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Autore: maybeitsadream    07/05/2020    0 recensioni
Basta un istante a stravolgere una vita intera, basta un passante per morire e rinascere in quello stesso istante.
Genere: Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A UN PASSANTE

 

Ero per strada, in mezzo al suo clamore.
Esile e alta, maestà di dolore,
una donna è passata. Con un gesto sovrano
l'orlo della sua veste sollevò con la mano.

Era agile e fiera, le sue gambe eran quelle
d'una scultura antica. Ossesso, istupidito,
bevevo nei suoi occhi vividi di tempesta
la dolcezza che incanta e il piacere che uccide.

Un lampo... e poi il buio! - Bellezza fuggitiva
che con un solo sguardo m'hai chiamato da morte,
non ti vedrò più dunque che al di là della vita,

che altrove, là, lontano - e tardi, e forse mai? 
Tu ignori dove vado, io dove sei sparita;
so che t'avrei amata, e so che tu lo sai!

-A una passante, Charles Baudelaire

 


Ricordo quel giorno.
Passeggiavo pensando al niente che avevo da fare. Guardavo la gente che affollava la strada, seduta nei bar o a percorrere i marciapiedi affollati.
Non c'era silenzio, la via traboccava di suoni: il vociare scomposto, la musica leggera di qualche locale, le risate di ragazzi allegri e spensierati, le richieste dei mendicanti, le chitarre dei cantanti di strada.
Mi piace osservare, quel giorno amai farlo.
Proseguivo a passo lento, ché tanto non avevo fretta di raggiungere qualcuno. 
Tolsi gli occhiali da sole perché volevo vedere meglio la vita che passava davanti a me, libero da uno schermo filtro di colore; li posai sulla testa, incastrando il ciuffo sotto il loro peso leggero.
Tornai a concentrarmi e a fissare lo sguardo davanti a me. E me lo ricordo: fu in quel momento.
Apparve nitidamente sbiadito, velato da uno strato di tristezza solenne. Era magro, il suo corpo sembrava piegarsi al dolore che lo incorniciava; eppure il suo portamento fiero si mostrava intransigente, come incapace di adattarsi a quella non regalità.
Evidentemente sentì caldo: si levò la nera giacca di pelle scoprendo le sue esili braccia, e mostrò le sue mani, che mi parvero graziose e dimora di dolcezza. Le adoperò per legare la giacca intorno al bacino e per poi accarezzare un indomito ciuffo corvino, fiero come lui. Stendendosi così, la maglietta nera che costringeva il suo petto si sollevò, scoprendo una porzione di pelle che catturò immediatamente il mio sguardo.
Osservai quella striscia spingendomi anche oltre, a quelle gambe lunghe che vennero ai miei occhi come appartenenti a un Apollo scolpito. Le percorsi ammaliato, asservito alla loro forma incantatrice
Mi sentii imbevuto di piacere. E per non lasciarmi morire nell'ubriachezza di quell'istante provai a imprigionare i suoi occhi nei miei. 
Fallii.
Furono i suoi a imprigionare i miei, a parlare loro di un nero che nascondeva una storia. 
Li guardai per sfuggire alla morte, che eppure mi colse ugualmente. Perché i suoi occhi erano più assassini delle sue gambe divine, e in quel lasso di tempo che valse quanto l'infinito mi proiettarono in un futuro che non s'avverò mai. Mi mostrarono insieme la dolcezza dell'attenzione e della cura ai dettagli e il piacere più umano di notti di fuoco.
M'uccisero, soffocato al di sotto della loro essenza.
Non fui solo imbevuto di piacere. Mi sentii assente a me stesso: c'ero, ma ero altrove, sospeso fra parole d'amore e sorrisi d'affetto. 
Il rumore della strada tacque, o forse furono le mie orecchie a sbarrare l'ingresso a qualsiasi suono. Fui devoto soltanto a lui in quel momento, disabile ad altre attività.
Fui suo, mentalmente e fisicamente. 
Mi pervase un senso di appartenenza che mai più provai in seguito.
Ogni respiro che esalai fu rivolto a lui.
Sembrò un'eternità. Ma mi accorsi che si trattò di un istante soltanto quando si confuse tra la folla, sfuggendo alla mia attenzione, al mio bisogno di lui. Lo persi di vista e non lo ritrovai più.
Mi sentii uno stupido per essermelo fatto scappare.
La sua bellezza mi restò impressa nella mente; ricordai la sua presenza mentre riprendevo a camminare, mentre percorrevo i miei anni. Senza scordarlo mai, senza scordare mai chi oltre di morte, lo capii dopo, m'aveva acceso di vita
La sua bellezza rimase con lui: non la incontrai mai più.
Mi resi conto che fummo soltanto passanti, e che saremmo stati di nuovo passanti dopo i nostri anni, oltre la vita, quella che lui possedeva e che sempre lui mi aveva donato.
Ci saremmo incrociati, sperai, nello spazio che non esiste, quello che chiamano Paradiso, tra il bianco delle nuvole e l'azzurro di un cielo che si estende sconfinato, incurante delle epoche che passano.
Vivendo ricordo di aver avuto paura: e se l'incontro fosse arrivato troppo tardi? Se non ci fosse stato mai
In quei momenti ero solito affogare ancora nel ricordo. 
Capitò tante volte, ovunque, quando non avrei voluto, quando non sarebbe stato opportuno. Capitò perché ricordavo ancora troppo bene le sue mani e le sue gambe da divinità immortalata nel marmo bianco. 
Non conobbi mai nemmeno il suo nome: per me fu un passante.
Non scoprii dove sparì, e lui ignorò il mio andare, la mia direzione, ma non il mio essere passato.
Perché fummo passanti l'uno per l'altro. 
Perché seppi sempre - e lo so ancora oggi - che l'avrei amato tanto, se non fossimo stati semplici passanti.
Perché seppi sempre - e lo so ancora oggi - che lui sapeva, che anche lui m'avrebbe amato tanto.
   
 
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