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Autore: Altair13Sirio    05/05/2020    4 recensioni
E'difficile dover dire addio alla vita felice che si è sempre condotta. Una bambina non capisce quanto sia fragile la vita finché qualcosa di terribile non le porta via tutto ciò che ha di più caro.
Nirihs'Oūm è una ragazza che ha dovuto saper crescere per affrontare il dolore della perdita. Strappata alla propria terra, allontanata dalla famiglia e costretta a vederli soffrire, si è chiusa in sé stessa fino a che i suoi aguzzini non hanno smesso di tormentarla, credendo di averla sottomessa. Ma lei non ha mai dimenticato, non ha mai smesso di meditare su ciò che veramente avrebbe meritato. E anni dopo il suo rapimento, ha deciso di ribellarsi.
Principessa in un castello senza uscite, Nirihs'Oūm lotterà con tutte le sue forze per realizzare il futuro che ha sempre sognato: un futuro di pace e tranquillità, dove niente più potrà farle del male.
Genere: Angst, Azione, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blackfire, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Titans Legacy'
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Un botto, un rumore, una luce accecante. Il pianto di una bambina e i lamenti di milioni di persone che non avevano alcuna colpa, se non quella di essere nati su di un pianeta condannato. Il fuoco di un inferno brutale che consumava gli ultimi segni di vita di un mondo finito e quella stessa immagine che si faceva sempre più piccola e lontana.
Questi erano i ricordi più lontani, ma anche i più vividi nella mente di Nirihs'Oūm da quando era cresciuta. Tutto prima di allora era come caduto nell'oblio, dimenticato. Il trauma di vedere distrutto tutto quello che era stato parte della sua vita aveva cancellato ogni cosa: la vista ammaliante di un'alba, la gentilezza di sconosciuti, il calore di un abbraccio materno… La ragazza aveva conservato solo le ombre di quei ricordi, quelle sensazione che mai più avrebbe trovato, e anno dopo anno si erano fatte sempre più flebili e remote, facendole credere alle volte di non averle nemmeno mai provate.
Oggi quella bambina dagli occhi pieni di speranza era solo l'ombra di un passato che sembrava non esserci mai stato; al suo posto c'era una giovane donna forte, coraggiosa, il cui cuore si era inasprito col tempo, e adesso era finalmente esploso.
Esploso per tutto l'odio e la rabbia che aveva covato; ma lo aveva fatto in modo impercettibile, accumulando lievemente ogni singolo granello di emozioni che non aveva potuto sfogare, senza che nessuno notasse niente. E adesso che era a pochi passi dalla sua libertà, dal compimento di un desiderio espresso da anni, riusciva a malapena a contenere la sua malsana eccitazione.
L'enorme porta si aprì di fronte a lei dopo che ebbe mostrato il simbolo imperiale che portava sul guanto, e gli sfarzosi interni della sala del trono si mostrarono davanti ai suoi occhi: il colore rosso regnava su tutto, dalle pareti tappezzate di trofei di guerra e ritratti dell'imperatrice, ai piccoli oggetti ornamentali che si esibivano lungo le interminabili mensole dorate che si stagliavano fino al fondo della sala; drappi d'oro pendevano dal soffitto, contornando le finestre da cui filtrava una luce insufficiente a vedere bene nella sala, compensata dagli immensi lampadari che pendevano sopra le teste dei visitatori, su cui ardevano delle inestinguibili fiamme di color magenta. Sul pavimento su cui camminava la ragazza erano raffigurate battaglie con protagonista la monarca, in ogni scena inesorabilmente vittoriosa, e le mattonelle rosso sangue si alternavano a quelle nere, su cui ci si riusciva a specchiare lungo la strada. Il tutto fino al trono, dove sedeva la donna che aveva reso possibile tutto quello: un grande trono dorato che si alzava fino al soffitto in una miriade di tubi e spade che si intrecciavano e si fondevano alla parete, espandendosi sempre di più quasi come se da lì partisse tutta l'energia che faceva muovere l'impero. Lì sedeva la donna che governava tutto quello, la donna che l'aveva cresciuta come una figlia, la donna che aveva distrutto la sua vita e reso ogni momento passato a sopravvivere un inferno: Komand'r.
Se ne stava con aria sognante su quel suo trono dorato e guardava di fronte a sé con gli occhi di chi sapeva cosa sarebbe successo. Era lo sguardo di un'imperatrice, che tutto sa e tutto vede, e attende con pazienza le richieste di coloro a cui concede udienza; Nirihs'Oūm era sempre stata ammessa in quella sala sin dal suo arrivo lì, ma aveva sempre odiato metterci piede.
Si inginocchiò come aveva imparato a fare per mostrare il giusto rispetto all'imperatrice, in modo da non farla infuriare non appena apriva bocca, e parlò:<< Mia signora. >>
La donna sorrise e alzò la testa come se si stesse destando da un sonno rilassante. La guardò fingendo di averla vista solo in quel momento e rispose con volte ferma:<< Alzati, Nirihs'Oūm. Non ti si addice chinarti tanto per me, e mi duole vederti per terra. >>
La giovane tamaraniana si rialzò quasi istantaneamente al comando della donna. Era lì per un motivo particolare e non aveva intenzione di perdere altro tempo; aveva l'impressione che anche l'imperatrice fosse della sua stessa idea. << Vengo a farti visita nella tua sala per farti una richiesta, madre. >> Disse mantenendo un atteggiamento ossequioso nei confronti dell'altra.
Quella annuì e la scrutò a lungo, quasi come se volesse leggerle nella mente. << Immagino che abbia a che fare con l'imminente compimento dei tuoi diciassette anni, mia cara. >>
Nirihs'Oūm non disse nulla, sentendo una morsa allo stomaco che le bloccò il fiato, assieme a un forte bruciore che si accese all'istante sulla sua guancia sinistra. Diciassette anni e più della metà passati in quel palazzo, lontana da tutti e bistrattata come la peggiore delle sguattere; se c'era qualcosa che la sua matrigna aveva fatto bene, era stato fingere che andasse tutto bene per lei.
<< Non devi preoccuparti, sai già che per te sono disposta a qualunque spesa. >> Disse la donna sporgendosi per afferrare un calice posto su di un ripiano accanto al suo trono. << Ho già organizzato dei festeggiamenti degni di te che credo saranno di tuo gusto, ma sono ugualmente curiosa di conoscere i tuoi desideri. Quindi parla pure, dimmi che cosa renderebbe felice questo tuo compleanno. >>
Il fuoco si spense. Non ancora. Il bruciore alla cicatrice svanì come era arrivato, ma rimase vivida per diversi minuti la sensazione insopportabile di avere qualcosa sotto alla guancia.
Riacquistato il sangue freddo, Nirihs'Oūm riuscì finalmente a parlare contrastando la presenza pesantissima della matrigna. << Come ben sai, ho già raggiunto la maturità da quasi un anno e tu stessa mi hai addestrato per anni nell'arte del combattimento, affinando la mia tecnica e sviluppando la mia forza giorno dopo giorno. Non c'è nulla che potrei desiderare, vivendo con te in questo luogo meraviglioso, ma come puoi immaginare conoscendo la mia indole avventurosa, le mura di un palazzo mi diventano strette con il passare degli anni… Ed è per questo che vorrei che, per quest'anno, tu mi concedessi la possibilità di partire alla volta di nuovi mondi per conoscere meglio l'impero su cui tu regni con tanta saggezza e sapienza. >>
Forse era stata troppo diretta. Il silenzio di Komand'r le fece temere di aver rovinato l'unica chance che aveva, ma in breve sul suo volto si formò un sorriso accondiscendente e la donna rispose:<< Ma certo! Come era ovvio che accadesse, tutti i pulcini hanno bisogno di spiegare le ali un giorno. Tu non fai eccezione, anche se avrei sperato che questo giorno arrivasse il più tardi possibile… >>
Komand'r si alzò dal suo trono e il lungo mantello di seta semitrasparente che le pendeva dalle spalle si distese un poco mentre lei esaminava il calice da cui aveva appena bevuto prima di riporlo sul suo ripiano. Sospirò. << Hai ragione: conosco bene la tua indole di fuoco. Proprio come me alla tua giovane età, non ti si può costringere in una gabbia; hai bisogno di aria, di libertà! Il tuo animo da guerriera ti fa desiderare la battaglia, e questa è una cosa che la vita da palazzo non può certo darti. Immagino che dover governare un simile impero abbia fatto assopire il mio di istinto da guerriera e mi abbia distratta dal mio ruolo di madre, perché non ho mai pensato che tutto questo potesse farti sentire in trappola… Ma sono pronta a donarti la libertà, per la tua felicità. >>
La donna scese gli scalini che la dividevano dalla ragazza e le sorrise benevola. Dopo averle posato le mani sulle spalle, le disse che aveva tutta la libertà per andare dove volesse. Nirihs'Oūm abbassò lo sguardo imbarazzata.
<< Grazie, madre. >> Mormorò sorridendo. << Sfrutterò al meglio questo viaggio! >>
Komand'r annuì soddisfatta. << Ricorda solo che la tua casa sarà sempre qua, e io sarò sempre pronta ad accoglierti. >>
La ragazza sorrise di nuovo e alzò lo sguardo per incontrare quello della donna che l'aveva cresciuta in tutti quegli anni. Provava un misto di emozioni contrastanti nei suoi confronti in quel momento: lei era lì, di fronte a lei, non si comportava come una sovrana superiore a tutti, più come una madre benevola che comprendeva i bisogni della figlia e li assecondava. Nirihs'Oūm provò quasi dispiacere per tutto l'odio che provava nei suoi confronti, ma si rese conto che quella fosse solo una reazione momentanea dovuta al senso di colpa e che sotto quegli sguardi rassicuranti c'era sempre il mostro che l'aveva strappata ai suoi genitori.
Era solo una recita. Le piaceva ancora giocare con i suoi sentimenti.
Con un gesto rapido, Komand'r abbassò le mani e si voltò per tornare al proprio posto, come se volesse allontanarsi il più presto possibile dalla figlioccia; riacquistò quell'aria spavalda che l'aveva sempre caratterizzata e tornò a sedere sul suo trono dorato. Nirihs'Oūm guardò il suo mantello strisciare lentamente e dirle addio come se tra lei e la madre non ci fosse più niente da dire, ma quando Komand'r si rimise a sedere lei era ancora là.
<< C'è qualcosa che non va? >> Chiese facendo rimbombare la propria voce nella sala vuota.
Nirihs'Oūm mantenne lo sguardo basso e parlò con cautela, incerta su cosa dire per mandare avanti quella conversazione. << E' che… Mi dispiace mandare all'aria tutto quello che avevi organizzato per me. >>
Komand'r fu piacevolmente sorpresa. Non pensava che Nirihs'Oūm sarebbe stata tanto dispiaciuta a vedere annullati i festeggiamenti che lei aveva preparato per il suo compleanno. << Mia cara… >> Mormorò intenerita. << Non devi preoccuparti per quello. Si tratta del tuo desiderio, in fondo! Devi vivere sempre al massimo, e non lasciarti trattenere da simili sentimenti. >>
<< Potrai mai perdonarmi per essermi sottratta così ai festeggiamenti? >> Chiese la ragazza con voce spezzata dal dispiacere.
Komand'r sorrise divertita. << Non c'è niente da perdonare. Vai e sii felice! >> Con un gesto del braccio, l'imperatrice congedò la ragazza lasciando intendere che non ci fosse niente da temere.
Nirihs'Oūm sorrise, quasi troppo per aver appena detto di essere dispiaciuta, quindi avanzò verso il trono. << Ti ringrazio, madre… >> Mormorò unendo le mani con nervosismo. << Sarai fiera di me! >>
<< Lo sono già. >>
Poi Nirihs'Oūm si sporse in avanti per dare un bacio sulla fronte alla madre e questa la lasciò fare. Un bacio; era la prima volta in assoluto che la bambina, ormai diventata grande, faceva un gesto tanto amorevole di propria volontà. Komand'r era quasi commossa. Sentì un tiepido calore in fondo al petto mentre riceveva l'affetto di Nirihs'Oūm; poi il calore aumentò tanto da farle provare dolore, come se le stessero venendo conficcate decine di lame tutte assieme, e quando la principessa staccò le labbra dalla sua fronte, le mostrò uno sguardo diverso.
Quello non era un sorriso di riconoscenza, ma un ghigno compiaciuto di chi aveva appena portato a termine il proprio piano. Komand'r provò a parlare, ma scoprì di non riuscire a respirare o muoversi; il suo corpo era immobilizzato, fissato a quel trono su cui era stato buttato per tanto tempo, e i suoi polmoni erano stati svuotati di aria. Più di quello però era la sensazione di calore che si irradiava nel suo corpo a spaventarla; il suo corpo intero aveva cominciato a pulsare all'unisono mentre il suo cuore, inspiegabilmente, accelerava i battiti. Poi quando abbassò lo sguardo capì cosa stesse succedendo: la mano che Nirihs'Oūm aveva poggiato sul suo petto si era fatta strada nella sua carne e tra le sue ossa, bruciando i tessuti e fondendo la sua armatura regale, fino a toccare il cuore. Il cuore, che adesso Nirihs'Oūm stringeva con forza, bruciandolo con i suoi poteri che lei le aveva insegnato a usare.
Un gemito incredulo uscì dalla bocca dell'imperatrice mentre la ragazza guardava la vita abbandonare i suoi occhi. I suoi muscoli si irrigidirono nel tentativo di reagire a quel pericolo, ma l'attacco era stato così silenzioso che quando lei si era accorta di quello che stava succedendo, le forze avevano già abbandonato completamente il suo corpo.
Quando Komand'r ebbe smesso di muoversi, Nirihs'Oūm estrasse la mano dal petto della matrigna. Era ricoperta di sangue, ma dalla ferita che aveva aperto con le dita non ne era colato neanche un po'; l'energia irradiata dalla sua mano aveva fatto sciogliere e ustionare la sua carne all'istante. Adesso l'imperatrice era di fronte alla persona che più l'aveva odiata, priva di vita, e la sua preziosa gemma di Charta non le era servita a niente.
La teneva incastonata nel suo trono, come un monito per chiunque osasse sfidarla, ma quando combatteva la ingoiava per sfruttarne tutta la potenza. Nirihs'Oūm ricordava bene quel potere terribile, eppure negli anni aveva smesso di averne paura; sarà stata anche una fonte inesauribile di energie, ma non era niente di fronte alla forza impetuosa e ribollente del suo odio. I suoi poteri venivano alimentati dalle emozioni forti, e lei ne era carica dopo tutte le torture e le umiliazioni subite in quegli anni.
Komand'r l'aveva addestrata fino allo sfinimento e ne aveva fatto una guerriera formidabile in quei dieci anni di prigionia, ma non aveva mai assaggiato il vero potenziale della ragazza; non le aveva mai nemmeno dato una di quelle pietre che aveva invece distribuito tanto ampiamente alla sua guardia personale. Forse non lo aveva mai voluto fare per paura che Nirihs'Oūm diventasse troppo forte per poter essere controllata, ma aveva fatto male i conti: lei era già più forte.
Nirihs'Oūm non era mai stata niente per lei. Anche quando l'aveva strappata alla sua famiglia, lo aveva fatto solo per sprezzo; Komand'r non aveva alcun bisogno di una erede a cui affidare il suo impero, aveva già tutta la forza necessaria per governarlo e continuare a farlo anche dopo la morte; tutto quello che aveva fatto era stato fatto con l'intenzione di rovinare la felicità della sorella. Nirihs'Oūm probabilmente era una seccatura che non vedeva l'ora di togliersi dai piedi, eppure aveva sopportato tutto quanto grazie al suo immenso odio e alla sua superbia; probabilmente odiava anche lei. Di sicuro non le importava che fosse felice, per quanto fingesse di tenerci.
E nonostante ciò aveva attraversato tutte le seccature che comportava crescere una bambina, fomentando inavvertitamente il suo odio e portando alla sua stessa rovina. Proprio come lei aveva visto.
Era un nuovo potere che Nirihs'Oūm aveva scoperto diversi anni prima e che aveva sempre tenuto nascosto alla matrigna; da quando aveva cominciato a vivere con Komand'r, era stata tormentata da visioni e immagini senza senso che le mostravano le sofferenze delle persone che toccava. Non si trattava di qualcosa che poteva controllare, era una casualità che poteva accadere quando conosceva una nuova persona, ma non ne era stata cosciente fino a quando non aveva incontrato un ambasciatore di un pianeta lontano, alcuni anni prima: appena stretta la mano di quell'uomo, Nirihs'Oūm aveva avuto una visione, un lampo durato un solo istante, che le aveva mostrato il corpo senza vita di quello sconosciuto, schiacciato da un'astronave che aveva perso il controllo ed era precipitata nel centro della città mentre l'ambasciatore stava facendo una passeggiata con la sua scorta. Assieme a lui erano morte altre sette persone e molte voci sul fatto che quell'incidente non fosse stato un caso avevano cominciato a diffondersi in città, nell'impero e persino a palazzo, ma a Nirihs'Oūm non avrebbe potuto importare niente di tutte quelle inutili chiacchiere; lei aveva finalmente capito cosa significassero quelle visioni, quegli incubi che l'avevano tormentata per anni, e così aveva cominciato a concentrarsi per imparare a controllarli, o almeno limitarli.
Il fatto di poter vedere le sofferenze future delle persone non era di per sé ciò che aveva scioccato la giovane principessa, ma quello di poter finalmente sapere cosa sarebbe successo alla sua odiata matrigna. E un giorno, in un loro allenamento, Nirihs'Oūm aveva avuto finalmente la risposta che cercava, e ne era stata veramente soddisfatta.
Aveva avuto molta pazienza nell'attendere che quella visione si avverasse, che lei portasse a compimento il destino tragico della donna che aveva rovinato la sua vita. Ora era di fronte al suo corpo senza vita e sentiva di poter finalmente andare dove voleva. Pensava che finalmente avesse avuto quello che si meritava; se c'era qualcosa che Komand'r le aveva veramente insegnato, era il fatto di non provare alcuna vergogna per i sentimenti egoistici. Non aveva avuto paura di ucciderla, e doveva tutto quello proprio a lei. E ora che non aveva più catene a trattenerla, avrebbe recuperato tutto il tempo perso negli anni di prigionia; sarebbe andata dove voleva, padrona del proprio destino.
Era libera, finalmente.
   
 
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