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Autore: EleWar    05/05/2020    12 recensioni
Poi incredibilmente prese a spogliarsi, con naturalezza, proprio lì davanti a lui.
Ryo non poteva crederci!
Ma era forse impazzita?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Miki, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Eccomi qui con l’ennesimo delirio, in attesa di postare l’ultimo capito dell’altra fic Dal passato. Questa ff però è più leggera e più corta (solo due capitoli) e viaggia su tutt’altri toni :D
Se vi dico che mi sono divertita come una matta a scriverla, non vi direi una novità, spero però che alla fine piaccia anche a voi. ^_^
Buona lettura!




COME TU MI VUOI
 
 
 
 
Cap. 1 Vendetta!
 
 
Ryo era in bagno e svogliatamente si stava radendo davanti allo specchio.
Era fresco di doccia e indossava solo uno striminzito asciugamano, legato in vita, a nascondere le pudenda.
 
Faceva smorfie alla sua immagine riflessa e controllava le occhiaie, che quella mattina erano ben visibili sotto gli occhi; stava giusto pensando che, anche se non l’avrebbe mai ammesso, non era più un ragazzino, e tutte quelle nottate di baldorie lo stavano pian piano segnando: non era più il giovane rampante di un tempo, forse era il caso che rallentasse un po’.
Scosse energicamente la testa; no, no e poi no!
Lui sarebbe rimasto giovane per sempre!
Quegli scatti improvvisi, però, fecero finire un grumo di schiuma da barba sulla superficie liscia del vetro, che si affrettò a pulire nervosamente con una manata, altrimenti la sua socia chi l’avrebbe sentita?
 
Già che quella mattina gli era sembrata strana… lo aveva svegliato come sempre, con tutta la dolcezza che può avere un rinoceronte nella savana del Serengeti, però quando lui le aveva fatto la solita battuta per farla arrabbiare, dicendole che era un mezzo uomo e un travestito, lei non lo aveva preso a martellate, ma era rimasta interdetta e non aveva proferito parola.
Aveva girato sui tacchi e se ne era andata.
E lui, dopo aver tolto le braccia da sopra la testa, per ripararsi dall’inevitabile tramvata che lei gli avrebbe rifilato, non sentendola arrivare, si era voltato incredulo verso Kaori.
Perché non lo aveva colpito e se ne era andata via senza nemmeno strepitare, almeno un po’?
Il suo comportamento lo aveva profondamente stupito e, in ultima analisi, impensierito.
 
Quando Kaori faceva così, quando non reagiva istantaneamente come al solito, significava solo una cosa: che la sua vendetta l’avrebbe servita sul classico piatto freddo.
A quella constatazione si era sentito invadere da un profondo gelo, e la fronte gli si era imperlata di finissime goccioline di sudore…
Doveva aspettarsi qualcosa, prossimamente, doveva stare attento; forse, per quel giorno, sarebbe stato molto più prudente limitarsi un po’ con le battute e le prese in giro, finì per pensare.
 
Stava giusto facendo questi ragionamenti, quando la porta del bagno si spalancò e l’oggetto dei suoi pensieri entrò.
 
“Oh, Ryo, sei ancora qui?” esordì la bella socia con voce squillante “Credevo che avessi già fatto” e fece scorrere il pannello della doccia e aprì il rubinetto dell’acqua calda.
 
Poi incredibilmente prese a spogliarsi, con naturalezza, proprio lì davanti a lui.
Ryo non poteva crederci!
Ma era forse impazzita?
Come se niente fosse, la ragazza continuava a togliersi i vestiti, che gettava in terra senza tanto pensarci, e intanto discorreva così, apparentemente senza imbarazzo o vergogna:
 
“Sai, ho proprio bisogno di farmi una bella doccia, stamattina ho pulito sempre, e sapessi che sudata ho fatto!” e gli rivolse un sorriso disarmante.
 
Lui era rimasto pietrificato, voltato per metà ancora con il rasoio in mano; gli sembrava di stare ancora sognando, mentre lei proseguiva con:
 
“Non ti dispiace, vero, se entro nel box? Tanto siamo entrambi uomini e non ci imbarazziamo a vederci… a vederci nudi, no? Tu continua pure a farti la barba, che io mi faccio una doccia veloce” e si slacciò il reggiseno, facendolo cadere anch’esso in terra, seguito subito dopo dalle mutandine.
 
Per un attimo rimase completamente nuda davanti agli occhi del socio che, per l’occasione, erano diventati grandi come piattini, poi entrò fischiettando dentro il box della doccia, scomparendo alla sua vista.
 
Si sentì un tlic, come di qualcosa che urtasse la vasca di ceramica del lavabo.
 
Ryo, ormai senza saliva e senza sangue nelle vene, non riusciva a riprendersi dalla scena che gli si era svolta davanti; spostò il peso del corpo da un piede all’altro, e inevitabilmente il suo sguardo finì ai piani bassi, dove il suo amichetto occhieggiava felice da sotto l’asciugamano.
Si sentì svenire, gli girava la testa… possibile che…
Non riusciva nemmeno a formulare l’ipotesi, l’idea che… che la sua socia si fosse spogliata nuda davanti a lui, e che bellamente si fosse infilata nella doccia.
 
Pensò:
 
È deciso! Devo smetterla di bere! D’ora in poi solo succhi di frutta e spremute d’arancia!”
 
E mentre lo sweeper era ancora lì inebetito e visibilmente eccitato, la socia canticchiava sotto la doccia, lavandosi; e di certo pensarla in quel frangente non l’aiutava.
Quando poi la sentì chiedere: “Ryo? Ma sei ancora lì?” lui schizzò fuori dal bagno come un fulmine, così come si trovava, con mezza barba fatta e mezza no; ma non sarebbe rientrato in quella stanza per niente al mondo, anche se aveva un disperato bisogno di una doccia ghiacciata.
Doccia che, però, era già occupata dalla sua bellissima socia.
Nuda!
 
Raggiunse la sua stanza e vi si chiuse dentro, appoggiandosi con le spalle alla porta, con il fiato corto, ansante.
Fu colto nuovamente da una vertigine.
 
Devi stare calmo, devi stare calmo, Ryo” si ripeteva tempestandosi la testa di pugni; e quando il dolore delle botte auto-infertesi iniziò a farsi strada in quel marasma emozionale, riuscì a recuperare un po’ di lucidità.
Poi, quasi barcollando, si diresse al letto, sul quale si lasciò cadere con il cuore a mille.
Cercò di raccogliere le idee.
 
Cosa aveva detto Kaori, spogliandosi?
Perché aveva parlato… giusto?
Dannazione! Era così preso da quel suo insolito spogliarello, che non aveva capito poi molto.
Ragiona Ryo, ragiona” si ripeteva come un mantra tibetano.
Dopo vari esercizi di respirazione, ricapitolò così: Kaori si era spogliata davanti a lui senza pudore perché tanto, visto che le ripeteva in continuazione che era un mezzo uomo, un uomo mancato ecc. ecc., se si fosse fatta vedere nuda, non ci sarebbe stato nessun problema visto che erano uguali.
E il suo ragionamento non faceva una piega, anche perché lui aveva passato gli ultimi sette/otto anni a insistere che era l’unica donna che non lo eccitasse minimamente, quindi… perché no?
E adesso?
Come avrebbe dovuto comportarsi con lei?
 
Intanto pensò bene di vestirsi.
Era anche riuscito a domare il suo fratellino riottoso, che smaniava per vedere cosa c’era di nuovo nell’aria, ma che dovette arrendersi alle insistenze del fratello maggiore.
Ryo si passò una mano sulla mascella non rasata e sospirò frustrato.
Certo non poteva andare in giro con quella barba a metà, il suo aspetto ne avrebbe risentito e le donne avrebbero riso di lui.
Come avrebbe potuto correre dietro a quelle belle pollastrelle, con quella rasatura ridicola?
Anche Kaori avrebbe riso di lui?
Oddio, ecco che ritornava l’immagine del suo bellissimo e sinuosissimo corpo… nudoooooo!
E per fortuna che non si era atteggiata in movimenti sensuali e in ammiccamenti, e si era semplicemente spogliata, se no a quell’ora si sarebbe trovato già steso su una barella, con le coronarie scoppiate.
 
Basta pensare a lei!
Non c’era solo lei nella sua vita, giusto?
 
Si riscosse dai suoi pensieri e, raddrizzando le spalle, si decise a scendere in cucina; aveva una gran fame e sperò con tutto il cuore che almeno la socia avesse preparato qualcosa, ma non fece in tempo ad aprire la porta che se la ritrovò lì davanti, che usciva giusto in quel momento dal bagno: indossava un accappatoio, che aveva lasciato negligentemente slacciato e quindi aperto, e che, ovvio, non nascondeva niente delle sue nudità.
Si frizionava i corti capelli con un asciugamano e, quando si accorse di lui, gli si fermò di fronte e disse, quasi cinguettando:
 
“Ah, Ryo, già che sei qui, mi presteresti qualcuno dei tuoi vestiti da uomo? Credo di non avere qualcosa di adatto a me nell’armadio. Tutte cose troppo femminili.” e gli fece l’occhiolino ammiccando.
 
Ma il socio rimase lì, sulla porta, impalato, incapace di muoversi e articolare parola, con la testa che vorticava all’impazzata.
Quel dannatissimo accappatoio… perché… perché non l’aveva stretto in vita?
Perché era così impudentemente aperto su… su…
Stava iniziando a balbettare anche mentalmente!
E quando la partner gli passò accanto per entrare nella sua stanza, e gli toccò lievemente il braccio per scansarlo, si sentì come bruciare da quel tocco.
Fu invaso da un calore indescrivibile, mentre contemporaneamente iniziò a sudare freddo.
 
Si disse:
 
Ecco, ora mi scoppia il cuore” e si portò una mano al petto.
 
Si costrinse a voltare appena la testa in direzione della socia, che canticchiando si aggirava per la camera, fra armadio e cassettone, con i lembi dell’accappatoio che svolazzavano impudicamente, mentre sceglieva la biancheria e i vestiti che potessero fare al caso suo.
E di nuovo, ai piani bassi, iniziò a percepire un po’ di trambusto.
 
Ci risiamo” imprecò mentalmente “Ma lei non deve vedermi, non deve capire che… che… che, santi numi… potrei saltarle addosso e prenderla lì, dove si trova” e per fermare i suoi pensieri impazziti si diede l’ennesimo cazzotto in testa.
Kaori, che se ne accorse, gli chiese candidamente:
 
“Ryo, c’è qualcosa che non va? Comunque questo è solo un prestito, sai? Oggi pomeriggio esco e mi vado a comprare qualche completo, dei jeans e delle magliette più maschie” e sorrise ironicamente, “Verresti con me? Così mi porti dove abitualmente ti servi tu, ti va?”
 
“Sì-sì, ce-ce-certo” balbettò, non completamente sicuro di quello che lei gli avesse appena chiesto.
 
Lui riportò lo sguardo davanti a sé, per non continuare a guardarla così, semi-discinta, aggirarsi nella SUA camera da letto, con quel profumo inebriante che esalava dal suo corpo caldo di doccia, e che aveva saturato l’aria.
Avrebbe voluto correre via più veloce del vento, tanto più che sentiva la stoffa dei pantaloni, all’altezza del cavallo, tirargli fino quasi a scoppiare… ma una forza arcana e potentissima lo teneva inchiodato lì, e lo rendeva incapace di fare anche solo un passo.
Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi, di escludere tutti i pensieri, proprio come faceva in combattimento, quando diventava un tutt’uno con la sua fedele Phyton, quando era nel frastuono della battaglia.
Dopo vari tentativi riuscì a recuperare un po’ di lucidità, e stava giusto per girarsi in direzione della sua socia, dicendole: “Kaori, senti…” e chiederle delle spiegazioni, quando trovò la stessa che, reggendo per le grucce una camicia per parte, passandosele velocemente addosso e appoggiandosele sul busto, si rimirava allo specchio dell’armadio.
 
Sentendosi chiamare si voltò verso di lui e rispose:
 
“Sì? Dimmi?” e poi subito dopo: “Secondo te quale delle due ci sta meglio, con quei tuoi pantaloni neri?”
 
Inutile dire che Kaori si era tolta l’accappatoio, e questo giaceva ai suoi piedi, e che era sempre nuda, a parte un paio di boxer di Ryo, su cui erano disegnati dei corvetti stilizzati.
Di nuovo il socio si ritrovò riarso come un carovaniere nel deserto del Gobi, e inghiottì a vuoto.
 
Maledizione, ma che le è preso oggi, a quella pazza scatenata??? Mi vuole morto, sicuramente!
 
Ma la socia continuava a guardarlo con occhi innocenti, atteggiandosi davanti allo specchio, indecisa su quale camicia scegliere, fino a quando proruppe con:
 
“Hai ragione, forse è meglio una t-shirt, che ne dici?” e già faceva per riporre gli indumenti, appendendoli nel palo dell’armadio; ma lui, temendo di vederla ancora più nuda, si affrettò a dire:
 
“No no, direi che va bene quella!” e ne indicò una qualsiasi.
 
“Quale? Questa o questa?” e continuò ad alternarsele addosso, in quel conturbante gioco di vedo-non-vedo, del suo superbo seno.
 
Ryo si sentì venir meno e, prima di perdere i sensi, e stramazzare a terra, dal suo naso partirono due copiosi zampilli di sangue.
 
 
 
 
 
 
Quando si riprese dallo svenimento, si ritrovò disteso sul letto e, ritornando lentamente alla realtà, si convinse di aver solo fatto uno strampalato sogno; gli venne da ridere, pur ricordando l’imbarazzo e l’eccitazione provata, ma quando si passò la mano sul viso, e le sue dita inciamparono sui turaccioli nel naso, con terrore realizzò che no, non era stato un sogno, ma una stramba realtà.
Quasi si lasciò sfuggire un singhiozzo.
 
Ancora con la testa in subbuglio, si alzò da letto e lentamente raggiunse la cucina, dove un’indaffarata Kaori stava preparando il pranzo.
 
Notò subito che era vestita – e già questa era una buona cosa – ma soprattutto era vestita come sempre: un paio di jeans attillati e un semplice top scollato.
Non aveva indossato una delle sue camicie con cui, lo sapeva, sarebbe stata così sexy che non avrebbe resistito da strappargliela di dosso, ma anche così era l’immagine della seduzione… inconsapevole, certo, ma sempre seduzione era; a lei bastava così poco, bastava essere sé stessa.
Non poté impedirsi, però, di chiedersi se sotto i jeans indossasse ancora i suoi boxer, o fosse tornata alle sue stupende mutandine di pizzo bianco.
E già la sua faccia assumeva la solita smorfia da maniaco, quando si bloccò in tempo.
Quella mattina non aveva avuto bisogno di immaginarsele le cose: la realtà aveva superato di gran lunga la fantasia e doveva stare molto attento, perché la giornata non era ancora finita, e non sapeva cos’altro avesse in mente quella streghetta.
 
Forse quello era il suo modo di fargliela pagare.
E a quel punto si chiese se preferisse le martellate, o vedere tutto quel ben di Dio, come punizione.
Difficile scegliere…
 
 
 
Ryo si sedette al tavolo, cercando il più possibile di essere disinvolto e disinteressato, come di consueto, anche se continuava a spiare Kaori di sottecchi.
Lei, apparentemente, era serena e tranquilla come al solito, e tutto sembrava procedere come sempre: non c’era traccia in lei dell’avventura della mattina.
Però lo sweeper valutò essere più saggio non criticare la cucina della sua partner; in un certo senso non la voleva provocare.
 
Quando anche la ragazza si sedette, dopo aver portato in tavola il cibo, iniziò a ciarlare spensierata e allegra, e in breve tempo il suo atteggiamento contagiò anche il socio, che si rilassò a sua volta e prese a chiacchierare con lei in maniera leggera, del più e del meno.
L’uomo però non poteva dimenticare quel suo atteggiamento strano e provocatorio, e soprattutto di averla vista come mamma l’aveva fatta; e se cercava di tenere a freno gli ormoni, almeno faceva lavorare la testa, rimanendo sempre vigile, e cercando di prevedere le prossime mosse della socia, se mai ce ne fossero state.
 
Dopo pranzo Ryo, velocemente, ripassò in  bagno per finire di radersi, poi si rintanò al poligono e vi passò quasi l’intero pomeriggio: sparò per una buona oretta, poi smontò, rimontò, pulì, controllò tutte le armi dell’arsenale; tirò a lucido tutto l’armamentario, pur di non stare di sopra con lei.
Sentiva di doverle stare lontano, ma non troppo…
Quando però la sentì gridare in cima alle scale:
 
“Ryo? Io esco! Vado a fare la spesa!” le rispose di rimando semplicemente: “Va bene.”
 
A quanto sembrava, Kaori aveva accantonato l’idea di andare a comprare vestiti da uomo, e di certo lui non l’avrebbe accompagnata… però, però…
Si bloccò di colpo.
Sicuro che sarebbe andata a comprare i viveri per casa?
Si era comportata in maniera così bizzarra quella mattina!
E se fosse passata dall’altra sponda?
In fondo le aveva sempre dato del travestito, insinuando che le donne la trovassero appetibile per quel suo fascino maschile, androgino… e se fosse andata in cerca di…?
No, no, fra i due il maniaco era lui! Però… però…
Non si sentiva tranquillo.
 
Decise di seguirla di nascosto: voleva vedere come si sarebbe comportata fuori casa.
 
In fretta, lasciò il poligono e cominciò a pedinarla.
Era una bella giornata di giugno, e il mondo sembrava migliore, illuminato dai caldi raggi del sole; Kaori si districava fra le bancarelle del mercato, fra saluti e chiacchiere con le massaie e gli ambulanti, fra acquisti oculati e sporte della spesa.
Aveva già comprato parecchie cose, alcune davvero voluminose, e anche se sicuramente le pesava la spesa, non si lamentava mai, né l’aveva vista fare smorfie; provò l’istinto di raggiungerla e magari aiutarla, ma con che scusa si sarebbe potuto presentare lì da lei?
 
Continuò a seguirla, ma non notò in lei nessun atteggiamento ambiguo né disdicevole, anche quando si fermava a parlare con tutte quelle belle mammine, – e ce ne erano certe che, se non fosse stato che era in incognito, gli sarebbe già saltato addosso – non le guardava con occhi cupidi, né gli faceva delle avances…
No, no, le donne non le piacevano, ancora.
 
Viceversa, quando lei si trovava di fronte dei conoscenti che le rivolgevano dei complimenti, o delle velate allusioni – e più di una volta era stato lì lì per estrarre la sua fedele colt e fare un bel buchino in fronte a quei bellimbusti – lei era arrossita fino alle orecchie, dimostrando di apprezzare le attenzioni degli uomini.
E certo!
Lei era una donna, fatta e finita, era normale.
 
Quando si diresse al Cat’s Eye, fu tentato di palesarsi ed entrare con lei, ma poi, si disse, sarebbe stato più interessante vederla interagire con la bella Miki a sua insaputa.
 
Fece il giro del locale e, attraverso l’entrata sul retro, entrò più silenziosamente che poté.
Sapeva che nei dintorni c’era Umi, e appunto per questo doveva stare attento, molto attento.
Ma Falcon, ormai diventato imbattibile nel sentire la presenza di chiunque, anche di chi, come Ryo, cercava di nascondere l’aura, lo individuò senza problemi, e afferratolo per il collo della giacca lo tirò su senza fatica:
 
“Dimmi un po’, cosa hai in mente stavolta, Saeba?” gli grugnì ad un centimetro dal naso.
 
“Sto lavorando. Sto facendo un pedinamento.”
 
“Ah, sì? E chi staresti spiando?”
 
“Non sono affari che ti riguardano” rispose sdegnato Ryo.
 
“E invece sì, se entri di soppiatto nel mio locale” puntualizzò il gigante.
 
Ryo decise di arrendersi; Umi era capace di fare un baccano infernale e non aveva voglia di farsi scoprire da Kaori, e insospettirla.
Temeva la sua reazione, quindi capitolò dicendo:
 
“Sto spiando Kaori…”
 
“Mmm…” rispose Falcon, ma non aggiunse altro e lo lasciò andare malamente.
 
Quei due erano la coppia più stupida che conoscesse: due innamorati così cocciuti e sciocchi che non valeva la pena interferire, nelle loro baruffe amorose, più di quello che lui e sua moglie, loro malgrado, avevano già fatto.
Ogni volta che i due soci litigavano, e la maggior parte delle volte avveniva proprio lì dentro, finivano per distruggere il locale, quindi meglio non chiedere.
Solo minacciò:
 
“Basta che non vada a finire come al solito! Ho terminato i lavori per risistemare il pavimento giusto l’altro giorno, quindi occhio!”
 
Lo sweeper, infastidito dal fatto che il suo amico ex-nemico gli avesse fatto perdere tempo prezioso, si dispose a raggiungere il bancone, vi si rintanò dietro e aguzzò le orecchie.
 
Le due amiche chiacchieravano allegramente sedute ad un tavolino, davanti alla vetrina; non riusciva a capire di cosa stessero parlando, ma ogni tanto scoppiavano a ridere e si portavano la mano alla bocca per trattenersi.
 
Un raggio di sole pomeridiano illuminava la figura di Kaori, accentuandole i riflessi ramati dei capelli castani, era circonfusa da una luce morbida e calda che la faceva risaltare sul resto del locale; sorrideva, e i suoi occhi erano pieni di pagliuzze dorate, era così bella, come non l’aveva mai vista prima.
 
Ryo si sentì pervadere da uno strano batticuore, che non era quello violento della mattina, quando l’aveva vista nuda, ma un altro che lo sconquassava tutto dal profondo, e che gli faceva vibrare l’anima.
Uno strano calore che partiva da dentro e s’irradiava fino all’esterno.
D’improvviso si sentì fragile, impotente, ma anche leggero e felice, e uno strano sorriso gli si disegnò sul viso, senza che se ne rendesse conto.
E Umi, che era arrivato in quel momento dietro al bancone, avvertendo quel suo cambiamento di aura, emise un: “… pivello” a mezza voce, in tono divertito.
 
Era troppo divertente sorprendere Ryo innamorato, e non si fece sfuggire l’occasione per stuzzicarlo un po’. Pestò violentemente il piede, calzato nell’immancabile anfibio, sulla mano dello sweeper appoggiata sul pavimento, stritolandogliela.
Ryo, preso alla sprovvista, si lasciò sfuggire un mugugno strozzato, che richiamò l’attenzione delle due donne.
Miki chiese a suo marito:
 
“Tesoro? Cosa è stato?”
 
“Oh, niente, era solo uno schifosissimo scarafaggio” rispose impassibile l’uomo, ridendo sotto i baffi.
 
Ryo, indispettito, fu sul punto di avventarsi sul polpaccio del gigante e prenderlo a morsi, quando, in quello stesso istante, Kaori si alzò annunciando:
 
“Bene, si è fatto tardi. Devo tornare a casa e pensare alla cena.”
 
E riprendendo le borse della spesa, sospirò:
 
“Miki sei fortunata ad avere Falcon, lui è così premuroso con te, va a fare la spesa, ti aiuta in casa e al locale… io invece…” fece una pausa, poi riprese: “Quell’invertebrato di Ryo, invece, non alza un dito per me!” e poi rivolgendosi al bancone, proseguì:
“E per lui sono una donna solo quando si tratta di lavori domestici. Per il resto…” e lasciò la frase in sospeso.
 
Ryo, che aveva avvertito il suono della voce della socia indirizzarsi verso di lui, si immobilizzò di colpo: che lo avesse scoperto?
Possibile?
Un gocciolone di sudore si formò al lato della tempia e trattenne il fiato.
L’aura della compagna, da dolce e rassicurante che era prima, si era fatta triste e delusa, e lui ne percepì il cambiamento.
 
Davvero non poteva far a meno di ferirla, di renderle la vita un tormento.
Non meritava di essere amato da una creatura sublime come lei…
Perché continuava ad amarlo, nonostante tutto?
 
 
 
***
 
 
 
Ryo non seguì la socia fino a casa; la lasciò andare, distanziandola un po’, dicendosi che l’avrebbe raggiunta solo per cena.
Aveva bisogno di starsene un po’ da solo e pensare.
 
Quando infine raggiunse il loro appartamento, entrando la chiamò così:
 
“Kaori? Sono tornato!”
 
Ovviamente se lei gli avesse chiesto dove fosse finito, lui avrebbe fatto il vago, come sempre.
In ogni caso, la voce squillante e allegra della socia lo raggiunse nella piccola anticamera, dove lui si stava sfilando le scarpe:
 
“Ryo, sei tu? Stasera, per cena, pizza, ti va? Non avevo voglia di cucinare…”
 
L’uomo ne rimase leggermente deluso, perché sperava di farsi una bella scorpacciata con una delle sue deliziose cenette, che avrebbe per altro invariabilmente criticato, giusto per abitudine, e perché amava farla arrabbiare; però alla pizza non sapeva mai dire di no, e allora andava bene lo stesso.
 
Stava per entrare, quando sentì suonare al citofono in fondo alle scale, e la sua socia esordire:
 
“Ah, deve essere il fattorino con la pizza. Scendi tu a prenderla? E visto che ci sei, potresti pagarlo tu, che non ho liquidi a portata di mano?”
 
Lo sweeper sbuffò pesantemente e si disse:
 
Ma guarda quella piccola impertinente. Come, non ha liquidi? Avrà speso tutti i soldi oggi pomeriggio, in giro a fare compere? E poi alla fine non ha nemmeno cucinato niente!
 
A voce alta invece le rispose acidamente:
 
“Ma certo, cara padrona!”
 
Quando ritornò su, stava giusto varcando la porta e chiedendole:
“Almeno, hai preso la pizza che piace a me? La super-bomba piccante, che è così tanto afrodisiaca e che mi piac…” ma si fermò di colpo e gli si rizzarono i capelli sulla testa, alla vista che gli si parò davanti.
 
Balbettando iniziò a dire:
 
“Ma-ma-ma co-co-me… come… ti sei vestita?”
 
La socia, che era sbracata malamente sul divano, con le gambe distese sul basso tavolino da caffè, indossava solamente i boxer di Ryo, quelli con i corvetti, e una sua larga canottiera bianca, che ovviamente addosso a lei scopriva, più che celare, le morbide linee del seno ben fatto; perché, evidentemente, era senza reggiseno.
 
La ragazza si voltò verso di lui, reggendo in mano una lattina di birra aperta, e con lo sguardo più innocente del mondo, gli rispose:
 
“Perché? Che vuoi dire?”
 
Il socio, recuperato un briciolo di reattività, ribatté:
 
“Come cosa voglio dire! Ti sei vista? Non vorrai mica andare in giro per casa così?”
 
“Così come? Spiegati, io proprio non ti capisco!”
 
E poi ingollò una generosa sorsata di birra e, appena staccata la bocca dalla lattina, si produsse in un potente rutto, prima di scoppiare a ridere, grattandosi la testa:
 
“Questa birra è una favola!”
 
Ryo non poteva credere ai suoi occhi!
Ma chi era quella, quella… creatura che se ne stava così scompostamente sul divano di casa sua?
Dove era finita la dolce, irascibile Kaori Makimura che da più di sette anni era la sua croce e delizia?
Chi era quella sottospecie di cavernicolo che ne aveva preso il posto?
 
Quando poi si accorse che, posata la birra, aveva preso in mano una delle sue riviste culturali ridacchiando compiaciuta, non resistette più: le fu addosso e gliela strappò dalle mani.
 
“Ehi, che ti prende?” protestò lei “Stavo giusto svagandomi con una buona lettura, e arrivi tu a rompermi le scatole!”
 
“Ka-Kaori ma che ti prende???”
 
“Cosa prende a te!” rispose piccata lei “Io voglio semplicemente divertirmi con un sano svago da uomini! Tu piuttosto, che intenzioni hai?” e lo guardò con occhi penetranti e indagatori. Ma lui non rispose, improvvisamente ammutolito.
 
Alla ragazza nacque spontaneo un sorrisetto ironico all’angolo della bocca, e soddisfatta riprese:
 
“Bene, se vuoi cenare accomodati.”
 
Lui, a quel punto, recuperò le pizze e si sedette accanto a lei, che si sistemò meglio; aprirono le scatole e si misero a mangiare.
 
Ryo non riusciva a spiccicare una parola, e mai pizza ebbe un tale sapore amaro e fu più indigesta di quella; dovette spingere parecchio per ingoiarla.
Kaori invece rideva spensierata davanti alla tv, che trasmetteva un programma insulso e demenziale: uno di quelli che guardava sempre lui e che, fino al giorno prima, lei deplorava aspramente.
 
L’atteggiamento della socia lo aveva totalmente spiazzato, e davvero non sapeva come comportarsi.
Avrebbe voluto prenderla per le spalle e scuoterla, urlarle di smettere tutta quella farsa, dirle che non era divertente e che il gioco era bello finché durava poco.
Ma poi, cosa le avrebbe detto ancora?
Se lei lo avesse messo alle strette – perché era quello che lei aveva intenzione di fare: spingerlo al limite, e costringerlo a mettere in chiaro quello che provava per lei – come sarebbe andata a finire?
Avrebbe dovuto ammettere che non solo la considerava una donna, e la più bella che avesse avuto la fortuna d’incontrare, ma che era anche follemente innamorato di lei, e che la desiderava come mai nessuna prima.
Non era sicuro di riuscirci.
Per anni si era trincerato dietro quella stupida balla che lei non fosse né femminile, né aggraziata, che addirittura fosse al pari di un uomo, tanto che lui non ne era minimante attratto… ed ora cosa avrebbe potuto dirle di punto in bianco?
 
Aveva capito la sua tattica: se lui la considerava un uomo, lei così si sarebbe comportata, in tutto e per tutto.
Ma lei non era un uomo!
Era una donna bellissima, sensuale e affascinante, e tutto in lei esprimeva grazia e dolcezza; e anche vestita in quella maniera ridicola e assurda, era più sexy che mai!
 
Si sentiva rimescolare tutto, anche solo guardandola di sfuggita: quando si muoveva la sua canottiera sformata ondeggiava per quelle dolci colline, e le cime, che premevano a volte sul tessuto, come bottoncini duri, gli facevano venir voglia di afferrarle con le dita.
Veramente Kaori si sarebbe potuta vestire anche con un sacco di iuta, o con una scatola per imballaggi, che sarebbe stata desiderabile lo stesso.
Quasi rimpianse quando si vestiva solo – si fa per dire – con minigonne vertiginose o pantaloni attillati, o con felpe enormi e maglioni anonimi… insomma, quando era semplicemente lei.
 
Quando finalmente lo sweeper riuscì a rilassarsi un poco, si prese del tempo per sbirciarla meglio: i capelli ribelli, le guance arrossate leggermente, le labbra piene che si posavano di tanto in tanto sul bordo della lattina per suggere…
Desiderò ardentemente essere quella lattina, e si ritrovò a guardarla intensamente, schiudendo la bocca, mimando il gesto di bere: inghiottì, perfino!
La sua attenzione era calamitata dalla bocca della socia che rideva, addentava la pizza con inconscia voluttà, masticava e rideva, rideva sempre.
E il suo amichetto, richiamato dai pensieri vividi dello sweeper, si era giustappunto risvegliato, felice e vitale, desideroso di partecipare alla festa che si annunciava, e non appena Ryo se ne accorse, era già troppo tardi; colto alla sprovvista, afferrò il primo cuscino a portata di mano e se lo portò alle ginocchia, poi vi si appoggiò sopra con i gomiti.
A quello scatto improvviso la ragazza si voltò a guardarlo interrogativamente, e lui bofonchiò qualcosa, in direzione dello schermo:
 
“Mmmm… interessante, davvero interessante!” nemmeno fosse stato un documentario della BBC sulle tartarughe delle Galapagos.
 
Però Kaori, nonostante tutto, non si accorse dello tsunami emotivo che stava provocando al suo partner.
Di sicuro tutto quel giochetto, perfido e sgangherato, la divertiva oltre ogni dire, ed era una bella rivincita quella che si stava godendo.
Lei era quasi soddisfatta dei risultati ottenuti, e le mancava solo un’ultima cosa da fare.
Certo, aveva dovuto fare violenza a sé stessa quella mattina, per trovare il coraggio di spogliarsi nuda davanti a lui ed entrare nella doccia; e anche dopo, quando lo aveva provocato mentre sceglieva le camicie in camera sua.
Ma era così determinata a fargliela pagare, così tanto stanca ed esasperata, che voleva colpirlo lì, nel suo punto debole.
Lei sapeva che, malgrado lui non la apprezzasse come donna, lei lo era, perbacco!
Uomini affascinanti come Mick le facevano la corte; il suo corpo era sbocciato e non era più una ragazzina acerba e informe: aveva tutte le curve al punto giusto.
Magari non poteva piacere a lui, ma era una donna, e si era rotta di sentirsi dire il contrario.
E poi, a pensarci bene, non era vero che lui non si eccitasse mai alla sua vista, perché era già successo in determinate situazioni; anche quella mattina lei non lo aveva lasciato indifferente, e lui si ostinava ancora a dichiarare il contrario.
Tutta quella pantomima era solo per metterlo a disagio, e forzarlo ad ammettere l’ovvio.
 
 
Ad un certo punto Kaori, alzando le braccia al cielo e stirandosi, proruppe con un:
 
“Bene, è ora di andare!”
 
Ryo fu immediatamente e totalmente rapito dalla visione che la socia gli aveva appena offerto, e cioè quel meraviglioso seno che occhieggiava dalla sua dannatissima canottiera, e che eseguiva una danza ipnotica ogni qualvolta lei si muoveva: sarebbe stato lì a guardarlo per ore.
Si riscosse solo quando lei gli ripeté la domanda:
 
“Allora, andiamo sì o no?”
 
“Andiamo dove?” e un gocciolone gli si formò al lato della tempia; lei non poteva leggere nei suoi pensieri e quell’andiamo non poteva avere lo stesso significato che gli dava lui, perché intravedere tutto quel ben di dio oscillante, gli faceva venire in mente una cosa soltanto.
 
“Usciamo!”
 
“Conciata in quel modo?” si allarmò lo sweeper.
 
“Ma certo che no, idiota! Mi vado a cambiare e poi usciamo per locali no?” e gli diede di gomito ammiccando, e non si mosse aspettando una sua reazione.
 
   
 
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