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Autore: Frottole    07/05/2020    0 recensioni
Molte storie di solito partono da nuovi inizi. Le persone decidono di cambiare pagina ed é lí che – volente o nolente – tutto comincia. Ma per lei non era cosí. Per Brianna non esistevano inizi da un bel pó e, anche se la sua vita sembrava noiosa da morire, a lei andava bene cosí. Stretta nella sua perenne parentesi chiusa – che né si apriva né chiudeva. – Non variava, come la matematica e la teneva ancorata al terreno.
Finché qualcuno non le ha mostrato che c´era molto di piú oltre la sua immensa gabbia dorata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo I







Thomas Cem spense il mozzicone della sua sigaretta sotto la punta delle sue Timberland nere, guardandosi attorno con aria annoiata – mentre il resto degli studenti non sembrava essere nella pelle nel trovarsi proprio lí.
Certo, convivere con un collegio femminile sembrava il sogno di ogni quindicenne che aveva appena scoperto il proprio uccello, ma per Thomas quella era solo un´occasione persa. L´occasione di poter finalmente tornare a casa. E invece quella Suora centenaria del cazzo si era messa in mezzo e „addio“ per sempre a quel sogno lontano.
<< Sembra che stai andando in riformatorio. Su con la vita, fratello!
Siamo in paradiso! >> rise Eric, spintonandolo appena per indicargli un gruppo folto di ragazze e bambine radunate davanti all´immensa arcata di marmo che precedeva il portone di legno – con tanto di doppia mandata – , entrata ufficiale del St. Louise.
<< Giá. Non saremo a casa, ma questa é una buona alternativa >> gli diede man forte Andrew, che quel giorno indossava il vestito buono della domenica. Thomas lo guardó con gli occhi blu straniti << Che cazzo ti sei messo addosso? >> borbottó, scuotendo la testa e analizzandolo dalla testa ai piedi come se si fosse vestito al buio.
<< E lei, invece, Sir, perché non ha indossato l´abito che avevo chiesto di indossare? >> sibiló una voce alle loro spalle e i tre sobbalzarono all´unisono, girandosi di scatto per ritrovarsi la faccia da carlino di Suor Maria – alta un metro e venti.
<< Vi tengo d´occhio, ragazzi… >> continuó, puntandoli con il dito come a volerli maledire. << Ora comportatevi bene >> e arrancó fino alle due donne che capeggiavano il gruppo. Thomas sospiró, incrociando le braccia al petto quando – con un piccolo microfono – un armadio a tre ante cominció a parlare, attirando subito la loro attenzione.
<< Ragazzi, benvenuti al St. Louise, che sará – spero – la vostra casa, la vostra scuola e il vostro punto di riferimento in questi mesi.
Io sono Suor Clarisse e per qualsiasi domanda, dubbio o tormento, le mie porte sono sempre aperte. E queste sono le mie ragazze: quí alla St. Louise accettiamo solo chi sappiamo che puó costituire una fetta importante nel nostro futuro.
Spero che saranno – anzi, saremo – in grado di farvi sentire a proprio agio. Questa sera riceverete il vostro nuovo orario, con una piccola mappa per orientarvi meglio, e le iscrizioni per le attivitá extra – scolastiche.
Ora sará meglio portare le vostre valige ai dormitori, che vi verrá mostrato dal nostro Comitato Studentesco, perché tra un´ora esatta abbiamo la cena di Benvenuto >> disse, coi suoi grandi occhi scuri, guardando con affetto Suor Maria, che inclinó la testa in segno di ringraziamento.
<< Certo che il nostro collegio era una mezza catapecchia se messo in confronto con questa >> sbuffó Andrew, guardando l´immenso edificio che si espendeva per ben ottocento ettari.
<< Queste sono proprietá della chiesa da secoli. La nostra é stata costruita molto dopo – da persone incompetenti, a quanto pare >> sibiló Thomas, furioso, avanzando insieme agli altri per raggiungere un folto gruppo delle ragazze – munite di cartellini appesi alla divisa e cartelline zeppe di fogli tra le mani.
<< Ragazzi, io sono Ashley Charlstone, il capo di questo simpatico gruppo che cura gli interessi degli studenti. Ora ognuna di noi chiamerá un gruppo, che si formerá in base all´etá e con quel gruppo dormirete e seguirete le lezioni – miste con le nostre, che siamo suddivise esattamente allo stesso modo >> cinguettó, con la sua vocetta stridula, assordando le ragazze e i bambinetti eccitati in prima fila.
<< 11 >> inizió proprio lei, sorridendo con i denti piccoli ai piú piccoli, che ricambiarono – un pó insicuri in realtá. Perché d´aspetto sembrava la Strega di Biancaneve, ma non era nemmeno cosí sgarbata da scappare a gambe levate.
<< Con me! >> li esortó, accompagnandoli all´interno – dove qualcuno aveva giá provveduto a tenere aperte le porte principali. Poi man mano le ragazze si diedero da fare, svuotando il cortile. Per ultima… sí, per ultima ne rimase solo una per accogliere il gruppo 16-17, e se ne stava ferma e rigida a fissarli con gli occhi affilati come due lame – dello stesso colore del ghiaccio – e i capelli castano dorati raccolti in una coda alta.
<< Beh, direi che ci é andata bene >> rise Justin, quel coglione svergina ragazzine. Si passó la lingua sulle labbra, forse credendo di essere sexy, e quella sorrise appena con la bocca piena e rossa.
<< Io sono Brianna Blade e saró la coordinatrice del vostro gruppo. Ho diciassette anni e sono stata eletta miglior studentessa per quattro anni consecutivi ed eccello in tutte le materie. Rappresento la St. Louise e credetemi quando vi dico che il primo figlio di puttana che anche solo prova a sorpassare la linea immaginaria che mi divide dal resto del mondo fará fatica a ritrovarsi le palle >> disse, con voce modulata, senza striduli o isterismi. Continuó solo a sorridere perfettamente – come se avesse discusso del tempo.
Justin sogghignó. << Sí signora >> mormoró, guardandola dalla testa ai piedi mentre dava loro le spalle – incamminandosi lungo i corridoi di pietra color panna. Grosse arcate rendevano il corridoio principale, che poi si suddivideva in altri cinque corridoi interni, una vera passeggiata all´aperto.
<< In fondo potete trovare l´entrata della palestra e la piscina, mentre quí sulla sinistra la Sala Mensa – dove pranziamo e ceniamo tutti i giorni alla stessa ora. >> camminava con un incedere lento, con i fianchi che ondeggiavano dolcemente – come una barca a largo.
Thomas guardó Eric alla sua destra, che ricambió con un grande sorriso sulla bocca. << Dal lato opposto si trovano i dormitori femminili e alcune delle classi, mentre questa é l´ala est, dove dormirete >> continuó, superando un altro paio di classi per arrivare finalmente a meta.
C´erano sei porte e loro imboccarono l´ultima, quella con la scritta numero sei, e l´ennesimo corridoio si aprí davanti a loro – con decina di porte a susseguirsi una dietro l´altra. << Le stanze possono contenere fino a cinque persone, quindi sistematevi come meglio credete. I bagni sono in comune e… queste erano le stanze di un convento, quindi cercate di mantenere un decoro perché sembra che ci sia ancora qualcuno in giro ad osservare quello che succede >> finí, gli occhi da cerbiatta incorniciati da lunghe ciglia scure.
<< La cena questa sera é stata allestita nella palestra, la Madre Superiore ha voluto fare le cose in grande per voi… quindi ci vediamo alle sette in punto.
Buon divertimento >> e con quelle ultime parole li salutó, mostrando il dito medio a Justin prima di uscire definitivamente dalla porta numero sei, sotto gli occhi attenti dei ragazzi.
E Thomas ne era sicuro… sarebbe stato un gran divertimento.
 
Dopo due ore di liti tra chi doveva condividere la stanza e deodorante a tutta forza per i piú nervosi, i ragazzi cercarono di districarsi in quel labirinto di collegio – arrivando a destinazione dopo due o tre porte aperte a vuoto; ma invece di andare verso la palestra, Thomas si diresse all´esterno per accendersi una delle sue Marlboro rosse.
Il cielo era un velluto trapuntato, quella sera e Tom aspiró dalla sigaretta con prepotenza, allargando le narici sottili; faceva freschetto, ma nell´erba alta crescevano piccole margherite – che coloravano di bianco il verde circostante.
<< É vietato fumare. >>
Thomas si giró di scatto, incontrando gli occhi della ragazza che li aveva portati alle stanze, messa a distanza di sicurezza, verso le arcate. Non aveva tolto la divisa nemmeno per cena, che le calzava come un guanto di pelle e Tom sorrise appena, spingendo gli angoli della bocca verso l´alto.
<< É vietato fare parecchie cose, ma questo non é abbastanza per fermare le persone… non credi? >> disse, divertito, mentre l´altra incrociava le braccia al petto e si poggiava con le spalle al muro.
<< Quello che credo io e quello che credono gli altri é molto diverso >> rispose, senza traballare di un centimetro. Eppure… piú la guardava e piú la sua faccia gli suscitava diverse emozioni – stordendolo.
Era come se avesse voglia di scoparsela, ma allo stesso tempo chiuderla sotto una grossa campana di cristallo per intrappolarla per sempre – senza permettere a nessuno di poter svalutare quell´opera.
<< É tardi. Posa quella roba e muoviti >> continuó, dura come le pietre – quelle che a prima vista sono brillanti e ingannevoli – dandogli l´ennesima volta le spalle. E lui, per la prima volta in vita sua, diede ascolto a qualcuno, gettando la sigaretta e raggiungendola di volata. Sorrideva, con la camicia semi aperta e la cravatta sbottonata – come uno di quei bulletti che Brianna odiava forse piú di se stessa.
<< Ai suoi ordini, madame >> sogghignó e lei – guardandolo con disprezzo – fece strada, come una vera Signora. Il suo vestito buono della domenica, come adoravano chiamare un abito diverso dai soliti stracci i Protestanti, era un pantalone di maglia nero con maglioncino della stessa stoffa che le arrivava oltre le natiche – ma che aveva due piccoli spacchi ad entrambi i lati – con due sandali chiusi dal tacco minimo.
Morbida, soffice, leggera – come la sua immagine. Portava un velo scuro sui capelli lunghi e dalle punte leggermente arricciate, come una Madonna nera e Tom si chiese se non fosse tutta scena. Se quella schiena dritta e lo sguardo indifferente non fossero una finzione.
<< Carina l´aria da Madonna addolorata >> le soffió all´orecchio proprio mentre entravano in Palestra, accelerando per superarla e andarsi a sedere accanto ai suoi amici. Lungo la chilometrica tavolata proprio al centro della palestra, lei e le sue amiche erano sedute a cinque posti di distanza da loro – nella fazione opposta – mentre la piscina sulla sinistra con le varie lanterne sembravano donare un´atmosfera leggera, lontana da quella del collegio di tutti i giorni. Lontana dalle bacchettate e la severitá.
<< Sapevo che ti saresti ambientato presto >> Justin si piegó su di lui, poggiando le mani sullo schienale della sua sedia e sporgendosi quel poco che gli permetteva di farsi sentire anche dagli altri.
<< La situazione ideale per tutti, non credi? E ho anche notato che abbiamo quasi… sí, quasi gli stessi gusti. >> continuó e Thomas alzó gli occhi blu su di lui, simili a due pietre – mentre un sopracciglio chiaro gli arrivava oltre l´attaccatura dei capelli biondi e ribelli. Ma non proferí parola, restando in un silenzio che sembrava quasi presagire tempesta.
<< Credo che questa volta dovremmo giocarcela…>>
Tom scosse la testa, ridendo. << Tu devi essere completamente impazzito se credi che io resti quí ad ascoltare le tue assurditá senza prenderti a calci sulle gengive, pisciasotto >> disse, afferrando il suo bicchiere e versandosi dell´acqua con una tranquillitá tale da mettere inquietudine.
<< Vai a farti fottere >> sussurró Justin prima di allontanarsi per ritornare al suo posto, perché Suor Clarisse stava ticchiettando il cucchiaino contro il suo calice di vetro fino – per attirare la loro attenzione sulla preghiera.
Tom si fece il segno della croce e proprio in quel momento volse di nuovo lo sguardo a cinque posti di distanza, questa volta incontrando i suoi occhi. In realtá quella ragazza non aveva suscitato in lui chissá che curiositá, se non quella di toglierle dalla faccia quell´espressione di compatimento da Maria Teresa di Calcutta.
<< Padre Nostro che sei nei Cieli sia Santificato il Tuo Nome >>
E che a lui era sempre piaciuto rompere le cose belle – come una sorta di ossessione verso un concetto inesistente di perfezione; gli prudevano le mani e non smetteva finché quel qualcosa diventava polvere. Come quando a cinque anni aveva distrutto un´intera collezione di sculture antiche – che suo padre aveva comprato da collezionista che era.
<< Dacci ogni giorno il tuo pane quotidiano >>
Come i diamanti di sua madre. O le rose nel giardino di casa sua. O le magnifiche bambole di sua sorella – che piaceva rompere nei piú svariati modi, finché poi non era stato mollato al collegio. Come un sacco della spazzatura ricoperto d´oro.
<< E Perdonaci i nostri peccati >>
Brianna lo guardó con una strana espressione e lui sorrise appena, distogliendo lo sguardo. Sí, lei non lo aveva colpito particolarmente, ma era come una di quelle statue di suo padre – scolpite nel marmo con una precisione maniacale, immobili e gelide. E a Thomas piaceva il rumore che facevano le statue quando cadevano a terra, frantumandosi in mille pezzi.
<< E non ci indurre in tentazione >>
Forse era diventato pazzo. Oppure lo era sempre stato e per quel motivo i suoi genitori lo avevano rinchiuso in quel covo di stronzi. Ma a lui erano state negate tante cose da quando era venuto al mondo – e a volte proprio non riusciva a districarsi da quello che aveva dentro.
<< Non ascoltare Justin. Quello non riuscirebbe a scoparsi nemmeno un buco nel muro, figurati qualcuno di quella portata. Quando eri fuori a fumare ho sentito qualche chiacchiera e in poche parole Maria Maddalena puó davvero rovinarti la vita se solo lo vuole.
Suo padre é addirittura un nobile e ha contatti con il Papa in persona. Lo stronzo si occupa di costruzioni – e parliamo di grattacieli a Dubai e Chiese in tutta l´America, non di cosucce di poco conto >> mormoró Eric, attirando la sua attenzione quando poterono finalmente mangiare dopo quell´infinita preghiera.
<< Un altro coglione. >> mormoró e per „altro“ coglione intendeva proprio suo padre. Eric rise, guardandosi attorno. Cosa che faceva praticamente tutta la scolaresca: era tutto un „osservarsi“ reciprocamente.
<< Ma a te veramente piace Maria Maddalena? >> Andrew lo guardó con aria interrogativa e Thomas ridacchió per quel nomignolo assurdo. Anche se abbastanza accurato e fine. Quasi educato.
<< A Justin brucia ancora il culo perché l´anno scorso mi sono scopato la sua ex fidanzata >> mormoró, scuotendo la testa non riuscendo proprio a concepire come riuscissero certe persone ad essere cosí succubi.
A farsi condizionare cosí tanto da stare male o sottostare ad ogni capriccio dell´altro. E a volte era quasi contento – perché quel sentimento rientrava in quelle cose che gli erano sempre state negato fin da piccolo e lui non ne conosceva nemmeno il significato.
<< Una bella botta, vero >> affermó Andrew e Thomas si concentró sul suo piatto, ricordando vagamente la faccia di quella ragazza. Quella che quasi lo avevano fatto sospendere, perché si era ritrovato a fare a pugni con Justin il giorno dopo nel cortile della scuola.
Era stata solo… solo l´ennesima ora di buca, come adorava chiamarle lui; lei o un´altra non avrebbero fatto differenza, voleva solo smaltire i litri di alcool e altro che si era calato – cullandosi con l´ennesimo orgasmo.
<< Io credo che quella lí non se la scopa proprio nessuno >> rise Eric ed Andrew gli diede man forte – dandogli il cinque.
Thomas la guardó nuovamente, inclinando la testa verso destra, indifferente. Non sapeva proprio di cosa parlavano quei due: per lui era solo un volto come un altro, solo che il suo era coperto. Non riusciva a capire come facessero gli altri ad attribuire qualcosa di speciale ad una donna di primo acchito.
Per lui erano tutte uguali. A volte ne dimenticava perfino la voce, perdendosi solo nei rumori che producevano durante l´atto. Al buio, sparendo prima che sorgesse l´alba. Come se non fosse mai successo.
E poi lei alzó gli occhi, come aveva fatto poco prima e Tom si soffermó solo su quelli. Andó oltre quel velo, il naso a punta e la bocca carnosa – ignorando il collo sottile e i polsi fini – concentrandosi sulle iridi chiari e le pupille due spilli quasi invisibili.
Gli sembrava di guardarsi allo specchio, in veritá, perché non riusciva a vedere nient´altro che un mare morto all´apparenza… ma con un grosso buco nero pronto a divorare ogni cosa, senza lasciare scampo. O vita. Ed era simile ad un riflesso che lui aveva rotto un miliardo di volte – ignorando il sangue e gli anni di sfortuna per gli specchi distrutti.
Tom scese sulla sua mano e non sulla destra, perché avrebbe creato sospetti, ma sulla sinistra, vide una cicatrice lungo il dorso. La stessa che aveva lui sulle nocche, perché non era mai riuscito a nascondere l´odio per se stesso che aveva dentro come lei.
E sorrise. Non c´era stato bisogno chiedersi se quel riflesso fosse davvero cosí uguale come gli era apparso. Perché lei aveva fatto esattamente quello che faceva lui ogni volta. Ed era sicuro che l´unica cosa che riuscisse a provare era il dolore mentre colpiva ripetutamente lo specchio.
Perché poi dentro non c´era nient´altro.
 
Dopo essersi fatto un giro per quell´immensa tenuta, Tom decise di fermarsi nella radura che antecedeva l´entrata – che poi portava nel bosco che circondava quel film dell´orrore, accendendosi una delle sue Marlboro rosse e sedendosi su un sasso. Gli occhi erano quasi fissi sulla luna quando si accorse che qualcuno lo aveva seguito – incuriosita.
<< Quí non é permesso andare in giro di notte >>
Cassie Craig appoggió i fianchi contro un albero, fissandolo con i suoi occhi verdi accesi e divertiti e allora Thomas sorrise appena – ciccando sul terreno umido. Non cresceva erba in quel punto e tantomeno fiori, era come poggiare i piedi su qualcosa di morto. Arido. Senza radici.
<< Non mi interessa >> la sua voce era roca, bassa e Cassie sorrise appena – nel suo vestito bianco e nero, lungo, ma abbastanza stretto da lasciar galoppare la fantasia di quei quattro allupati deficenti che erano i suoi compagni.
<< Come ti chiami? >>
Andava dritta al punto, la ragazza.
<< Questo, invece, non interessa a te >>
Il sorriso scomparí dal volto di Cassie in un lampo. Incroció le braccia al petto, i piedi nudi tra i rami e i sassi – mentre l´orgoglio le traballó appena. << Penso proprio che tu abbia ragione >> disse, prima di sbilanciarsi verso di lui per rubargli la sigaretta dalle labbra.
Tiró dal filtro e fece una smorfia, lanciandogliela ai piedi mentre il fumo le usciva dalla bocca. << Marlboro rosse. Che schifo >> mormoró, dandogli le spalle e ritornandosene al Collegio – lasciando dietro di sé una scia di un costoso profumo Francese.
Lo sapeva perché lo indossavano sempre le amiche di suo padre. E il compito era sempre stato suo, quello di portare con sé il libretto degli assegni e spendere piú soldi possibili per potersele poi scopare improfumate.
Pezzo di merda.
<< Che cosa eri venuta a fare, quí? >>
Cassie si bloccó, i capelli rossi una cascata di fuoco e lava lungo la schiena – mentre girava appena la testa per guardarlo con gli occhi smeraldini leggermente contratti. << Volevo una sigaretta >>
Le amichette di suo padre erano una serie illimitata di ragazzine capricciose e viziate, che si innamoravano a prima vista dell´uomo esotico in giacca e cravatta in piena crisi di mezza etá. Loro adoravano quei regali costosi, gli appartamenti di lusso e una barca intestata a proprio nome – mentre lui a stento riusciva a tenere il loro ritmo.
<< A quanto pare ti sarebbe andata male comunque >>
Perché forse a vent´anni la cocaina e i Party non ti uccidono, ma a cinquanta e passa il viagra e l´anfetamina non erano un mix consigliabile.
<< Beh, so che molti di voi in questo momento non vorrebbero essere quí dopo quello che é successo ai vostri compagni – e mi dispiace – ma questo non ti da il diritto di comportarti come se avessi l´uccello d´oro.
Perché non ce l´hai >> rispose Cassie, strappandogli un sogghigno divertito.
<< Ne sei proprio sicura? >>
Ma in fondo forse era proprio quello che si meritava per tradire l´unico essere umano in grado di amarlo veramente. Perché nessuno poteva anche solo pensare di amare un traditore bipolare figlio di puttana.
<< Hai l´uccello d´oro? >> continuava a rimanere cosí – di profilo – e Tom si alzó sorridendo. << Vuoi vedere? >>
E lei era proprio cosí. Voleva giocare, come le amiche di suo padre – e in cambio di un scopata fatta bene loro potevano andare in giro con il porche o un Cartier da trentamila sterline sul braccio.
<< Forse >> Cassie si avvió, sapendolo alle sue spalle e cercó di ancheggiare il piú possibile.
Tom guardó la luna brillare quasi perlacea nella notte e spinse gli angoli della bocca verso l´alto, in una pallide imitazione di un sorriso. O un ghigno. Era come conoscere ogni passo della sua vita a memoria. Come un libro scritto male – e a volte era capace anche di pronunciarne le battute, senza nemmeno sbagliare una parola.
Era frustrante. E triste. Come vivere una vita in realtá giá vissuta da qualcun altro, senza avere possibilitá di scamparne. Non poteva fare altro che rimanere lí a farsi muovere quei fili che lo tenevano all´inpiedi, nelle sembianze di un bel burattino costoso.
<< Forse? >>
Era sicuro che si sarebbe fatta scopare contro il tronco dell´albero alle sue spalle se solo ci avesse provato – perché le donne come lei pensavano di poterlo tenere in pugno con un pó di sesso, come era successo a suo padre. O negandoglielo, cercando di farli eccitare con una nuova sfida.
Ridicolo. Quei trucchetti mentali funzionavano con gli stupidi e Tom… Tom non era uno stupido.
<< Sono simpatici i tuoi amici >> cambió discorso Cassie, arrivata appena all´entrata della scuola senza produrre alcun rumore. Sembrava un fantasma, con quei piedi scalzi e la pelle pallida.
<< Lo so. >>
Lei… lei poteva anche pensare di avere il potere, ma non era cosí. Era lui ad avere le redini in mano e a dimostrarlo fu l´afferrarla per il collo e baciarla – infilandole la lingua in bocca con facilitá e tenendola ferma con una mano tra i capelli. E ricambió, cercando di aggrapparsi alle sue spalle forse nel tentativo di dimostrargli quello che poteva perdersi.
Ma in realtá non stava perdendo proprio niente. Solo la solita ombra che gli copriva la faccia per un millesimo di secondo nella sua vita. E allora Tom si staccó, sorridendo appena e guardandola senza riuscire a non scuotere la testa.
<< Buonanotte >> gli disse, superandola per ritornarsene nel suo dormitorio.
L´ennesima fotografia sfocata che all´inizio pensi sia un´opera d´arte fantastica, ma che ti basta guardare un minuto in piú che alla fine ne perdi il senso – e butti tutto dimenticandone persino il momento. Qualcosa che la mente scarta, ritenendo inutile per immagazzinare.
E Tom difficilmente aveva memorizzato qualcuno. O qualcosa. Come se il suo cervello cercasse di difendersi vomitando qualsiasi informazione o immagine dannosa. Lasciandolo con i soliti vuoti che man mano sembravano volerlo inghiottire – trascinandolo in un buco nero cosí grande da non avere fine.
Eppure…
Eppure, quando senza intoppi raggiunse la sua stanza, qualcosa oltre quei buchi si stava risvegliando. Quella smania che Tom conosceva bene ricominciava ad avere vita – aprendo gli occhi con il suo delirio di isteria e distruzione. Un´agitazione che lo mangiava da dentro, inquietandolo.
E poteva anche dare una forma a quella cosa. A quel desiderio instabile che piú di una volta gli aveva rovinato la vita. O un nome. Un volto. E un´immagine che pulsava nella sua testa come una musica incessante, danzando davanti ai suoi occhi.
Sí, il petto e la testa di Tom stavano diventando un immenso buco nero, eppure non riusciva a cancellare l´immagine della Madonna dalla sua testa – rivivendo al solo pensiero di dimostrarle che i Santi non esistono e che le statue si sfaldano.
Proprio come aveva fatto con sua madre.
   
 
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