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Autore: CrispyGarden    06/05/2020    2 recensioni
La vita universitaria non è sempre fatta di studio e scadenze di paper infiniti da consegnare in pochissimo tempo.
A volte la vita universitaria è una cotta per il tuo migliore amico e la scadenza che ti sei auto-imposto per sputare una volta per tutte quel maledetto rospo.
Come se tutte le altre scadenze non fossero già abbastanza.
Genere: Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The moment had to come

Il tempo ti fotte, ecco cosa fa. Non importa quanto tu cerchi di fottere lui, sarà sempre lui a fottere te; mero mortale, cosa credevi di fare? Fotte te e tutti quanti. Cinque secondi fa eri un bambino e stavi costruendo un grattacielo con i lego, nessuna preoccupazione al mondo se non quale merendina far comprare ai tuoi genitori per la ricreazione, e poi SBEM; eccoti all’uni: buongiorno responsabilità, disastri culinari, scadenze da rispettare e tutto quanto.
 
Ma non è l’università a tormentarti questa volta, oh no. Anzi, per quanto riguarda l’università al momento stai provando come un piacevole sollievo. Hai finalmente consegnato il maledetto portfolio di olandese che è stato il tuo incubo ricorrente per un mese circa.
“Cosa vuoi che sia dare un feedback sui vari seminari a cui avete partecipato e scrivere qualche riassunto in olandese?” è quello che ti sei detto all’inizio dell’anno accademico. “Quanto può essere difficile?”. Oh, stolto! Hai sempre questa tendenza a sottovalutare il tuo panico da prestazione e a sopravvalutare le tue abilità organizzative. Che poi perché olandese? Chi te lo ha fatto fare? Ma tornando al punto principale, hai consegnato il portfolio: accademicamente parlando ti senti piacevolmente sollevato, come quando si beve una rinfrescante limonata dopo una giornata di sole o come quando al liceo sei riuscito a sfuggire all’interrogazione di matematica perché era suonato l’allarme antincendio. Ma sottolineiamo quell’accademicamente parlando. Solo accademicamente parlando. Perché il giorno della consegna del portfolio di olandese per te non è una sola scadenza, ma due.
Che poi, chi te lo fa fare a fissarti tutte queste scadenze? Perché sei così problematico?
 
Guardi il tuo cellulare con astio e senti che, se lui potesse, ricambierebbe ben volentieri. Più che un mezzo di comunicazione, a volte, quel maledetto rettangolo radioattivo ti sembra un serpente: sta lì, ti osserva e ogni tanto si lascia scappare un sibilo maligno. Probabilmente perché è caduto un po’ troppe volte, ma quella è un’altra storia. Per ripicca sibili anche tu nella sua direzione, mentre affondi le tue mani nel terriccio, rimestandolo svogliatamente.
Non ci metteresti neanche dieci secondi a scrivergli. Codardo.
Questo lo sai benissimo. Basterebbe un semplicissimo: “Hey, è da un sacco che non facciamo qualcosa insieme, ti va di uscire?”. Dove la metti la legge del minimo sforzo massima resa? Non c’è bisogno di essere un ingegnere per scrivere un messaggio del genere, né tantomeno di essere un poeta laureato.
 
Rovesci un po’ di terra nel nuovo vaso, sbuffando. No. Non scrivi mai cose del genere a Leo. Suonerebbe così strano, così costruito, così… sospetto. Sospetto anche perché è da mesi che lo eviti. Bravo coglione, ti sei scavato la tua stessa fossa. O come cazzo si dice in italiano. Ti senti talmente umiliato dal tuo stesso comportamento che se potessi torneresti indietro nel tempo solo per prenderti a schiaffi.
Continua pure a evitare i tuoi problemi, genio!
Scuoti la testa.
 
Charles fa capolino in cucina, cercando qualcosa da sgranocchiare in dispensa. Nel dubbio sibili anche a lui; un po’ per segnalare la tua presenza, un po’ per minacciarlo di non avvicinarsi alle tue piante. Il maledetto francese non è particolarmente turbato però: ormai conosce benissimo il tuo repertorio di fischi e versi e non si fa intimidire di certo. Gli sei un po’ grato per aver smesso di lamentare il tuo essere “rumoroso”. Non saresti Andrew senza quegli strani suoni e Charles ormai lo sa. Il biondo fruga rumorosamente per un po’ finché non si ferma, prendendo trionfalmente un barattolo in mano. Non vedi benissimo di cosa si tratta, ma ha poca importanza; disseppellisci delicatamente la zolla di terra del basilico, facendo attenzione a non strappare le radici e la rimuovi cautamente.
 
«Che fai?»
Alzi un sopracciglio come ad intimargli un Non si vede?
«Travaso Basilio»
Charles gesticola, agitando qualcosa di verde. Un… cetriolo? Lo troveresti quasi buffo se non fosse per le gocce d’olio che il maledetto sta scagliando di qua e di là sul pavimento. Era pulito!
«Signorinella, non usare quel tono secco e accondiscendente con me. Sai cosa intendo».
L’irritazione di Charles ti strappa un sorrisetto compiaciuto. Ovviamente sai cosa ti sta chiedendo, ma preferiresti dedicare il resto della tua vita al giardinaggio piuttosto che pensarci. Il dolce procrastinare, è sempre lì pronto a salvarti da tutto.
O quasi tutto. Mai dimenticare che il tempo ti fotte e non fa altro che fotterti.
 
Poggi con cura la pianta nel suo nuovo vaso e la guardi con un pizzico di orgoglio paterno.
«Sì, avevi proprio bisogno di una nuova casa!»
Charles porta gli occhi al cielo, masticando con fare annoiato il cetriolo.
«Andrew, non mi ignorare per parlare con una pianta.»
«Charles, non è una pianta. È LA pianta.»
«Ok, come vuoi. LA pianta. Quindi? Che passa? È tutto il giorno che vai avanti e indietro per la casa, facendo lavoretti e spostando cose.»
Vorresti un po’ ruggirgli in faccia che “lavoretti e spostare cose” si chiama pulire e lui sta vanificando tutti i tuoi sforzi con il suo maledetto cetriolo. Ma non ha così importanza, hai altro a cui pensare dopotutto. Ti mordi il labbro inferiore, rovesciando della nuova terra alle basi della pianta di basilico e mescolandola piano.
«Oggi abbiamo la consegna del portfolio». Lo dici un po’ come se in realtà tu stessi dicendo “oggi mi sa che muoio”. Charles ti osserva, poggiandosi a uno stipo. I suoi morbidi capelli biondo sporco sono appena lavati. Hanno un profumo un po’ dolciastro, si tratterà sicuramente di uno dei suoi maledetti shampoo di lusso. Fissi il tuo sguardo su di loro. Sai che sta giudicando, non c’è neanche bisogno di incontrare i suoi occhi serrati o di vedere la sua fronte accigliata. Sta giudicando te e la tua cotta grossa quanto una casa, o forse come un condominio, un ghetto sovraffollato.
«Quindi è IL giorno. Un po’ come LA pianta.»
Annuisci, deglutendo a fatica. Se non fosse per la concentrazione altissima di melanina nella tua pelle, benedizione tramandata di generazione in generazione da parte di padre, saresti paonazzo.
«È da mesi che vuoi dirglielo, Andrew, sarebbe anche ora.»
Grazie al cielo non ha detto niente sul fatto che non approva, su come l’amore non esista e sul fatto che potresti benissimo avere chiunque altro. O forse hai parlato troppo presto.
«Ma non ti piacevo io?». Lo dice con un po’ di astio, ma lo sta facendo per farti ridere. Rilassi le spalle che non sapevi neanche di aver incurvato e gli rivolgi un ghigno beffardo.
«È stato un incidente, Charles. Ero cieco e stolto allora.»
Charles risponde con una smorfia di sdegno mentre sblocca il suo cellulare.
«Non sai cosa ti perdi.»
Lo guardi; cetriolo nella mano sinistra, telefono per scrollare su Tinder nella mano destra.
«È meglio così.»
 

Alla fine, è stato lui a scriverti.
 
“Bro! E se andassimo a Barcola per festeggiare la consegna del portfolio?”
 
Semplice, efficace e schietto. Bravo Leo. E vigliacco tu! Avresti potuto anticiparlo! Ma ormai quel che è fatto è fatto, tanto vale pensare al resto. E il resto sarebbe cosa dirgli una volta che sarete soli, dopo mesi che hai passato a evitarlo; e a Barcola, tra l’altro!
 
Ti maledici mentalmente, scartando l’ennesimo discorso per Leo che il tuo cervello continua a tessere come una gigantesca ragnatela. Sarà anche bellissima, ma è veramente interminabile. E tu non hai abbastanza tempo e non credi neanche che a Leo piacciano i ragni onestamente. Be’, non che a te piacciano, ma non è questo il punto. Poggi la fronte contro il palmo della mano, trattenendo un grugnito.C’è da dire poi che prepararsi un discorso sarebbe del tutto inutile, non sei mai stato bravo nel riportare discorsi imparati a memoria né tantomeno con la logica; seguire un piano ben studiato e preparato non ha mai fatto per te. Scuoti la testa, l’istinto è il tuo forte. Fanculo i paroloni e i discorsi solenni, qualcosa ti verrà in mente. Giusto?
 
Per un secondo ti chiedi anche in che lingua parlargli e immagini con orrore le parole che si incastrano nella tua gola; inglese, francese e italiano che si intrecciano, nessun suono che riesce a sfiorare le tue labbra, la tua confessione muta e Leo che, inconsapevole, se ne torna a casa, accompagnato da quel suo solito sorrisetto compiaciuto dopo una bella giornata di sole. No. Non puoi permetterti il silenzio, non dopo mesi di attesa. Cazzo Andrew, ripigliati!
Ma grazie al cielo c’è Charles a riportarti sul pianeta terra.
«Qualcosa ti verrà in mente, idiota. Ora muovi il culo e prendi una doccia che hai della terra in faccia!»
Gli fai una linguaccia, lanciandogli addosso i guanti sporchi. Charles, come previsto, caccia un grido, disgustato, mentre tu sgommi verso il corridoio.
«Ah, e si dice “fare una doccia”!». Lo rimproveri, infilandoti in bagno.
«Sta’ zitto e lavati!».
 

 Lo scorrere dell’acqua bollente sulla pelle come sempre è estremamente rilassante, senti i muscoli distendersi e parte della stanchezza accumulata in questi giorni abbandonarti lentamente. Una doccia calda è quello che ci vuole per dare un po’ di sollievo al tuo corpo. Ma non certo alla tua mente. Anzi. Più senti il calore e il vapore avvolgerti e più la tua mente martella piena di idee balzane e di fantasie irrealizzabili. E tutto, tutto, si ricollega a Leo.
Quel maledetto si è insinuato nei tuoi pensieri troppo in fretta e non hai fatto in tempo a combatterlo. Vorresti un po' schiacciarlo come un moscerino, una punizione più che giusta per la sua incursione nella tua psiche e per tutte le notti insonni che ti ha causato. E per quanto l’idea di schiacciare il fantomatico moscerino-Leo ti attizzi, sai benissimo che ora come ora nulla riuscirebbe a fartelo togliere dalla testa. No, neanche la racchettina fulmina-insetti che ha però un suo macabro fascino in questo tuo immaginario astruso. La verità purtroppo è che se strizzi gli occhi abbastanza le puoi vedere, tutte le parole che non gli hai detto finora. Tutte le volte che lo hai guardato negli occhi e il tuo cuore gli gridava Ti prego, ti prego, dimmi che non lo sento solo io.
 
Ed è proprio questo il quesito che ti perseguita da mesi: Lo provo solo io? Continui a ripercorrere nella tua testa ogni vostra interazione, anche quelle minuscole e insignificanti, anche i “buongiorno” assonnati, scambiati prima di lezione. Cerchi di seguire una pista pressoché invisibile fatta di sguardi, gesti, parole, ma soprattutto silenzi. Ci sono momenti in cui sei certo di essere delirante e che devi piantarla con i tuoi vaneggiamenti. Ti dici che i nervi a fior di pelle ti stanno fregando. Ti immagini le cose, e sogni un’intesa che non è lì. Ingigantisci un’amicizia che va benissimo così com’è. Siete bros, cosa vuoi di più?
 
Ah no, aspetta. È da mesi che non parlate sul serio. Ed è tutta colpa tua. Certo che non ne combini mai una giusta!
È dalla notte all’Angry Diamond che ti sei ripromesso di cercare di riavvicinarti a lui. Quella volta sei riuscito a dirgli che di Charles non te ne fregava più niente. Grazie a un moto di estrema fiducia ti sei vestito appositamente per attirare l’attenzione, gli hai chiesto di ballare e, per la prima volta dopo mesi, ti sei detto che ce l’avresti fatta e che forse, forse, una qualche chance con quello stolto biondo ce l’hai. Magari sei troppo arrogante. Ma d’altro canto non lo hai forse visto arrossire e rovesciarsi un drink addosso al tuo arrivo?
 
Ok, forse il rossore era dato dalle luci del bar, forse aveva rovesciato il drink per la sorpresa e nient’altro. Ma non puoi saperlo. Non puoi sapere se i silenzi imbarazzanti tra voi sono solo a causa della vostra mancata comunicazione in questi mesi o se c’è dell’altro. Non puoi saperlo, ma devi saperlo. Aspettare ulteriormente sarebbe solo una condanna.
 
Esci dalla doccia con forse un quarto di determinazione in più rispetto a quando ci eri entrato. Ti osservi allo specchio, fradicio e con i capelli bagnati incollati alla fronte. Abbozzi un mezzo sorriso, notando che almeno sembri un po’ più vivo di prima e che, nonostante le notti insonni degli ultimi giorni, non hai le occhiaie. Prendi a strofinare i tuoi capelli con un asciugamano un po’ troppo energicamente, ma la doccia ti ha rinvigorito e ora hai un sacco di energia nervosa da scaricare.
Dopo aver cercato di dare un senso ai tuoi capelli per circa mezz’ora, sbuffi rassegnato e decidi che tanto se andrete al mare finiranno per rovinarsi lo stesso. Ti vesti velocemente, infilandoti un costume, perché suvvia, non puoi lasciarti sfuggire l’occasione per un tuffo, un paio di jeans puliti e la prima T-shirt decente che trovi che non sia ad alto contenuto di meme imbarazzanti. Tipo quella con su scritto “Oh crêpes!” che Leo continua a inneggiare come la conferma del tuo essere francese al 99,9%. Sai di non poter reggere provocazioni oggi, il tuo corpo è già un fascio di nervi di per sé. Rassegnato, ti dici che il tuo abbigliamento va più che bene e che provare a essere troppo vanesio potrebbe soltanto portare a ulteriori umiliazioni.
 
Giunto a queste conclusioni afferri il tuo zaino, saluti Charles e Marco che sono intenti a lamentarsi della sessione estiva – te la stai svignando giusto in tempo grazie al cielo – ed esci di casa per prendere l’autobus diretto a Barcola. Leo ci arriverà in bicicletta, ti ha detto. Inizialmente eri sollevato perché così avresti avuto più tempo per riflettere su cosa fare, ora invece stai maledicendo tutto il tempo che avrai per riflettere su cosa fare. Affretti il passo pregando di riuscire ad arginare la figura di merda imminente e maledicendo un po’ tutti, ma soprattutto te stesso.
 

Appena arrivato a Barcola, ti sei subito fiondato alla ricerca di una certa testolina bionda che ormai conosci fin troppo bene. Non che sia tanto difficile trovarlo. Non per te almeno. È più o meno da dicembre che sei specializzato nel cercarlo e “spottarlo” nel meno tempo possibile. È come se il tuo corpo e i tuoi occhi sapessero esattamente dove andare per trovare Leo. Ulteriore dimostrazione di quanto questa cotta ti abbia proprio fottuto. Forse anche più del tempo. Il che è dire molto.
 
A riprova di questa tua teoria, dopo neanche cinque minuti di passeggio sul lungomare, riconosci la figura di Leo, seduto al sole, che contempla il mare con un sorriso ebete stampato in faccia. Ti fai mentalmente i complimenti per le tue abilità da bracco nella stagione di caccia e cerchi di ignorare la stretta nervosa che provi allo stomaco alla sola vista del tuo amico.
 
«Leo!» Gli corri incontro, forse un po’ troppo entusiasta, e gli rivolgi il sorriso più falso della tua vita perché stai un po’ morendo dentro.
Sentendoti arrivare, il biondo si alza in piedi e ti saluta energicamente con la mano, sorridendo a sua volta. «Dree, sei arrivato finalmente! Ci stai prendendo gusto ad arrivare sempre in ritardo».
Sbuffi un po’, lanciando uno sguardo pieno di astio in direzione della strada.
«Mi piacerebbe dirti di sì, ma è solo che tutti gli autobus erano strapieni e sono riuscito ad infilarmi solo nel quarto che è passato…E anche lì stavamo stretti come sardine e una ragazzina mi stava per svenire addosso. And not because I’m too hot but ‘cause it’s too hot. » Non sai bene perché hai detto una cosa del genere né perché non sei stato semplicemente zitto, ma Leo fortunatamente si limita a ridere alla tua battuta del cazzo.
«Sorry dude, non tutte le ragazze sono pronte a svenire per te.»
Un po’ vorresti chiedergli: “Ma tu, tu lo faresti?” Ti mordi la lingua pur di non risultare ancora più stupido, disperato e narciso del solito. Ti prego, Andrew, per una volta nella tua vita, concentrati!
Riesci a tornare in te in tempo per sentire Leo che termina il suo personale sproloquio sui mezzi di trasporto pubblici.
«...Ah, sapevo io che prendere l’autobus sarebbe stato un disastro! Fortuna che sono arrivato con il mio prode destriero!» Ghigna, tutto impettito e compiaciuto delle sue scelte di vita.
«Non tutti hanno una bicicletta a disposizione come te», gli fai notare, incrociando le braccia al petto un po’ offeso.
«Hey, mi ero offerto di venirti a prendere e scortarti sul mio destr-.»
«Non se ne parla».
«Ma sarei stato il tuo principe sul cavallo bianc-.»
«Assolutamente no.»
«Però sei noioso…»
Leo ti fa il broncio. Tu speri solamente che non possa sentire il battere del tuo cuore che si agita come un uccellino in gabbia.
 

 
Finite per chiacchierare un po’ dell’università e del fiasco del portfolio, ma hai come l’impressione che in realtà nessuno dei due voglia parlarne sul serio, ma è l’argomento più sicuro che ci sia e a te sta bene. Dopo qualche minuto, Leo taglia corto la conversazione, dicendo che ormai il portfolio è andato e che tanto vale godersi la giornata di sole senza tormentarsi (come sempre) per l’università.
 
Tra voi cade il silenzio, colmato solo in parte dal rumore delle onde contro gli scogli, lo schiamazzare dei gabbiani che svolazzano attorno in cerca di cibo e dagli altri bagnanti intenti a fare chissà cosa. Il silenzio ti mette a disagio, ti ricorda tutte le occasioni sprecate in cui avresti potuto farti avanti. Cerchi di raccogliere coraggio perché oggi è IL giorno e devi dirglielo, devi finalmente spazzare via quel muro di imbarazzo che tu stesso hai innalzato tra voi due.
Ma Leo, come sempre, ti anticipa, rivolgendosi a te per primo:
«Dree, ti dispiace se suono un po’ Luke?» Ti chiede, senza staccare gli occhi dall’orizzonte.
Le parole ti si congelano in gola. Un’altra occasione sprecata. Luke, Il maledetto ukulele, ha avuto la meglio su di te. Il maledetto ukulele e le stupide aesthetics di Leo hanno avuto la meglio su di te. Leo 1. Andrew 0. Accidenti a te!
Fai cenno di no e ti alzi in piedi, stiracchiando la schiena.
«Fai pure. Io vado a nuotare.»
 
Nuoti per un po’, godendoti la sensazione dei tuoi muscoli finalmente in moto dopo giornate passate piegato su una scrivania. Ti dici che nuotare è l’unico modo per scaricare un po’ dell’energia nervosa che ti sta rodendo dentro. Ma è veramente troppa energia nervosa ormai e Leo è a pochi metri da te. Illuminato dal sole e bellissimo. Maledetto lui. Vorresti non gettare lo sguardo continuamente nella sua direzione, ma non puoi farci niente, ormai non riesci a pensare ad altro. Nel tuo mondo in questo momento ci siete solo voi due, voi due e i tuoi sentimenti che sono un caleidoscopio di angoscia e speranza. Infinite possibilità, infiniti risultati. Tutti sospesi attorno a voi, più abbaglianti del sole. Bruciano la tua pelle, scaldano la tua anima. Sai di poterteli tenere stretti ancora per poco. Hai preso la tua scelta ormai.
 
Guardi verso la riva. Ti tocca strizzare un po’ gli occhi per vedere senza occhiali, ma lo vedi comunque. Leo è seduto beatamente su uno scoglio e strimpella con il suo ukulele. Canticchia tra sé e sé, pensando a chissà cosa. Hai sempre trovato questo Leo estremamente affascinante, il Leo più silenzioso, il Leo tranquillo che se ne sta seduto a crogiolarsi al sole e che sembra sbattersene di tutto e di tutti perché la vita è bella e va assaporata a pieno in ogni momento. Ed è proprio guardando questo Leo che anche tu ricordi quanto è maledettamente bella la vita. Scuoti un po’ la testa perché è decisamente un’idea troppo smielata, concepita dal tuo cervello ormai perso, e vorresti un po’ sbattere contro uno scoglio e affondare negli abissi per l’imbarazzo.
 
Ma d’altronde è vero. Quel ragazzo, oltre ad essere un tuo carissimo amico, ti ha insegnato di tutto, ma soprattutto ti ha insegnato a riapprezzare la vita, riavvicinarti ad essa e coccolarla un po’ perché la vita è una sola e bisogna tenersela stretta. E Leo, secondo te, la rispetta davvero, la vita. E tu vorresti ringraziarlo cento, mille volte per quello che ha fatto per te. Ti ha conosciuto in un periodo estremamente buio, pieno di incertezze e di tristezza e ti ha tirato su come solo lui sa fare, scherzando con te, ridendo, inventando storie nonsense e perdendosi con te per le viuzze della città. Non c’è mai stato bisogno di parole di conforto da parte sua per farti stare meglio, la sua presenza da sola faceva la differenza. E quelle poche volte che ti ha confortato a voce, quelle pochissime volte che gli hai fatto intravedere più di quel che avresti voluto, lui sapeva perfettamente cosa dire e, con estremo rispetto, non ti obbligava mai a parlare più di quanto tu ritenessi necessario. Mentre lo guardi lì, sotto il sole, a sorridere tra sé e sé e a canticchiare, ti dici che vorresti che sapesse tutto. Vorresti dirgli che è il tuo migliore amico e che ti ha fatto riscoprire la vita che è una figata assurda. Vorresti uscire dall’acqua, avvicinarti a lui e sussurrare un grazie. Solo questo.
Ok, forse non solo questo.
 
Scuoti nuovamente la testa e inspiri quanta più aria possibile prima di andare sott’acqua, spingendoti giù. È fredda, ma poco importa.
Apri gli occhi, cercando di nuotare sempre più in profondità senza sbattere contro scogli e/o ombre non ben definite. Gli occhi ti bruciano un po’, ma continui imperterrito a tenerli aperti e a fare bollicine con il naso. A grandi bracciate ti allontani dalla superficie, tendendo le braccia quanto più possibile, quasi a cercare di afferrare qualcosa sul fondale. Sfiori la sabbia con le dita.
 
Non voglio rovinare la nostra amicizia.
 
Ritrai lentamente le dita della mano, chiudendole a pugno contro il petto. Il tuo cuore, come sempre ti sta tradendo, battendo troppo forte, e sei abbastanza sicuro che non abbia nulla a che vedere con lo sforzo di rimanere sott’acqua. Smetti di nuotare e lasci un attimo che il mare ti sovrasti.
 
Ma voglio che tu sappia…
 
Chiudi gli occhi, lasciando che il tuo corpo riinizi a risalire verso la superficie lentamente. Sai che presto dovrai darti una spinta verso l’alto o altrimenti ti mancherà il fiato, ma per ora va bene così. È tutto così tranquillo quaggiù.
 
Voglio che tu sappia che mi piaci.
 
Ascolti il suono ovattato e quasi inudibile del mare, troppo tranquillo. L’aria inizia a mancare, le tue dita tremano.
 
Dio! Mi piaci suona così stupido! Non è solo questo. C’è così tanto che vorrei dirti.
 
Riapri gli occhi e con tutte le tue forze riprendi a nuotare verso l’alto, le braccia e le gambe protestano per il movimento brusco, ma ne hai bisogno.
 
Devo parlarti.
Ora.
Leo.
Leo!
 
Tendi la mano verso la luce del sole e riemergi, annaspando un pochino. Rivolgi i tuoi occhi nuovamente verso il maledetto biondo e il suo ukulele e, sorpreso, noti che anche lui ti sta osservando. O almeno credi; i tuoi occhi potrebbero tradirti.
«Trovato qualcosa, signor Palombaro?», sghignazza lui, divertito.
«Sabbia…solo sabbia». Vorresti poter parlare un po’ più forte, ma è come se anche la tua voce fosse sabbia.
«Wow, grandi scoperte mi dicono.».
Gli fai una smorfia, strizzando gli occhi, un po’ per cercare di vederlo meglio e un po’ per dirgli che è irritante. Lui ti ignora bellamente.
«Temevo fossi morto, Dree. Sei stato giù tantissimo tempo!».
«Noto con piacere che eri pronto a salvarmi».
Leo, da parte sua, si mette ancora più comodo sul suo asciugamano, scuotendo un po’ il sedere come per farsi spazio.
«Già».
Bastardo.
Fai qualche bracciata verso di lui fino a raggiungere uno scoglio. Ti appoggi alla roccia coi gomiti, storcendo un po’ il naso. Hai già assodato, a malincuore, che non riesci a tenergli il broncio per più di dieci secondi quindi non ci provi neanche.
«Non vieni a nuotare anche tu?»
Lui ti guarda per qualche secondo, la sua espressione illeggibile, poi ripone l’ukulele nella custodia, e si tira su.
«Siamo un po’ esigenti o sbaglio?»
Il fatto che ti stia assecondando ti fa sentire piuttosto compiaciuto. E nervoso. Lo osservi mentre saltella da uno scoglio all’altro, assicurandosi che tu lo stia guardando e muovendo un po’ le sopracciglia quasi a dirti: “Guarda che so fare!”. Decidi di sbuffare in modo esagerato e scuotere la testa. Credimi, ti sto guardando.
«Nah. Voglio solo affogarti.»
Leo se la ride e, dopo un altro paio di balzi a dir poco teatrali, atterra sullo scoglio dove ti sei appoggiato, accovacciandosi per guardarti meglio. Cerchi invano di reggere il suo sguardo, ma temi che i suoi occhi verdi possano leggere fin troppo nei tuoi.
«Mi scusi Sirenetta, è fredda l’acqua?»
«Be’, non è calda.»
«Odio quando parli per litoti.»
«Li-che?»
Torni a guardarlo, perplesso, tirandoti un po’ più su con le braccia per poterlo ascoltare meglio. Ti rendi conto che è una pessima idea quando noti che le vostre facce sono decisamente troppo vicine l’una all’altra. Il tuo corpo decide di premiare la tua stupidità con una fitta allo stomaco accompagnata da brividi. Perfetto.
Leo sobbalza al tuo movimento brusco, distogliendo lo sguardo per un secondo.
«N-non importa.» Vorresti protestare e dirgli che sì, importa e vuoi sapere di cosa sta parlando; ma puoi chiaramente avvertire i suoi occhi di nuovo su di te e non credi di avere la forza di fare alcunché.
«Deve fare parecchio freddo se perfino tu hai la pelle d’oca.»
Fa per indicare il tuo braccio, pervaso dai brividi, e lo sfiora di striscio. Non un gesto voluto, niente di particolarmente emozionante, ma basta quello, basta solo quello per farti sentire caldo. Non una vampata, ma un caldo che ti avvolge partendo dal punto che ha toccato e che si propaga ovunque. Tremi ancora di più, ma ogni parte di te brucia.
 
Inspiri profondamente, cercando gli occhi che ti hanno fatto dannare per mesi.
Leo continua a guardarti, un po’ allarmato. Ritrae piano il braccio come se fosse consapevole dell’effetto che il suo tocco ha su di te.
«Dree?»

E in un attimo rivedi tutto, tutte le volte che avete condiviso un pasto insieme a mensa, dicendo stupidaggini e chiamandovi “bro”, tutte le volte che vi siete incontrati e avete creato mondi e fondato imperi, tutte le volte che avete scherzato in università, sdrammatizzando sulla vostra morte imminente e sui troppi doveri incombenti. Rivedi quella volta che non vi trovavate in piazza, rivedi quella volta che hai cercato di fotografarlo invano per postare la sua faccia stoltissima su Instagram, rivedi lo stupido bacio che vi siete scambiati per un obbligo e che allora ti sembrava solo tremendamente divertente e forse solo leggermente intrigante. Rivedi il primo caffè che avete bevuto insieme al bar, allora non lo sapevi, ma Leo e il caffè non sono esattamente l’accoppiata vincente. Chissà perché ha deciso di prenderlo quella volta.
Ti chiedi se anche lui ricorda.
Ti chiedi se la vostra amicizia per lui è tanto importante quanto lo è per te.
Non vuoi perderla, questa è la tua più grande paura. Non puoi perdere Leo completamente a causa dei tuoi sentimenti. È diventato troppo importante per te e troppo in fretta. Ti chiedi se sa anche questo, quanto lui sia importante per te, quanto ti abbia aiutato a crescere e a superare ostacoli di cui lui non era neanche a conoscenza. Leo è un ottimo prestigiatore anche per questo.
 
Ti muovi impercettibilmente verso di lui, troppi pensieri annebbiano la tua mente. Troppe domande.
Cosa hai provato quando ho baciato Fedo? Mi stavi guardando? Ti prego dimmi che mi stavi guardando. Dimmi che vedermi con Fedo ti fa sentire il bruciore che provo io vedendoti con Francis, dimmi che vorresti essere al suo posto. Dimmi perché quando siamo ubriachi finiamo sempre per fissarci troppo a lungo. Perché non mi chiedi perché ti ho evitato tutto questo tempo? So che l’hai notato. Dimmi perché quando le cose si sono fatte più difficili sei scappato da me, Leo? Perché non parliamo più come una volta? Dimmi che anche tu hai paura di rovinare tutto. Dimmi che lo provi anche tu…Lo provi anche tu?
 
Ti senti decisamente troppo disperato. Con orrore, senti che la gola ti brucia. Senti tutte le parole non dette che ti attanagliano la gola, bloccate lì. Si accumulano una dopo l’altra. Una pira di possibilità i cui fumi sono pronti a soffocarti. Basterebbe così poco per liberartene. Eppure…niente. Non tiri fuori niente. Non puoi contare sulle parole. Il presentimento che hai avuto a casa è diventato realtà. La tua voce non ha nessun potere ora. Nessuna lingua può far uscire il fuoco che senti dentro.
Cosa faccio?
 
«Andrew?».
Il tono allarmato e perplesso di Leo fa scattare qualcosa in te. Senti come una scarica elettrica per tutto il corpo. Ti dici che le parole non hanno nessuna cazzo di importanza. Hai cercato di parlare troppe volte e hai sempre fallito.
Lasci che sia l’istinto a guidarti.
Cerchi lo sguardo del biondo, che a sua volta sta guardando te.
La pelle ti pizzica mentre lentamente muovi un braccio, allungando una mano tremante verso di lui. Ti manca il fiato.
Leo non si muove, continua a fissarti. Sembra…rosso?
No, non puoi saperlo.
Per un secondo cerchi nelle sue iridi verdi la risposta a tutte le tue maledette domande. Ma quel verde è troppo intenso, ti ci perdi dentro, senti che potresti affogare solo guardandolo.
È pericoloso, quello che stai facendo. Il vostro rapporto è in bilico.
Ma è troppo tardi. Hai deciso.
E, dopotutto, sei sempre stato molto bravo a nuotare.
 
E allora ti ci tuffi dentro, al verde dei suoi occhi.
Porti la tua mano tremante dietro la sua nuca, tirandolo leggermente verso di te e lasci che le tue labbra sfiorino le sue.
Un bacio breve ed esitante.
Ma abbastanza da alimentare l’incendio che divampa dentro di te. Ogni singola fibra del tuo corpo si risveglia. Ti gira la testa e il vuoto allo stomaco ti destabilizza. È abbastanza da farti capire che è quello che hai sempre voluto e manco lo sapevi.
Abbastanza da farvi trasalire entrambi.
 
Torni alla realtà fin troppo in fretta e vedi gli occhi sgranati di Leo. Sta per dire qualcosa, ma non gliene dai la possibilità. Per una volta nella vita sei tu il più veloce tra i due. In un momento di mero panico lo tiri verso l’acqua. Lui, preso alla sprovvista, non riesce a opporre alcun tipo di resistenza e piomba in acqua schizzando ovunque. Approfitti del momento per spingerlo giù, giù e ancora più giù, in preda al panico.
 
Il tuo cuore minaccia di abbandonarti una volta per tutte, sbattendo disperatamente contro il petto. Se non fossi così impegnato a agitare le gambe freneticamente per tenerti a galla e a combattere con un Leo annaspante che si dimena per liberarsi dalla tua presa, cercheresti di risalire gli scogli e fuggire il più lontano possibile per l’imbarazzo.
 
«Andrew, molla!». Riesce ad intimarti lui, tossendo, prima che tu riesca a rispingerlo giù. Continui a cercare di affogarlo non sapendo bene quale sia la tua prossima mossa.
Magari me ne posso tornare in Canada prima. Magari posso fare la rinuncia agli studi e allevare alci. È un lavoro rispettabilissimo allevare alci. L’Italia non ha bisogno di me.
 
Leo si agita sempre più, cercando di rimanere a galla e riprendere fiato, opponendosi alla tua forza. Tra un respiro affannoso e un altro, continua a intimarti di lasciarlo andare e a bestemmiarti contro.
Di certo non posso ammazzare Leo però.
 
Molli la presa su di lui, pronto ad incassare la più grande friendzone della storia. Speri solo di essere abbastanza veloce a svignartela per poter andare a leccarti le ferite solo soletto da qualche parte. Leo ansima e tossisce per un po’, la sua faccia rossa. Rabbia? Mancanza d’aria?
«Andrew, ma si può sapere che ti prende? Prima mi baci e poi cerchi di uccidermi? Cosa hai nella testa?».
 
Ok, forse non sei ancora pronto ad affrontare la più grande friendzone della storia. Con uno scatto felino cerchi di nuovo di spingerlo sott’acqua. Per qualche secondo riesci nel tuo intento, ma Leo ti spinge prontamente via con un calcio, tossendo e sputando acqua.
«Andrew, che cazzo! Fammi parlare!».
 
Annuisci, distogliendo lo sguardo. Ma forse è meglio che tu metta le mani avanti per parare un po’ la tua inevitabile caduta.
Così balbettante, cerchi di spiegargli tutto. Ma come hai già ben capito, la facoltà della parola è stata temporaneamente sequestrata dal tuo corpo. Mai una volta che ti venga incontro!
«Leo, scusa... Io, non avrei dovuto- Non volevo rovinare la nostra amicizia…Non so cosa mi è preso! Scusami».
Nel mezzo del tuo blaterare incoerente, Leo si è riavvicinato a te, galleggiando e ancora un po’ ansimante. Siete vicinissimi, di nuovo. Non sai più cosa fare. Vorresti che il mare ti inghiottisse, risolvendo ogni tuo problema.
 
Con tua grande sorpresa Leo scoppia a ridere. Non una risata di scherno, nulla di tutto ciò. Tu lo guardi perplesso. Nessuna traccia di disgusto sulla sua faccia, solo divertimento e.… qualcos’altro?
«Dree, sei un deficiente».
Si avvicina ancora di più, con un sorriso che non gli hai mai visto fare e che ti fa sentire fin troppo debole. E non hai bisogno di queste cose se vuoi mantenere un minimo di razionalità.
«Non stai rovinando un bel niente».
Vorresti chiedergli cosa intende. Lo vorresti davvero, ma la sua faccia è troppo vicina alla tua e non fai in tempo. Leo ti tira a sé, sorridendo ancora e poi ti bacia.
 
Non è come il bacio di prima, timido, tremante e appena percepibile.
Questo bacio è brusco, violento e salato.
Ma è così tremendamente giusto.
Stringi Leo in un timido abbraccio, cercando di mantenervi a galla alla bell’e meglio, senza avere la forza di staccare le labbra dalle sue.
Le parole possono aspettare.
Questo no.
Questo è il momento che aspettavi da mesi.
E il momento è finalmente arrivato.
  
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