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Autore: Gaia Bessie    10/05/2020    1 recensioni
«Io non ce la faccio più, una sera prendo e t’ammazzo: te la devo togliere, questa patina di esistenza perfetta».
Undicesima classificata al contest "Generi a catena" indetto da Dark Sider sul forum di EFP
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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II: Una metà per sperare
 
Qualcuno ha lanciato una fattura ad Asteria Greengrass, durante la colazione dell’ennesima inutile domenica di fine novembre: nessuna voce ha urlato l’incantesimo, nessun movimento è stato colto, ma la Greengrass minore ha comunque strillato e si è coperta il volto. Qualcuno le ha inciso stronza sul viso e, sebbene in molti abbiano più che un vago sospetto riguardo l’identità dell’affatturatrice, non vi sono prove che incastrino la diretta interessata.
Così, Hermione Granger siede tranquillamente al proprio posto, in biblioteca, e non si scompone minimamente nell’apprendere che nessuno è ancora riuscito a sistemare il viso della Greengrass: chissà cosa starà provando, la bionda sedicenne, nel vedersi sfigurata da qualcosa di ben più appariscente del proprio naso aquilino.
«Merlino, Granger» Malfoy scivola su una sedia, di fronte a lei, con uno sguardo divertito. «Sapevo che avevi anche tu un lato oscuro, ma affatturare una povera ragazza di domenica mattina…».
Lei sbuffa, ma non riesce a mascherare una striatura di divertimento che le si è impressa nella fronte. «Malfoy, ero quasi riuscita a combinare qualcosa, durante la tua assenza» lo rimbrotta. «E, comunque, non sono stata io».
«Non pensavo che la mia preziosa compagnia ti distraesse» commenta lui, con fare gioviale. «E non pensavo nemmeno sapessi mentire».
«Io non pensavo che potessi essere più irritante del dodicenne lunatico che m’insultava a giorni alterni» risponde Hermione, riponendo una pergamena nella borsa. «Invece mi hai sorpresa anche tu».
«Ma tu non mi hai sorpreso. È che tu difendi le persone a cui tieni» osserva lui e, per la prima volta in quei dieci minuti, appare serio. «Non pensavo che avresti difeso anche me».
«Difendo chi ne ha bisogno, Malfoy, è diverso» commenta lei, srotolando un nuovo pezzo di pergamena. «Nessuno meriterebbe di essere tradito da una persona che ama».
«Ma ancora non mi hai detto perché» e la voce si macchia di quel tremolio che gli sta nuovamente spaccando le ossa. «Perché dovrebbe odiarmi».
«A volte» mormora Hermione, sollevando lo sguardo dai propri compiti. «Una motivazione, per quanto giusta e condivisibile, non è abbastanza: forse non sei la persona peggiore che conosco, hai dei lati negativi, come tutti. Basta per volerti morto?».
«A me sarebbe bastato» osserva lui, piattamente. «Un tempo, forse, avrei potuto essere io quello che attaccava alle spalle».
«E davvero basterebbe a dare a qualcuno il diritto di attaccarti?» domanda lei. «Non penso proprio che Asteria Greengrass sia senza peccati e si possa permettere di giudicare qualcun altro, a prescindere dalla gravità delle tue azioni».
«Mi stai giustificando, Granger?» chiede lui, perplesso. «Il tuo lato oscuro sta decisamente prendendo il sopravvento su di te».
«Nessuno meriterebbe di essere odiato dalla persona che ama» ripete, come se Malfoy fosse un bambino un po’ lento a comprendere. «Nemmeno tu».
«Tu però mi odiavi» commenta il biondo, studiandosi con noncuranza le mani, quasi come vi fosse scritta una risposta ai suoi pensieri. «Mi hai anche schiaffeggiato, al terzo anno».
«Perché eri uno stronzo e, negli anni, ti sei anche dimostrato un vigliacco» risponde lei, dura. «Ma è davvero sufficiente per odiare una persona?».
Lui, silenziosamente, spera che la risposta alla domanda della Granger sia negativa. E, per una volta, è lui a omettere qualcosa.
 
***
 
È vero che lo abbiamo tutti, un lato oscuro? Che c’è qualcosa di decadente e pericolante in ogni cuore, che un soffio dato con troppa forza basterebbe a buttare giù anche l’anima più salda?
Potrebbe, Hermione Granger, cadere per un colpetto dato nel punto sbagliato?
Malfoy se l’è chiesto a lungo, anche dopo che Madama Chips è riuscita a sistemare la faccia della Greengrass, che cosa nasconda la Granger nelle caverne buie della propria anima, se ci siano semplicemente muschi e licheni, o forse qualche segreto indicibile che la renderebbe irresistibilmente e, come probabilmente lei stessa teme, irrimediabilmente umana.
A lei ancora non l’ha chiesto. Non è nemmeno riuscito a racimolare parole sufficienti per dirle che, quest’anno, non tornerà a casa per Natale: il coraggio gli è – sempre – mancato e ancora non ne ha coltivato abbastanza per affrontare sua madre. Ne ha bruciato le lettere, limitandosi a risposte annoiate e generiche, senza rispondere nemmeno una volta ai dubbi assillanti di Narcissa Malfoy.
Mirtilla Malcontenta, che l’aveva colto come un fiore durante una delle sue passeggiate nevrotiche, gliel’aveva spiegato con sconcertante chiarezza: se rimani qui, da solo, ti uccideranno.
È stata drastica, e l’ha fatto ridere, ma guardandosi in quello specchio scheggiato una frase gli ha inciso il viso: te la devo togliere, questa patina di esistenza imperfetta.
Anche Asteria Greengrass non tornerà a casa: i suoi genitori e Daphne, ha raccontato la ragazza a un gruppetto di ragazze del suo anno, andranno in Francia da delle cugine, e lei si è rifiutata di seguirli. Evidentemente, ha pensato Draco con amarezza, Parigi non è abbastanza à la mode per lei. Ma, quando se la ritrova davanti, nel vuoto asfissiante della Sala Comune, non ne è nemmeno così sicuro, dei suoi pensieri, e anche l’odio pressante che ha provato nei suoi confronti gli sembra inadeguato o fuori misura.
«Non disturbarti a dire niente» sibila lei, senza nemmeno guardarlo. «Lo so, che sai che sono stata io, e so anche che non dirai nulla».
E che quindi siamo dove ho sempre temuto di fermarmi, pensa lui: a quel famoso punto morto dove non si vede e non si sente, magari potrei smettere di parlare una seconda volta, chissà se farebbe la differenza.
«Non avrei avuto comunque nulla da dirti» risponde lui, accomodandosi su una poltrona. «Non sono in vena di sentire le patetiche motivazioni per cui, una come te, avrebbe dovuto volermi…».
«Morto?» domanda lei, con indifferenza. «Mi vai bene anche così: sai che sono stata io, sai che potrei rifarlo e comunque non riesci a raccogliere il coraggio di denunciarmi. Tu hai imparato la lezione, io ne esco pulita».
«Sono contenta che tu abbia avuto a cuore la mia istruzione» commenta Malfoy, con astio. «Ma non capisco cosa dovrei avere imparato».
Asteria Greengrass sorride, a sé stessa, e per un attimo agli occhi di Draco appare nuovamente bellissima, con quella dolcezza poetica che, chissà quanti secoli prima, lo aveva incantato. Ma sarebbe bastato, un solo sorriso, a compiere la medesima magia?
Con un moto di tristezza, è costretto ad apprendere che, no, non basta a fargli dimenticare il dolore delle ossa rotte e dell’orgoglio che gli risaliva lungo la gola, del silenzio schiacciante che gli aveva oscurato i pensieri. Non basterà mai, comprende Malfoy in un attimo, e teme questo suo stesso pensiero: forse, la Granger non aveva torto, nel volerlo obbligare a ricominciare.
«Occhio per occhio» risponde la Greengrass, con calma. «Tutti noi abbiamo perso qualcuno, con la guerra, tranne te. Tu non hai dato niente, hai solamente tolto».
Mentre pronuncia queste parole, e la rabbia le sfigura il volto, Asteria Greengrass muta forma, nella mente inerme di Draco Malfoy, e torna a essere esattamente quella che è: una ragazza a malapena sedicenne, avvelenata dal rancore che le sfigura il viso, forse ancora bella da far male ma, adesso, questa bellezza non conta più niente.
«Io non ti ho tolto niente» ringhia, lui, sorprendendosi del tono ostile che ha assunto, senza rendersene conto. «Non posso essere responsabile delle azioni…».
Di mio padre, vorrebbe dirgli, ma non riesce a rinnegare Lucius nemmeno nei suoi stessi pensieri: chissà se è vero che impari a crescere solamente nel momento in cui riesci a pensare che anche i tuoi genitori sono in grado di sbagliare, quando apri una breccia nell’aura di infallibilità cui li hai avvolti da bambino, e, allora, ne cogli i difetti uno a uno, senza sorprenderti. E, anche se Draco non si sorprende più da tempo, nell’apprendere di cos’è capace suo padre, ancora non riesce a far coincidere, nella sua mente, l’immagine di Lucius padre e Lucius Mangiamorte.
«Tutti noi siamo stati abituati a prenderci le nostre colpe» commenta Asteria, dolcemente, avviandosi fuori dalla Sala. «Dovresti imparare a farlo anche tu».
 
***
 
«Ma si può sapere cosa non funziona, nella tua testa?» la Granger, esasperata, lo guarda con aria estremamente contrariata. «Come ti è saltato in mente di dire che saresti rimasto a Hogwarts?».
«Lo dici solo perché non conosci mia madre» risponde Malfoy, con ovvietà. «Non sono pronto per affrontarla, sta ancora dando di matto».
«Merlino, Malfoy!» sbotta lei, sbuffando sonoramente. «Hai il coraggio di rimanere al castello con una che potenzialmente ti vorrebbe morto e non di affrontare tua madre?».
«Tu potresti andare dalla tua famiglia e invece preferisci passare l’ennesima luna di miele con Weasley» commenta lui, non senza un velo di risentimento che a malapena riesce a nascondere. «Ma non ti giudico per questo».
«Io non l’ho più, una famiglia» risponde Hermione, senza scomporsi. «Per questo, se fossi al tuo posto, trascorrerei il Natale con mia madre».
«Che fine hanno fatto, i tuoi genitori Babbani?» domanda Malfoy, senza badare al garbo. «Pensavo li avessi protetti».
«L’ho fatto» mormora lei, chinando il capo. «Mio padre è morto di leucemia, una malattia Babbana, durante la guerra».
Con orrore, Draco constata che la Granger è quasi sul punto di piangere e, per evitare di crollare, continua a guardare fisso un punto indefinito vicino alla Torre di Astronomia. Il cortile è deserto, e non vi è perciò alcun rischio che qualcuno possa vederla in un momento di così intima fragilità ma, per un momento, Malfoy ha paura di non sapere cosa fare, con lei, se dovesse crollare e sciogliersi in un fiume di lacrime.
Non la vede piangere dal terzo anno, si domanda se ne è ancora capace, o se la guerra è riuscita a toglierle anche questo: se si è indurita così tanto da non riuscire più a emozionarsi, se è così rotta e spaccata da non poter sacrificare nemmeno una delle energie che usa per tenersi insieme per una cosa così stupida, infantile e necessaria come piangere.
«Quando sono andata a cercarli, in Australia» continua la Granger, con la voce rotta. «Papà era già morto e mamma aveva un compagno, una casa, degli amici. Come potevo toglierle anche questo?».
«Quindi hai semplicemente lasciato perdere?» domanda Draco, perplesso. «Non sei così diversa da me, allora».
Lei si lascia sfuggire un sorriso ironico e scuote il capo, come per mandar via un pensiero troppo insistente.
«No, infatti» acconsente. «Per questo, mi chiedevo… ti andrebbe di venire con me, a Natale? Io ne ho già parlato con Harry e Ron e…».
«E scommetto che hanno fatto i salti di gioia e non stanno assolutamente tramando per farti ricoverare al San Mungo in via precauzionale» commenta lui, con una risata che gli incrina la voce. «Non… Non meriti che io ti metta in difficoltà».
Lei non riesce a reprimere uno sguardo stupito e, per la prima volta da quando Malfoy la conosce, le mancano le parole.
«Non mi metteresti in difficoltà» mormora, infine. «Te l’ho chiesto perché confido nel tuo buonsenso. E perché nessuno meriterebbe di passare il Natale da solo».
«Non sempre otteniamo ciò che meritiamo, allora» risponde lui. «Non… il fatto che io e te parliamo come può andare bene a Weasley e Potter?».
«Le persone perdonano, Malfoy» commenta Hermione, con enfasi. «Hai sbagliato, sì, ti sei comportato come uno stronzo arrogante per anni e, per finire, anche come un codardo e un traditore. Ma basta davvero per odiare una persona per tutta la vita?».
«A molti basterebbe» commenta lui, atono. «Ma capisco che voi tre dobbiate per forza elevarvi con la vostra bontà sopra la comune plebe».
«Non sarai mai il migliore amico di Harry, e Ron ha messo in chiaro che dovremo ringraziarlo se si degnerà di rivolgerti il saluto, ma nessuno di loro gioirebbe nel sentire cosa ti è successo» osserva lei. «Non riesci proprio a convincerti che non tutte le persone sono cattive o vogliano per forza farti del male?».
Hermione lo guarda, fiduciosa, in attesa di una sua risposta: ma Draco, che ancora una volta ha perso le parole, sa che quella risposta non potrebbe mai dargliela. Non avrà mai il coraggio di dirle che, sì, è mortalmente convinto del fatto che tutti, a Hogwarts, abbiano segretamente gioito del saperlo steso a terra nel bagno di Mirtilla Malcontenta. Tutti. Tranne lei.
Era diventare il migliore amico della diade Weasley-Potter quello che intendeva, la Granger, imponendogli di ricominciare? Certamente, non è quello che intendeva, no, che intende lui.
In un certo senso, riflette, Asteria Greengrass aveva ragione: ci sono cose che non possono essere perdonate e, in questo senso, ricominciare non serve poi a molto.
«In un certo senso» mormora lui, senza troppa convinzione. «Le convinzioni sono per chi ha ancora qualcosa da perdere».
«Tu hai ancora qualcosa da perdere» lo interrompe lei, con veemenza. «Hai una casa, qualcuno che ti ama, una famiglia…».
«Non pensi che se veramente qualcuno mi amasse non rimarrei qui per Natale?» domanda Draco, laconicamente. «Sarebbe un motivo sufficiente per andar via».
Lei non riuscì a dire una parola, così chinò il capo e si limitò a restituirgli un silenzio timido, e disorientato, che ebbe come unico effetto quello di donargli una certezza. E, contemporaneamente, di togliergli tutte le speranze.
 
***
 
Alla fine, si è rassegnato a lasciarla andare, senza di lui: non è riuscito a trovare una scusa sufficientemente valida per chiederle di rimanere, né ne ha trovata una per dirle che sarebbe andato con lei, nella Tana del nemico. Così, Draco Malfoy ha deciso di trascorrere, per la prima volta in vita sua, Natale da solo.
Non sono servite le suppliche di sua madre, Narcissa, che ansiosamente aspettava Natale per scrutarlo, dopo l’incidente, in cerca di ogni cicatrice visibile e non. Non sono servite nemmeno le parole e i ragionamenti della Granger, Draco non si è mosso di un millimetro dal suo progetto di rimanere a Hogwarts per le festività.
Lo fai per lei, non è vero, gli aveva poi bisbigliato la Granger prima di partire, e lui non era riuscito a risponderle, incapace di comprendere il senso delle sue parole. Per poi capire, due giorni dopo: pensava che fosse rimasto per Asteria. E, nel momento esatto in cui riesce a realizzarlo, il mondo di Draco crolla giù, ancora una volta, come un castello di carte.
Ma per dirle che non era rimasto ad Hogwarts per Asteria, ma solamente per la sua buffa e paradossale ostinazione, è ormai troppo tardi. Scriverle, poi, è fuori da ogni discussione: cosa se ne farebbe mai, Hermione Granger, di una sua lettera?
Così, Draco non le ha dato spiegazioni, non le ha scritto e si è perfino imposto di non pensarla, rinchiudendosi in un cupo mutismo. Ha trascorso le vacanze di Natale vagando per i corridoi sperduti della propria mente, in ogni angolo buio e dimenticato, cercando un coraggio che s’è scordato di avere. Lo dirà mai, alla Granger, che non è rimasto ad Hogwarts per Asteria?
Non lo farà: ammetterlo con lei significherebbe dover spiegare che la sua attrazione per la Greengrass si era sciolta in una nuvola di granelli di sale e, tra le mani, gli era rimasto l’ingenuo bagliore di un topazio spaccato a metà. Che valore ha una pietra preziosa crepata di risentimento, può servire ancora a qualcosa?
Lo dirà, ad Hermione, che il suo innamoramento per Asteria Greengrass s’è dissolto come la luce di una freccia infuocata nel cielo?
Potrebbe farlo, d’altronde sembrerebbe solamente una precisazione disinteressata e il discorso cadrebbe lì, senza particolari conseguenze. Però. Però Draco potrebbe anche dirle che esistono due modi, per amare una persona: che gli innamoramenti fugaci di un mercoledì di mezz’estate spariscono come il suo per Asteria, in uno sbuffo di fumo in un orizzonte incontaminato, ma che si può anche amare segretamente. Che, in un corridoio buio e dimenticato della sua mente, ha trovato lei.
Potrebbe dirle che se l’è vista davanti, mentre lo trovava steso in una chiazza d’oscurità nella propria anima, che l’ha raccolto anche quella volta?
Potrebbe. Ma, se lo facesse, vedrebbe il viso di Hermione, adesso così familiare, contrarsi in una smorfia di disappunto e, la risposta che arriverebbe, non potrebbe che dispiacerlo.
Così, Draco non le scrive, non le dà spiegazioni e, soprattutto, s’impone di non pensarla nemmeno: perché, se cedesse, se anche solamente si concedesse di farle attraversare nuovamente la propria psiche, Hermione Granger se ne approprierebbe e a lui rimarrebbe solamente l’ennesimo puzzle di vetro che non è in grado di risolvere.
 
***
 
«Aspetta, non credo di aver capito» Ginny la guarda, incerta. «L’hai davvero trovato nel bagno di Mirtilla, coperto di sangue?».
Hermione annuisce e, istintivamente, mette una mano in tasca, dove il vetro crepato della Giratempo le sfiora il polpastrello. Nella sua mente, risuona un pensiero ricorrente, che ha imparato a conoscere nell’arco degli ultimi mesi e, quando diventa troppo assillante, ad ignorare: se solamente non avessi avuto paura di tentare.
«Quindi è per questo che passi così tanto tempo con lui?» chiede la Weasley, senza cambiare tono. «Perché me ne sono accorta, che… che vi siete avvicinati, ecco».
«Tu non avresti fatto lo stesso, al mio posto?» domanda Hermione, scrutando l’amica. «Io non penso che l’avresti lasciato lì, a morire».
«Ovviamente non l’avrei lasciato lì» concorda Ginny, annuendo. «Sai, è che… mi sembrate molto intimi, ecco».
«Credo che sia cambiato» come tutti noi, vorrebbe dire, ma quelle parole le rimangono nella gola. «A un certo punto, ha imparato a mandar giù l’orgoglio».
«La boria, vorrai dire» commenta la rossa, ridendo. «Comunque me n’ero accorta anche io, che era cambiato: quest’anno è stato come se nemmeno fosse a scuola. Non capisco nemmeno perché sia voluto tornare».
«Non lo so» conviene Hermione. «So che però è cambiato per davvero, l’aggressione nel bagno di Mirtilla l’ha segnato… credo che ci pensi ancora, alla Greengrass, intendo».
«Immagino sia diventato abbastanza ragionevole dal comprendere che non può stendersi ai piedi di una che vorrebbe solamente pugnalarlo alle spalle» commenta Ginny, seria. «Quel che non riesco a immaginare è perché ti interessi così tanto».
«Mi sentivo così fuori posto, senza Harry e Ron, a inizio anno» mormora, abbassando lo sguardo. «Era come se tutto fosse andato avanti mentre io rimanevo ferma».
«E allora hai pensato di fare amicizia con Malfoy?» domandò la Weasley, ridendo. «Buffa soluzione, Hermione».
Per un problema irrisolvibile, si trattiene dall’aggiungere: Ginny l’ha sempre saputo, quando era ricominciato l’anno scolastico, che Hermione, la sera, piangeva di stanchezza, solitudine e nervoso. Che fosse stanca, già la prima settimana di scuola, era così assurdo da sembrare normale, ma solamente adesso a Ginny sembrava evidente che, più che stanchezza da stress, quella della sua amica fosse qualcosa di più profondo e annichilente. Aveva pensato fosse normale, piangere la mancanza dei suoi due migliori amici, che avevano preferito non tornare a Hogwarts per completare gli studi, e che sarebbe passata, appena si fosse ambientata. E, alla fine, capiva anche perché Hermione era così nervosa: anche lei si sarebbe sentita così, se fosse stata perennemente al centro dei bisbigli di tutti gli altri studenti. Ma, che la soluzione a tutto questo potesse essere Draco Malfoy, Ginny mai avrebbe potuto immaginarlo.
«Non era una soluzione, è stato lui a tampinarmi perché voleva informazioni su chi l’avesse conciato in quel modo» spiega Hermione, mestamente. «Poi, è diventata un’abitudine».
«Se ti rende contenta è un’ottima abitudine» si affretta a dire Ginny, di fronte all’espressione affranta della sua amica. «Non badare ai brontolii di Ron, deve ancora digerire che tu lo abbia scaricato».
Peccato, pensa Hermione, che anche lei debba ancora fare i conti con quella consapevolezza: in quei pochi mesi che erano stati insieme, si era già prefigurata un’esistenza da fiaba, figli con i capelli rossi, una vita insieme. Poi, quei sogni si erano sciolti uno a uno, finché non erano diventati una massa grumosa e incolore, tanto si erano mischiati insieme.
Fare i conti con la consapevolezza che lei e Ron non fossero destinati a stare insieme, contrariamente a tutte le fantasie su cui aveva costruito la propria adolescenza, era stato annichilente: e, forse, solamente così era diventata definitivamente e completamente una strega. Non c’era posto, nel Mondo Magico, per le favole dei Babbani: avevano fiabe d’avventura e con personaggi meravigliosi, ma che fine avevano fatto Cenerentola, la Sirenetta, Raperonzolo? C’era magia, nelle fiabe dei maghi, ma dov’era l’amore e, soprattutto, la speranza?
Era come se le avesse perse anche lei, le speranze, arrendendosi all’inevitabilità del crollo delle proprie fantasie. E dei propri sentimenti: quand’era stato, che Hermione aveva smesso di sognare e sperare nell’amore?
Da quando la guerra è finita, non è mai più stata la stessa. Ha smesso di credere nella magia che anima il mondo, come un polmone immaginario che gonfia d’ossigeno una delicata distesa di boccioli, e s’è lasciata morire d’asfissia. Ma non respirano anche i ramoscelli più piccoli e secchi?
«Sai… è che non ti vedevo così fiduciosa da tempo, ormai» ammette Ginny, candidamente. «Sembra che tu abbia ritrovato un po’ di speranza».
 
***
 
Le è rimasto uno spiazzo illuminato, tra le ombre che le avvolgono l’anima, dove potersi nascondere da sé stessa?
Hermione, durante queste vacanze, è diventata lei stessa quello spasmo, quella tensione che vorrebbe portarla da Malfoy ma che, alla fine, la costringe anche a non muovere un passo. Se si permettesse di rivelargli dove l’ha nascosto, quel suo ultimo sprazzo di luce, significherebbe donare anche quello alle tenebre e perderlo per sempre. Parlando con Ginny, la Vigilia di Natale, ha compreso di aver già rinunciato a tutti quei preconcetti, e anche a un generoso pizzico della propria integrità morale, per aiutarlo. Ha mentito, se si vuol considerare menzogna una piccola omissione, e ha cercato di indorare una verità color carbone che, alla fine, ha macchiato entrambi.
Riuscirà mai, lei, a riscoprire di che colore era la pelle scurita dalla pece e dall’inchiostro, se era veramente candida come la immagina? Basterà darsi una spolverata, mettere dei vestiti puliti e una nuova pelle, una pellicola che la ricopre celando la forma delle ossa, per riscoprirsi?
Ma, soprattutto, basterà per dimenticarsi di sé stessa? Perché Asteria Greengrass gira per i corridoi con aria affranta e, sebbene il suo viso sia tornato pulito e ben truccato, è come se avesse ancora stronza scritto in fronte. Qualcuno mormora, non senza cattiveria, che un bel giovane deve averla rifiutata, per averle scavato una tale ruga di disappunto nel bel mezzo della fronte.
Sarà stato lui, si domanda Hermione Granger, nel pellegrinaggio da una lezione alla successiva. Deve essere stato lui, altrimenti non si spiegherebbe perché ha insistito tanto per passare il Natale ad Hogwarts. E, le sussurra una voce maligna all’orecchio, perché non si sia sentito in dovere di scriverti almeno una riga.
È che sono sprecate, pensa lei, le parole, se non si ha niente da dire: il silenzio era ciò che cercavo, un tempo, posso farmelo andare bene anche adesso. Non serve Draco Malfoy, per riempirlo, non è mai servito.
Ma, allora, perché lo cerca come un’esigenza quasi dolorosa, come un tic nervoso che le irrigidisce il collo, a lezione, quando si volta per cercarlo in un punto indefinito dietro di lei. E non lo trova.
Così, silenziosamente, decide che non lo cercherà mai più e si nasconderà nello spiazzo illuminato dentro di sé, dove lui non la potrà trovare. O, almeno, così crede.
Perché lui la trova, in meno di cinque minuti, a crogiolarsi sotto qualche pallido raggio di sole, nel cortile, dopo lezione.
«Andiamo, Granger» borbotta lui, stringendosi nel mantello, infreddolito. «Potevi cercare un nascondiglio migliore».
«Se solamente mi stessi nascondendo» risponde lei, annoiata. «Non pensavo mi stessi cercando».
«Non lo stavo facendo» si giustifica Malfoy, mentre una timida scia rosata gli colora il viso. «Mi stavo solamente domandando dove fossi».
«Che è un modo generico per non dire che mi stavi cercando» commenta Hermione. «Ti serviva qualcosa?».
«Va bene, ti stavo cercando» conviene lui, dandogliela vinta. «Tu non mi cercavi, così ho deciso di farlo io».
«Dovevo cercarti?» chiede lei, con un velo di rancore che non riesce a soffocare. «Dopo che…».
Che non hai trovato nemmeno due minuti per scrivermi che eri vivo e che nessuno aveva tentato di assassinarti in un bagno? Vorrebbe urlargli, ma quella fiammella di orgoglio che le arde ancora dentro, tra le viscere, le impedisce di pronunciare quelle parole.
«Lo so» borbotta Malfoy, imbarazzato. «Ma cosa te ne saresti fatta, di una mia lettera, quando eri con i tuoi amici?».
«Avrei potuto avere bisogno di legna per il caminetto» risponde lei, laconicamente. «O magari avrei potuto finire i fazzoletti, chissà, una lettera può avere molti utilizzi secondari. Oltre ad essere letta».
«Se mi avessi detto che avevi bisogno di carta te l’avrei scritta» prova a scherzare lui. «Anche se ti giuro che ho tentato. Ma cosa avrei potuto dirti, di interessante?».
«In che stato versa la faccia della Greengrass?» domanda Hermione, con un sorriso ironico. «Tanto per fare un esempio».
«L’ultima volta che ho controllato era ancora tristemente al suo posto» risponde Malfoy, ridacchiando. «Ma dicono che qualcuno abbia infranto la sua, di patina d’esistenza perfetta».
«Sì» mormora lei, chinando il capo. «Lo so».
 
***
 
Qualcuno dice che l’uomo nero ha fatto la spia: che, nascondendosi tra le fughe delle piastrelle nel bagno di Mirtilla Malcontenta, abbia visto i fatti e presofferto il resto. Che abbia previsto, annebbiandosi con i fumi della Cooman, chi avrebbe calpestato quel pavimento e chi vi sarebbe caduto sopra.
Qualcuno – Grifondoro, Corvonero, Tassorosso o perfino Serpeverde – ha detto alla preside McGrannitt che tre giovani Serpeverde hanno provato a cavar via la vita di Draco Malfoy frantumandogli le ossa in un mare di sussurri. Che hanno provato a render slavata la sua patina d’esistenza perfetta, annegandola nel sangue.
E, adesso, tutti si domandano chi sia stato: se fantasma o uomo nero, chi abbia avuto talmente tanto coraggio da andare dalla preside a far nomi e cognomi, senza temere vendette. Ma, soprattutto, tutti si chiedono come abbia fatto, se non il fantasma o l’uomo nero, a scoprire Asteria Greengrass e i suoi amici che volevano scollare Malfoy dalle proprie ossa.
Lo stesso Malfoy si aggira come oscurato dai propri pensieri, e il suo volto è un’ombra che ne riflette il turbamento, e ha le mani che tremano nel cogliere una verità che, ne è certo, rimarrà nota solamente a lui.
La Granger sa chi è stato.
 
***
 
«Mi spieghi perché lo hai fatto?» Draco urla, ha il viso stravolto da un’emozione che nemmeno lei, che pensava di aver imparato a conoscerlo, riesce a identificare. «Adesso come minimo mia madre vorrà la testa della McGrannitt, o mi manderà a Durmstrang».
«Perché mi ero distratta» mormora Hermione, sovrappensiero. «Per un po’ avevo perso di vista cosa fosse giusto fare, ma qualcuno doveva dirlo, Malfoy, altrimenti…».
Altrimenti ci avrebbe riprovato, pensano entrambi: con terrore, lei, ricordando di aver immaginato il rumore delle ossa rotte, mentre lo portava in infermeria. Con rassegnazione, lui, che solamente dopo aver visto la morte era riuscito a ricostruire qualche frammento di vita vera.
Forse, pensa Draco, era esattamente questo che intendeva la Greengrass: lo aveva detto che, in qualche modo che ancora lui non aveva compreso, gliel’avrebbe tolta, quella patina di esistenza perfetta.
«Le hai dato quello che voleva» mormora, così, senza riuscire a guardarla negli occhi. «Non l’hai capito?».
Ciò che ottiene di rimando è solamente uno sguardo incerto, e disorientato, e allora lui non riesce a trattenere una risata dolceamara.
«Hermione» la chiama, pronunciando il suo nome. «Mi avevi aiutato a costruirla tu, la mia patina d’esistenza perfetta».
Nemmeno se lei avesse abbastanza coraggio per rispondergli riuscirebbe a mascherare il suono disperato del suo cuore che si spezza.
 
***
 
C’è Draco Malfoy nello specchio del bagno di Mirtilla Malcontenta: attorno a sé, la realtà ha il suono attutito dei sogni, il suo riflesso scontornato sembra solamente l’ennesimo fantasma in grado di popolare quelle quattro mura. Dentro di sé, il buio respira silenziosamente, celando il proprio contenuto, le proprie immagini segrete, un tiepido barlume di speranza ha da tempo smesso di illuminarle. Puoi davvero amare qualcosa di così insensatamente segreto?
Lui non può saperlo ma, dietro la porta, in una zona di ombra che possiede le sue medesime oscurità, si nasconde la Granger: ha pianto silenziosamente  dentro uno dei cubiculi, cercando di non attirare l’attenzione dello spettro che li popola, e ne è uscita silenziosamente, con gli occhi rossi.
Malfoy forse non lo ricorda – potrebbe? – ma, nella tasca della divisa, Hermione ha sepolto un piccolo segreto: una Giratempo dal vetro crepato.
Saresti in grado di mantenere i miei segreti? Le domanda silenziosamente la ragazza, ignorandone il sinistro ticchettio, mentre con mano tremante tenta di caricare il numero corretto di giri.
«Io non ce la faccio più, una sera prendo e t’ammazzo: te la devo togliere, questa patina di esistenza perfetta».
 
 
Non t’amo come fossi rosa di sale, topazio
 o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t’amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, entro l’ombra e l’anima
(Neruda, Sonetto XVII)
 
Non credo riuscirei a spiegare meglio la questione del titolo e della Giratempo, quindi vi lascio con un estratto delle note che avevo inviato a Dark Sider per il contest:

Il titolo ha un significato che può essere interpretato in molte maniere: le incrinature sono quelle di Draco, che ha assistito all’infrangersi di ogni suo preconcetto o convinzione, ma anche quelle di Hermione, che subisce un processo simile. Incrinatura è il distacco di Hermione da Harry e Ron, da quest’ultimo soprattutto, ma anche il disamore di Draco per Asteria.
Spero vivamente, in questo mio pazzo tentativo, di essere riuscita a preservare (per quanto possibile) l’IC dei personaggi, che è il mio vero e proprio task attuale: dimostrare che la Draco/Hermione IC sia possibile e compatibile con come mi piace scrivere. E, in qualche modo, spero di esserci riuscita.
Ultima cosa che vorrei spiegare, è la questione della Giratempo, che è l’ultima e definitiva incrinatura: la Giratempo non è rotta, è incrinata. Ciò funziona, solo che Hermione non ha avuto abbastanza coraggio per tentare, convinta che non avrebbe funzionato, coraggio che ritrova nelle battute finali: di quanto sarà tornata indietro? (Magari ne verrà fuori un sequel?).

Grazie per essere arrivati fin qui
Gaia
   
 
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