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Autore: Razu    10/05/2020    0 recensioni
Secondo capitolo della saga di Faerie Do'Urden
Finalmente, dopo tante peripezie, Faerie e Drizzt sono giunti in superficie: la pace sembra finalmente a portata di mano, ma i due drow non hanno fatto i conti con la terribile fama del loro popolo. Temuti e scacciati dal mondo intero, la meta della strada per la serenità sembra ancora lontana per i due fratelli...
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Camminava con noncuranza e naturalezza per le vie di Menzoberranzan, attenta a non farsi notare, cosa che le riusciva alla perfezione.

Le strade che stava percorrendo risvegliavano in lei una marea di ricordi, man mano che procedeva. A un certo punto, a Faerie parve di vedere una bambina dal sorriso sbarazzino, due intensi occhi viola e un piccolo mantello con cappuccio a coprirle il volto e il corpo, correre per le strade ridacchiando. L'elfa fece un lieve sorriso al ricordo di se stessa, da piccola, che camminava meravigliata per le vie del mercato, curiosando fra le bancarelle e chiacchierando con qualunque mercante che non appartenesse alla sua razza. Ricordò anche le frustate di Briza, la sera stessa: una punizione per essere uscita senza essere vista e aver visitato un luogo e familiarizzato con razze non consoni al suo rango. Lei era una nobile di Casa Do'Urden, l'allora Decima Casa di Menzoberranzan. I nobili non avevano nulla da spartire con le razze e i ceti inferiori.

Nella sua memoria riaffiorarono tutte le vie e i percorsi della città. Faerie si diresse verso quella che per quasi un secolo era stata la sua casa.

No, si disse con fermezza, quella non era la mia casa, non lo è mai stata. Era la mia gabbia, la mia dannazione, la mia punizione per essere nata drow. Mio padre era la mia casa. Mio fratello era la mia casa. Belwar e Clacker erano la mia casa, non questo posto orribile.

Faerie proseguì. Poco dopo, giunse davanti ai cancelli del complesso Do'Urden, e rimase alquanto sorpresa nel vederli piegati e contorti. Lanciò un rapido sguardo in giro, ma non vide guardie di sorta attorno al complesso.

Corrugò le sopracciglia. Cosa cavolo è successo?

Si guardò intorno, per essere certa che nessuno la osservasse. Poi, superò i cancelli.

~*~

Un fetore terribile le assalì le narici non appena superò la terrazza che i nobili usavano per entrare. Faerie si portò una mano alla bocca per non vomitare.

Trovò i primi cadaveri nel corridoio, e intuì che dovevano essere loro la causa della puzza. Che diavolo è successo? Perché il cancello è mezzo distrutto? Perché è pieno di cadaveri? Perché...

Tese le orecchie, come a confermare la sua ipotesi.

...c'è tutto questo silenzio?

Proseguì, esplorando il complesso, stando bene attenta a dove metteva i piedi.

Altri ricordi le assalivano la mente, ricordi di una vita passata nella rabbia e nel dolore, sebbene fosse rischiarata da un solo individuo.

Padre...

Le parve di sentire una risata infantile in lontananza, una delle poche che aveva mai fatto durante i suoi anni passati a Menzoberranzan.

-Padre, hai visto? Sono riuscita a fare centro con l'arco! Vedi? La freccia è proprio lì, al centro!-

-Sei stata bravissima, Faerie, ma dovresti imparare a usare la balestra. L'arco è poco pratico, e ha una potenza minore...-

-Ma, padre, a me piace l'arco! La balestra la usa anche Nalfein!-

Faerie sorrise nel ricordare quella discussione, avuta quando lei aveva appena iniziato il suo addestramento.

Era talmente assorta nei suoi ricordi, che dimenticò di guardare dove stava andando. Inciampò in un cadavere e cadde a terra a faccia avanti, gridando una bestemmia nel mentre.

Maledisse se stessa per aver fatto baccano. Non poteva sapere chi o cosa fosse all'interno del complesso Do'Urden.

Borbottando mentalmente imprecazioni, si rialzò. Nel farlo, vide il viso del cadavere, e rimase di sasso. -Ilharess...- sussurrò nel vedere il volto sbarrato della drow che aveva preso come sua amante insieme al gemello, più di cento anni prima.

Nonostante fra le due non vi fosse stato null'altro che attrazione fisica, Faerie sentì una vampata di dispiacere arderle nel petto.

Le chiuse gli occhi con le dita, mormorando "spero tu abbia trovato la pace, ora".

Si rialzò in piedi, decisa più che mai a indagare, e anche a trovare il corpo di Quendar, il gemello di Ilharess, se ne avesse avuto il tempo.

Percorse i corridoi e le stanze vuote del complesso, rischiando più volte di svenire per la puzza, fino ad arrivare a un'altra terrazza. Lì, trovò due corpi decisamente più interessanti: uno lo riconobbe immediatamente, non senza un certo dolore. Si trattava di Vierna, sua sorella minore, l'unica per cui avesse provato un minimo di affetto. Di fianco a lei, il corpo trafitto da mille frecce, vi era una drow sconosciuta dagli abiti nobili. Faerie dedusse che fosse Maya, la sorella nata dopo la sua fuga.

La sua attenzione, però, era tutta sul corpo di Vierna, straziato in più punti sul viso e sul torso da quelli che sembravano morsi, ma tuttavia senza danni apparenti troppo gravi.

Riconobbe i morsi: erano quelli della frusta delle sacerdotesse. Faerie li guardò confusa. Di norma le sacerdotesse non andavano in battaglia contro gli altri casati.

Le accarezzò dolcemente le ferite sul viso, gli occhi velati di lacrime. Vierna emise un gemito non appena sentì le dita della sorella sfiorarle il volto. Faerie ritrasse di scatto le dita. È ancora viva...

La vide aprire a fatica gli occhi. Sollevò a stento la testa, come se fosse immensamente pesante. -Chi... sei...?- biascicò a voce bassissima, quasi impercettibile.

La sorella non reagì subito. Rimase immobile, non sapendo bene come reagire. La sua mente galoppava: avrebbe potuto portarla via, avrebbe potuto parlarle e farle conoscere una vita senza Lolth, avrebbero potuto crescere insieme come vere sorelle...

No, pensò osservandola, non posso fare un bel nulla per lei. Nostra madre l'avrà sicuramente fatta diventare come tutte le femmine della nostra razza. Non c'è nulla che io possa fare per lei.

Guardò di nuovo Vierna. Ormai aveva trovato le forze per alzarsi e appoggiarsi ai gomiti.

-Chi... sei...?- chiese di nuovo lei.

In realtà, pensò Faerie, in effetti c'era una cosa che poteva fare.

Sguainò una delle sue spade e la levò in alto, pronta a colpire Vierna al petto. D'altronde, cos'era solito dirle suo padre?

Più che un dono crudele, trovo che la morte sia per loro una salvezza da questa vita orribile. Non provo rimpianti per quello che faccio.

I loro sguardi si incrociarono. E fu in quel momento che tutte le certezze di Faerie crollarono.

Vierna era disarmata, sola e indifesa. Nessuno sarebbe venuto a salvarla, nessuno avrebbe avuto pietà di lei. In quel frangente, Faerie rivide se stessa: sola, tremante e impaurita nelle gallerie del Buio Profondo, il viso che doleva a tal punto da farle invocare la morte.

La lama di Faerie calò, ma non colpì mai il petto di Vierna. L'elsa urtò violentemente la tempia della drow, facendola svenire di nuovo.

Forse mi sbaglio, pensò l'elfa, forse Malice non ti ha rovinata del tutto. Forse sei ancora in tempo per redimerti. Forse questa volta farai la scelta giusta, chissà. Dopotutto io non sono stata al tuo fianco negli ultimi cinquant'anni, non posso prevedere come andrà a finire.

Le fece una carezza sulla guancia.

-Usa questa seconda possibilità con saggezza, sorella mia- sussurrò alzandosi.

Continuò la sua esplorazione. Con sua grande sorpresa, non trovò il corpo di Quendar. Magari si è schierato con gli attaccanti, chiunque essi fossero, si disse. Dopotutto la fedeltà non è una prerogativa della mia razza.

Si stupì non poco, inoltre, di non trovare i cadaveri dei suoi altri fratelli. C'è ancora una stanza in cui non sono stata..., pensò dirigendosi verso la cappella della casa.

La sua famiglia era solita riunirsi nell'anticamera della cappella, perciò entrò in quella stanza.

Non appena aprì le porte dell'anticamera, venne investita da un'altra ondata di lezzo, che le fece venire le vertigini e lacrimare gli occhi. Dovette fare uno sforzo tremendo per trattenere i conati di vomito.

Ciò che vide la riempì di rabbia ma anche di una gioia e di un sollievo mai provati prima: il corpo di sua madre era riverso a terra, senza vita, il torso e il viso dilaniati da ferite che Faerie conosceva bene. Le ferite inferte da una frusta a teste di serpente.

Faerie ringhiò il suo disappunto. Non ci voleva certo un genio per capire chi l'avesse privata della sua vendetta.

Io sono venuta qui per vendicare mio padre, si disse con rabbia. Ma essa si dissolse piano piano quando la drow realizzò che, con la morte di Malice, lei e Drizzt erano finalmente liberi: nessuno avrebbe più dato loro la caccia, nessuno li avrebbe più perseguitati.

Nella sua euforia, non pensò al fatto che Malice non era l'unica a voler vedere suo fratello morto.

Faerie fu assalita da un accesso di risatine, che si trasformarono in una risata vera e propria.

-Sembra che tu abbia avuto la fine che meritavi, vecchia arpia!- esclamò l'elfa.

Lanciò una rapida occhiata in giro, alla ricerca di Dinin. Fu molto sorpresa quando non lo vide da nessuna parte.

La faccenda iniziava a diventare strana. Se si era trattato di una guerra fra casati, nessun nobile doveva rimanere in vita.

Mi servono informazioni, devo solo trovare la persona giusta, pensò. Fece una smorfia nel realizzare l'identità dell'unica persona giusta nell'intera città.

Fece per andarsene, ma si fermò poco prima di uscire dalla stanza. Si girò lentamente verso il corpo della madre. Si avvicinò e si chinò su di lei. Estrasse la spada e, lentamente, iniziò a reciderle la testa.

Dopotutto, era venuta lì per avere vendetta.

Una volta finito il macabro compito, Faerie avvolse il capo della madre nel mantello da sacerdotessa di lei, per poi infilarlo nella bisaccia.

Si alzò in piedi e si diresse alla tesoreria della casa, sperando ci fosse ancora qualcosa.

Le informazioni che stava per carpire non erano certo a buon mercato.

~*~

-Mi stavo giusto chiedendo quando ti avrei rivista, Faerie Do'Urden- disse Jarlaxle, uscendo dall'ombra di una casa.

Faerie si irrigidì. -Non so di chi tu stia parlando- disse cercando di frenare l'impulso di tirarsi ancora più giù il cappuccio di quanto già non fosse.

Il mercenario rise. -Se vuoi evitare di essere riconosciuta, non dovresti tenere il tuo medaglione in bella vista sul petto, specialmente con quella bella spilla di Eilistraee appesa. Chiunque lo abbia visto addosso a Zaknafein può dedurre la tua identità, se ha abbastanza cervello per ragionare. I miei complimenti, a proposito: non avrei mai pensato che fossi capace di sfuggire alla morte e raggirare la tua famiglia per cinquant'anni. Sono sorpreso- disse ammiccando e sprofondando in un inchino.

L'elfa arrossì e fece una smorfia. -Ho bisogno di informazioni- disse.

Jarlaxle fece un sorriso scaltro. -L'indomita Faerie Daermon N'a'shezbaernon che ha bisogno di aiuto? Il mondo deve essere proprio impazzito. Ad ogni modo, sai che non do nulla per nulla...-

Non aveva nemmeno finito di parlare che Faerie gli lanciò un sacchetto pieno di denaro. Lui lo afferrò prontamente.

-Cos'è successo a Casa Do'Urden?-

-Mi aspettavo questa domanda- disse il mercenario con un ghigno. -Sai nulla del tentativo di tua madre di riprendere tuo fratello?-

-A mio malgrado, ne so più di quanto vorrei- ringhiò lei. Ricordi dolorosi le affiorarono alla mente.

-La tua casa ha fallito, e ha avuto ciò che si meritava. Era il volere di Lolth, dopotutto.-

-Chi li ha uccisi?-

Jarlaxle ridacchiò. -E anche se te lo dicessi, tu cosa faresti? Il tuo nemico sarebbe comunque troppo forte per una drow soltanto, seppur agguerrita come te. Non sono state strane creature, se è questo che intendi, ma un'esercito di drow-

Faerie non chiese nemmeno di quale casa. Jarlaxle aveva ragione.

-Ho un'ultima domanda- disse lei.

Il mercenario rimase in silenzio, come se fosse in attesa di qualcosa. L'elfa capì che non si trattava della sua domanda.

Sbuffò, e gli allungò un altro sacchetto di monete.

-Vai avanti.-

-Sai qualcosa su Quendar Olonrae e su mio fratello Dinin?-

Jarlaxle rimase in silenzio per alcuni minuti prima di rispondere, come a soppesare i rischi e i vantaggi della sua azione successiva.

Annuì lentamente. -Sono vivi e vegeti, entrambi servono nelle fila della mia compagnia.-

Faerie socchiuse gli occhi. -Molto bene...- sussurrò. Lanciò un altro sacchetto al mercenario, che lo accettò con una certa sorpresa. -Questo è per il tuo silenzio- disse. -Nessuno deve sapere che sono ancora viva e che sono stata qui.-

Jarlaxle fece un ghigno. -Non preoccuparti, giovane Do'Urden- disse. -Gli unici che sapevano della tua esistenza sono morti, a parte me ovviamente. Non tradirò il tuo segreto.-

-Non ora che ti ho pagato- rispose Faerie con un mezzo sorriso.

Jarlaxle le diede una pacca sulla spalla, ridendo, per poi avvolgerle le spalle con il braccio. -Vedo che hai centrato il punto.-

Lei si districò gentilmente dalla stretta. -Addio, Jarlaxle- disse con un sorriso.

-Arrivederci, Faerie Do'Urden- disse il mercenario.

Faerie gli lanciò uno sguardo strano, come se non capisse il motivo del suo saluto. Poi se ne andò.

Si girò un'ultima volta verso Jarlaxle, ma il mercenario era sparito.

 

   
 
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