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Autore: Miryel    09/05/2020    9 recensioni
Peter Parker non se lo ricorda proprio il momento esatto in cui quei due cosi gli sono comparsi sulle spalle e dove appunto tutto è cominciato a cambiare; sa solo che ci sono sempre stati e che, santo cielo, ultimamente sono più molesti del solito. Nessuno ne è a conoscenza perché, sebbene siano lì da che ha memoria, ha da subito consapevolizzato che non è qualcosa che dovrebbe raccontare in giro.
[ Tony Stark x Peter Parker - Fluff/Romantico/Comico ]
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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art by @Miryel

«I can hear you tellin' me to turn around Fightin' for my trust and you won't back down
Even if we gotta risk it all right now, oh (now) I know you're scared of the unknown 
You don't wanna be alone (alone) I know I always come and go 
But it's out of my control.»
Post Malone & Swae Lee - Sunflower




Capitolo I.

 

  «Tira su quelle spalle.»

  «Sta zitto.»

  «Tira su quelle spalle! Sembri un insicuro.»

  «Tony, io sono un insicuro!»

  «Ed è giunto il momento di non esserlo più. Tira fuori del carattere, avanti! Non è così che lo conquisterai!»

  «Sta zitto!» E dirlo ad alta voce non è stata una gran bella idea, a quanto pare, e Peter lo sa molto bene. Di solito è così che succede, no? C'è un gran chiacchiericcio che riempie un corridoio, e quando lui parla ad alta voce con le sue coscienze, ecco che cala il silenzio nel momento esatto in cui lo fa. Tipico. Sono quindici anni che succede, dopotutto. Dovrebbe averci fatto il callo, ma qui chi è abituato, sembrano essere i dipendenti della Stark Industries. Lo guardano alzando un sopracciglio, poi distolgono lo sguardo già disinteressati e, ognuno di loro, sembra pensare: «Ah, è solo quel matto schizzato di Parker che, come sempre, parla da solo.» Se solo sapessero. Se solo sapessero...

  «Tony, la regola è tacere quando sono a lavoro. La regola è permettermi di preservare quel minimo di dignità che mi è rimasta e non solo perché il signor Stark mi interessa, ma anche per non farmi licenziare!», mormora, a denti stretti. Ha sempre cercato di imparare a fare il ventriloquo così da potersi permettere quelle strambe conversazioni con quei due anche in mezzo alla gente, ma pare non avere alcuna attitudine per quell'arte. Non che lo sorprenda, quel fatto. Eccede in poche cose, e gli riescono abbastanza bene, per fortuna, e bastano per avergli permesso quell'assunzione. Troppo preziosa per lasciarsela scappare a causa della sua inesistente sanità mentale.

  «E da quando in qua io faccio quello che dici?», bofonchia Tony, seduto sulla sua spalla, e lui la scrolla per farlo sobbalzare. Di tutta risposta il piccoletto gli tira un orecchio.

  «Auch! Devi stare fermo! Fermo!», dice ancora sottovoce, ma si muove troppo per sembrare una persona normale. Continua a stringere le spalline dello zaino tra due pugni, mentre si guarda intorno assicurandosi che nessuno stia chiamando la neuro e, percorrendo ancora il lungo corridoio che lo porterà al suo laboratorio, infine lo raggiunge e si appresta ad entrare immediatamente. Si appoggia alla porta, esausto, e la giornata non è nemmeno cominciata.

  «Stark, la prossima volta potresti dargli ascolto?», sbotta Spidy, rimasto silenzioso fino a quel momento. Peter si gira a guardarlo e lo trova con le mani ai fianchi, rivolto con una certa disinvoltura all'altra coscienza, ora intenta a guardarsi le unghie, con un'aria di sufficienza che farebbe perdere la calma ai santi.

  «Sto cercando di dargli una mano a darsi una svegliata! Non ho voglia di vederlo buttare la sua vita. Ne abbiamo una sola, e lui la sta sprecando a farsi mille problemi, quando l'unica è buttarsi con quel tipo, scoprire se ha delle chance o no e, nel caso, farsi passare la delusione amorosa e trovare qualcun altro.»

  «Oh, come se fosse semplice», bofonchia Peter, sbuffando verso un ciuffo ribelle che gli cade su un occhio.

  «Cosa? Trovare qualcun altro?»

  «No, andare dal signor Stark e dirgli quello che tu vuoi che gli dica! Non è una mia priorità, non è un chiodo fisso, non è necessario. Sto bene così e il momento in cui lo capirai e deciderai di virare le tue ramanzine su altro, sarà troppo tardi, perché mi sarà venuto un esaurimento nervoso e mi avranno già chiuso in un centro di recupero per malattie mentali!», esclama, e gli punta un dito addosso. Tony indietreggia, ma non sembra per nulla annichilito da quell'appunto. Si alza in piedi sulla sua spalla e appoggia la schiena alla sua guancia, incrociando le braccia al petto.

  «Quindici anni che siamo sulla tua spalla e non hai ancora capito che sappiamo tutto di te, che sentiamo ogni tua emozione, ogni tua paura, ogni tuo pensiero. Smettila di fingere che non ci pensi. Smettila di farlo con noi, perché è inutile e una gran perdita di tempo. Ti piace, ci stai sotto come un ragazzino di dodici anni con gli ormoni in subbuglio», risponde, calmo, e quando Peter arriccia le labbra trattenendo il respiro e guarda Spidy in cerca di un supporto morale, rimane spiazzato quando non lo riceve. Alza le sopracciglia, e il piccolo se stesso alza le spalle, quasi mortificato.

  «Pete, è vero. Non puoi nasconderci niente, lo sai meglio di chiunque altro. Purtroppo devo dargli ragione.»

  «Ma... ma il fatto che ci pensi non significa che io debba... debba andare lì e dichiararmi?», sbotta, soppesando quella parola come se avesse appena buttato fuori una parolaccia bruttissima. «Andiamo, è ridicolo! Non è obbligatorio.»

  «No, non lo è. E su questo sono d'accordo, sei tu che decidi ma... Stark ha detto una cosa giusta: non puoi rimanere in stallo: hai vent'anni, e così rischi solo di rimanere coinvolto in un loop dove vorresti delle cose ma non provi nemmeno ad ottenerle.»

  «Il piccoletto mi ha dato ragione due volte? Stasera si festeggia a caviale e spumante!», ridacchia Tony, e riceve da Peter e Spidy un'occhiata tagliente che però non lo scalfisce, anzi lo fa ridere di gusto. «Era solo per dire che un conto è avere due coscienze contrastanti, un conto è averle e non seguirle. Ultimamente non fai nemmeno di testa tua, non scegli nemmeno la via di mezzi. Scegli semplicemente di non fare. Il che non è una soluzione, Parker. Vuoi rimanere fermo nello stesso punto tutta la vita?»

  «Sentite... è complicato. Ve l'ho detto: già aver raggiunto questo obiettivo alle Industries è qualcosa di eclatante che mai e poi ma avrei creduto di raggiungere. Figuriamoci ora tentare di... conquistare Tony Stark? Sto cercando di godermi una grossa fortuna che mi è stata concessa. Per ora mi basta questo», ammette, ed è felice del fatto che, per ora, è completamente solo nel suo laboratorio tecnico, siccome quella mattina è un turno in solitaria.

  «Non è stata fortuna, Peter, lo sai. Te la sei guadagnata. Sei bravo e ti sei impegnato; è un premio alla tua costanza, non una vincita alla lotteria», dice Spidy, e pur essendo parole di grande conforto e ricche di orgoglio, sono piuttosto fastidiose, alle sue orecchie. Dolci e smielate, come le peggiori frasi fatte che trova nei cioccolatini. Non è mai sicuro di quello che fa e, quando gli capita qualcosa di bello, non si dà mai alcun merito e su questo è dannatamente sicuro. È bravo, se la cava nel suo campo, ma è certo che ci siano persone migliori, là fuori, che meritano quel posto molto più di quanto non lo meriti lui.

  «Sta per venirmi il diabete ma, a quanto pare, questo è il giorno del giudizio universale: devo dare ragione al piccolo Spidy. Andiamo, Pete! Perché pensi che io abbia questo aspetto? Perché sono bello e dannato? O forse perché sono la tua parte irrazionale, inconscia, geniale, capace?»

  «Hai questo aspetto perché a cinque anni ho visto Tony Stark dal vivo ad un Expo e sei spuntato fuori. Lo sai che è così. Così come lui prima aveva la mia faccia, e ora ha la tuta perché... be', non lo so.»

  «Perché pensi che Spider-Man sia più figo di te», risponde Spidy, brutalmente, con una calma e tempra quasi invidiabili. Qualcosa che colpisce al cuore. «Abbiamo questo aspetto perché tu non vuoi accettarti, dunque proietti su di noi quello che vorresti essere. Il giorno in cui uno di noi diventerà te, allora le cose saranno cambiate. Non sei ancora pronto, immagino, ma un giorno succederà», continua, e Peter sa che è un modo per rassicurarlo. Un modo goffo di farlo, ma un po' ci riesce.

  Sospira. «Ragazzi, dichiararmi a Tony Stark non migliorerà le cose. Io non... non penso che...»

  «Che ti piacerai mai?», continua Tony per lui, poi ridacchia. «Be', non spetta a te. A volte non serve che sia tu a convincerti, ma che lo faccia qualcun altro per te e magari questo qualcuno è propr-»

  «No, non è Tony Stark! Non è lui. È una cotta passeggera, una relazione impossibile da credere reale, un'utopia nuda e cruda e ora sparite, che dovrei essere a lavoro già da tipo diec-»

  «Parker? Stai di nuovo parlando da solo?»

  «Ossantoddio, sparite!», sussurra, ma se potesse, urlerebbe. Dietro la porta sulla quale si è appoggiato, la voce del suo capo risuona chiara, cristallina e divertita. Come sempre. E, come sempre, lo becca a parlare da solo. Si sente così stupido... 

  Si sposta e apre la porta. Forza un sorriso, di fronte allo sguardo eloquente del signor Stark che ha le mani dietro la schiena, quasi austero, e porta con un'eleganza invidiabile una maglietta di Space Invaders, sotto alla giacca del completo grigio topo.

  «Ehilà, signor Stark!», lo saluta, e lo lascia entrare nel laboratorio. Chiude la porta e, quando nota che Spidy è sparito e Tony no, deglutisce a vuoto, come se il suo capo potesse vederlo e iniziare a correre per la stanza come un elefante che vede un topolino.

  «Invitalo a cena!», dice il piccolo Tony, con le mani ai fianchi e uno sguardo di sfida che Peter vorrebbe prendere a schiaffi.

  «Vattene via», sussurra, mentre Stark si guarda intorno e, a quella frasi, si volta con un sopracciglio alzato dietro le lenti bluastre dei suoi occhiali da vista.

  «Parker, cos'hai da borbottare ogni volta? Sei una specie di fanatico della chiesa? Preghi divinità tutte tue, tipo quelle dei videogame? Cosa?»

  «Io non... non ho borbottato niente! O meglio, mi sono ricordato di una cosa e ho cercato di memorizzarla. Sa, se lo dico mi rimane più impresso e dunque poi magari me la ricordo e non combino qualche guaio siccome sono avvezzo a combinarne e insomma lei che fa qui?», chiede, tutto d'un fiato, trattenendolo poi nei polmoni quando conclude quella matassa di parole capitombolate giù dalla sua bocca come una cascata.

  «Sì», dice il signor Stark, laconico, poi sospira, chiaramente intenzionato a chiudere lì quella faccenda e Peter gliene è grato. «C'è una conferenza stampa a Boston, la prossima settimana. Presentiamo le lenti tattiche AR al pubblico, siccome il progetto è praticamente ultimato. Dato che ne hai fatto parte ho pensato che dovresti partecipare anche tu.»

  «Mi sta... mi sta invitando ad un presentazione del prodotto?», chiede, stupito e ammirato allo stesso tempo. Orgoglioso che abbia pensato a lui.

  Stark scuote la testa, lisciandosi poi il pizzetto, pensieroso. «, è più un obbligo, Parker. Non sei invitato tra il pubblico, ma tra gli scienziati che ci hanno lavorato. Avevo pensato di farti venire nelle vesti di Spider-Man – sai, per portare un po' di colore ad un evento noioso, poi mi sono ricordato di quanto sei stato rigido all'evento di beneficenza che ha organizzato tua zia quella volta, e ho cambiato idea.»

  «Rigido? No, no, ero... ero nervoso, ma dire rigido...», esordisce, poi sbotta in una risata vibrata. «Mi sembra un po' esagerato.»

  «Eri rigido», decide il signor Stark, con un sorrisetto, poi gli punta un dito addosso. «Vieni in veste di scienziato. Parlerai, rispoderai alle domande dei giornalisti, ti farai una nomina. Insomma, vediamo di crescere anche in questo lato, dato che in quello scientifico ti sei già dimostrato valido. Mi serve che tu acquisisca sicurezza, e che tu ne infonda alle persone. Sei un insicuro, Parker e voglio che lavoriamo su questo. Okay?»

  «O-okay, ma... Boston è lontana, il viaggio è un po' costoso e io n-»

  «Ma con chi accidenti pensi di parlare? I viaggi di lavoro sono pagati dall'azienda, e anche l'albergo. Pranzo al sacco, colazione inclusa, waffle gluten free, cereali, quello che ti pare. Cena compresa, solo gli stravizi sono un lusso che non ho intenzione di finanziarti, e direi anche giustamente!»

  «Stravizi? Signor Stark, io non so-»

  «Ho capito, ti pago anche quelli. Dopotutto alla fine delle conferenze desidererai fortemente un Mojito», conclude il signor Stark, particolarmente avvezzo a interromperlo, quel giorno, come se non volesse dargli modo di trovare falle in quella proposta – proposta? No, lo ha detto anche lui, è un obbligo lavorativo – e dunque negargli la sua presenza, a quanto pare molto...

  «Gradita», dice il piccolo Tony, comparendo all'improvviso, con una certa ilarità nella voce. Peter sussulta e gli fa cenno di andarsene, sventolando una mano per farglielo capire. Lui pare comprendere l'antifona e sparisce con uno sbuffo.

  «Che stai facendo, Parker?», chiede il suo capo, e quando Peter torna a fronteggiarlo, gli vede ancora quell'espressione confusa in faccia e, in qualche modo, quasi irritata da quel suo comportamento sopra le righe.

  «Niente, scacciavo una mosca», dice e sa che dovrà fare i conti col piccolo Tony, dopo, per averlo chiamato a quel modo. «Va bene. D'accordo, okay! Se vuole che venga lo farò. Le prometto che mi impegnerò e non la deluderò.»

  Tony Stark sorride compiaciuto. Gli appoggia una mano sulla spalla e ammicca. «Questo è lo spirito giusto. Ora fila a lavorare, che quegli occhiali hanno ancora bisogno di qualche miglioria e rimanere qui a parlare da solo non ti aiuterà a velocizzare il lavoro.»

  «Le assicuro che non parlo da solo! O meglio... a volte lo faccio, ma è un modo tutto mio per concentrarmi», cerca di giustificarsi, perché sa benissimo che chiunque lavori lì, sa che Peter Parker è pazzo e parla da solo. Forse è per questo che non è mai riuscito a legarsi a nessuno.

  «Se dici che ti aiuta, chi sono io per giudicarti», risponde l'uomo, poi si avvicina alla porta e, prima di chiuderla, gli fa un ultimo monito. «A lavoro, o ti dimezzo lo stipendio», conclude, ridendo, poi sparisce.

  «Questo è un invito piuttosto intimo», commenta Tony, comparendo di nuovo sulla sua spalla.

  «Non farlo mai più! Non comparire mai più all'improvviso mentre parlo con altre persone – mentre parlo con il signor Stark!», lo ammonisce e, intanto, si avvicina al tavolo da lavoro. Accende il computer e ci si siede di fronte, di pessimo umore.

  «Ah, andiamo. Stavi finalmente per razionalizzare qualcosa e hai deciso di bloccare il flusso di pensieri. Ti ci voleva qualcuno che ti desse una svegliata. Ti vuole con lui. Avrebbe potuto chiederlo a chiunque e lo ha chiesto a te.»

  «Lo avrà chiesto a chiunque e non sarò l'unico ad andarci. Non mettermi sempre in testa l'idea che io abbia l'esclusiva su di lui, perché io so che non è così», controbatte, inserendo la password nel dispositivo, che inizia a caricarsi.

  «No, tu sai che c'è una possibilità che tu ce l'abbia, l'esclusiva su di lui, ma hai troppa paura di rimanere scottato da un rifiuto. Te lo sta facendo capire in tutti i modi che è interessato a te!»

  «Non è interesse in quel senso! Senti, è complicato. Forse mi ammira, forse ha una predilezione verso di me, forse gli piace come lavoro, forse gli piaccio come persona ma non... non è scontato che gli piaccia in quel senso. Tony, il fatto che a me piaccia un uomo, un essere umano del sesso maschile, non significa che per lui sia lo stesso, non è così comune come tu possa pensare. Lo sbaglio... lo sbaglio etico è il mio», conclude, frustrato. Si nasconde il viso tra le mani, troppo convinto, come sempre, che sia lui quello sbagliato. Che lo è sempre stato, che la sua inclinazione sessuale lo sia, perché no... non è detto, anzi, non è certo che anche l'altro abbia gli stessi... gusti? Non sa nemmeno come definirsi, si vergogna e basta. Non si accetta, vorrebbe essere come tutti, amare come tutti, essere felice come tutti e invece...

  «E invece non ci provi nemmeno, perché un rifiuto è peggio di un dubbio.» Stavolta è Spidy a parlare. Il tono mesto di chi ha capito troppo, di chi sente troppo quelle emozioni e per questo vorrebbe cancellarle dalla sua testa e renderlo felice davvero, per una volta, senza che lui ne sia spaventato. «Non c'è nessun errore etico, Peter. L'amore è amore. E sei tu a pensarlo in primis o non sarei qui a dirtelo, solo che il mondo ti obbliga a pensare il contrario.»

  Peter sospira. «Vorrei solo che le cose fossero meno complicate... e so che non sono facili per nessuno, ma...»

  «Ma la felicità è un diritto di tutti», sbotta Tony, poi sbadiglia e per quanto voglia dare a vedere che non gliene importa niente, in verità gli importa moltissimo. O non sarebbe lì a cercare di spronarlo a farsi avanti. Peter sa che è così, ed è in momenti come quello che si rende conto che, dopotutto, non è davvero solo e che su qualcuno di fidato può contare. «Vacci e vedi come va. Se non sarai tu a fare una mossa, magari sarà lui. Ma mentre tu ti fai problemi perché pensi che amare un uomo sia sbagliato, magari lui si fa le stesse fisime perché sei giovane e non è detto che il tuo sia interesse, ma solo ammirazione. Se siete così idioti, non andrete mai da nessuna parte.»

  Peter non ha mai preso in considerazione quel fatto. Non ha mai pensato che, magari, Tony Stark possa aver sempre tentato di dimostrargli il suo interesse sondando il terreno, e comportandosi con una certa discrezione perché, dopotutto, ha sempre dato per scontato che non lo ricambi. Vista in quei termini la cosa sembra quasi avere una sua logica, ma è troppo confuso per pensarci e ha troppo lavoro da sbrigare, per fermarsi e concedersi del tempo per analizzare il tutto.

  «Ne riparleremo. Ora... per favore, fatemi finire o mi scordo anche Boston», dice e, prima che i due possano sparire, si morde un labbro e li guarda. «Comunque... grazie.»

  Spidy e Tony fanno un saluto militare, poi spariscono con un puff e, quando rimane solo, Peter ha troppi pensieri aggrovigliati in testa, per assimilare con razionalità che tra una settimana sarà a Boston con il signor Stark. Inconsapevole che, quel viaggio, gli cambierà la vita.

 

 
Fine Capitolo I.
 
 




















 


♥ Note Autore 

 
Salve a tutti! 
Ho di nuovo promesso comicità e fluff e ci ho buttato dentro un sacco di angst introspettivo. Lo so, mi dovrei frustare da sola ma, quest'idea delle coscienze, mi ha tirato fuori troppi spunti di riflessione anche per quanto riguarda la sessualità. Le molteplici vie della stessa. La paura di non piacere perché... perché amare qualcuno dello stesso sesso non è la prassi. Ho sempre paura ad affrontare queste tema, con loro due è ancora più difficoltoso perché, dopotutto, c'è già il peso della differenza d'età che cerco sempre di renderlo un punto delicato e non una costante affascinante, siccome è un problema e questo non si può negare ma... ma l'omosessualità? Non so, ho pensato che farlo qui, con le coscienze, poteva essere un modo di sviscerare un tema del genere, senza cadere nel fangirlismo, nell'eterofobia che sta dilagando e ponendolo come un problema personale serio, che sì... nella vita vera può gravare e che va affrontato. Non so cosa e ho detto e come l'ho detto, ma spero abbiate capito il mio intento ♥ scusate ma sono le 3.25 di notte e sono fusa XDGrazie come sempre a chi ha commentato il precedente capitolo e chi ha deciso di proseguire la lettura di questo delirio. Un abbraccio e spero a presto ♥
P.s. Il disegno del banner è mio, tutti i diritti riservati e bla, bla bla ♥
Alla prossima, dunque,
La vostra amichevole Miryel di quarantena.




   
 
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