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Autore: Red Lights    10/05/2020    2 recensioni
''Elia non è di certo un tipo di molte parole ma Giovanni ha accumulato un certo numero di punti-esperienza, grazie ad anni di calcetto e sfuriate, per capire quando qualcosa non va nel suo amico, anzi, nei suoi amici. Quando Martino ha qualcosa che non va sparisce, non per forza fisicamente ma, anche se presente, capisci che la sua mente non c’è. Luchino invece comincia a mangiare nervosamente patatine, salatini o qualsiasi cosa si possa sgranocchiare. Elia semplicemente si perde dei momenti, torna dopo pochi minuti di estraniamento e sorride come se nulla fosse accaduto nella sua testa. In fondo gli piace sapere tutte queste cose sui suoi amici, lo rende fiero e lo rende sicuro. Sicuro di poterli sempre aiutare, sicuro di averli accanto e sicuro di essere stato abbastanza fortunato da poter dire: Ste teste demm**** sono i miei fratelli. ''
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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‘’Che palle zì’’
Giovanni, diciotto anni di ricci e camice a quadri, si lancia sulla poltrona rossa di velluto. Una poltrona che ha sempre trovato orribile senza mai sentire il bisogno di nasconderlo al mondo. Difficile convivere con una faccia come la sua che nel 99% dei casi parla senza che ci sia bisogno d’aprir bocca. Si porta il dorso della mano destra sulla fronte e osserva i ragazzi che, qualche ora prima, gli si sono piombati in casa. Martino, dai capelli ramati e lunghi che a Giovanni ricordano Lupo Lucio, sta seduto per terra, gambe incrociate e mani impegnate in quella che è la missione della vita: rollare una canna con l’ultima cartina rimasta senza rischiare di renderla per qualsiasi motivo inutilizzabile. Poco più in là Luchino, che quel giorno ha deciso di indossare un maglioncino verde che sicuramente Silvia ha comprato per lui, sta tentando da quasi venti minuti di aprire una birra col solo aiuto della bic azzurra trovata per caso accanto al caminetto. Dalla stanza di fianco la voce di Elia irrompe di tanto in tanto. Si è allontanato quando il suo cellulare ha preso a squillare. Il pensiero del cellulare fa tornare in mente a Giovanni che non ha ancora controllato se Eva gli ha guardato le storie di instagram. Afferra l’aggeggio dalla tasca posteriore del pantalone e lo sblocca quasi senza accorgersene.
Apre instagram. Il primo post che vede è quello di Celebrity Hunted su Amazon Prime Video con Totti in primo piano. Clicca sul cuoricino, ancora una volta, in maniera automatica. Non sia mai che Giovanni Garau non metta il like a qualcosa che riguardi Francesco Totti.
Un secondo dopo è lì a scorrere la lista delle persone che hanno visto la sua storia. Eva c’è. Per un po’ aveva smesso di guardargliele, il po’ in cui aveva cominciato a postare roba con Sofia.
Rimane con il pollice sul nome utente di Eva ancora un minuto, fin quando una voce irrompe nel silenzio generale.
‘’ Bella raga, guardate che capolavoro che v’ho fatto’’
Martino, con un sorriso un po’ storto e pendente verso sinistra mostra a lui e a Luchino la cartina perfettamente avvolta intorno ad un mix di tabacco ed erba.
Giovanni blocca di nuovo il cellulare e lo lancia sulla poltrona dietro di sé.
Luchino, intento ancora nell’impresa di aprire la birra, si ferma un secondo e analizza il lavoro dell’amico.
‘’No bel lavoro Marti ma te devo chiede na cosa’’
Giovanni si riporta la mano in fronte, stavolta con fare più teatrale. Sa benissimo che le domande di Luchino non portano a niente di buono. Una volta aveva esordito in questo stesso identico modo con Eleonora Sava, l’amica di Eva, e un secondo dopo le aveva chiesto che tipo di shampoo usa Edoardo Incanti perché i suoi capelli sono troppo lucenti per essere lavati con il Dimension di un euro.
Martino si volta di scatto verso il ragazzo, convinto che a qualche minuto da quel momento si pentirà di quello che sta per dire.
‘’Basta che nun me chiedi n’altra volta di guardare con te le repliche di The Vampire Diaries perché poi ti prendono male, dimmi pure.’’
Giovanni ride e non si preoccupa di nasconderlo. Certo, qualche mese prima quando si era visto arrivare al baretto un Luchino desolato per il fatto che una certa Elena aveva scelto Damon e non Stefan, non aveva riso molto. Non era stato mica facile spiegargli che quella non era la rappresentazione televisiva di lui, Silvia e qualche moro alto con gli occhi verdi e il giubbotto di pelle.
‘’Ma te lo senti sto rumore?’’
Luca avvicina la bottiglia di birra all’orecchio di Martino e con l’altra mano continua a fare pressione con la bic accanto al tappo.
‘’Ma che stai a fa Luchì?’’ chiede Giovanni, la mano destra chiusa nel classico gesto del ‘’ma che stai a fa?’’ tanto usato nei meme sugli italiani.
‘’Oh io sento un rumore, secondo me se sta per aprì. Te lo senti Martì?’’
Martino si riposiziona per ascoltare meglio. La faccia concentrata e lo sguardo indirizzato verso un punto non preciso del salone.
‘’Effettivamente qualcosa sento davvero’’
Dice, sorprendendo tanto Giovanni quanto se stesso.
‘’Eh, 'na specie de zzzzzzh’’
‘’Si bravo’’
‘’Ce siamo quasi eh’’

‘’Daje Luchino’’
‘’Ah geni, lo zzzzh è il rumore che fa il pulsante rosso del gas quando Luchino lo preme contro il tappo’’
Elia, le braccia incrociate e il telefono penzolante dalla tasca della felpa blu, li fa sobbalzare. Un tempo indeterminato serve a ognuno di loro per realizzare che, si, è davvero il rumore del tasto del gas.
‘’A Luchì ma vaffanculo’’ dice Giovanni, lanciandogli dietro il cuscino nero e quadrato poggiato sul bracciolo della poltrona.
‘’Oh io me ne ero accorto eh’’ continua Martino, prima che un coro di ‘’se vabbè’’ gli piombi direttamente in faccia.
Elia si avvicina al divano e si siede accanto a Luchino che, intanto, continua a guardare in maniera alternata la bottiglia e la bic, forse cercando un modo per controbattere al fatto che ha perso trenta minuti di vita per quell’impresa fallita.
Giovanni sposta lo sguardo su Elia. Un indice che traccia il contorno del labbro inferiore mentre la testa si muove da destra verso sinistra. Non riprende il cellulare, non ascolta Martino che chiede chi accende la canna, non si preoccupa di Luchino che riprende a sentire un rumore. Sta lì.
Giovanni fischia per richiamare la sua attenzione. Elia non è di certo un tipo di molte parole ma Giovanni ha accumulato un certo numero di punti-esperienza, grazie ad anni di calcetto e sfuriate, per capire quando qualcosa non va nel suo amico, anzi, nei suoi amici. Quando Martino ha qualcosa che non va sparisce, non per forza fisicamente ma, anche se presente, capisci che la sua mente non c’è. Luchino invece comincia a mangiare nervosamente patatine, salatini o qualsiasi cosa si possa sgranocchiare. Elia, dal canto suo, semplicemente si perde dei momenti, torna dopo pochi minuti di estraniamento e sorride come se nulla fosse accaduto nella sua testa. In fondo gli piace sapere tutte queste cose sui suoi amici, lo rende fiero e lo rende sicuro. Sicuro di poterli sempre aiutare, sicuro di averli accanto e sicuro di essere stato abbastanza fortunato da poter dire: ''Ste teste demm**** sono i miei fratelli.''

‘’Elì che pensi della canna de Martino? Sta migliorando no?’’
Gli chiede Giovanni. Il tono calmo per non lasciar trasparire il tentativo di recuperarlo da chissà dove. Elia si riscuote. Il mento alzato e gli occhi assottigliati.
‘’Fa vedere’’ dice a Martino, ‘’non male ma sto filtro pare fatto da mio cugino de tre anni che fa i lavoretti de carta a scuola’’.
E’ tornato. Tutto d’un botto, come se un secondo prima non stesse rimuginando su nient’altro che l’arte di fare i filtri.
‘’Va bè, col biglietto del pullman non è facile oh. Comunque io l’accendo’’
‘’ Vai Gerry, accendiamola’’ replica Luchino, causando una risatina generale.
‘’Oh ma chi era al telefono?’’ chiede Giovanni, lo sguardo più serio concentrato sull’amico.
Elia sbuffa, porta la testa all’indietro poggiandola sullo schienale del divano. Fissa il soffitto come se stesse cercando una reale risposta dall’intonaco rossastro.
‘’Era mi madre. Voleva sapere quali sono i libri per preparare i test per economia’’
Dice. Luchino si blocca, lo sguardo confuso che precede una domanda.
‘’Elì’’
‘’Mh’’
‘’Ma a che te servono i libri de economia se vuoi fare giurisprudenza?’’
‘’Luchì vaglielo a spiegà tu a mi madre che esistono altre facoltà oltre economia.’’
Giovanni azzarda un sorrisetto, un po’ amaro. Gli sembra di capirlo ora quello sguardo nel vuoto. Quando a casa sua non ci sono gli amici e al loro posto ci sono i genitori l’aria è molto meno leggera, tutto sa di grande e tutto sa di quanto si dovrà faticare dalla maturità in poi. Suo padre ha deciso che dovrà fare ingegneria, ma l’ha solo deciso perché quello che Giovanni sa per certo è che ingegneria '' 'glie fa schifo ''. Lui non lo sa ancora cosa vorrà fare, non sa se andrà all’università, se cercherà un lavoro, se passerà un anno a non far nulla come suo cugino che, prima di iniziare medicina, ha preso due anni sabatici e che ora i suoi parenti apostrofano come ‘’quello che si laureerà a trentacinque anni’’ pure se di anni ne ha appena ventotto.
‘’Ma come fai a essere sicuro che vuoi fa giurisprudenza?’’ chiede Giovanni dopo aver afferrato la canna passatagli da Martino.
‘’Lo so, me piace. Mi attirano gli esami e me ce vedo.’’
‘’Tutto qui?’’ chiede Martino. Anche lui ora ha un’aria più concentrata sul discorso.
‘’Eh che ce deve sta Martì?’’
‘’E che hai detto a tua madre?’’
‘’Che io economia non la voglio fare quindi può evitare di comprarli’’
Giovanni aspira, trattiene ancora in gola il fumo mentre la passa ad Elia che ora ha riportato la testa in posizione eretta.
‘’ A rega, ma perché i genitori certe volte non capiscono un cazzo?’’
Ridono, ancora amramente, ma, ancor più amaro è lo sguardo di Luchino che sembra pensare seriamente a quanto ha appena detto.
‘’Perchè so genitori Luchì, non possono capire sempre,’’
Martino, un leggero sorriso sulle labbra, sta sicuramente pensando a sua madre che l’ha fatto sentire spesso il ragazzo più capito del mondo intero, spesso ma non sempre. 
‘’Si ma loro ce so stati no? Ce so stati come noi. So stati ragazzi e non ci credo che i tempi erano così diversi. Secondo me la paura de diventà grandi l’hanno avuta pure loro e se se so sentiti anche solo un po’ come mi sto sentendo io quest’anno allora ce dovrebbero capire.’’
Giovanni pensa a suo padre, alle lotte a cena per quei dannati test di ingegneria e ai suoi pugni serrati quando suo padre gli ha detto che 'Storia e Filosofia' non è una facoltà, sono a malapena due materie. La rabbia di quel momento, ora sa, non è solo sua. Può dividerla, può capirla, può liberarsene un po’.
‘’ Università, facoltà, lavoro, anno sabatico, anno de prova, anno che me devo riprende da latino esterno ma che 'glie cambia a loro se noi c’abbiamo n’attimo paura de fa le scelte nostre? E che glie cambia quali so queste scelte?’’
E’ immerso nel discorso quando afferra la canna dalle mani di Elia, tanto preso che la ripassa a Martino senza nemmeno aspirarne una boccata. Le mani distese sulle cosce e lo sguardo serio puntato su Giovanni.
‘’Io voglio fare il pasticciere e non perché so bravo ma perché me piace, voglio imparare a fare i dolci e stasera lo dico ai miei genitori e se me dicono qualcosa…’’
Si ferma un secondo. Giovanni guarda sorpreso i volti di Martino ed Elia che aspettano il prosieguo della frase come se stesse per arrivare una rivelazione divina.
‘’Se me dicono qualcosa 'glie dico che la scelta è la mia e se me vogliono caccià de casa…’’
‘’Ma figurati se te cacciano de casa’’
Dice Martino, la mano sospesa a mezz’aria. Giovanni sorride, chissà se ammetterà mai che a questa cosa c’ha pensato pure lui.
‘'Se te cacciano de casa ti ospito io’’
Dice Elia, un sorrisetto compiaciuto e gli occhi scuri leggermente più sereni. Poi continua..
‘’Oh, chiunque de voi volesse fa il pasticciere..’’
Si ferma un secondo e guarda Giovanni che, in reazione, si afferra con i denti il labbro inferiore.
‘’..casa mia è casa vostra regà.’’
Conclude, lo sguardo ancora posato su Giovanni.
‘’ Pure la mia eh’’
Dice Martino. Anche lui un sorriso puntato verso il ragazzo riccio, ora leggermente perplesso.
‘’Anche la mia..’’
Dice Luchino imitando con lo sguardo i due amici.
Giovanni capisce ma vorrebbe non farlo, perché capire vorrebbe dire ammettere che non solo lui conosce loro ma che loro conoscono lui e che hanno notato il suo malumore, la sua crescente voglia di non cenare a casa, il suo evitare discorsi sull’università. Lo conoscono e sono lì a dirgli che non è solo.
Giovanni annuisce abbassando lo sguardo e posandolo sulle scarpe.
‘’Che palle zì, Luchino m’ha appena dato ‘na lezione di vita.’’
Dice, grato di essere lì e di aver fumato abbastanza da poter giustificare gli occhi rossi.

   
 
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