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Autore: Sheep01    09/05/2020    2 recensioni
[IT, Principalmente Movieverse, possibili accenni a Doctor Sleep]
Ogni giorno gli sembrava andasse un po' meglio, fino a quando non si trovava di nuovo a pensare a cosa avrebbe potuto fare per impedire quell'orribile, definitivo epilogo.
Se solo quel drammatico giorno avesse interpretato in modo fulmineo quello che le luci gli avevano suggerito. Quello che aveva visto, attraverso l'infinito mistero dei Pozzi Neri. Ma Eddie lo aveva strappato al suo tragico destino troppo presto, troppo rapidamente perché potesse assorbire appieno quello che la sua coscienza sul futuro gli stava rivelando.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi, le ambientazioni e tutti i riferimenti sono di proprietà di Stephen King e Warner Bros. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.


PROLOGO

 

Un appartamento vuoto può portare con sé gli strascichi della vita di chi lo ha vissuto.

Questo percepiva Richie Tozier, in piedi in mezzo alla stanza che ancora per poco sarebbe stato il soggiorno di Mike Hanlon: era pronto a sentir raccontare una storia. Come se le pareti spoglie fossero in procinto di narrargliene una, se solo gliene avessero dato la possibilità.

Era pieno di scatoloni ovunque, stipati lungo le pareti, ricolmi di cose che Mike aveva collezionato per una vita intera. Una vita intera spesa a Derry. Imprigionato a Derry.

Sì, se quelle pareti avessero potuto parlare, avrebbero narrato la vita di un prigioniero, di un'ossessione, il riassunto di una solitudine.

La malinconia permeava tutto, dai muri spogli, agli scaffali vuoti, dal profumo di polvere ormai insito negli angoli più reconditi, Richie poteva percepirla fin nelle ossa. O forse era solo la sua di malinconia, la sua di tristezza ad amplificare la sensazione? In fondo Mike lo aveva rassicurato che i suoi sacrifici erano stati una scelta, non un'imposizione. La sua ossessione solo una ricerca costante della verità. I suoi studi, un pretesto per arrivare a un nuovo livello di conoscenza. Il destino e la volontà lo avevano eletto guardiano di quei ventisette anni, mentre il mostro se ne restava nell'oscurità, dormiente, pronto a risvegliarsi per cacciare di nuovo; pronto a risvegliare gli incubi della città, gli incubi dei Perdenti, a cibarsene.

Eppure Richie riusciva a percepire il suo dolore, la sua frustrazione. E forse, qualcosa che faceva anche più male di quello: la disperata voglia di ricominciare. O cominciare, finalmente, a vivere una vita che non aveva mai avuto la possibilità di assaporare. Il guardiano poteva abbandonare la sua vedetta, una volta per tutte.

 

Si trovò a sfogliare un libro, distrattamente appoggiato sul tavolo del soggiorno, uno dei pochi che ancora non aveva trovato una collocazione negli scatoloni di Mike. The Black Rapids. Uno dei più acclamati romanzi di Bill Denbrough.

«Credo di essere rimasto l'unico a non aver mai letto uno dei libri di Bill.»

«Nemmeno uno? Eppure ne ha scritti parecchi, nemmeno lontanamente tutti eccelsi ma...», commentò Mike, finendo di svuotare l'ennesimo scaffale, sollevando sbuffi di polvere.

«Nemmeno uno. Non sono esattamente un fan del genere. Il suo nome mi ha sempre suggerito qualcosa, ma principalmente ho sempre pensato scrivesse romanzetti horror di serie b. Uno stronzo invasato qualunque, uno di quelli che che vivono in una cripta ad annusare ossa e criticare il mondo esterno attraverso Twitter, capito?»

«Non proprio, Richie, ma... sì, non sono nemmeno il mio genere, in realtà. Ma mi sono sempre tenuto aggiornato su tutto ciò che facevate», tendeva a dimenticare, a volte, che Mike era stato l'unico ad aver sempre sempre mantenuto i ricordi di tutti loro. E il pensiero colpiva sempre molto duramente. «Quello che hai in mano non è nemmeno uno dei peggiori...»

Richie si rigirò il romanzo tra le mani: copertina rigida, grafica con richiami fortemente anni novanta; una prima edizione, senza ombra di dubbio. La foto in bianco e nero, sul retro, di un Bill più giovane, più magro e decisamente con meno capelli grigi in testa. Avrebbe avuto una battuta pronta, se solo avesse avuto Bill a portata d'orecchio.

«Spero vivamente tu abbia evitato i filmati dei miei show, Mikey.»

«Non me ne sono perso uno.»

«Oh, Dio del cielo, perché ti sei sottoposto a una tale tortura?» gli sfuggì una risata, non proprio divertita. Un modo per stemperare il momento d'imbarazzo. Improvvisamente, tutto ciò che aveva fatto prima di tornare a Derry gli sembrava così lontano, ipocrita, imbarazzante. Così poco importante, dopotutto. Gli sforzi per apparire brillante e divertente, in spettacoli che non lo rappresentavano davvero. A recitare testi che nemmeno si era quasi mai preso la briga di scrivere, a cercare la risata facile, sgarbata, volgare. Una menzogna, costruita ad hoc per illudere; mostrarsi sul palco agli occhi di tutti con una maschera. Nessun modo migliore per nascondersi.

«Perché mi mancavate», se ne uscì Mike, stroncando il momento di forzata ilarità. Richie serrò la presa sul romanzo, alzando uno sguardo su di lui, senza sapere esattamente cosa dire, «era un modo per sentirvi vicini, nonostante tutto.»

«E per farlo hai scavato persino negli imbarazzanti esordi della carriera di Richie Tozier. Ti devi essere divertito parecchio alle nostre spalle. Gente di successo e i peggiori insuccessi delle loro carriere...»

«Beverly e Ben non hanno mai avuto niente di imbarazzante da nascondere, a dire il vero.»

«Grazie. Grazie mille, Mike, tu sì che sai come lusingare una persona.»

Mike soffocò una mezza risata, ma non obiettò nulla. Richie lo ringraziò mentalmente per non aver tirato in ballo le carriere di Stan... o Eddie. Per non aver parlato dell'ingombrante, silenzioso elefante nella stanza.

«Puoi tenerlo», disse, indicandolo. Richie lo guardò con aria perplessa, «il libro di Bill, intendo. Avevo intenzione di donarlo alla biblioteca, ma magari è una buona occasione per te per cominciare a rimetterti in pari.»

«Non sono sicuro di volerlo leggere. Tanto amo William, quanto odio, al momento più che mai, tutto ciò che è horror.»

«Puoi tenerlo comunque.»

«Capisco che tu voglia sbarazzartene ma non te lo sei fatto nemmeno autografare. Non posso nemmeno rivenderlo su eBay.»

Mike gli rivolse uno sguardo di rimprovero e Richie si trovò a stringere il libro al petto, involontariamente, come se fosse stata sempre sua intenzione, quella di tenerlo.

«D'accordo. D'accordo, grazie. Per una volta che mi fai un regalo, immagino sarebbe davvero scortese rifiutarlo...»

«Era questo lo spirito, Rich.»

«E dopotutto potrei sempre incorniciare il retro di copertina e mettere Bill sul camino per averlo sempre sott'occhio nelle fredde notti invernali.»

Mike sbuffò l'ennesima risata e Richie lasciò cadere la conversazione senza aggiungere altro sull'argomento.

«E di tutta quest'altra roba che te ne fai? Te ne vuoi sbarazzare davvero?», si ritrovò a chiedere, più per spezzare il silenzio che per un reale interesse sulla sorte dei libri.

«Voglio viaggiare leggero. Potrei non trovare una fissa dimora per molto tempo, quindi...»

«E non ti dispiace... ? C'è praticamente tutta la tua vita, qui dentro.»

Mike si issò in piedi dopo aver sigillato l'ennesimo scatolone. Si guardò attorno come ad abbracciare con lo sguardo tutto ciò che lo circondava.

«La mia vita comincia ora, Richie», gli disse, tornando su di lui con un mesto sorriso, «I ricordi non hanno bisogno di essere ammassati in uno scatolone.»

«Sei sempre stato un gran filosofo, Mikey.»

«Sono un bibliotecario. Ho solo letto troppi libri, parlo per frasi fatte...» gli sorrise, e per un attimo, invogliò Richie a sorridergli a sua volta. Sinceramente. «E tu... ? Hai deciso quando ripartire? La polizia ha i tuoi contatti, per qualsiasi eventualità, non sei più obbligato a restare. Non vedo perché dovresti, in realtà.»

Richie si strinse nella spalle, un gesto stanco e arreso.

«Perché voglio vedere la tua faccia il più a lungo possibile?»

Mike gli si avvicinò, dandogli una pacca sulla spalla.

«Mi vedrai molto più spesso di quanto credi, d'ora in poi, è una promessa.»

Di questo Richie era sicuro. Non era nella posizione per mettere in dubbio la parola di Mike o quella degli altri, se per questo. Avevano promesso di rivedersi e questa volta sapeva che era vero.

«Non ho comunque tutta questa fretta di tornare a Los Angeles», gli confessò, «né tutta questa voglia di sentir berciare il mio manager per aver saltato alcune delle tappe più importanti del tour, senza una spiegazione plausibile. In realtà non sono sicuro di avere ancora una carriera a cui far ritorno.»

«Sono sicuro che ti aspettano a braccia aperte, Richie. Devi solo darti tempo per recuperare le energie.»

Improvvisamente si sentiva così stanco, che non era certo di averne mai avute, di energie.

Perché mentre Mike faceva progetti sul futuro, sulle tappe del vasto mondo pronto ad accoglierlo fuori dai confini della città, Richie si era rinchiuso in una bolla che limitava i suoi spostamenti e che teneva fuori dalla portata di chiunque, le sue emozioni.

Era stato l'unico ad essersi trattenuto a Derry dopo la sconfitta di Pennywise. Gli altri Perdenti si erano lentamente dispersi, uno per uno, per tornare alle loro vecchie vite, alla loro gloriosa quotidianità, con nuove consapevolezze e un nuovo gravoso, tragico bagaglio sulle spalle. Si erano preoccupati, in tutti i modi a loro concessi, di non tornare a dimenticare... augurandosi di non doverlo fare. Richie e Mike si erano assicurati di monitorare la situazione durante la prima traumatica settimana. Ora potevano dire, senza ombra di ragionevole dubbio, che avrebbero superato la crisi dell'ennesimo allontanamento.

Richie si era trattenuto per restare nei paraggi, così come la polizia si era preoccupata facesse.

C'erano ancora dei punti da chiarire sull'indagine riguardante un omicidio.

Un cadavere in biblioteca può essere motivo di discussione e divertimento durante una sessione di Cluedo, ma nella vita reale ci sono diverse questioni legali da affrontare.

Mike aveva aiutato Richie con la testimonianza.

Henry Bowers era un paziente psichiatrico, omicida in fuga. Henry Bowers, ricercato dalla polizia, aveva assalito Mike Hanlon in biblioteca. Richie Tozier era corso in suo aiuto e dopo una serie di colluttazioni, aveva disgraziatamente finito per ucciderlo. Legittima difesa. La polizia non aveva faticato a credere alla deposizione. Richie era stato assolto praticamente ad occhi chiusi, ma gli avevano comunque chiesto di restare disponibile a qualsiasi chiarimento, almeno fino all'archiviazione del caso.
Sì, perché a Henry Bowers era stata anche attribuita la scomparsa e il potenziale omicidio di Edward Kaspbrak. Quella che doveva essere solo una semplice supposizione aveva finito per diventare una vera e propria prova d'accusa, a seguito della denuncia della scomparsa dell'uomo, in circostanze misteriose.

Nessuno dei perdenti aveva obiettato all'ipotesi. E come avrebbero potuto? Confessare di aver abbandonato il cadavere mutilato di Eddie nelle profondità di Derry, dopo aver sconfitto un alieno mutaforma che seminava il panico in città, ogni ventisette anni? Sarebbero finiti tutti in un manicomio criminale e tanti saluti alla ritrovata serenità, alla definitiva vittoria, alla nuova possibile rinascita. Un'occasione fortuita sul caso e l'avevano raccolta al volo. Senza rimpianti. Bowers sarebbe bruciato all'inferno a prescindere.

A Richie non importava granché di quello che la polizia supponesse, sulle spiegazioni più o meno plausibili alla tragedia. L'unica cosa su cui focalizzava tutti i suoi pensieri era la tragica realtà in cui Eddie se ne stava ancora da qualche parte, sotto metri di terra, a condividere la sua perpetua sepoltura con i resti di IT.

A volte il pensiero gli causava un tale malessere fisico da costringerlo a rimettere qualsiasi cosa avesse nello stomaco. A volte non riusciva semplicemente a dormire la notte, fissando l'oscurità e cercando di comprendere, suo malgrado, cosa si potesse provare ad essere costretti a rimanerci intrappolati per sempre, nel buio. Altre, non poteva a far altro che realizzare, di continuo, che non lo avrebbe rivisto mai più. Quello, sì... quello faceva più male di qualsiasi altra cosa.

«Manca anche a me, sai...»

Mike sembrò improvvisamente leggergli nella mente, nel cuore, o semplicemente aveva intuito dove se ne andava, ogni volta che il silenzio si abbatteva su di lui come un velo.

«Già...» rispose solo Richie, trattenendosi dal mentire, dallo sdrammatizzare, affatto sicuro di voler tornare sull'argomento per l'ennesima volta o di prolungarne l'agonia. Di riportare a galla quella bolla di dolore che cercava di sgonfiare ogni qualvolta era in procinto di deflagrare.

Ogni giorno gli sembrava andasse un po' meglio, fino a quando non si trovava di nuovo a pensare a cosa avrebbe potuto fare per impedire quell'orribile, definitivo epilogo.

Se solo quel drammatico giorno avesse interpretato in modo fulmineo quello che le luci gli avevano suggerito. Quello che aveva visto, attraverso l'infinito mistero dei Pozzi Neri. Ma Eddie lo aveva strappato al suo tragico destino troppo presto, troppo rapidamente perché potesse assorbire appieno quello che la sua coscienza sul futuro gli stava rivelando. E poi Eddie era morto. E tutto quello che poteva o doveva fare per impedirlo era evaporato... come i suoi ricordi di bambino, per ventisette anni.

«Finiamo alla svelta, qui Mike», interruppe quel deprimente flusso di pensieri. «Ho intenzione di portarti fuori a cena per l'ultima riunione dei Perdenti rimasti... prima che tu te ne vada, pronto a correre verso il tramonto come un cavaliere solitario.»

Mike annuì e Richie fu grato di non avere altro a cui pensare per le prossime ore.

 

Il giorno successivo Richie aveva improvvisamente deciso di ripartire.

Dopotutto non lo allettava l'idea di restare da solo a Derry, dopo che anche l'ultimo dei suoi amici in città se ne sarebbe andato. Avrebbe lasciato a Mike l'onore di chiudere quel capitolo.

Aveva richiuso per l'ultima volta la porta della stanza che occupava nell'hotel in cui aveva alloggiato, senza riuscire a impedirsi di lanciare un ultimo sguardo a quella che era stata la stanza di Eddie, solo qualche settimana prima. I suoi bagagli erano stati impacchettati e rispediti a New York. A Myra, sua moglie. Una donna che nessuno di loro aveva avuto la possibilità di conoscere e che era stata messa al corrente della scomparsa e del probabile omicidio del marito da una gelida telefonata della polizia locale. Una cosa che non avrebbe augurato nemmeno al suo peggior nemico. Sebbene la sorte con lei fosse stata ben più clemente di quella della moglie di Stan. Da ciò che era affiorato da una rapida conversazione, quella povera anima era stata costretta a trovare il marito senza vita, galleggiare in una vasca di sangue, con i polsi tagliati e un'enigmatica, grottesca scritta sulle piastrelle del bagno. Scritta che per lei non avrebbe avuto mai alcun significato, se non quello della definitiva inspiegabile dipartita del suo sposo. Il povero, pacato Stan che non aveva mai dato segni di odiare la sua esistenza al punto di arrivare a un gesto tanto eclatante.

Richie aveva pagato il conto del suo soggiorno e si era spinto di nuovo verso l'appartamento di Mike. Lo aveva salutato con un lungo abbraccio sulla soglia della biblioteca di Derry. Si era di nuovo assicurato che avesse con sé tutti i suoi contatti, così da non avere scuse nel caso non si fosse fatto sentire per troppo tempo. Era montato in macchina, aveva lanciato il libro di Bill sul sedile posteriore, assieme al resto dei suoi bagagli ed era partito.

Ripercorrere di nuovo la strada che lo aveva condotto fin lì, durante una fresca giornata di fine estate sembrò calmarlo in una qualche misura. Il sentimento di terrore con cui era arrivato poche settimane prima era svanito per lasciare spazio a una triste, malinconica e rassegnata amarezza. Ma anche a del sollievo. L'accettazione di non dover avere mai più a che fare con quel posto. Di poterne conservare i ricordi agrodolci, ma di non avere la necessità di mantenerlo come pretesto per poter rivedere i suoi vecchi amici.

Si augurò che anche Mike facesse al più presto il definitivo passo fuori da lì. Se lo augurò con tutto il cuore.

Ma proprio mentre passava di fronte al ponte dei baci sentì la pressione sull'acceleratore diminuire, la frenesia della fuga lentamente svanire e sentì di aver bisogno di fare qualcosa, prima che tutto fosse finito. Finito per davvero.

Fermò la macchina, in preda a una sorta di tornado di ricordi. Una cosa che risaliva a ventisette anni prima, quando non era ancora che un ragazzino che stava riscoprendo i primi turbamenti dell'amore.

Scese dall'autovettura, brandendo un piccolo coltello a serramanico, timoroso di scoprire che dopo tutti quegli anni, la scritta non fosse più lì. Ma quando abbassò lo sguardo sullo steccato in legno che delimitava la boschiva natura selvaggia ai limiti della città, l'incisione c'era ancora. Sbiadita, consumata dal tempo ma ancora lì. Quella R + E che raccontava, più di qualsiasi altra cosa, il rapporto che lo legava a Eddie. Il suo migliore amico. E il ricordo più dolce della sua infanzia. Si prese il tempo per inciderla di nuovo, per rimarcare una promessa. Per consolidare l'esigenza di ricominciare. E di farlo mostrando e dimostrando al mondo chi era davvero. Chi voleva davvero essere da quel giorno in poi. La volontà di smetterla di nascondersi. Di essere finalmente Richie Tozier e non solo Boccaccia.

Accarezzò la scritta con le dita, in un ultimo, definitivo saluto a tutto ciò che era stato. Quella bolla di dolore ancora lì, pulsante, ma che sperava, disperatamente, che prima o poi si sarebbe sgonfiata, lasciandogli la possibilità di respirare di nuovo. Se solo Eddie fosse stato lì, forse gli avrebbe chiesto in prestito quel suo respiratore fatto di acqua e canfora. Se solo Eddie fosse stato lì lo avrebbe rassicurato che avrebbe fatto di tutto per stare bene, da adesso in poi.

Si trovò ad asciugarsi le lacrime senza nemmeno essersi reso conto di aver cominciato a piangere. Non ci era più riuscito dopo il disperato cordoglio alla cava. E aveva sempre avuto paura di farlo per paura di non riuscire più a smettere. Ma ora sentiva che era un bene, che forse era anche quello un modo come un altro per aiutare quella bolla a sgonfiarsi.

Il fruscio che lo costrinse a rinviare la sua afflizione lo fece trasalire tanto da dimenticare per un istante perché diavolo se ne restasse lì, fermo piegato sulle ginocchia, a fissare uno steccato in legno.

«Non sono certo sopravvissuto fino ad oggi per farmi ammazzare da una cazzo di vipera», esclamò a nessuno in particolare, ma con l'onesta intenzione di allontanare qualsiasi cosa gli strisciasse vicino.

Quando la testa di un piccolo rettile sbucò dalle sterpaglie, Richie si rese conto di star osservando niente altro che una piccola tartaruga. Si diede mentalmente dell'idiota per essersi allarmato.

«E tu da dove salti fuori?» una risata nervosa, bloccata in fondo alla gola. La osservò sorpreso mentre si spingeva lentamente verso la strada. Pigramente, come non avesse una sola preoccupazione al mondo se non quella di proseguire verso il suo misterioso obiettivo.

«Non c'è niente di interessante da mangiare lì in mezzo...» sorrise però nel vederla esitare di fronte a un ciuffetto d'erba intrappolato nell'asfalto per poi avventarcisi con le sue fauci sdentate.

«Come non detto...» scosse la testa, divertito, «probabilmente ne sai più tu, di quanto non ne sappia io.»

Si rimise in piedi, meravigliato da quanto le misteriose scelte del regno animale, fossero del tutto incomprensibili agli esseri umani. La osservò ancora per qualche istante, prima di lanciare un'occhiata verso la strada che proseguiva oltre il ponte.

«Dovresti muoverti, prima che qualcuno ti tiri sotto, sai?» le parlò, come se poi potesse davvero capirlo. Richiuse il coltellino a serramanico infilandoselo in tasca, prima di abbassarsi sulla tartaruga in procinto di proseguire.

«Spero tu non te la prenda per il piccolo aiuto», la ammonì, sollevandola tra le mani: la testa del rettile che si ritraeva appena, le zampette che si agitavano nell'aria, «non credo sopporterei l'idea di saperti in pericolo o, che il cielo non voglia, spiaccicata prima di sera.»

La trasportò dalla parte opposta della strada, sperando di aver intuito la sua traiettoria, prima di spingere le braccia oltre lo steccato e abbandonare la tartaruga in mezzo all'erba alta.

«Eccoci qui... ora vedi di tirare dritto. Senza guardarti indietro.»

La vide stiracchiare il collo, restare ferma a fissare il cambio di scenario, prima di proseguire esattamente dove l'erba si faceva più fitta.

«Prego, eh...» la redarguì, scuotendo la testa, restandosene lì, a osservare il suo lento, claudicante passo, mentre l'ultimo ciuffo d'erba si richiudeva su di lei, inghiottendola.

Una chiusura di sipario del tutto inaspettata. Forse l'unico modo con cui Derry gli offriva la possibilità di dirgli addio, con una nota meno dolente.

Richie non si voltò indietro quando salì di nuovo in macchina.

Quando accese il motore e ripartì per percorrere il lungo ponte che portava definitivamente fuori dalla città, per un'ultima volta.

Accelerò quasi, quando finalmente, idealmente, vide la luce alla fine del tunnel.

E fu allora, solo allora che lo avvertì: appena sopra il fragore del motore in accelerazione. Inquieto e flebile come un sussurro all'orecchio.

Un brivido lungo la schiena, il gelo nello stomaco. Una voce che non avrebbe confuso con quella di nessun altro.

«Richie...»

Perse il controllo dell'auto e andò a schiantarsi con una certa violenza contro la parete del tunnel, prima ancora che avesse la possibilità di raggiungerne la fine.

Dal cofano della macchina si alzò del fumo. Nell'abitacolo dell'auto solo il silenzio e il sibilo dell'airbag che andava sgonfiandosi.

«Richie» di nuovo quella voce e poi, il nulla.

 

**

 

Tutto era oscurità.

C'era del dolore e c'era oscurità.

No. C'era stato... del dolore. Ma c'era ancora... oscurità.

I suoi occhi erano aperti, ma non c'era niente da vedere. Nessun riferimento su cui prendere le misure di dove diavolo fosse.

Eppure lo sapeva. O era sicuro di averlo saputo, non molto tempo prima.

Si tastò il viso per capire se fosse ancora solido al tatto. Come se non fosse del tutto sicuro di essere ancora presente, sul piano terreno.

Serrò la presa su qualcosa che stringeva fra le mani.

Una luce esplose nella sua testa, una rivelazione, come un lampo che, per un istante, illuminò i dintorni. Era una giacca, quella che stringeva fra le mani. Era del sangue, quello che sentiva sulle dita. Le eco di grida lontane, come appartenessero a un passato recente, quelle che ancora gli rimbombavano nelle orecchie.

Ma era solo. Solo e improvvisamente spaventato. Il terrore solenne che prese a formicolargli nello stomaco, a serrargli il respiro, a risalire in un esile, roco sussurro sulle sue labbra.

«Richie», disse.

 

 

Continua...

  
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