Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Artemisia89    10/08/2009    5 recensioni
«Barone – ripetei, come se fosse stato un incantesimo con cui avrei potuto salvarmi – cosa vi porta qui? »
La rabbia, capii strappandomi di dosso quella corona, era un dono a me più congeniale della saggezza.
(Io ero Helena Corvonero. E quel giorno morii.)
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Corvonero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Chiara

 

L  ombra sotto la pietra

(Io ero Helena Corvonero. E quel giorno morii.)

 

 

 

 

 

~

Aprile 1012, Hogwarts

 

 

Quando venne da me sentì l’aria della mia stanza diventare immobile, pesante, calda. Guardai gli iris blu e i gigli bianchi distribuiti con cura nel vaso della mia scrivania con tutta l’ostinazione che mi era possibile. La porta che si apriva e si chiudeva, leggera, un suono inesistente lontano mille e mille chilometri.

Fuori, pensai con forza, era Primavera. Sentivo il sole riscaldare la mia mano inanellata posata sul davanzale della finestra, mentre le mie orecchie registravano i borbottii incerti e imbarazzati nel fondo della stanza.

«Barone - mi decisi infine a dire – cosa vi porta qui? »

Sembrava che avesse preparato quel discorso da secoli, e ricordo bene che tanta tenerezza mi investì, una tenerezza maligna mista alla vergogna, ad una sensazione di sporco, di sudicio e perverso: avrei voluto prendere la mia bacchetta e smaterializzarmi via, lontano da lui, dalle sue parole, dal suo volto tirato e serio, dal cuore che diceva di offrirmi. Alle mie spalle sentivo la sua voce avvolgersi veloce come un nastro (o come un serpente colorato e astuto e pericoloso) e ricadere altrettanto rapidamente come una pioggia di grossa grandine estiva: nessuno avrebbe potuto sentirsi più irraggiungibile di me. Non lo amavo: ascoltai i suoi giuramenti dondolando la testa al vento che veniva da sud-ovest, giusto un po’ più in là di quanto mi sarei spinta io. Non lo amavo. Glielo dissi tamburellando le dita sul vetro della finestra che avevo appena chiuso con un tonfo. Mi sembrò di chiudere con la forza un occhio severo che sorvegliava la mia vita.

«…sono sicuro che Milady è stata colta dall’incertezza di una proposta a cui non era stata preparata a sufficienza e che sarà felice di esaminare la mia richiesta in un più adatto momento, nell’intimità della propria stanza e con l’ausilio e i saggi consigli di Lady Prisci…»

Sentii ogni cellula letteralmente rivoltarsi al suono accennato del nome di mia madre. Uno degli iris blu chinò il capo pesante e, aggrovigliandosi, si polverizzò secco nel fondo del vaso trasparente. Coriandoli che volavano in un’acqua che ribolliva. Tentai di calmarmi, di respirare, mi ripetei che ucciderlo seduta stante avrebbe solo reso più difficili le cose, che se veramente volevo recare offesa a mia madre, non sarebbe stato certo grazie a quel pomposo, tronfio signore dal volto vuoto che veniva a reclamare diritti inesistenti.

«No, Barone, avete capito più bene di quanto pensiate. Io non vi amo. Non vi amo ora, non avverrà in futuro, nemmeno tra secoli e secoli. Il mio è un rifiuto – lo guardai, guardai bene i suoi occhi spalancati, la sua bocca ermeticamente chiusa - eterno»

Andò via dalla mia stanza senza inchinarsi né sbattere la porta. Toccandomi il collo scoprì con inquietudine che, anche se lui era scomparso, la sensazione di  qualcosa che mi strisciava addosso come una serpe e che mi colpiva ripetutamente non era andata via con lui.

Mi sedetti sul davanzale della finestra. Un rifiuto eterno resta eterno dissi agli iris di mia madre. Più di una promessa d’amore urlata alla mutevole luna. L’iris polverizzato si agitò con uno spasmo per un’ultima volta prima di sciogliersi definitivamente nell’acqua incolore.

 

 

  

Dicembre 1012, Albania

 

 

A niente, quel diadema non serviva a niente, al contrario, bruciava gelido contro la mia testa, debolmente protetta dai capelli. Sentivo nella mia testa i pensieri vorticare come impazziti, ero preda di ragionamenti febbrili e deliri inutili quanto un indumento estivo nel gelo. Ma la rabbia, capii strappandomi di dosso quella corona, era un dono a me più congeniale della saggezza.

Sapevo che mia madre mi stava cercando. Lo faceva da mesi, da tre settimane dopo la mia scomparsa. Ovviamente aveva aspettato prima di iniziare le ricerche: credeva che la sua saggia facoltà che per forza dovevo aver da lei ereditato mi avrebbe riportato a casa. Aveva fiducia in se stessa, non in me. E sicuro che mi avrebbe ricondotto da lei, più mediocre di prima e ancora più eclissata dalla sua luce.  Al di là della maga brillante, un iris polverizzato.  

Rubare il diadema non era stato difficile: lei si fidava ciecamente di ogni sua creatura, dagli incantesimi più banali alle sue figlie di cera. Tutto ciò che esce da me, diceva, prima o poi torna.

«Ma non io!» gridai, abbandonata la caverna che mi aveva protetto dalla bufera della mattinata. Il pallido sole invernale rifletteva i suoi raggi bianchi sulla neve che faceva rimbalzare quella luce fredda contro ogni cosa.  Ad un tratto, tra due alberi lunghi e rinsecchiti che alzavano i loro rami spogli contro il cielo bianchissimo, vidi lui. Era tornato. Inghiottii una saliva amara come fiele.  Lui era tornato a riprendermi.  La frase rifiuto eterno veniva pompata nel mio corpo insieme al sangue.

«Barone – ripetei, come se fosse stato un incantesimo con cui avrei potuto salvarmi – cosa vi porta qui? »

Era bello. Molto più bello dell’ultima volta che lo avevo visto, ma non per questo meno pericoloso. Una nuova fitta mi trafisse il petto, come l’ombra sbiadita di una ferita rimarginata che duole al cambiare del tempo. I suoi occhi vuoti si erano riempiti di una luce brillante, pulsante e malata.

Ma io non lo amavo, ero inattaccabile. Inattaccabile. Senza colpa, innocente come una fanciulla. Io non lo amavo. Un rifiuto eterno è una promessa più profonda dell’amore. Avrei continuato a non amarlo per sempre, a quale altra fedeltà più alta avrebbe mai potuto aspirare?

«Sua madre vorrebbe sapere per quale motivo…»

«Sapere, sapere! Non le è mai bastato quel che già sapeva» ruggii.

Abbassò gli occhi. Era un giovane barone con un futuro promettente: si era innamorato della persona sbagliata. Passerà, pensai. Passerà presto e non lascerà segni, come una gelata. L’amore si polverizza, non dura. Era stata solo un incidente di percorso, solo qualche mese di ritardo sulla tabella di marcia.

«Sua madre – ricominciò prendendo fiato, sempre ad occhi bassi, una mano guantata e tremante che afferrava qualcosa sotto il lungo mantello da viaggio – vorrebbe che lei tornasse. »

«Una ragione in più per non farlo»

«Ma Lady,  – pronunciò il mio titolo con infinita dolcezza – se fossi io a chiederglielo?»

Rimasi in silenzio, lì, in quello spiazzo nevoso con i sassi che galleggiavano come spettri sospesi su quel mare bianco. Io ero solo un incidente: passerò presto. Tra un anno al più non si ricorderà più di me, niente è eterno, tranne un rifiuto, e quello è un incantesimo senza ritorno.

«No, Barone. No. E non mi aspetto che voi capiate. Io non vi amo, Barone. Non lo farò mai. E ora vi prego di andarvene, – mi mossi verso l’albero cavo all’entrata della grotta  - di tornare alla vostra casa e di riferire a mia madre, per l’ultima volta, che non tornerò mai più finché sarò in vita»

Vita fu l’ultima parola che pronunciai. E mia madre fu il mio ultimo pensiero. Il Barone si lanciò su di me come la serpe della mia inquietudine e mentre mi stringeva il collo, il suo pugnale d’argento entrò preciso e fatale dentro di me. Caddi a terra con la guancia nella neve, mentre il mio sangue caldo già si spargeva sotto il mio corpo: l’ombra sotto la pietra, piena di buio e di rimpianti, aveva la stessa forma del sorriso della mamma quando mi guardava studiare.

 

 

 

 

~

 

 

Ho sempre pensato che l’ispirazione, nel momento in cui si manifesta violentemente, arriva per una qualche precisa ragione. E quindi è stato bello scoprire che dopodomani sarà il tuo compleanno: queste due pagine, allora, sono per te Koks, per quella pazza sconclusionata e simpatica che non sei altro. Tanti tanti auguri di compleanno, anche se con anticipo.  <3

 

N.B.

Non ho trovato notizie precise riguardo le dare di nascita e morte delle Corvonero: quel 1012 si riferisce ad un’unica notizia che ho trovato in rete la quale pone la nascita di Rowena RavenClaw nella seconda metà del 900 d.C. Spero di non aver forato più di tanto. Infine, il periodo riguardo le bambole di cera si riferisce ad una magia della maga Faey del libro La città di luce e d’ombra di Patricia A. McKillip: solo un piccolo prestito.

 

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Artemisia89