Anime & Manga > Haikyu!!
Ricorda la storia  |      
Autore: Juriaka    06/05/2020    5 recensioni
Terza classificata al contest 'Tarocchi Narranti' indetto da _Vintage_ / _EverAfter_ sul forum di EFP.
Contesto generale SPOILER se non siete in pari con le scan!
Una notte in campeggio sulle rive del lago Motosu, in cui Atsumu dovrà affrontare i propri sentimenti e Shouyou dovrà accettare il fatto che a pallavolo non potrà giocare più. (Non è così deprimente come sembra, giuro!)
AtsuHina (con accenni BokuAka)
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Shouyou Hinata
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Personaggi: Hinata Shouyou, Miya Atsumu, Bokuto Koutarou, Akaashi Keiji
Coppie: Miya(Atsumu)/Hinata, Bokuto/Akaashi (side)
Genere: introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: spoiler
Note: storia ambientata dopo il time-skip


La persistenza delle lucciole


Arrivarono sulle sponde del lago Motosu* intorno alle nove del mattino. Il sole brillava alto nel cielo e il monte Fuji si stagliava in tutto il suo splendore oltre la distesa d'acqua cristallina, che s'increspava appena sotto il soffio della brezza estiva. Shouyou era raggiante, teneva le dita strette attorno alle cinghie del proprio zaino e si guardava attorno meravigliato, suggestionato dalla bellezza del panorama. Bokuto e Akaashi si diressero subito a cercare della legna nel bosco che costeggiava l'area del campeggio, mentre Atsumu e Hinata iniziarono a montare le due tende canadesi prese in prestito da Sakusa, scegliendo un punto poco affollato.
Atsumu scoprì di essere un totale incapace: incrociò i pali storti e piantò male i picchetti, strappando -con suo immenso piacere- parecchie risate a Hinata, che al contrario pareva essere estremamente preparato.
«È che andavo spesso in campeggio con mamma e Natsu» spiegò con le labbra distese, sotto lo sguardo stupefatto di Atsumu che lo osservava rimediare ai propri errori.
Una volta finito, sistemarono gli stuoini e i sacchi a pelo sul catino, per poi nascondere all'ombra del sovratelo impermeabile lo zaino con le provviste di cibo per il pranzo e per la cena.
«Vogliamo fare due passi?» domandò, vedendo che Bokuto e Akaashi non erano ancora tornati.
«Mmh» rispose Shouyou, non troppo convinto. «In realtà, io vorrei giocare.»
«Giocare?» Atsumu si accigliò, mentre un presentimento negativo si affacciava sul suo stomaco. «A cosa?»
Shouyou si diresse verso il proprio zaino, sciogliendone le cinghie con un'espressione entusiasta stampata in faccia, come se stesse per mostrargli il suo più grande tesoro nascosto.
«A volley, naturalmente!» esclamò, stringendo fra le mani una palla gonfia, azzurro pastello.
Atsumu sentì il proprio cuore sprofondare. Trattenne il respiro, le labbra serrate in una linea tesa, le sopracciglia curvate verso il basso, e per un istante sperò di aver capito male. Avrebbe voluto, dovuto, reagire in maniera decisamente più gioviale e spensierata, ricambiando magari il largo sorriso sbocciato sul viso di Shouyou,  o semplicemente limitarsi ad annuire con vigore, rispondendo che sì, certo, fare qualche passaggio sarebbe stato davvero fantastico.
E invece disse la cosa peggiore.
«Sei sicuro?» sussurrò, sgranando gli occhi colmi di preoccupazione.
«Ma certo» rispose Shouyou, alzando le spalle. «Il fatto che io non possa più stare sul campo non significa che non riesca più a tenere una palla in mano, Atsumu-san.»
Atsumu lo seguì verso la sponda del lago, mordendosi le guance finché non percepì il sapore metallico del sangue sulla lingua. Si sarebbe volentieri preso a sberle, in quel momento. Non si aspettava che Shouyou gli facesse una simile proposta con tanta leggerezza, dopo tutto quello che era successo, dopo tutto il tempo che era passato. Atsumu, però, avrebbe dovuto avere la sensibilità e la prontezza di trasformare il proprio stupore in un'esclamazione di felicità, non in un'espressione di tristezza o, peggio ancora, di paura. Shouyou era gentile, ma Atsumu aveva colto la scintilla amara, quasi di stizza, che gli era baluginata nelle iridi per un istante, prima di avviarsi spedito verso la spiaggia con la palla in mano.
«E poi è un sacco che non giochiamo più insieme» aggiunse Shouyou ponendosi dinnanzi a lui, in un sussurro che pareva quasi indispettito verso se stesso, come se non riuscisse a capacitarsi di tutto il tempo che avesse lasciato trascorrere dall'ultima volta.
La fatidica ultima volta. Il giorno dell'infortunio. Il giorno in cui ad Atsumu era crollato il pavimento sotto i piedi, mentre a Shouyou era crollato il mondo addosso.
Semplicemente, il giorno in cui tutto s'era fatto buio.
Stavano giocando la seconda partita contro gli Adlers. La rivincita di Kageyama, così Shouyou l'aveva ribattezzata quando si erano stretti la mano sotto la rete, in memoria del loro precedente match che si era concluso con la vittoria per i Black Jackals. Atsumu era in forma smagliante. Le sue alzate rasentavano la perfezione, e non sarebbe stato esagerato affermare che lui e Kageyama se la stessero combattendo alla pari. Shouyou sorrideva, Bokuto sorrideva, Hoshiumi sorrideva, persino Ushijima aveva le labbra appena arcuate verso l'alto. Quellache era pallavolo, con i brividi che scaturivano intensi e improvvisi come scosse elettriche in seguito a ogni punto, lo stomaco che si torceva come un'anguilla prima eccitata e poi frustrata e poi di nuovo felice a seconda di dove rimbalzasse la palla. I cuori palpitanti dei giocatori battevano all'unisono lungo tutto il campo, il luogo in cui si sentivano vivi, potenti e immortali. La brama di vittoria era palpabile, e Atsumu avrebbe soltanto voluto che quella partita non finisse mai.
Eppure, si era conclusa. E nel peggiore dei modi.
Successe durante il quarto set. Atsumu percepì la fame insaziabile di Shouyou alla propria destra, e lo scelse senza riuscire a trattenere un moto di gioia ruggirgli nel petto. Lui adorava il suo schiacciatore, e se avessero vinto si sarebbe fatto avanti. Se avessero perso, si sarebbe dichiarato comunque, perché dubitava che sarebbe riuscito a resistere un altro giorno nello spogliatoio senza saltargli addosso. Era così motivato che aveva avuto persino l'ardire di confessarlo a suo fratello in anteprima -anche se Osamu l'aveva già capito da un pezzo, naturalmente.
Tuttavia sbagliò, facendo il suo primo errore nella partita. Ancora non sapeva quanto caro gli sarebbe costato.
L'alzata era lunga, troppo lunga. Soppresse un'imprecazione fra le labbra, mentre Shouyou fece del suo meglio.  Invece di schiacciare, tentò il tutto e per tutto con un pallonetto, riuscendo a segnare un punto. Il suo ultimo punto.
Cadde male. In un grido di dolore, che parve quello di una fiera a cui veniva tranciata di netto una zampa, Shouyou si ritrovò sul pavimento scivoloso di sudore con le mani premute attorno al ginocchio. Kageyama fu il primo a raggiungerlo, accucciandosi di fianco a lui con il terrore negli occhi sgranati, seguito da Bokuto, Sakusa, Hoshiumi. Atsumu, al contrario, rimase perfettamente immobile, le labbra socchiuse in un'espressione incredula, mentre Shouyou veniva trascinato via in barella. La partita si concluse con la vittoria della Adlers, anche se oramai non importava più a nessuno. Quella stessa sera andarono tutti in ospedale.
Rottura del legamento crociato anteriore, disse il medico.
Dovranno operarmi. Probabilmente non potrò tornare a giocare, disse Shouyou.
E l'aria divenne gelida e al contempo bruciante, persino rarefatta. Atsumu percepiva il proprio sterno alzarsi e abbassarsi a ritmo, ma l'ossigeno non arrivava ai polmoni. Un brutto sogno, un incubo, doveva essere così.
Ma non lo era.
Quella notte piansero tutti, nella corsia dell'ospedale. Le labbra serrate e tremanti, le unghie conficcate nei palmi delle mani, le lacrime amare che scavavano le guance. Atsumu ebbe la sensazione di trovarsi a un funerale, e forse un po' era così, perché una parte di Shouyou era andata perduta per sempre.

La pallonata che gli arrivò dritto in faccia lo fece riemergere dai ricordi. Bokuto e Akaashi li raggiunsero dopo circa mezz'ora, portando fra le braccia due sacchi di iuta colmi di rami secchi. Li poggiarono vicino alle tende e si avvicinarono.
«Ehi ehi ehi, due contro due?» propose Bokuto, mettendo un braccio attorno alle spalle del compagno.
«Mitico!» rispose Hinata entusiasta, affiancandosi ad Atsumu. «Mi ricorda il beach volley di quando ero a Rio!»
Nelle iridi di Akaashi lampeggiò un'ombra di dubbio, ma restò in silenzio limitandosi ad afferrare la palla.
Giocarono per circa un'altra ora e mezza. Atsumu non credeva che avrebbe più fatto delle alzate a Shouyou, e invece eccolo lì, famelico e brillante come se il tempo non fosse mai trascorso, come se non avesse mai lasciato il campo, come se la pallavolo facesse ancora parte della sua vita, nonostante la sua elevazione si fosse notevolmente ridotta.
Atsumu si vergognava di se stesso, ma c'era stato un periodo in cui aveva temuto, creduto, che Shouyou non si sarebbe più ripreso, che quell'ostacolo fosse troppo alto da superare persino per lui che sapeva volare. Ma ora gli avevano tagliato le ali, e non aveva più niente con cui spiccare il volo. Subito dopo l'incidente, Shouyou sembrava stesse a meraviglia. Faceva dei gran sorrisi a tutti ed era entusiasta come se nulla fosse accaduto. Atsumu era terrorizzato, si aspettava che Shouyou crollasse da un momento all'altro, ma dopo che i primi due mesi trascorsero in maniera liscia e senza incidenti, Atsumu iniziò sul serio a pensare che forse l'ex schiacciatore stesse davvero bene, e che la sua energia e la sua positività gli avessero permesso di superare quella tragedia in un battito di ciglia. Si era persino trovato un lavoro provvisorio, suo fratello Osamu l'aveva assunto perché aveva bisogno di una mano e Shouyou non voleva rinunciare al suo monolocale a Tokyo.
Una sera, però, Atsumu passò da Shouyou per salutarlo, portando con sé una scatola stracolma di mochi* alla marmellata di fagioli rossi.
Quando l'altro gli aprì la porta, capì subito che qualcosa non andava. Shouyou aveva gli occhi gonfi e rossi, le spalle leggermente tremanti.
«Perché sei qui?» soffiò, come se fosse arrabbiato.
Atsumu esitò un istante prima di rispondere, colpito da quel tono di voce così inusuale.
«Uhm, perché ci eravamo organizzati? Per stasera, intendo» disse, ammiccando alla scatola di dolci che reggeva in mano, come se avesse bisogno di provargli il motivo della sua presenza.
«Ti ho mandato un messaggio. Ti ho detto che non mi andava di vedere nessuno.»
«Non... Non l'ho letto» rispose Atsumu titubante, mentre il cuore iniziava a battere più forte.
Per un momento, temette che Shouyou gli avrebbe dato un pugno. Aveva negli occhi una luce buia e furiosa, che non gli aveva mai visto prima. Faceva paura.
«D'accordo. Non fa niente.»
Respirò profondamente, quasi con disperazione, come se stesse tentando di calmarsi e di aggrapparsi all'ultimo barlume di razionalità che possedeva. «Ma non mi sento bene. Ho la febbre, non voglio che ti ammali per colpa mia. Ci vediamo domani.»
E indicò la porta per invitarlo a uscire, ma Atsumu non si mosse. Poggiò la busta a terra, lentamente, non voleva fare movimenti troppo bruschi.
«Shouyou» lo chiamò, con un tono fermo, facendo un passo verso di lui. Shouyou si limitò a gettargli un'occhiata ferita e diffidente, come se fosse appena stato tradito, ma non rispose.
«Shouyou» riprovò, avvicinandosi ancora. Adesso li separavano pochi centimetri, e Atsumu percepiva il respiro pesante di Shouyou scontrarsi contro la propria felpa di cotone.
E poi, con una dolcezza e una lentezza straziante, un grosso lacrimone gli luccicò negli occhi grandi, per poi scivolargli lungo la guancia spruzzata di lentiggini, e infine infrangersi sul tatami con un plic. Ne seguì un altro, e poi un altro ancora, mentre la sua furia cieca veniva rimpiazzata dalla disperazione.
Atsumu non aveva mai visto Shouyou piangere. E non avrebbe augurato uno spettacolo del genere neanche al suo peggior nemico. Singhiozzava sommessamente, nascondendo la faccia contro la sua felpa, che ben presto divenne fradicia. Non poté fare altro che stringerlo forte a sé, tentando di placare il suo tremore con le proprie braccia. Shouyou non gli era mai parso così piccolo.
«Atsumu-san» biascicò, la lingua impastata di lacrime e muco. «Fa' qualcosa. Per favore
Ma Atsumu restò immobile, a mordersi le guance e a premerselo con ancora più impeto contro il proprio sterno.
«Io non posso smettere di giocare... Non voglio smettere di giocare!» gridò, sollevando il viso per guardarlo, il corpo sconquassato da singhiozzi. «Ti prego. Aiutami.»
Ma Atsumu non poteva aiutarlo. Nessuno avrebbe mai potuto farlo. E sentirsi così impotente di fronte a una sofferenza tanto acuta e penetrante, fu la sensazione più brutta che avesse mai sperimentato in tutta la sua vita. Soprattutto perché a vivere quell'inferno era Shouyou, la persona che se lo meritava di meno al mondo. Dopo tutti quegli anni passati ad allenarsi, dopo tutti i suoi sforzi, il frutto dei suoi sacrifici si era dissolto in meno di un secondo. E il suo sogno era morto con lui.
Shouyou pianse senza interrompersi per un tempo che parve infinito, finché non lo allontanò da sé con una spinta violenta, che lo fece barcollare. Prima che Atsumu potesse chiedersi il perché, lo vide vomitare anche l'anima sul pavimento.
«Cazzo» disse, andandogli nuovamente vicino e sorreggendolo, per trascinarlo in bagno. Vomitò altre tre volte, inginocchiato davanti alla tazza del water. Era in preda a conati così violenti che sembrava come se stesse tentando di rigurgitare via anche tutta la sua rabbia e la sua sofferenza, oltre al pranzo di qualche ora prima. Non appena fu nuovamente capace di sostenersi sulle proprie ginocchia, si gettò nella doccia e si lavò via l'odore di lacrime e bile, mentre Atsumu pulì il pavimento. Quando Shouyou uscì dal bagno, si sdraiò sul letto con l'accappatoio ancora indosso, mentre le ciocche bagnate inumidivano il cuscino.
«Mi dispiace, Atsumu-san» bisbigliò sottovoce, la voce pareva avesse riacquisito la solita tonalità. «Sono stato pessimo.»
Atsumu scosse la testa, accarezzandogli i capelli.
«Dovresti asciugarli. Ti prenderai un malanno, così.»
«E anche se fosse?» rispose, con una risatina amara. «Tanto non posso comunque più allenarmi.»
Atsumu restò in silenzio, con il cuore che si stringeva.
«Mi dispiace» aggiunse Shouyou, subito dopo. «Era cattiva.»
«Shouyou, tu sei tante cose, ma di certo cattivo non è tra queste» asserì Atsumu, prima di andare in bagno per prendere il phon. Lo attaccò alla presa di fianco al letto, e gli asciugò delicatamente i capelli, che divennero soffici e gonfi. Shouyou non disse nulla, limitandosi ad abbassare le palpebre. Una volta finito, Atsumu prese dal suo cassetto un paio di boxer e il pigiama dall'armadio.
«Avanti, vestiti. Non puoi restare con l'accappatoio fradicio» lo rimbrottò, lanciandogli i vestiti.
Shouyou sbuffò nel cuscino, rimanendo tuttavia immobile.
«Shouyou. Siamo a dicembre.»
Vedendo che l'altro continuava a non dare segni di vita, Atsumu si avvicinò e gli pizzicò il fianco da sopra l'accappatoio. L'altro si contrasse, soffocando quello che pareva essere un accenno di risata.
«Non dirmi che soffri il solletico...» esclamò Atsumu, meravigliato. Prima che Shouyou potesse rispondergli, si accanì sulle sue costole e sul collo, solleticandogli l'epidermide senza pietà, mentre l'altro si contorceva ululando dalle risate.
«Basta, basta! Mi vesto, mi vesto!» gridò, tentando di ripararsi dalle dita spietate di Atsumu, il quale distolse lo sguardo mentre l'altro si infilava i boxer e il pigiama. Shouyou si mise poi sotto il piumone, tenendone alzato un lembo con il braccio.
«Vieni?» domandò, con la voce appena incrinata. Atsumu deglutì, sentendosi la gola improvvisamente secca, ma scivolò sotto la coperta stendendosi accanto a lui. Il tepore gli fece formicolare la schiena, e si sentiva la mente annebbiata. Shouyou teneva gli occhi aperti, fissi sul soffitto. Non sbatteva neanche le palpebre. Atsumu si domandò cosa stesse guardando, e se effettivamente riuscisse a vedere oltre la coltre di tenebra che si era abbattuta su di lui qualche mese prima.
«Shouyou» disse dopo un po', sfiorandogli la guancia lentigginosa. «Ti aiuterò a vedere dall'altra parte. Te lo prometto.»
Shouyou lo fissò, con uno sguardo che non riuscì a decifrare. Poi incurvò le labbra e soffiò via una risata cristallina, che lo fece avvampare. Atsumu brontolò qualche insensatezza in risposta -detestava sentirsi così impacciato- e spense la luce. Shouyou si coricò contro di lui, schiacciandogli la faccia contro lo sterno.
«Cavolo!» sbottò di punto in bianco, facendo sobbalzare Atsumu dallo spavento.
«Che hai fatto?»
«I mochi! Me li avevi portati apposta!» si lamentò Shouyou, sentendosi in colpa.
«Ce li mangiamo domani per colazione. E adesso dormi.»
Shouyou annuì e si lasciò finalmente andare tra le braccia di Morfeo.

«Atsumu-san? Atsumu-san!»
Atsumu sobbalzò. Perso nei suoi pensieri, non si era reso conto che Shouyou lo stesse chiamando.
«Tutto okay? Ti eri imbambolato!» disse Bokuto, inclinando la nuca.
Atsumu annuì, borbottando qualche scusa. Quel giorno i ricordi non volevano proprio lasciarlo in pace. Quando arrivò mezzogiorno, e il sole iniziò a trafiggere loro le nuche, smisero di giocare e Shouyou entrò nella tenda per prendere il pranzo. Osamu aveva preparato onigiri per tutti, che avrebbero dovuto consumare entro la prima metà della giornata per evitare che il riso si rovinasse con il caldo afoso. Scelsero una bella quercia dal tronco largo e possente, nel bosco che sorgeva a pochi metri dal campeggio, e iniziarono a mangiare con gusto, riparati dal fogliame fitto e verde scuro.
«Una coccinella!» esclamò Shouyou, indicando il dorso della mano di Atsumu. Vi si era poggiata sopra e non se n'era reso conto.
«Porfta forfuna!» biascicò Bokuto con la bocca piena, altrettanto entusiasta, sputando qualche chicco di riso sull'erba.
Atsumu la osservò zampettare lungo le proprie nocche, piccola e dai colori brillanti. Shouyou l'ammirava elettrizzato, come se stesse assistendo a chissà quale raro spettacolo. Atsumu aveva sempre avuto un debole per questa sua genuina capacità di meravigliarsi e di stupirsi anche per le cose più semplici. Shouyou non dava nulla per scontato, ma attribuiva valore e significato a ogni piccolo gesto, per quanto banale potesse sembrare. Sapeva trovare la bellezza in ogni momento e preservarla, rendendo ogni istante importante e prezioso. Inizialmente Atsumu aveva scambiato questo suo atteggiamento per la tipica ingenuità infantile, credendolo delle volte persino immaturo, ma poi si era reso conto che Shouyou, in realtà, avesse compreso molto più di lui. Niente dura per sempre, ed è fondamentale non sprecare neanche un secondo, per quanto stupido e fuggevole possa sembrare.
«Apri la mano» disse Atsumu, poi avvicinò la propria a quella distesa di Shouyou e la coccinella, che ora zampettava lungo il suo indice, lo utilizzò come ponte per passare sul palmo dell'altro.
«Oh!» esclamò Shouyou, osservando l'insetto girare attorno alle proprie dita. «Fantastico!»
Gli arrivò sino alla punta del medio, poi aprì le piccole ali e spiccò il volo, scomparendo in un luccichio nero. Shouyou riprese a mangiare riempendosi le guance come uno scoiattolo, mentre un barlume pensieroso faceva capolino fra le iridi dorate. Atsumu si domandò se non si fosse ricordato di quando anche a lui era concesso il privilegio di volare.
«Bagno!» disse Bokuto, ingoiando l'ultimo boccone di onigiri.
«Anche io devo andare!» gridò Shouyou, alzandosi di getto.
Atsumu li osservò allontanarsi, pensieroso.
«Secondo te si perderanno?» domandò ad Akaashi, che pareva fosse stato colpito dallo stesso dubbio.
«Sì» rispose, con un sospiro stanco. «Ma risolveranno, in qualche modo. Come sta Hinata?»
«Non lo so» disse Atsumu, giocando con dei fili d'erba. «Meglio, credo. Ma è difficile capire a cosa pensi. È bravo a fingere che vada tutto bene, faceva gran sorrisi a chiunque anche la settimana dopo l'incidente stesso. Immagino non voglia far preoccupare nessuno.»
«Tu però sei molto bravo, con lui» osservò Akaashi, incurvando le labbra.
Atsumu rimase positivamente colpito da quelle parole. Akaashi era estremamente sensibile e pure un ottimo osservatore, e di certo le sue non erano mere frasi di circostanza.
«Grazie» borbottò Atsumu, con una sensazione tiepida alla bocca dello stomaco. «Anche se prima ho fatto un mezzo casino, quando ha tirato fuori la palla per giocare...»
«Beh, non puoi biasimarti, chiunque si sarebbe sentito a disagio. Quanto tempo è passato dall'ultima volta?»
«Otto mesi, quasi nove.»
Dopo tutto quel tempo, ad Atsumu ancora pareva di vedere la sua ombra sfrecciare sul campo. Uno sfrigolio arancione gli lampeggiava all'angolo dell'occhio, e allora si aspettava di vedere una zazzera di capelli rosso fuoco e un sorriso gigante, ma poi c'erano sempre altri schiacciatori a colpire le alzate al suo posto, e un senso di vuoto gli pungeva la pancia. Ogni volta che facevano punto, ogni volta che vincevano una partita, immaginava di sentire le grida entusiaste di Shouyou vibrargli nei timpani, i suoi abbracci energici e radiosi, ma alla fine non arrivavano mai, e non sarebbero arrivati più.
Atsumu aveva notato che anche gli avversari lo cercavano con lo sguardo. Quando prendevano la mira per schiacciare, per murare, per battere, facevano scivolare le pupille lungo la rete circospetti e nervosi. Ma poi, quel barlume di ansia veniva sostituito da una specie di consapevolezza, e gli occhi di tutti si facevano più scuri, meno accesi. Tristi.
Atsumu era arrivato al punto da sognarselo la notte, il ritorno di Shouyou. Sognava di andare all'allenamento e dalle docce spuntava fuori lui, felice come non mai, le ginocchia perfettamente funzionanti. E saltava, saltava così in alto che tutti si ritrovavano a dover piegare i colli all'insù come tartarughe, come se volesse spiccare il volo per non dover più toccare terra. Infine, Atsumu si svegliava con lo spettro di un sorriso stampato in faccia, la gioia che ancora gli formicolava sulle dita, prima che la consapevolezza che non fosse altro che una fantasia venisse a prenderlo a schiaffi. Allora premeva la faccia contro il cuscino, la rabbia incastrata nella gola, e tentava di sprofondare nuovamente fra le braccia di Morfeo, pur sapendo che sarebbe stato impossibile. E se Atsumu era ridotto così, nonostante non fosse lui quello infortunato, Shouyou come diamine sarebbe mai potuto stare?
Quando i Black Jackals giocarono di nuovo con la Adlers, dopo l'incidente, c'era un'atmosfera così pesante che persino il pubblico si ammutolì. Kageyama non sorrise neanche una volta, nonostante Romero tentasse di stemperare l'atmosfera pesante con qualche battuta, e Atsumu non credeva che ci sarebbe più riuscito. Persino Bokuto parlò poco, limitandosi a fare del suo meglio come giocatore. Sakusa non si accorse nemmeno che un bambino gli avesse toccato la mano a inizio partita.  
«Sai, è meno divertente. La pallavolo, dico» sputò fuori in fretta, come se temesse che qualcuno potesse fermarlo. «Da quando se n'è andato non è più lo stesso.»
«Bokuto mi ha detto la stessa cosa» rispose Akaashi pensieroso, portandosi una mano sul mento. «A proposito, quando hai intenzione di dirglielo?»
«Dirgli cosa?»
Akaashi sollevò un sopracciglio. «Che ti piace, ovviamente.»
Atsumu si sentì avvampare. «È così evidente?»
«Decisamente.»
«Avrei voluto farlo parecchio tempo fa, ma poi è successo l'incidente e...» si interruppe, riflettendo per un istante. «Non so, credevo che sarebbe stato... Inappropriato
Akaashi soffiò via una risata gentile, prima di sfiorargli piano la spalla in un gesto incoraggiante.
«Hinata è sempre Hinata. Inoltre, credo che sarebbe felice. Stai facendo tanto per lui.»
«Delle volte ho paura che non sia abbastanza» rispose, ritrovandosi a pensare alla prima volta in cui gli aveva chiesto di uscire dopo l'incidente, circa un mese prima.
Un giovedì pomeriggio, Atsumu rimase colpito dall'espressione meravigliata di Shouyou mentre fissava la vetrina di un ristorante di sushi, che aveva esposto un grande acquario pieno di pesci colorati e carpe koi.  E così, quello stesso fine settimana, Atsumu si era ritrovato a camminare al suo fianco lungo il distretto di Edogawa, diretti al parco marino Sea Life che distava pochi minuti a piedi dalla stazione. Atsumu sperò con tutto il cuore che Shouyou non facesse domande sul perchè fossero loro due da soli, senza Sakusa e Bokuto.
«Ci fermiamo a prendere un taiyaki*? Li fanno proprio buoni lì!» esclamò Shouyou d'improvviso, indicando una bancarella affollata.
Atsumu ne prese due, e ripresero a passeggiare con le labbra impiastricciate di marmellata di azuki*. Shouyou sorrideva perché il dolce era estremamente buono, Atsumu sorrideva perché Shouyou sembrava felice.
Una volta arrivati davanti al botteghino del Sea Life*, Atsumu constatò che c'era già parecchia gente in fila, nonostante fossero arrivati presto. Quando arrivò il loro turno, comprò due biglietti a millesettecento yen l'uno, ignorando le proteste dello schiacciatore.
«Ma Atsumu-san!»
«No, Shouyou.»
«Ma...»
«No.»
Shouyou gli gettò un'occhiata fiammeggiante, che Atsumu ricambiò con la medesima intensità.
«Va bene» si arrese infine Shouyou, con un sospiro rassegnato. «Ma la prossima volta pago io!»
La prossima volta.
Atsumu sperò con tutto se stesso che Shouyou non avesse visto il sorriso da perfetto idiota che gli si era appena stampato in faccia.
Scoprì ben presto che Shouyou sui pesci ne sapeva tanto quanto sulla pallavolo.
«Quella è una Caravella Portoghese!» esclamò, la bocca socchiusa dalla meraviglia e le guance arrossate. «La gente pensa che sia una medusa, ma in realtà è un sifonoforo!»
«Oh» rispose Atsumu, sinceramente stupito, perché a lui quella cosa pareva in tutto e per tutto una medusa.
«Quello invece è un pesce Leone!» aggiunse poi, indicando un essere acquatico parecchio stravagante, striato e provvisto di lunghi aculei. «Fa davvero male, se ti punge.»
«Ed è letale?» domandò Atsumu, avvicinandosi come se volesse proteggerlo.
«No, no! Non di solito, almeno...»
Atsumu lasciò che l'altro gli spiegasse nome, habitat e comportamento di ogni creatura che incontrarono durante il percorso. Molti bambini si zittirono per udire le spiegazioni di Hinata, e Atsumu non riuscì a non notare come catalizzasse l'attenzione di tutti nonostante si trovasse fuori dal campo di pallavolo. Forse erano i capelli rosso fuoco, forse erano gli occhi gentili e pieni di vita che riflettevano i molteplici colori dei pesci e il blu soffuso delle vasche, brillando come stelle nella notte. Forse era semplicemente la sua voce, squillante ma melodica, forse era la delicatezza dei suoi lineamenti, il candore della pelle e la spruzzata di lentiggini che gli abbracciava gli zigomi e il naso. Forse era la fossetta che si intravedeva appena quando piegava le labbra in un sorriso, con i denti che spuntavano perlacei mentre spiegava a una bambina dalle trecce la differenza fra un'anguilla e una murena, o forse era semplicemente il suo entusiasmo contagioso verso la vita. Ad Atsumu, per un istante, parve di vedere la sua immagine tremolare, i contorni fremere evanescenti insieme ai riflessi cangianti dell'acqua, che si specchiavano nel corridoio che stavano percorrendo.
«Atsumu-san?» chiese Shouyou, notando lo stato di trans in cui era sprofondato. «Va tutto bene?»
«Sei bellissimo» rispose Atsumu senza pensarci, guardandolo sconcertato. Non credeva che fosse possibile, per un comune essere umano, suscitare quella marea di sensazioni semplicemente respirando.
Shouyou trattenne il fiato, il collo e le orecchie assunsero la stessa tonalità dei propri capelli, e Atsumu realizzò le proprie parole.
«Cioè...» balbettò, in difficoltà. «Intendevo dire che...»
«Grazie!» lo interrompe Shouyou raggiante, seppur continuando ad avvampare. «Anche tu sei bellissimo, Atsumu-san.»
Poi gli fece scivolare le dita lungo il polso e le incastrò alle sue, trascinandolo più avanti. Atsumu non riuscì a pronunciare una sola parola dotata di senso compiuto -nonostante la sua lingua di solito fosse così affilata-, e si limitò a seguirlo, sforzandosi di non sciogliersi a causa del calore irradiato dalle loro mani intrecciate. Non si lasciarono andare per tutta la visita, e Atsumu quel giorno scoprì l'esistenza di un'emozione dall'intensità paragonabile solo a quella di una partita vinta, seppur diversa. Quel sapore dolce, più che alla felicità bruciante e animale scaturita dal punto della vittoria, gli ricordò il per sempre con cui si concludevano le favole che sua madre raccontava a lui e a Osamu quando erano bambini. Sperò con tutto il cuore che anche Shouyou riuscisse a percepire quel tepore.

«Ce l'abbiamo fatta!» esclamò Bokuto, seguito da Hinata, di ritorno dal bagno. Atsumu sobbalzò, e si costrinse a riportare la mente al tempo presente, per l'ennesima volta. Passarono il primo pomeriggio a dormire, rinfrescati dall'ombra della grande quercia sotto la quale si erano riparati. Ogni tanto i rami frusciavano, sospinti da una brezza leggera e balsamica che conciliò loro il sonno. Atsumu si risvegliò con i raggi del sole che gli vibravano da sotto le palpebre, poichè la luce s'era spostata. Akaashi stava accarezzando il viso di Bokuto, che ronfava beatamente con la nuca poggiata sulle sue gambe. Si azzardò allora a gettare un'occhiata a Shouyou, che giaceva alla sua destra, e vide che aveva gli occhi aperti anche lui. Gli rivolse un sorriso raggiante, al quale Atsumu rispose scompigliandoli i capelli. Verso le quattro e mezza, quando anche Bokuto fu sveglio, passeggiarono lungo la sponda del lago bagnandosi i piedi. A Shouyou erano spuntate le lentiggini persino sulle labbra e aveva le iridi ancor più chiare e luminose. Rideva rumorosamente, indicando la faccia di Bokuto che s'era fatta rossa peperone a causa del sole, mentre Akaashi continua a chiedergli di star fermo per potergli spalmare sul naso una generosa dose di crema protettiva.
Atsumu avrebbe voluto congelare il tempo. Fermarlo in quel preciso istante, mentre tutti erano di buonumore e nell'acqua trasparente del lago si specchiava il monte Fuji, che pareva li osservasse benevolo dall'alto, quasi come se volesse confortarli, proteggerli.
Giocarono poi per un'altra oretta, non appena il caldo divenne meno asfissiante. Quando arrivò la sera, Atsumu riempì una pentola d'acqua e la mise a bollire con il fornello da campeggio che Akaashi si era portato dietro. Tirò fuori otto confezioni di ramen istantaneo, e aspettarono qualche minuto. Anche gli altri campeggiatori iniziarono a mangiare, e ben presto si diffuse un profumino delizioso che fece brontolare gli stomaci di tutti quanti.
«Perché non usiamo il fuoco?» domandò Bokuto, perplesso.
«Perché si rovinerebbero le pentole, Bokuto-san» rispose Shouyou, con un sorriso.
«E allora perché io e Akaashi abbiamo raccolto tutta questa legna?»
«Lo vedrai dopo» tagliò corto Akaashi, sollevando il coperchio.
L'acqua bolliva. Atsumu prese un mestolo e riempì le confezioni di ramen, una per ciascuno. Poi attesero tre minuti, e cominciarono a mangiare.
«Ittadakimasu*!» esclamarono all'unisono. Si avventarono sulla loro cena e la spazzarono via in pochi minuti, facendo immediatamente il bis.
«Mi mangerei altre dieci porzioni!» si lamentò Bokuto, risucchiando il suo ultimo spaghetto.
«Lasciati un po' di spazio, abbiamo portato il dolce.»
«Dolce? Che dolce?»
Shouyou sorrise, poi si alzò per prendere i due sacchi colmi di legna. Prese delle pigne dal fondo, sistemandole in un mucchietto, e vi poggiò sopra dei ramoscelli sottili e ben secchi. Incendiò una pigna con l'accendino e aspettò che la fiamma divampasse. Quando divenne vivida, prese ciocchi più grossi e spessi, e dopo qualche minuto un fuoco caldo e scoppiettante ardeva sul terriccio.
«Wow!» esclamò Bokuto entusiasta, e allora Akaashi tirò fuori una busta colma di marshmallow. Li infilarono negli spiedini e li avvicinarono al falò, aspettando che si ammorbidissero, per poi addentarli con gusto. Atsumu non li aveva mai assaggiati prima, ma li trovò deliziosi. Akaashi domandò come stesse Kenma, e finirono col parlare di lui per tutto il tempo. Shouyou era estremamente orgoglioso del suo amico, e raccontò fiero di come la sua carriera procedesse alla grande. All'improvviso, Bokuto si alzò e si diresse verso la tenda, tornando con il fodero di una chitarra fra le mani.
«Sa suonare?!» domandò Atsumu ad Akaashi, sbigottito, rifiutandosi di credere che Bokuto sapesse fare qualcosa che non fosse schiacciare la palla nel campo avversario.
«Perché quel tono?» rispose Bokuto, offeso.
«No, Hinata gli ha chiesto di portarla.» spiegò Akaashi, passando lo strumento a Shouyou.
Atsumu lo guardò sconvolto, con la bocca spalancata, come se si aspettasse di trovare un'altra persona al suo posto.
«È che qualcosa dovevo pur fare, no? Non posso mica starmene a fissare il soffitto per il resto della mia vita» si giustificò, imbarazzato.  
Con le labbra ancora impiastricciate di zucchero, Shouyou imbracciò la chitarra e l'accordò, pizzicandone piano le corde. Quando fu soddisfatto, prese il piccolo plettro blu e iniziò a strimpellare. Una melodia allegra si diffuse intorno al fuoco, e ad Atsumu sembrò che Shouyou, ancora una volta, riuscisse ad arrivare e a penetrare nei cuori di tutti. Non aveva bisogno di una palla in mano per fare dei piccoli miracoli. Akaashi aveva chiuso gli occhi, Bokuto dondolava la testa a ritmo. Nessuno parlava, per non intaccare quel suono prezioso e leggero che pareva riscaldasse l'anima. Dopo che ebbe preso confidenza, Shouyou iniziò persino a cantare, dapprima sussurrando e poi in maniera sempre più squillante.
«Sit down beside me, and stay awhile,
let our hearts do the parse...
With wide and burns to meet the house?
So the day never starts...»
Atsumu non aveva mai sentito quel brano, ma la trovò estremamente bello. O forse, era semplicemente il fatto che fosse Shouyou a cantare a far sembrare tutto così pregno di emozione e significato.
«'Cause that's what I want, that's what we need...
'Cause that's who we are, 'cause that's what we need*...»
Suonò altre tre canzoni, e infine tentò di insegnare a Bokuto l'accordo del Do, ma dopo che fece quasi finire la chitarra fra le fiamme, Akaashi gliela sfilò dalle mani e la ripose nella custodia. Aspettarono insieme che il fuoco si spegnesse, parlando principalmente del lavoro di Akaashi e del nuovo manga che Udai aveva in progetto di iniziare entro la fine dell'anno. Il rosso della brace che ardeva si fece sempre più scuro, finché non svanì definitivamente in un ultimo e tiepido crepitio.
«Che figo!» esclamò Bokuto, volgendo il viso verso l'alto. Senza la luce artificiale del fuoco, nel buio della notte iniziarono a baluginare le stelle, che pareva quasi sfrigolassero, riflettendosi nell'acqua del lago. Si sdraiarono sul prato e rimasero a osservare il cielo in silenzio, alternato al rumore dei loro respiri. Quando Bokuto iniziò a russare, Akaashi lo svegliò e lo trascinò nella tenda, augurando loro la buonanotte.
Erano rimasti da soli.
Shouyou continuava a guardare le stelle, le labbra distese in un sorriso rilassato e le mani poggiate dietro la nuca.
Atsumu continuava a guardare Shouyou, secondo lui molto più bello, con le iridi screziate di miele che pareva brillassero di luminosità propria, le gote arrossate dal sole che aveva preso durante il giorno e dal calore del fuoco. Non ci sarebbe mai stato un momento migliore per esternare i propri sentimenti, ma non appena trovò il  coraggio e schiuse le labbra, un puntino fluorescente lo distrasse.
«Una lucciola!» disse Shouyou, mettendosi seduto.
Atsumu si sforzò di tenersi per sé la marea di imprecazioni che gli saltò al cervello, e si alzò anche lui soffocando un sospiro esasperato. L'erba era costellata da lucine gialle, che apparivano e scomparivano a intermittenza, muovendosi lentamente nell'aria.
«Dev'esserci una femmina qui intorno!» esclamò nuovamente Shouyou, e iniziò a far scorrere lo sguardo attento lungo il prato. Prima che Atsumu potesse chiedersi come avrebbe fatto a individuare un'esemplare femmina in mezzo a quella miriade di insetti, Shouyou sorrise radioso.
«Eccola!» disse, indicando un punto imprecisato nel terreno.
«Cosa? Dove? Come diamine hai fatto a riconoscerla?» domandò Atsumu, sinceramente sbigottito.
«I maschi lampeggiano, le femmine invece hanno la luce fissa» spiegò, e Atsumu notò che tra i fili d'erba c'era un puntino che non accennava a svanire. Brillava in maniera ferma, forse persino più intensa rispetto agli altri compagni.
«Però non hanno le ali. A differenza dei maschi, non possono volare. Rimangono a terra finché non muoiono» aggiunse Shouyou, e Atsumu sentì una fitta pervadergli lo stomaco.
«Ho sempre pensato che fosse un po' ingiusto, ma non ci avevo mai riflettuto sopra seriamente. Adesso un po' le capisco, perché mi somigliano» continuò con un borbottio, un po' incupito.
«Shouyou...»
«Scusa!» lo interruppe, sgranando gli occhi come se fosse tornato in sé. «Mi dispiace, non volevo farti deprimere. Mi è scappato!»
«Shouyou, non mi stai facendo deprimere» disse Atsumu, con una punta severa nella voce. Poi si trascinò dietro di lui, avvolgendolo con le braccia da dietro la schiena, premendogli la nuca contro lo sterno e poggiandogli il mento sui capelli soffici. Shouyou si irrigidì per un istante, colto alla sprovvista, ma poi si lasciò sfuggire un mugolio soddisfatto dalle labbra e si abbandonò contro il suo petto. Atsumu iniziò a giocare con le sue ciocche rosse, pensando a quanto fosse stato determinato, forte e coraggioso nell'affrontare quell'incidente che gli aveva sconvolto la vita all'improvviso. Nonostante tutto quello che aveva passato, nonostante la realtà che si era ritrovato a dover fronteggiare, Shouyou continuava a ridere e a brillare con così tanta intensità che delle volte Atsumu era costretto a distogliere lo sguardo.
«Anche se quella lucciola non può volare, non si dà mica per vinta, no?» sussurrò Atsumu titubante, a causa della sua totale incapacità nel formulare discorsi del genere.
«Continua a vivere al meglio che può, al massimo delle sue capacità... Insomma, come stai facendo tu adesso. Io credo che non ci sia niente di deprimente in questo, Shouyou.»
Percepì le guance bruciare dall'imbarazzo, poiché non era abituato a parlare in questo modo. Non riusciva a vedere l'espressione dell'altro, ma sperò con tutto il cuore di non aver detto qualcosa di sbagliato. Lo abbracciò più forte, serrando le cosce intorno al suo bacino, come se avesse paura che andasse via.
«Grazie» disse Shouyou, dopo qualche istante. «Per un attimo, per un po'... Ho sul serio temuto che non ne sarei più uscito. Mi manca da morire la pallavolo, sai?»
Atsumu annuì da sopra la sua testa, strofinandogli il naso contro la nuca.
«Mi manca il campo, mi manca l'odore dello spray al ghiaccio, il rumore delle scarpette che scivolano sul pavimento, la sensazione di schiacciare una palla che arriva dritta e perfetta davanti palmo della mano. Mi manca fare punto, mi manca la sensazione di vincere, mi manca saltare. Mi manca così tanto, spingere forte forte con le gambe e ritrovarsi in alto nell'aria con uno swooosh, e poi vedere al di là della rete e trovarla libera e magnifica, e poi sbam!, far schioccare la palla per terra con un botto!» continuò, agitando il braccio e imitando il movimento della schiacciata con il polso. Ad Atsumu sembrò quasi di vederlo, come nei suoi sogni.
«Mi manca giocare con Bokuto e Sakusa, mi manca giocare con te. Mi manca così tanto tutto questo che se mi togliessero l'ossigeno sarebbe meglio. Per me la pallavolo era tutto» sospirò amareggiato, ma poi si corresse. «È tutto, e lo sarà per sempre. E quando mi hanno detto che non avrei potuto giocare mai più, mai mai più, beh... Beh, mi son detto che forse sarebbe stato meglio morire.»
 Atsumu aprì la bocca, sconvolto da quell'affermazione, ma prima che potesse parlare Shouyou lo anticipò.
«Però non voglio arrendermi. Non posso tornare indietro e ricominciare da capo, ma posso andare avanti e decidere il finale. E tu mi hai aiutato. Davvero. Mi hai fatto capire che ci sono altre cose da fare e da vedere, che possono darmi emozioni altrettanto intense e vivide. E anche se non posso giocare più insieme a te, o a Sakusa-san, o a Bokuto-san, o contro Kageyama e Ushijima-san... Beh, posso stare con voi in un altro modo. Posso divertirmi in un altro modo. Posso andare avanti in un altro modo.
«Alla fine, è come se il campo non lo avessi mai lasciato. Questa è solo un'altra partita di pallavolo, con un muro da battere. Ma non sono da solo, perché è un gioco di squadra, e tu mi mi stai davvero aiutando a superare questo ostacolo nel migliore dei modi. È come se, in un certo senso, mi stessi ancora alzando la palla. E ti ringrazio per questo, e sappi che non ho nessunissima intenzione di mollare, e...»
E a quel punto, Atsumu lo baciò, perché se avesse aspettato un solo altro istante probabilmente sarebbe morto. Gli tirò delicatamente i capelli verso il basso, in modo tale da fargli alzare il viso, e gli assaggiò le labbra, svelto come il battito d'ali di un colibrì. Shouyou sgranò gli occhi dalla sorpresa, ma poi gli andò in contro con un gemito, reclamando altre attenzioni e più baci, sempre più caldi e intensi. Atsumu credeva che il suo cuore sarebbe esploso dalla felicità, e sentire Shouyou sorridergli sul viso fu la cosa più bella che potesse succedergli. Si separarono solo quando furono costretti a riprendere fiato.
«Hai un buon sapore» fu il primo commento di Shouyou. Atsumu avvampò.
«Anche tu, Shouyou. Anzi, sai che mi fai proprio incazzare? Come diamine fai a essere sempre bravo in tutto? Sei persino intonato!» sbottò Atsumu, ma scoprì i denti in un ghigno, non appena vide la faccia dell'altro prendere fuoco. «E sai anche tutte quelle cose sui pesci, sulle lucciole e... ma non ci sono più!»
Le lucciole erano scomparse. Erano rimaste solo le stelle, che però rilucevano flebili e iniziavano a svanire, mano a mano che il cielo si faceva più chiaro e azzurro.  
«È quasi l'alba» osservò Atsumu, tornando a stringere Shouyou a sé. Gli schioccò un bacio sull'orecchio, e gongolò nel sentirlo bollente sotto le sue labbra. «Peccato per le lucciole, però. Ne avrei voluta riportare una a Sakusa, sarebbe stato fantastico.»
«Gli sarebbe venuto un infarto, Atsumu-san!*» obiettò Shouyou, voltandosi a guardarlo con occhi sbarrati. Atsumu ridacchiò, mordicchiandogli piano il collo. Attesero l'alba abbracciati, con le dita intrecciate, e quando il sole sorse, il lago si illuminò e il monte Fuji con esso.
Un corvo planò verso di loro, sfiorando l'acqua trasparente, poi riprese quota e scomparve fra le nuvole con uno scintillio. Shouyou lo osservò incuriosito, e mentre gli occhi si coloravano di ambra, e le prime lentiggini tornavano ad affacciarsi timide sul suo naso, Atsumu ebbe la certezza che Shouyou in realtà non avesse mai smesso di volare.

Note d'autrice
Hello guys! Grazie per essere arrivati sin qui, mi è uscita una cosa chilometrica. Mi permetto di fare alcune note obbligatorie. Intanto, essendo la caratterizzazione ambientata post time skip, il carattere di Atsumu è quello che vediamo quando gioca con la squadra dei BJ (quindi, un prezioso raggio di sole ahhaha), per questo non c'è traccia della suo lato più 'crudele' (passatemi il termine) di quando giocava invece con l'Inarizaki (per capirci, l'esempio in cui chiama 'maiali' i tifosi). Poi, il pacchetto che ho utilizzato per il concorso prevedeva il prompt 'buon umore', e la frase: 'Nessuno può tornare indietro e ricominciare da capo, ma chiunque può andare avanti e decidere il finale' di Karl Barth. Copio e incollo il pezzo in cui l'ho adoperata per aiutare anche la giudice (così non impazzisce ogni volta per ritrovarla): 'Atsumu aprì la bocca, sconvolto da quell'affermazione, ma prima che potesse parlare Shouyou lo anticipò. «Però non voglio arrendermi. Non posso tornare indietro e ricominciare da capo, ma posso andare avanti e decidere il finale. E tu mi hai aiutato. Davvero. '
Poi ehm vorrei dire ventimiliardi di cose ma credo di aver già scritto un papiro così. Quindi, vi ringrazio da morire per la lettura e grazie anche alla cara Ever After/Vintage che ha organizzato questo concorso (e soprattutto che ha accettato questa coppia per la quale io sono DEBOLISSIMA).
A presto! ^^

Apici 
[*1]- il lago Motosu è uno dei cinque laghi del monte Fuji
[*2]- i mochi sono dei tipici dolcetti rotondi giapponesi, solitamente ripieni di marmellata ai fagioli rossi
[*3]- i taiyaki sono degli altri dolci giapponesi, a forma di pesce e ripieni di anko, la marmellata ai fagioli rossi
[*4]- gli azuki sarebbero i fagioli rossi da cui si ricava la marmellata adoperata per i ripieni
[*5]- il Sea Life Park è l'acquario di Tokyo, si trova nel quartiere di Edogawa
[*6]- ittadakimasu è la tipica parola pronunciata dai giapponesi prima di mangiare, si rende grazie al cibo e soprattutto alle persone che hanno lavorato per procurarlo
[*7]- la canzone si chiama 'Sit down beside me', di Patrick Watson (bellissimaaaaaa!!)
[*8]- Sakusa soffre di misofobia
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: Juriaka