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Autore: Luxanne A Blackheart    05/05/2020    1 recensioni
"Amali con tutta te stessa e lasciati consumare, io l'ho fatto."
La Francia.
Patria dei più grandi filosofi e scrittori.
Parigi.
La città più bella del mondo, la più grande, la più popolata.
Amaryllis, scrittrice per diletto dalla personalità eccentrica e principessa di Danimarca per volere di Dio, figlia Di Zafiraa. Aveva lascitato la sua terra natia per recarsi in Francia per conoscere il suo futuro marito, Jean Paul de Conde.
Jean Paul, principe sesto in linea di successione al trono francese, musicista per vocazione dagli occhi azzurri e cuore di ghiaccio.
Albert de Camus, amico di infanzia del principe, nasconde un segreto scomodo.
Tre anime affini si incontreranno nella bella e sporca Parigi in quest'ultimo capitolo della saga di "Neve e Fuoco".
Nelle vene di Amaryllis scorre sangue di fuoco, passione e neve.
Il vaso di pandora verrà finalmente scoperchiato e tutti i segreti di generazioni passate con esso. L'eco di Costantinopoli risiede nei loro cuori così come nelle loro azioni.
Siete pronti a vestirvi come le belle dame e i gentiluomini francesi per immergervi in questa tragica e meravigliosa ultima avventura e farvi consumare da Amaryllis, Jean Paul e Albert?
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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VI
 
 
Non era riuscita a prendere sonno per tutta la notte. Si era rigirata nel letto continuamente con un unico pensiero ricorrente nella sua mente: Jean Paul e quel biglietto molto sintetico.
 
Perché così all'improvviso si era ricordato di lei? Si erano volontariamente ignorati per tutta la sua permanenza e parlati solo in pubblico, non che fosse un grande tipo di conversazione la loro.
Cosa voleva da lei ora? Amaryllis sospettava c'entrasse la sua recente amicizia con il marchese Albert e questo avvalorava la sua tesi: quei due erano una persona sola, vivevano quasi in simbiosi e quindi offrendo la sua amicizia ad Albert, l'aveva automaticamente offerta al suo migliore amico.
Benché ormai avesse le prove, c'era ancora qualcosa che non le tornava.
 
Decise che era giunto il momento di smettere di pensare al principe, quando bussarono alla porta le sue dame di compagnia per la vestizione. Era la prima uscita ufficiale tra il principe e la principessa, un evento importante per il loro pseudo corteggiamento e quindi il suo aspetto doveva rasentare la perfezione.
 
-Buongiorno, mia signora. - Elza spalancò le tende e un sole fin troppo luminoso investì prepotentemente i suoi occhi e l'ambiente. -Dormito bene? -
 
-Buongiorno, Elza. Per niente, non sono riuscita a chiudere occhio. - Brontolò, alzandosi dal letto quasi controvoglia. Si osservò sullo specchietto della toeletta e notò con piacere che il suo aspetto era orribile, c'era poco da fare per farla apparire perfetta con occhi stanchi e occhiaie nere.
 
-Devo riprendere a prepararvi la pozione, mia signora? Gli incubi sono tornati? -
 
-No, Elza, non sono gli incubi a tormentarmi, ma i troppi pensieri e il clima nuovo... Mi devo solo abituare, ma grazie per averci pensato. - Sollevò le braccia, dichiarando chiusa la questione, in modo tale che la potesse vestire nel silenzio più assoluto.
 
Cominciarono con la chemise e le calze bianche che le arrivavano fino al ginocchio, il corpetto in legno che le mozzò il respiro, seguito dal verdugado e dall'abito in velluto rosso riccamente decorato con fili d'oro e dalle spalline rigonfie, maniche color oro da cui fuoriuscivano sui polsi la chemise. Alla vita le posizionarono una cintura che richiamava i colori dell'abito e le scarpe rosse.
Elza la fece sedere sulla toeletta e la osservò, sorridente.
 
-Siete emozionata, principessa? - Le domandò, mentre le pettinava i lunghi capelli che dal continuo rigirarsi nel letto le si erano aggrovigliati in modo imbarazzante. Li osservò venire maltrattati dal pettine e chiese loro scusa.
 
Erano tra le cose di cui andava più fiera, erano ribelli e di un colore che quasi nessuno possedeva: un rosso fuoco capace di arder vivo chiunque li osservasse troppo da vicino. Credeva ingenuamente che grazie a questi potesse essere speciale.
 
-Emozionata? E perché dovrei? -
 
-Per il principe Jean Paul e la sua richiesta. È molto affascinante o almeno sembra esserlo... - Elza arrossì. Il suo futuro marito aveva appena mietuto un'altra vittima.
 
-State attenta, Elza, non è uomo per una come te. Non penso tenga a qualcuno a parte se stesso. -
 
-No, certo, mia signora, non volevo mancarvi di rispetto. -
 
-Lo so, il mio è solamente un consiglio. Non fatevi rovinare la vita da un bel faccino. - Sospirò. La sua dama di compagnia infatuata del suo futuro marito non era cosa da sottovalutare. Si chiedeva se Jean Paul non lo avesse fatto apposta. - Ad ogni modo, non sono emozionata. Voglio solo sapere cosa vuole da me e agire di conseguenza. Non lo amo e non credo lo farò mai. Il mio cuore e la mia anima sono troppo preziosi per donarli ad un individuo del genere. Non ne è degno! -
 
-Come sei tragica di prima mattina, figlia mia, ti verranno le rughe prima del tempo, lo sai? - Zafiraa entrò nelle sue stanze e fece segno ad Elza di lasciarle da sole, prendendone il posto e cominciando ad intrecciarle i capelli sapientemente e in modo agile. La osservò attraverso lo specchio, vestita tutta di nero, la corona che le brillava sulla testa e gli occhi chiari che la guardavano divertiti. Era bellissima, anche se la pelle era fin troppo arrossata; il sole le faceva male e decisamente quello francese era più forte di quello danese.
 
-Dagli una possibilità. -
 
-Perché dovrei? Ci sposeremo comunque, che senso avrebbe? -
 
-Le apparenze possono ingannare. Potrebbe nascondere un grande cuore sotto quel sarcasmo e alcol che ingerisce. -
 
-Oh, madre, non fate la sciocca! Solo perché siete stata fortunata nell’incontrare Mustafà che... - Si zittì, quando sua madre fu come colpita da uno spasmo, seppur impercettibile, allo stomaco. Accadeva sempre, quando qualcuno pronunciava il suo nome senza che lei se lo aspettasse. Il dolore non se n'era mai andato, anche dopo tutti quegli anni e la felicità che sapeva suo padre le avesse dato. Il ricordo di Mustafà era sempre con lei, indelebile nella sua pelle e nel suo cuore. -Scusatemi, non ci ho pensato... -
 
-Lo so, non preoccuparti, non è colpa tua. -
 
-Vi manca? – Non riuscì a fermarsi. Avrebbe tanto voluto provare ciò che sua madre aveva avuto la fortuna di avere per due volte, ma sembra essere immune.
 
-Era una parte di me, figlia mia, certo che mi manca. Ci sono persone destinate a stare insieme e io e Mustafà eravamo due di quelle, così come ce ne sono altre sulle quali ricadono gli sbagli dei padri e noi eravamo anche fra quelle. Il nostro futuro era segnato dal momento in cui le nostre strade si sono incrociate. Fa male, un male che non ti auguro mai di provare, amore mio. Ma tuo padre lo ha alleviato un po', mi ha donato un motivo per sorridere ed è diventato un'altra parte importante per me, non credere che non lo abbia amato, perché non è così. L'ho amato con tutta me stessa e tu sei frutto del nostro amore. -
 
-Ma com'è possibile amare due persone contemporaneamente? L'amore appartiene solo ad una persona. -
 
-Oh, tesoro, capirai con il tempo e adesso sei molto giovane. L'amore è complesso, articolato, difficile da capire e da trovare. - Zafiraa le impreziosì i capelli con altri fili d'oro e quando ebbe finito le poggiò un bacio sul capo. - Non essere troppo dura con lui. Credo si stia impegnando e soprattutto tieniti vicina quel bel marchese, ha una buona influenza sul suo brutto carattere e credo lo possa avere anche sul tuo! –
 
 
 
***
 
Si incontrarono nel giardino, Amaryllis seguita dalle sue dame e Jean Paul da Albert, Ágnès e Dimitri. Sulle finestre, poco sopra le loro teste, c’erano i loro genitori che parlottavano e li osservavano. Sua madre le sorrise in segno di incoraggiamento.
Amaryllis inspirò e avanzò verso il suo futuro marito, guardando solo lui e nessun altro, quasi avesse voglia di sfidarlo in un duello all’ultimo sangue.
 
-Mio signore. – S’inchinò, Jean Paul le prese la mano e vi posò sopra un bacio.
 
-Mia signora, siete incantevole questa mattina. – Accennò un sorriso e le offrì il braccio che lei prese. Cominciarono a camminare lentamente sotto il sole caldo. Le scarpe nuove, notò con fastidio, le stavano facendo malissimo e il vestito le pizzicava parti che non poteva grattare. Non andava per niente bene.
 
-Grazie, posso dire lo stesso di voi. – Fu tutto quello che riuscì a dire a denti stretti. Il principe si voltò a guardarla e ridacchiò. Si stava prendendo gioco di lei e neanche lo nascondeva! Il prurito sembrava essersi intensificato all’improvviso, così come la sua rabbia.
 
-Sembrate a disagio, mia signora, vi sentite bene? – Poco più in là, a circa due metri, c’era il resto della combriccola che parlottava a bassa voce del tempo, per non disturbare i due.
 
-Per niente, mio principe. – Le mancava l’aria. Il corsetto era troppo stretto e non riusciva più a camminare. La vista le si stava offuscando e stringeva le dita attorno al braccio di Jean Paul per cercare di non cadere e fare una figuraccia.
 
-A me non sembra, siete diventata pallida e sudate. – Si voltò ad osservarlo e la preoccupazione aveva sostituito il sorriso.
 
-Ho solo bisogno di prendere un po’ d’aria, non vi preoccupate. Continuiamo a fare ciò che dobbiamo. – Forzò un sorriso, cercando di essere convincente, ma fallì miseramente e se Jean Paul non l’avesse sorretta sarebbe caduta all’indietro.
Si voltò per vedere se qualcuno l’avesse notata, ma erano tutti presi dalla conversazione, a parte il marchese che si stava avvicinando lentamente.
 
-Mia signora, permettete? – Albert la afferrò dall’altro braccio e continuarono a camminare come se nulla fosse successo. Non aveva idea di che impressione potesse dare a sua madre o alla contessa e a Dimitri, ma non gliene importava. Nel momento in cui Albert l’aveva raggiunta, i suoi polmoni le si erano riempiti d’aria e la testa alleggerita.
 
-Grazie. – Fu tutto quello che disse, fissando il marchese che le regalò un sorriso meraviglioso.
 
-Ho pensato fosse meglio non lasciarvi in balìa di Jean Paul, non sa che fare quando una signora gli sviene davanti. Pensa che sia per l’effetto che ha sulle donne. –
 
-Prova a mostrarmi il contrario e forse migliorerò il mio comportamento. – Fu tutto quello che disse il principe, allentando la presa ferrea che aveva sul braccio di Amaryllis. Continuarono a passeggiare tutti e tre a braccetto, senza che nessuno dicesse loro qualcosa, finché arrivarono davanti le scuderie dove sette cavalli strigliati e sellati li aspettavano. 
 
-Mia signora, se siete in grado di proseguire, avevo pensato che sarebbe stato piacevole fare una cavalcata. Mi sono informato e mi hanno riferito il vostro particolare amore per i cavalli. – Jean Paul le sorrise, quasi imbarazzato.
 
Si era informato? Osservò Elza con la coda dell’occhio e avrebbe voluto tanto sbuffare. Ecco spiegato il suo interesse per la sua dama di compagnia! Non sapeva dire se fosse un bene o un male. Stava realmente cercando di conoscerla? O era tutta una farsa ben architettata? Forse aveva ragione sua madre e doveva abbassare la guardia.
 
-Certo, mi piacerebbe e sono perfettamente in grado di cavalcare da sola e persino di battervi. – La principessa si staccò dai due uomini e si fece aiutare a salire sullo stallone dai servitori e tutti gli altri la imitarono, ma Amaryllis senza aspettare né il marchese, né il principe, ordinò al cavallo di muoversi, che cominciò subito a correre e sbuffare.
 
Sorrise, sentendo finalmente l’aria riempirle i polmoni, il vento solleticarle i capelli e la pelle sudata del viso. Andare a cavallo le era sempre piaciuto perché si sentiva libera, priva di freni, se stessa come in un castello, circondata da quattro mura, non poteva essere. Si sentiva come un uccellino chiuso in gabbia che finalmente riusciva a liberarsi e fuggire.
 
Ed era un po’ quello che stava facendo. Si era liberata della principessa che avrebbe dovuto sposare un uomo che non amava, si era liberata della donna costretta in corsetti e scarpe scomode, era diventata solo lei: Amaryllis, una ragazza dai capelli rossi e il brutto carattere.
 
Si voltò, credendo di non trovare nessuno alle sue spalle, ma in realtà Jean Paul era a qualche metro dietro di lei, serio, sul suo stallone nero che cavalcava con altrettanta maestria, esattamente come lei, schivando rami e arbusti che avrebbero potuto attentare alla sua vita.
 
-Principessa, state rallentando! –
 
-Continuate a mangiare la mia polvere, principe! – Fu tutto ciò che rispose, non prima di nascondere un sorriso, e spronare il cavallo a correre maggiormente.
Più cercava di accelerare e più Jean Paul si avvicinava, mantenendosi a pochi metri di distanza.
Giunsero in prossimità di un fiumiciattolo e decise di rallentare, per dar tregua alla povera bestia.
 
-Questa era decisamente una cosa che non mi aspettavo, principessa! –
 
-Non dovete mai sottovalutare una donna, mio signore, potrebbe essere la fine. -
 
-Oh, di certo non ho la presunzione di sottovalutare voi. - Ridacchiò, scendendo da cavallo e aiutando anche Amaryllis a fare lo stesso. Legarono i cavalli ad un albero e si guardarono attorno, quasi spaesati. C'erano solo alberi, cespugli e quel piccolo ruscello, nient'altro.
 
-Credete che gli altri riusciranno a trovarci? -
 
-Lo spero, ma non disperate, conosco questi boschi quasi come le mie tasche. - Jean Paul la osservò. Era diventato all'improvviso imbarazzante per entrambi, non si erano mai trovati così tanto a contatto e vicini prima di allora.
 
-Quasi? – Amaryllis sollevò un sopracciglio per nulla rincuorata. Non voleva finire in pasto ai lupi per colpa della sua incompetenza.
 
-Abbiate fiducia in me, infondo il matrimonio si basa proprio su questo. –
 
-Smettetela. –
 
-Di fare cosa, principessa? –
 
-Di ricordarmi il matrimonio. –
 
-Mi trovate così brutto? O non sono abbastanza alto? Preferivate forse un vichingo? Nel mio sangue sicuramente scorre del sangue vichingo, chissà se qualche mio antenato non provenisse dalla Normandia. –
 
-Non è quello, ma forse sì, essere un po’ più alto sarebbe stato meglio. Siamo quasi alti uguale.-
 
-Quasi. – Ci fu un momento di intenso silenzio nel quale entrambi si osservarono, senza dire nulla. Amaryllis preferiva di gran lunga la tranquillità, piuttosto che superflue conversazioni senza senso. - So a cosa vi riferite, cara futura moglie. –
 
-Non ci vuole di certo una mente brillante per comprenderlo. –
 
-Voi mi piacete, sapete? Io ho la netta sensazione di starvi particolarmente antipatico, anche se non è questo il termine che userei. –
 
-Non mi siete antipatico. Non vi conosco. – Mentì, arrossendo leggermente. Jean Paul sorrise e allungò la mano verso il viso di Amaryllis, che indietreggiò di scatto. - Cosa fate? -
 
-Volevo solo togliervi una foglia, se permettete. – Ripeté il gesto cautamente e scrutandola come si fa con gli animali feriti che si vuole aiutare e scoprì c’era effettivamente una foglia tra i capelli. – Ecco, non ho attentato alla vostra virtù. O ancora, almeno. –
 
-Fate questo genere di battute a tutte le donne che corteggiate? – Jean Paul rise di gusto e scosse il capo. I capelli scuri e ricci si mossero con lui. Notò che quando sorrideva era molto bello e perdeva completamente quell’aria da eterno principe intoccabile.  
 
-No, solo a voi in realtà. –
 
-E perché mai sarei stata investita da questo onore? –
 
-Perché so che non vi sareste scandalizzata e che non sareste corsa dalla mamma a piangere e nascondervi dietro le sue sottane. Sembrerà avventato e strano sentirmelo dire, ma ho come la sensazione, surreale certo, di avervi già conosciuta da qualche parte. –
 
-Solo perché avete indovinato una particolarità del mio carattere, non vuol dire che sia vero, mio signore. Non mi conoscete e io non conosco voi. –
 
-Questa è la ragione della nostra passeggiata mattutina, mia signora. Voglio conoscere sia la principessa che è in voi, che l’altra parte, quella più selvaggia, quella che fugge da palazzo di notte e si traveste da uomo. –
 
-Be’, questo non me lo aspettavo di certo. – Si lasciò sfuggire con sarcasmo, che non scalfì per nulla la facciata da perfetto gentiluomo di Jean Paul, che rise di gusto e le prese la mano tra le sue, entrambe fasciate da guanti in cuoio neri. In lontananza si udiva il galoppare veloce di altri cavalli e il resto della loro compagnia, con a capo il marchese, veniva verso di loro.
Il loro tempo da soli era terminato, così come le battutine.
 
-È questo il motivo della mia richiesta: conoscervi. Sembra talmente astratto da chiedere? Diventerete mia moglie, forse la madre dei miei marmocchi, non posso essere completamente indifferente a voi. O per lo meno, non da subito. Quindi, questa sera, se potete, vi aspetterò alle scuderie, vestitevi da uomo e raggiungetemi. –
 
-Jean Paul! – Il marchese li aveva raggiunti, sudato e con i capelli leggermente spettinati. – Non lo fate mai più, voi due! Pensavo vi fosse successo qualcosa! –
 
-Sta’ tranquillo, amico mio, siamo perfettamente vivi e vegeti, da quello che vedi. La principessa mi ha dato una lezione di equitazione oggi che spero di poter avere di nuovo. Non mi vergogno ad ammettere di aver perso contro una donna, se questa è mia moglie. – Amaryllis notò lo sguardo preoccupato del marchese rilassarsi, a mano a mano che dalle labbra di Jean Paul continuavano ad uscire i soliti commenti.
Doveva tenere particolarmente al principe.
 
-Ad ogni modo, principessa, accettate la mia proposta? – Amaryllis si voltò verso Jean Paul e annuì. Era proprio curiosa di vedere dove l’avrebbe portata, contro qualsiasi regola del buon senso.

 
   
 
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