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Autore: Yuki Delleran    07/05/2020    2 recensioni
Keith è il principe di Marmora, ha perso la sua famiglia, la sua casa e la sua patria in un modo inaspettato, violento e tragico.
Lance è un cecchino della resistenza, non ha mai avuto davvero una patria e ha rinuciato alla sua famiglia per scelta obbligata.
La Resistenza è in lotta con l'Impero da secoli per liberare l'universo dal giogo dell'oppressione e la profezia che designa colei che metterà fine al dominio galra è l'unica luce a illuminare un cammino oscuro.
Ma non tutto ciò che è stato rivelato dalle stelle è eterno e immutabile. A volte può essere riscritto.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 14

Il tonfo sordo dei corpi dei compagni che cadevano a terra riecheggiava da ore nella mente di Keith. Era un ripetersi continuo e incessante di quella scena, un’immagine implacabile, impressa a fuoco dietro le palpebre chiuse. C’era stato il grido di Allura, che si era dimenata come una belva impazzita finchè il soldato che la tratteneva non l’aveva colpita facendole perdere i sensi. C’era stato anche un altro urlo, che Keith non aveva realizzato subito provenire da sè stesso. Un urlo straziante, da animale ferito, interrotto dallo strattonare brutale del galra che stava tentando di trascinarlo via. Keith si era battuto con tutte le sue forze, chiamando il nome dei compagni, il nome di Lance, fino a non avere più voce. La rabbia distruttiva che divampava dentro di lui era pari solo alla disperazione che gli faceva desiderare di farla finita lì e in quel momento. Vedere a terra i corpi delle persone a lui più care, di colui che più amava al mondo, sentire la voce straziata di Pidge attraverso il trasmettitore e sapere che era tutta colpa sua era troppo da sopportare.
Di quanto accaduto in seguito aveva un ricordo vago e sfocato, come se fosse successo a qualcun altro. Lui e Allura erano stati rinchiusi in uno stanzino della nave cargo, ammanettati a un tubo fissato alla parete. Allura era rimasta svenuta per buona parte del viaggio, mentre Keith si sentiva avvolto da una sorta di nebbia che gli ottundeva i sensi. Erano stati scaricati in quello che sembrava un normale spazioporto per lo smistamento merci, spinti su un veicolo, sempre ammanettati e circondati da uomini armati, e condotti chissà dove. Keith ricordava solo un corridoio buio, i propri passi barcollanti e una pesante porta di metallo che si chiudeva, lasciandoli soli nell’oscurità.
Allura non aveva detto una parola per tutto il tempo, sembrava sotto shock. Keith non riusciva ad articolare un pensiero coerente che non includesse la vista del corpo di Lance riverso a terra nella polvere.
Il fuoco della rabbia che bruciava dentro di lui si era affievolito a poco a poco lasciando dietro di sé il vuoto. Teneva gli occhi chiusi e, mentre se ne stava raggomitolato in un angolo, contro la fredda parete di metallo, la mente fissa su quell’immagine agghiacciante, non riusciva nemmeno a piangere. Desiderava solo che tutto finisse, che si spegnesse una volta per tutte. In ogni caso non avrebbe più avuto la forza di opporsi a nulla.
Forse quella era una specie di punizione, lo scotto da pagare per l’arroganza di credersi il salvatore dell’universo, per la debolezza di non essere riuscito a farsi carico di quel compito da solo come avrebbe dovuto, per la sciocca convinzione che sarebbe riuscito a proteggere chi gli era caro per il solo fatto di averlo accanto. Era stato un pazzo e un illuso, e aveva perso tutto. Con movimenti lenti e dolorosi, si portò le mani a coprire il volto, nel vano tentativo di scacciare le immagini che lo assillavano, il respiro incastrato in gola in un singhiozzo che non ne voleva sapere di uscire. Sarebbe morto così, si augurò, soffocato nel buio e nel dolore del senso di colpa.
Il cigolio della pesante porta che si apriva raggiunse appena le sue orecchie, non sortendo in lui nessuna reazione. Potevano fare quello che volevano: sparargli sul posto, trascinarlo davanti all’imperatore, organizzare la sua esecuzione pubblica, non gli importava. Rimase indolente anche quando una mano si posò sulla spalla e lo scosse con decisione.
Udì un pesante sospiro, vagamente seccato, il leggero clangore di qualcosa che colpiva il metallo e un serie di passi affrettati.
« Tu. Vieni qui. » intimò una voce, bassa e concitata.
La porta si aprì di nuovo e si richiuse.
Keith rimase immobile contro la parete. Nulla di quello che avrebbero potuto fargli sarebbe stato peggio di quello che aveva già vissuto.
Sentì Allura emettere un gemito soffocato, le suole dei suoi stivali strisciare sul pavimento come se si fosse ritratta di scatto. Non voleva che le facessero del male, ma non aveva la forza di evitarlo.
Poi di nuovo una mano si posò sulla sua spalla, delle dita leggere raggiunsero le sue, allontanandole dal volto per sfiorargli una guancia e scostargli i capelli scarmigliati.
« Keith… »
Era una voce conosciuta, troppo conosciuta. Sentì il cuore andare in mille pezzi.
Tutto ma non questo, non questa crudele illusione.
« Keith, sono io. Tesoro, stai bene? Ti hanno fatto del male? »
Quel tono gentile distrusse definitivamente le sue difese e una prima lacrima scivolò lungo la sua guancia, mentre scuoteva la testa disperatamente.
Due braccia familiari, troppo familiari, lo strinsero.
« Amore mio… » mormorò la voce, spezzandosi.
Keith sentì le lacrime bagnargli la pelle e solo allora trovò la forza di aprire gli occhi.
« Lance…? » sussurrò incerto, incredulo.
« Sì, tesoro, sono io. Sono io. Sono vivo. Siamo tutti vivi, stiamo bene. Era una messinscena. Ci hanno colti di sorpresa per poterci introdurre nel palazzo senza destare sospetti. Acxa ti spiegherà tutto. »
Keith aveva ascoltato la metà delle parole. Non aveva importanza il motivo, Lance era vivo, erano tutti vivi, era la fine di un incubo.
Senza indugiare nemmeno un istante, gli gettò le braccia al collo e lo baciò con tutta la disperazione che aveva trattenuto finora, mescolando le proprie lacrime alle sue e perdendosi nel calore del suo abbraccio, una sensazione che aveva temuto di non provare mai più.
« Scusate se v’interrompo, piccioncini, ma non abbiamo esattamente tutto il tempo del mondo. »
La voce di prima lo richiamò all’ordine con un tono piuttosto sbrigativo e Keith finalmente si decise ad alzare lo sguardo per vedere a chi appartenesse. Si trattava di una giovane soldatessa galra, o meglio mezzosangue, riconobbe dalla sfumatura della sua carnagione, dallo sguardo fiero e dai movimenti decisi. Un atteggiamento che gli ricordava qualcosa.
« Eri tu il generale su quella luna! » esclamò, riconoscendola. « Sei tu che hai sparato ai miei compagni! »
Qualunque impeto nei suoi confronti venne però spento da un gesto di sufficienza.
« Prego, non c’è di che. Non l’ho fatto per voi, il principe Lotor mi ha espressamente chiesto di aiutarvi perchè sostenete la sua causa. »
In una veloce ed efficiente ricostruzione, la donna spiegò di essere l’aggancio del principe all’interno del palazzo, insieme ad alcune altre persone, e che quella della cattura dei ribelli altro non era che una strategia per farli entrare indisturbati nel palazzo. Shiro, Lance e Hunk erano solo stati storditi da quegli spari e avevano ripreso i sensi a bordo della nave cargo, messi subito al corrente della situazione da una delle guardie fidate, che aveva anche fornito loro uniformi galra. Ovviamente, informare il gruppetto che la scoperta della loro imboscata era stata pianificata fin dall’inizio era stato fuori discussione: il loro comportamento non sarebbe stato credibile e i fedeli all’imperatore avrebbero immediatamente mangiato la foglia.
« Quindi avete pensato bene di farmi venire un infarto per rendere il tutto più convincente. » commentò Keith, che per tutto il tempo della spiegazione aveva continuato a tenere la mano di Lance stretta tra le sue.
« Interpretazione impeccabile, altezza. » fu la risposta serafica di Acxa.
Allura, in piedi accanto a lei, sembrava aver recuperato tutta la sua lucidità anche se era ancora leggermente pallida.
« Mi permetto di dissentire con i metodi, » disse. « ma i risultati sono stati senza dubbio ottimali. Ho davvero creduto che Lotor ci avesse traditi. »
« Il principe non lo farebbe mai. È molto selettivo nelle sue alleanze, ma non ha mai tradito una causa. E a questo proposito, come vi dicevo, non abbiamo molto tempo per agire. Riprendete le vostre armi. »
Così dicendo indicò il pugnale di luxite che aveva lasciato accanto a Keith e che il giovane notò solo in quel momento. Allura impugnava già la sua pistola laser.
Era molto difficile muoversi nel palazzo, spiegò Acxa, soprattutto per l’abbondanza di guardie che vi circolavano. Conoscendo l’organizzazione degli spostamenti avrebbero avuto più libertà di movimento e accesso alle zone riservate. Inoltre, se il loro obiettivo era colpire la fonte della quintessenza, origine dei poteri dell’imperatore, allora il momento migliore per farlo era quando quest’ultimo fosse stato fuori dai giochi. C’era un periodo di circa un’ora, nel corso della giornata, in cui all’intero personale di palazzo, forze militari comprese, era stato ordinato di non disturbare il sovrano, in quanto doveva sottoporsi a trattamenti medici necessari. Quello era l’arco di tempo che avevano a disposizione per agire. Ovviamente, se avessero forzato le porte delle zone ad accesso limitato nei sotterranei, sarebbe scattato l’allarme, quindi serviva un modo per trattenere le guardie. Una delle compagne di Acxa si occupava dei codici di sicurezza e conosceva quelli che avrebbero chiuso ermeticamente alcune paratie nei corridoi. Se non fosse stato sufficiente, sarebbe stato loro compito far guadagnare tempo a chi fosse impegnato nell’operazione.
« Questo è tutto. Dovremmo muoverci il prima possibile. » concluse Acxa.
Keith aveva ascoltato con quanta più attenzione possibile, ma la sua mente già correva agli eventuali rischi che avrebbero corso i compagni. Non avrebbe permesso in nessun modo che qualcuno gli portasse di nuovo via Lance.
« Io andrò con Keith nei sotterranei. » esclamò Allura, attirando gli sguardi su di sé.
« No, non voglio che… » iniziò Keith, ma la principessa lo zittì con un gesto.
« Non è il momento di discutere. Per avere a che fare con la quintessenza, bisogna conoscere l’alchimia alteana e tu non sai nemmeno cosa sia. Non metto in dubbio che, facendo parte della mia famiglia, tu abbia una predisposizione naturale, ma non hai la formazione necessaria per sapere come muoverti. Ti sarò d’aiuto, risolveremo questa faccenda insieme. »
Keith avrebbe davvero voluto dirle di smetterla e di mettersi al sicuro, ma era anche consapevole di quanto avesse ragione. Non aveva una formazione, si sarebbe affidato al caso e, sebbene quella fosse stata la sua intenzione fin dall’inizio, capiva che era la scelta meno logica e più rischiosa.
« Va bene. » capitolò. « Ma dovete giurarmi tutti quanti di fare attenzione. Non voglio perdere più nessuno. »
Strinse la mano di Lance, che ricambiò in modo rassicurante, e tornò a rivolgersi ad Acxa.
« Tra quanto possiamo muoverci? »
La  generalessa controllò un dispositivo che portava al polso e annuì con espressione seria.
« Ci siamo quasi. » rispose. Portò poi una mano al comunicatore. « Ezor, Zethrid, siamo pronti. Iniziate a muovervi. »
Acxa mostrò loro la proiezione di una piantina per raggiungere i sotterranei poi, a seguito di un gesto deciso della soldatessa, si diressero tutti verso l’uscita.
Trovarono Hunk e Shiro all'esterno, travestiti da guardie, e Keith ebbe appena il tempo di una stretta di mano con il capitano per mostrargli la sua gioia di vederlo vivo.
« Se qualcosa va storto, riportalo a casa. » gli sussurrò affrettatamente, trattenendo per un istante le dita tra le sue.
Shiro annuì con espressione solenne dopodichè si divisero di nuovo.
Vedere Lance allontanarsi, mentre a sua volta correva nella direzione opposta con Allura, gli provocava una dolorosa stretta al cuore. Si sarebbero ritrovati alla fine di tutto, si disse tentando di imporsi un po’ di ottimismo. Doveva andare così.

Seguendo le indicazioni di Acxa raggiunsero i sotterranei senza intoppi. Come previsto non vi erano guardie assegnate in zona in quel momento e riuscirono a procedere fino al punto concordato. Era una situazione quasi surreale, avevano affrontato l’esperienza peggiore della loro vita per arrivare fin lì e ora nulla sembrava impedire loro di agire indisturbati. Si fermarono prima della brusca svolta dell’ultimo corridoio, giusto un attimo prima di finire dritti tra le braccia di un robusto galra in divisa militare, di stanza davanti a un portone dall’aspetto imponente. Anche il blaster che imbracciava non aveva nulla di rassicurante.
« Se lo cogliamo di sorpresa possiamo liberarcene. » sussurrò Allura.
Bisbigliarono per qualche istante, poi la principessa si sporse appena per prendere la mira. Il colpo della pistola laser colse per un attimo la guardia impreparata, riuscendo a ferirla, ma immediatamente questa rispose al fuoco concentrandosi sull’aggressore. Quella distrazione permise a Keith di muoversi velocemente e colpirlo con la propria spada prima di venire sopraffatto. La guardia crollò al suolo e il passaggio fu libero.
« È morto? » domandò Allura, superando il corpo e lanciandogli un’occhiata preoccupata.
Keith scosse la testa.
« Non credo, non ho colpito per uccidere. Se sarà fortunato e qualcuno lo troverà per tempo, potrebbe salvarsi.»
Ora un solo ostacolo li separava dalla loro meta: una porta chiusa all'apparenza impenetrabile.
« Sembra uno di quei pannelli a scorrimento con codice di blocco. Pensavo avremmo incontrato uno standard di sicurezza più alto. » disse Allura avvicinandosi al pannello a lato della porta.
Il tastierino non presentava una serie di numeri ma caratteri galra che strapparono alla principessa un ringhio frustrato.
« Io so leggerli, ma anche così non andremo da nessuna parte senza conoscere la password. » obiettò Keith.
Non avevano tempo da perdere, l'impressione era che i minuti gli scivolassero tra le dita. Se Zarkon fosse tornato in attività prima che avessero portato a termine la missione sarebbe stata la fine non solo per loro, ma anche per i compagni che stavano facendo guadagnare loro tempo.
« Dobbiamo muoverci! » esclamò, parole alle quali Allura rispose sfoderando di nuovo al pistola laser e sparando sul pannello.
Immediatamente il suono di una sirena d'allarme lacerò l'aria.
« Non era quello che intendevo! » urlò Keith per sovrastare il volume del suono.
Non si sarebbe mai aspettato che la diplomatica principessa di Altea potesse reagire in quel modo in una situazione di emergenza.
« Lo so, ma per ricavare la password tramite impronte su un tastierino ci vuole del tempo e noi non ne abbiamo.» rispose lei. « Ora il sistema è saltato, possiamo forzare la porta. »
Ci volle tutto l'impegno possibile da parte di entrambi e la lama di luxite di Keith usata come leva per riuscire ad aprire uno spiraglio nel pannello scorrevole che permettesse loro di accedere all'interno.
Nessuna guardia si stava precipitando lungo i corridoi per coglierli sul fatto, quindi Keith ipotizzò che il diversivo messo in scena dalle compagne di Acxa stesse funzionando. Pregò che durasse il più a lungo possibile e che sia loro che gli amici stessero al sicuro.
L'immagine di Lance accasciato a terra gli balenò nella mente, ma la scacciò con forza imponendosi di rimanere concentrato. Doveva seguire le direttive di Allura e mettere fine a tutto il più presto possibile.
Quando varcarono la soglia, una luce accecante li investì, costringendoli a schermarsi gli occhi. Procedendo a tentoni e con lo sguardo basso nell'attesa che la vista si abituasse a una luminosità superiore al normale, si resero conto di essere in un'ampia sala, al centro della quale si trovava un enorme macchinario. Sopra di esso, galleggiante a mezz'aria, riverberava una frattura nel tessuto stesso dello spazio, troppo luminosa per essere osservata direttamente. La fonte della quintessenza non assomigliava a niente che avessero mai visto prima: sembrava una grossa crepa da cui fuoriusciva lentamente una materia luminosa di cui non avrebbe saputo definire la consistenza solo guardandola, non appariva nè completamente fluida, nè completamente gassosa. Quella sostanza aliena gocciolava direttamente all’interno del macchinario, dal quale si diramava una serie di tubicini da apparecchiatura medica collegati a un sistema di sostentamento vitale e a un lettino poco lontano.
Keith non potè credere ai propri occhi quando riconobbe nel paziente steso sopra di esso nientemeno che l’imperatore Zarkon. Istintivamente, afferrò Allura e la trascinò al riparo dietro il macchinario.
« Questo non era previsto! » bisbigliò, concitato.
In quello stesso istante il boato di un’esplosione fece tremare le pareti dell’intera sala.
Keith si voltò di scatto verso l’ingresso ma la principessa lo trattenne.
« Ora è necessario che resti concentrato su quello che sta accadendo qui. » disse. « Il fatto che Zarkon si trovi in questo posto può significare solo che le sue presupposte cure mediche consistono nell’alimentarsi dell’essenza stessa del pianeta. In qualche modo, per mantenere il suo potere, sta attingendo a una forza che non dovrebbe essere manipolata da nessuno, mettendo a rischio l'equilibrio stesso di questo mondo. Dobbiamo fermarlo adesso.»
Keith prese un respiro profondo e si focalizzò su quello che stava dicendo Allura. Sì, la loro priorità e il motivo per cui erano arrivati fin lì era chiudere quella frattura e mettere fine a tutto.
« I tuoi marchi stanno brillando. » realizzò quando alzò lo sguardo sul suo volto.
I segni sui suoi zigomi, solitamente di un morbido rosa, ora erano accesi di luce bianca, resi ancora più evidenti dalla sua carnagione scura.
« Anche i tuoi. » rispose lei, sfiorandogli il volto con la punta delle dita.
« Eh? Ma io non ho… » obiettò Keith, realizzando però solo in quel momento che, effettivamente, sentiva caldo appena sotto gli occhi.
Allura annuì e lo invitò di nuovo a concentrarsi.
Dal fondo della sala, dove giaceva Zarkon, non giungeva alcun rumore e, anche sporgendosi dal loro nascondiglio, non notarono nessun segno di movimento.
« Devi focalizzarti sulla fonte di energia. » continuò Allura. « La senti? È come una scossa elettrica che attraversa l’aria. O come… »
« … La forza vitale di qualcosa che diminuisce, goccia dopo goccia. »
Sì, Keith la sentiva. Era una percezione strana, mistica, pensava sarebbe stata solo la sua mente a recepirla, invece poteva avvertirla sulla pelle. Sentiva l’energia del pianeta riversarsi attraverso la spaccatura e venire meno poco a poco. Ne era già stata sottratta così tanta, quel mondo presto sarebbe morto.
« Come la fermo? » esclamò disperatamente.
« Devi cercare di connetterti con quell’energia e… e… convogliarla all’interno della frattura per poi chiuderla. Credo. »
Sembrava che neanche Allura sapesse come muoversi e questo non faceva che incrementare la tensione del momento.
Zarkon continuava a giacere apparentemente privo di conoscenza sul lettino collegato ai macchinari e questo diede loro il coraggio di fare un tentativo.
« Va bene. » disse la principessa prendendo una mano tra le sue. « Proviamoci insieme. Concentrati sul flusso che senti e tenta di invertirlo.»
Ci volle tutta la concentrazione che Keith riuscì a racimolare in quel momento concitato. Aveva l’impressione di muoversi alla cieca, seguendo una scia di luce impalpabile e impossibile da afferrare. Più si protendeva verso di lei, più questa si allontanava.
Era frustrante e stava per abbandonare quel tentativo, quando gli venne l’idea di guidare l’energia attraverso i suoi movimenti. Se la scia di luce si allontanava da lui bastava imporre alla propria mente un percorso che l’avrebbe spinta di nuovo all’interno della spaccatura.
Quel bizzarro tentativo sembrò funzionare e la quintessenza lentamente invertì il flusso della sorgente, smettendo di gocciolare all’interno del macchinario e ritirandosi attraverso la crepa dello spazio.
« Dobbiamo richiudere la fonte! » esclamò Allura a conferma che i loro tentativi stavano funzionando. « Mettiti sul lato destro, io starò sul sinistro. Convogliamo l’energia in modo da richiudere i lembi dello strappo. »
Fecero per mettersi in posizione, ai lati del macchinario ma, proprio in quel momento, un ringhio profondo li fece voltare di scatto.
Zarkon si era sollevato sul lettino e, un attimo dopo, balzò a terra nello sferragliare delle barre di protezione. La postura vagamente curva e gli occhi gialli fissi con cui li guardava chiarirono subito che non era completamente in sé, ma non per questo meno pericoloso.
« Questo è il mio potere. Il mio regno. Non me lo porterete via! »
Con un balzo animale, si avventò su di loro. Allura lo colpì con la pistola laser, ma non sembrò nemmeno scalfirlo. Keith sfoderò la propria spada, ma si ritrovò con la lama di luxite stretta tra le mani dell’aggressore.
« Continua a chiudere la frattura! » gridò ad Allura mentre impegnava tutta la sua forza per contrastare quell’attacco diretto.
Vide la principessa seguire all’istante e, quando percepì il cambiamento nel flusso di energia, anche Zarkon si voltò verso di lei.
« Sono io il tuo avversario! » lo trattenne Keith, impegnandolo quanto più poteva con la spada, finché non venne scaraventato contro il macchinario stesso.
L’urto violento fece tremare l’intera struttura e venne seguito dall’urlo di Allura che tentava di bloccare l’assalto del galra. La principessa, che era tutt’altro che una ragazza indifesa, fece appello alla forza fuori dal comune che contraddistingueva la sua razza e alla possibilità di mutare aspetto per assumere una stazza tale da poter tenere a bada il suo avversario, mentre Keith tentava di riprendersi. L’impatto era stato violento e gli girava la testa, ogni articolazione del suo corpo gli faceva male, ma fece del suo meglio per escludere le sensazioni fisiche e concentrarsi solo sul compito di chiudere la breccia. In qualche modo riuscì a compiere un altro piccolo passo prima che Zarkon si avventasse di nuovo su di lui con un ringhio. Ormai era chiaro che l’imperatore avesse perso completamente il senno e agisse seguendo il puro istinto di fermare chi lo privava della sua fonte di energia. Si muoveva come qualcuno assuefatto a una sostanza quando andava in crisi d’astinenza e attaccava alternativamente lui o Allura a seconda di chi stesse agendo sulla fonte di quintessenza. Contrastarlo diventava sempre più difficile e le energie impiegate per difendersi rischiavano di rendere insufficienti quelle per chiudere la spaccatura. Keith era felice che Allura fosse con lui: in due erano allo stremo, se fosse stato da solo non ce l’avrebbe mai fatta.
« Dobbiamo concludere! » esclamò Allura, ansimando per lo sforzo e convogliando ogni forza rimasta a portare a termine il loro compito, mentre Keith faceva quello che poteva per bloccare Zarkon. « Non reggeremo ancora a lungo e potrebbe arrivare qualcuno da un momento all’altro! »
« Ci sono! Mi basta solo un attimo! » rispose Keith, altrettanto affannato ed esausto.
Nel momento in cui l’imperatore galra lo lasciò andare per tornare ad aggredire Allura, con un ultimo sforzo sigillò definitivamente la spaccatura nello spazio.
Zarkon, evidentemente, avvertì a sua volta la chiusura del passaggio e un urlo di rabbia scaturì dalla sua gola. Completamente fuori controllo, si gettò contro il macchinario, colpendolo ripetutamente e strappando i tubicini che vi erano collegati.
Keith si precipitò a tentare di fermarlo, seguito da Allura, ma la lastra che lo ricopriva cedette in quel momento, esponendo le ampolle che custodiva. Il fragile vetro non avrebbe retto a un assalto così violento e, un istante dopo, esplose in mille pezzi ricoprendo Zarkon e i due ribelli, un passo dietro di lui, di un liquido bruciante che si riversò in tutta la sala.
Keith ebbe a malapena il tempo di rendersi conto dell’urlo disperato di Allura prima di avere la sensazione di essere letteralmente avvolto dalle fiamme. Un dolore talmente intenso che lo stordì facendogli perdere i sensi in pochi secondi.



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