come me.
Iniziò l'intervallo e, come al mio solito, mi isolai da tutti in un mio posto “segreto”. La solitudine non mi dispiaceva ormai, dato che ne ero abituato.
Il mio pranzo in solitudine procedeva bene, era il classico bentō preconfezionato.

Andava tutto a meraviglia, la giornata era soleggiata ma non faceva molto caldo. Non si sentiva un suono. All'improvviso però dei rumori di passi si facevano sempre più vicini, girai lo sguardo verso destra e notai Haru che, si sedette accanto a me. Si poteva solo immaginare quanto ero a disagio. Perché una ragazza carina come lei era in un luogo sperduto per la scuola insieme ad un tipo come me? Avrei dovuto chiederlo ma, avevo paura di farle una brutta impressione non avevo per niente coraggio. Non appena rinunciai a rivolgerle la parola, una voce... calma, quasi assonnata mi disse di non aver paura. Avvertivo qualcosa accanto a me, come una presenza che mi confortava. Era davvero una bella sensazione. Trovai il coraggio grazie a quella voce e, con un piccolo semi sorriso le rivolsi la parola.

“Hanabira-san, perché sei qui con me? Non hai amiche... no scusami, dimentica tutto... sono stato maleducato!”.

L'audacia di quelle parole non le dimenticherò mai, me ne ero pentito in un primo momento ma, Haru ne era contenta. L'ambiente circostante sparì come per magia, mentre i nostri occhi si incrociavano. Il suo grande e splendido sorriso mi fece spalancare gli occhi, cosa avrei dato per vederlo più e più volte, era bellissimo. Tutte le paure sparirono all'istante, mentre i suoi occhi ipnotici mi portavano dentro ad un mondo fatto di solamente io e lei; il cuore mi batteva forte e tremavo, tremavo molto come se fossimo al polo sud.
“Ti ho visto solo e... pensavo che potessimo diventare amici, anche io sono sempre sola!”.
Tutto ad un tratto tornai nel mondo reale, non credevo alle sue parole... lei era sola? Proprio come me? Inverosimile! Una ragazza bella come lei doveva avere il ragazzo e milioni di amiche, perché... è sola allora? Perché è come me? Prima che potessi chiederle altro la campanella suonò, l'intervallo finì e lei se ne andò sorridendo, lasciandomi un'ultima sorpresa. Le sue parole piene di dolcezza mi colpirono direttamente il cuore: “Ikari, chiamami Haru!”. Era questo ciò che nei manga veniva spiegato come colpo di fulmine? Meraviglioso.
Finirono le lezioni, Haru mi salutò e io rimasi lì in classe da solo, a pensare a quanto oggi sia stato veramente fortunato ma, questo è solo l'inizio di ciò che sarebbe successo nel tempo a venire.
Tornai in un primo momento a casa per cambiarmi, quel giorno indossai una giacca di color marrone e dei pantaloni che tendevano sul nero. Persi molto tempo a cambiarmi, soprattutto perché mi tornò in mente quella strana voce, forse avrei dovuto smettere di andare a dormire tardi per guardare gli anime.
Con qualche minuto di ritardo arrivai, finalmente, in ufficio la dove mi aspettava il mio capo, un uomo molto misterioso: avrà avuto all'incirca non più di 36 anni ed era alto quanto me, il suo vestiario era il classico di un poliziotto in borghese e soprattutto, era come un padre per me essendo che vivevo da solo sentivo la mancanza dei miei genitori. Il signor Kawa mi aiutava sempre nei momenti del bisogno, gli volevo molto bene.
Quel giorno decise di mandarmi a controllare un piccolo negozio che aveva ricevuto dei strani furti di recente ovviamente, io andai senza fiatare dopotutto era il mio lavoro.
Nel tragitto si sentivano voci strane di problemi informatici nel quartiere, computer, telefoni e quant'altro non funzionavano più. Controllai tutto il quartiere per scoprire qualcosa ma, nulla.
Erano all'incirca le sette di sera quando decisi che era il momento di tornare a casa, avevo fatto abbastanza e purtroppo non trovai nessun tipo di indizio, come se i rapinatori fossero spariti dal nulla senza lasciar nessuna traccia, strano no? Abbastanza direi.
Sulla via del ritorno mi arrivò un messaggio dal signor Kawa dove mi chiedeva espressamente di prendermi cura di lui con l'emoji di un dinosauro... non stavo capendo niente di quel messaggio, lui chi? Era piuttosto confuso come messaggio ma, non gli diedi molto peso anzi avevo deciso di chiedergli spiegazioni proprio il giorno dopo... anche se in quel momento il mio pensiero era Haru, già dovevo chieder consiglio all'unico uomo con qualche esperienza che conoscevo, così presi la palla al balzo e provai a chiamare il signor Kawa ma, il numero non era raggiungibile. Strano, cosa stava accadendo? Pensai, Solitamente era sempre libero.
Ad un tratto però, notai come il telefono ricevette delle interferenze, mi spaventai... credevo che fosse rotto e non avevo i soldi per un telefono nuovo ma, mentre ero sul punto di disperarmi comparve nuovamente la stessa voce calma e assonnata di quella mattina; mi disse di non preoccuparmi, ci sarebbe stato lui da questo momento in poi.
La situazione si stava facendo davvero molto inquietante, mi servivano delle vere e proprie spiegazioni che solo Kawa poteva darmi.

   
 
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