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Autore: Dalybook04    11/05/2020    0 recensioni
Sequel di "Tutti i pomodori con cui mi dicesti ti amo"
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Napoli, ottobre 1722
Il diciannovenne Ludwig Beilschmidt scese dalla nave, un borsone in spalla e un'ombra di sorriso sul bel viso rasato di fresco.
Era a Napoli, nella stessa città del suo amore.
Stava per rivedere Feliciano.
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Feliciano lo guardò, con gli occhi piedi di meraviglia, mentre un enorme sorriso si faceva strada sul suo viso
Cosa doveva fare? Stringergli la mano? Abbracciarlo? Baciarlo?
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Lovino Romano Vargas non era mai stato uno che esprimesse apertamente le sue emozioni, ma nonostante questo suo fratello sapeva bene che stava soffrendo
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La quotidianità di quei mesi venne spezzata da un certo prussiano che amava distruggere ogni tipo di tranquillità
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Dopo tanti anni, finalmente Ludwig riesce a tornare a Napoli dal suo amore d'infanzia, Feliciano, per un anno di vacanza.
L'amore a troverà finalmente un modo?
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Principalmente Gerita, accenni Spamano, Pruaus e Fruk
Genere: Fluff, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del diciottesimo secolo e altre storie'
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Napoli, ottobre 1722
Il diciannovenne Ludwig Beilschmidt scese dalla nave, un borsone in spalla e un'ombra di sorriso sul bel viso rasato di fresco. Era felice, emozionato, sentiva il cuore battere all'impazzata e le mani sudare per l'agitazione.
Dopo anni nell'accademia militare era finalmente uscito al compimento dei diciotto anni e aveva passato un anno con i suoi genitori, cercando l'occasione per dire loro della sua intenzione di fare un viaggio in Italia e studiando per migliorare il suo spagnolo. Poi, l'occasione perfetta: suo padre lo voleva far sposare con una dama di cui Ludwig neanche sapeva il nome. Allora aveva espresso la volontà di fare una vacanza di un anno prima del matrimonio, prima di unirsi per sempre a qualcuno, e i suoi, sotto anche pressione di Gilbert, glielo avevano concesso. D'altronde, era sempre stato il figlio perfetto, diligente e dedito al lavoro e alla famiglia: perché non concedergli un po' di svago, prima che si legasse per sempre a una sconosciuta come loro volevano?
Ludwig aveva detto di voler studiare un po' d'arte e aveva scelto Napoli come città, con qualche scusa sul porto e sui prezzi convenienti inventata sul momento. Così i suoi gli avevano affittato un piccolo appartamento vicino al centro per un anno, con la promessa che gli avrebbero mandato ogni mese i soldi sufficienti per mangiare e concedersi qualche vizio, credendo che sarebbero stati spesi in libri o cose simili. La verità era un'altra, Ludwig era lì per ben altro motivo.
Sorrise pensando che avrebbe rivisto Feliciano e istintivamente strinse il piccolo crocifisso d'oro che portava al collo con una mano, per farsi coraggio.
Non aveva idea di dove fosse. Il fratello era venuto a trovarlo prima della partenza e gli aveva detto che, da quel che aveva saputo dalle lettere di Antonio, i due fratelli italiani erano ancora a Napoli; aveva aggiunto che, quando aveva saputo della sua partenza, aveva scritto all'amico chiedendogli l'indirizzo, ma prima che la lettera e la risposta arrivassero ci sarebbero volute settimane; aveva promesso che, se Ludwig non avesse trovato il suo vecchio amore per conto suo, gli avrebbe scritto l'indirizzo non appena l'avesse saputo.
Il tedesco sorrise maggiormente girando per il porto. Si ricordava quanto fosse rumoroso Feliciano, pensava che lo avrebbe notato subito. Era felice, dopo anni e anni chiuso in accademia, finalmente stava per ritrovarlo. Finalmente era lì, a Napoli, vicino al suo amore.
Era rumorosa, Napoli, calda e accogliente. Passò per il mercato, sentì i mercanti urlare per attirare clienti, esclamare in napoletano per offerte e prodotti che Ludwig non capiva, ma lo divertiva il suono, era molto più dolce e musicale del tedesco.
Fece un giro per tutto il centro, osservò le statue e le fontane, i palazzi e le case, finché qualcosa non attirò la sua attenzione. Davanti ad un negozio, in un vicolo laterale alla piazza dove si trovava lui, erano esposti alcuni dipinti, davanti ad alcune casse di pomodori e altre verdure. Ludwig si avvicinò e rimase paralizzato alla vista di uno di questi.
Era lui. Lui da piccolo, di circa dieci anni, proprio del periodo in cui aveva incontrato Feliciano; era di profilo, leggeva un libro con gli occhi brillanti, portava la collana dell'italiano al collo; alle sue spalle si intravedeva il profilo di un bosco, con la sagoma di un castello in lontananza. Il dipinto era realizzato con una maestria incredibile e Ludwig riconobbe, nel modo di tracciare le linee e sistemare le ombre, una versione più evoluta e matura dello stile del ritratto in bianco e nero che custodiva gelosamente in tasca. Lo tirò fuori e confrontò i due dipinti. Non se ne intendeva di arte, ma sembravano proprio dello stesso autore. Notò in quel momento una firma, nell'angolo in basso a destra, e si chinò a controllare.
F. Vargas
Trattenne il fiato. Non sapeva il cognome di Feliciano. Quella calligrafia gli era estranea, era totalmente diversa dalle lettere tremolanti, la scrittura di qualcuno inesperto, che ricordava. Eppure...
-veee, signore! Le piace il dipinto?- Ludwig si voltò e, se già a sentire quel ve gli erano venuti i brividi, a inquadrare il suo interlocutore sentì il sangue gelarsi nelle vene.
Era Feliciano.
Era cresciuto, ma indubbiamente era lui. Se quando erano piccoli era stato leggermente più alto del tedesco, la situazione era decisamente cambiata e ora gli arrivava appena alla spalla. Era sempre mingherlino, crescendo la somiglianza con il fratello si era fatta sia più evidente sia più rarefatta. Se Ludwig ricordava Lovino come scontroso ma dal viso piuttosto dolce, il Feliciano che aveva davanti aveva i capelli più chiari, gli occhi color ambra invece che verde-castani, i lineamenti da bambino sostituiti da altri più affilati, più maturi, con un adorabile naso a bottoncino e un sorriso così aperto e solare da farlo sembrare ancora un bambino. Ma nonostante la pubertà e il raggiungimento dell'età adulta, era ancora Feliciano: stesso sorriso, stessi occhi, stesso spettinato caschetto castano, stesso ciuffo ribelle. Era una versione più cresciuta del bimbo di tanti anni prima, tutto qui. Ed era anche più bello, si ritrovò a pensare con imbarazzo.
Non sembrò riconoscerlo, ma Ludwig non se ne stupì. Lui invece era cambiato eccome. Gli anni in accademia lo avevano reso molto più muscoloso e cupo, e se già da bambino il suo sorriso era piccolo e quasi invisibile, ora era praticamente intangibile. Era molto più alto, poco più di un metro e ottanta per intenderci. Gilbert vedendolo così cresciuto aveva fatto una scenata perché "il mio fratellino non può essere più alto e muscoloso di me! Torna subito piccolo e carino!". Portava i capelli biondi tirati indietro, ma quella era la cosa meno cambiata del suo viso, insieme agli occhi. I lineamenti erano molto più maturi, più netti e decisi, mascolini, da incutere timore a chi non lo conoscesse e affascinare le donne per il "fascino del rude", come lo aveva chiamato Gilbert. Ludwig aveva avuto una crescita improvvisa, era stato uno di quei ragazzini che si svegliano da un giorno all'altro venti centrimetri più alti e con i lineamenti completamente stravolti e i duri allenamenti militari non avevano fatto altro che renderlo più forte e più grosso, più rigido e inflessibile.
Non ottenendo risposta, Feliciano inclinò la testa da un lato con aria interrogativa, un'abitudine adorabile che il tedesco ricordava avesse anche da piccolo.
-signore? Si sente be...- la domanda gli morì sulle labbra quando notò la croce dorata che gli pendeva dal collo, affianco a una croce celtica in ferro. Lo squadrò sgranando gli occhioni ambrati, notò il dipinto che stava osservando, vide il foglio che teneva in mano e ne intravide il disegno e poi guardò di nuovo Ludwig, troppo stupito per parlare. Si coprì la bocca con le mani, gli occhi colmi di meraviglia. La domanda che fece fu a mala pena un sussurro.
-Luddi?
Ludwig annuì, senza riuscire a parlare, lo stomaco serrato in una morsa.
Feliciano fece ricadere le braccia lungo i fianchi, mentre lentamente un enorme sorriso si faceva strada sul suo volto. Ludwig deglutì e fece un sorriso timido, prima che l'italiano gli saltasse addosso e lo stringesse in un abbraccio che appena lo fece respirare.
-ve, lo sapevo, ve, sapevo che saresti tornato! Ve mi sei mancato tanto tanto, Luddi, tantissimo ve!- Ludwig lo strinse, sollevandolo da terra per la felicità.
-anche tu mi sei mancato, Feliciano- inspirò il suo odore; sapeva di pittura, sapone e pane appena fatto, un odore buonissimo che gli diede alla testa.
-ve, Luddi, ho fatto quel dipinto a posta, così mi avresti trovato, ve! E ha funzionato!
-è un dipinto bellissimo, Feliciano, sei davvero fenomenale- a quel complimento lo vide arrossire e sorridere compiaciuto.
-veeee, grazie Luddi!- si scostò dal suo abbraccio e lo prese per mano -vieni, ve, questo è il negozio del mio fratellone, te lo ricordi ve? Prima ci lavorava e basta, ma ve quando è morto il proprietario ha lasciato a lui sia il negozio sia l'appartamento sopra, ora ci viviamo. Vee, quando è bel tempo il fratellone mi lascia esporre i quadri qui fuori, anche se con il sole si rovinano un po', e ve a volte qualcuno li compra! E, ve, chissà, magari un giorno passerà di qui il curatore di una mostra e, ve, mi chiederà di esporne alcuni! Ve, sarebbe bellissimo Luddi!- parlava a macchinetta, tanto che a mala pena Ludwig riusciva a stargli dietro, ma gli piaceva sentirlo parlare.
-veeeee, fratellone, non puoi capire chi sia arrivato!- urlò entrando in negozio, in spagnolo -ve, Luddi, lo capisci lo spagnolo, o l'hai dimenticato?
-ja, un po' lo parlo.
-bene, ve! Perché Lovi non parla tedesco, si rifiuta di impararlo.
-Felicià! Che cazzo c'hai da urlare?- sbottò Lovino, arrivando da dietro alcuni scaffali, nonostante stesse anche lui urlando.
-ve, ve, fratellone, è tornato Luddi! Guarda, è venuto a trovarci ve e ora è altissimo e fortissimo, prima mi ha preso in braccio come se non pesassi niente!
-oh, fantastico. Un crucco. Che bello- roteò gli occhi. Anche Lovino era cambiato. Non fisicamente, non molto almeno, era solo più vecchio, sulla trentina. Ma, se anni prima era solo scontroso, gli anni lontani da Antonio lo avevano reso acido, apatico, con due occhi che sembravano guardarsi intorno alla ricerca continua di qualcuno, delle rughe sulla fronte per tutte le volte in cui doveva averla aggrottata, due occhiaie nere e delle borse enormi sotto gli occhi.
Ludwig sapeva la loro situazione grazie a suo fratello e non disse niente a riguardo, per non infierire.
Lovino lo squadrò con un sopracciglio inarcato -bene, macho patato. Sei cresciuto, eh?
-uhm, ja...
-ve, ve, fratellone, fratellone, può restare a cena da noi? Ti prego, ti prego!
Lovino sbuffò -se ci tiene. Ora fuori dai piedi, devo lavorare.
-ve, va bene, gli faccio vedere un po' la città, non hai bisogno che ti aiuti, ve?
-no, no- Lovino fece un gesto incurante con la mano -vai pure, tanto anche prima non stavi facendo un cazzo.
-vee, grazie fratellone!- lo abbracciò, con un sorriso da un orecchio all'altro. Ludwig pensò che non potessero più diversi: due fratelli, uno forzato a crescere, l'altro a non farlo; uno reso acido dalla vita e dall'amore, l'altro solo felice di averlo ritrovato.
Prima che Ludwig se ne rendesse conto, Feliciano lo aveva trascinato fuori, nel sole tiepido di Napoli.
-ve, ve, Luddi! Devi vedere tantissime cose! C'è un negozio dove fanno della limonata buonissima e la proprietaria a volte me ne regala un po' e... e ve c'è un negozio bellissimo dove vendono tutte le cose per disegnare e dipingere e profuma di carta e colore e il negoziante a volte mi regala le matite rovinate o le tele sporche. Veee, per il compleanno il fratellone mi ha regalato della pittura e un pennello bellissimo, ha detto che ve anche la mamma dipingeva tanto. Oh, poi devi vedere una piazza bellissima dove mi metto sempre a disegnare e dove ci sono gli uccellini, ma ve non so se ci sono ancora, speriamo di sì! Oh e ve devi conoscere un vecchio signore che ve è sempre lì con il suo cagnone grosso e spaventoso, ma in realtà è bravissimo. Ah e ve ti devo far vedere il vicolo dietro il negozio del fratellone, ci sono tanti gattini adorabili e gli do sempre gli avanzi e ce n'è uno bellissimo tutto nero che ti somiglia tanto e ve...- Feliciano parlava a raffica, senza dargli il tempo di replicare o in generale aprire bocca, ma a Ludwig non importava. Gli piaceva sentire parlare Feliciano, avrebbe potuto ascoltarlo per ore parlare di qualsiasi cosa; e poi quando parlava di qualcosa che gli piaceva gli si illuminavano gli occhi e aveva un sorriso così adorabile che il tedesco aveva una grandissima voglia di baciarlo. Però non poteva. Prima di tutto, erano in pubblico. Secondo, non voleva affrettare le cose e rovinare tutto; quando lo aveva baciato da bambino era stato un bacio completamente innocente, come uno di quei bacini che gli dava sulla guancia Feliciano, solo sulla bocca. Era stato solo un dono d'addio, di un paio di secondi; eppure, nonostante questo, se si concentrava bene riusciva ancora a sentirne il sapore.
Voleva sentirlo ancora, voleva assaporare il sapore di Feliciano direttamente sulle labbra, voleva stringerlo, non solo come avevano fatto prima. Voleva stringerlo come un'amante, voleva stringerlo sapendo che nessun'altro l'avrebbe fatto, non come lo faceva lui. E ancora voleva possederlo, essere suo come lui sarebbe stato proprio, sentirlo ovunque intorno a lui, baciarlo su ogni lembro di pelle e sentire il suo sapore che gli solleticava la lingua, come aveva sognato nei tanti anni in accademia, sentendosi anche in colpa per avere rovinato l'immagine pura del piccolo italiano con quei pensieri impuri; ma in fondo erano stati quei pensieri a tenerlo più caldo in inverno e il sogno di dormire stretto a lui quello che gli faceva dormire sogni sereni e profondi.
Quello che il nostro molto teutonico Ludwig non sapeva, era che Feliciano lo desiderava ancora più di lui. Voleva baciarlo e farsi baciare, voleva seppellire le mani in quei capelli dorati e aggrapparsi alle sue spalle larghe come ad un'ancora; voleva passare ogni notte della sua vita con l'altro, ma lui non si vergognava ad ammetterlo: stava solo aspettando il momento giusto.
I tempi in cui dormiva terrorizzato all'idea che una cicogna si sbagliasse e gli mettesse un bimbo nella pancia erano finiti quando aveva compiuto dodici anni. Quel giorno Lovino, dopo avergli regalato un piccolo taccuino e una matita nuova, lo aveva preso da parte e gli aveva spiegato tutta la faccenda del "come nascono davvero i bambini e non quella cazzata della cicogna". E mentre Ludwig era rimasto traumatizzato e aveva sognato per settimane vagine che lo aggredivano e lo ingoiavano, Feliciano aveva semplicemente ignorato la parte per lui non interessante e chiesto al fratello come facessero due uomini. Rosso come un pomodoro, Lovino glielo aveva spiegato in breve, per poi andarsene quasi di corsa quando il suo non-più-tanto-innocente fratellino gli aveva chiesto se lui lo avesse fatto con il fratellone Antonio. Non ne avevano più parlato, ma Feliciano non aveva più smesso di pensarci (non a suo fratello e al fratellone Antonio eh, anche se poteva benissimo immaginare perché suo fratello lo avesse lasciato dormire con il tedesco senza fare troppe storie) e di pensare a Ludwig, ora in vesti completamente nuove. Vesti che lo vedevano senza la minima traccia di vesti, se mi concedete il gioco di parole. Immaginava come fosse cresciuto, lo immaginava alto, sempre biondo, con la voce rauca che gli sussurrava in tedesco all'orecchio mentre...
Potrà anche sembrare innocente, ma una fervida immaginazione di certo non gli manca, ve lo assicuro.
Ma tornando a noi, Feliciano neanche nelle sue fantasie più sfrenate aveva immaginato che il suo "amico" d'infanzia sarebbe diventato così... perfetto? No, di più. Era un ammasso di muscoli su un fisico degno delle statue degli dei greci e romani che Feliciano vedeva sul libro che gli aveva regalato lui stesso, con dei capelli di oro puro e due occhi che gli ricordavano il mare d'inverno, quando il sole era freddo e il mare rifletteva il cielo di un azzurro glaciale e perfetto, aggiungendoci però il riflesso del sole, che nel caso del tedesco era quel luccichio che gli illuminava lo sguardo quando leggeva qualcosa che lo incuriosiva e lo appassionava, o quando guardava Feliciano. Andava oltre disegno, per l'italiano era lui la rappresentazione perfetta di quella perfezione tanto cercata dagli Antichi Greci, era la sua incarnazione, e Feliciano moriva dalla voglia di fare dipinti, statue, affreschi... tutti con lui come soggetto.
Si leccò le labbra al pensiero di dipingerlo, di scolpirlo per sempre sulla tela, rise tra i baffi pensando che era proprio quella la disperazione dell'artista: avere il soggetto perfetto e non sapere come rappresentarlo. Ripensò a Leonardo, che si portava la sua Gioconda in giro per farci dei ritocchi continui, ripensò ai realistici busti romani, alle perfette statue greche e si chiese come avrebbe fatto a rappresentare al meglio il compagno. Tela e pittura? Be', non era in grado di scolpire, quindi per forza. O forse meglio un disegno a matita? Un primopiano sul viso? Ma escludere quel fisico statuario sarebbe stato un vero peccato, un insulto a Dio che si era impegnato tanto per crearlo. Un nudo? Oooh, Feliciano sarebbe impazzito a fare un nudo di Ludwig; gli sarebbe davvero piaciuto avere una scusa per godere di quel degno panorama, ma si sarebbe distratto di continuo; e sì che lui aveva la capacità di concentrazione di un moscerino, ma quando dipingeva si immergeva in un mondo da cui era quasi impossibile tirarlo fuori, se non a opera conclusa. Per un corpo come quello, o si sarebbe concentrato tanto da creare un capolavoro, o sarebbe saltato addosso al tedesco dopo pochi minuti. Era curioso di sapere come sarebbe andata, parecchio curioso, in fondo ci avrebbe guadagnato in ogni caso.

-ve, ve, Luddi. Torniamo a casa?- alla fine, Feliciano lo aveva fatto girare per tutto il pomeriggio per Napoli, dopo essere prima passati nel piccolo appartamento che gli avevano affittato i suoi genitori per posare i bagagli, mostrandogli decine di negozi, palazzi, piazze, strade... tutti posti non particolarmente turistici o famosi, ma che erano importanti per l'italiano. La piazza dove andava a disegnare nel tempo libero, il vicolo dove giocava con i gatti randagi, un palazzo del quale apprezzava molto l'architettura... tutti posti che avevano una storia, un valore emotivo: tutte parti del cuore di Feliciano, tutti luoghi che Ludwig voleva conoscere al meglio.
Nel sentirgli chiedere di tornare a casa, il tedesco perse qualche battito. Sembrava quasi intendesse una casa loro, una casa dove potessero vivere insieme, come un marito e una moglie; a Ludwig sembrò quasi di vederla: una casetta in campagna, con un ampio giardino dove Feliciano sarebbe andato a disegnare quando era bel tempo, un letto matrimoniale dove dormire abbracciati, un bagno con una vasca abbastanza grande per poter fare il bagno insieme, i gatti del vicinato che venivano a chiedere loro la pappa, Feliciano che rideva quando uno di questi gli leccava la mano per ringraziarlo, facendogli il solletico; Feliciano che lo chiamava ogni giorno per pranzare, mentre per cena non era necessario, visto che cucinavano insieme. Un grande tavolo sul retro che tiravano fuori dallo sgabuzzino per mangiare all'aperto nelle giornate calde, una veranda dove sedersi a rilassarsi, un camino con davanti un divano dove coccolarsi bevendo qualcosa di caldo nelle rigide serate d'inverno.
Ebbe il flash di quella casa dove passare il resto della vita con Feliciano, un sogno così bello e irrealizzabile da farlo sorridere.
-sì, Feliciano. Andiamo a casa.
-veeeee, Luddi, stai bene? Hai una faccia strana...
-sì, sì, tranquillo. Stavo solo pensando a... una cosa.
-veeee, Luddi, sai che bello se potessimo vivere insieme? Avremmo una grande casa in campagna, con un grande giardino, in estate tireremmo fuori un tavolo per mangiare fuori, ma ve, lo faresti tu perché non sono abbastanza forte, io porterei le sedie, e, vee, il fratellone e il fratellone Antonio vivrebbero vicino a noi e verrebbero a pranzo la domenica, o andremmo noi da loro, tu avresti uno studio tuo pieno di libri e io uno mio pieno di colori, avremmo una camera degli ospiti per tuo fratello, quando ci verrà a trovare, e tutta la casa profumerà di...
-fiordaliso e margherite.
-sì, ve! Mi hai letto nel pensiero. E poi a cena cucineremmo insieme la pasta e...
-pasta?
-sì, ve, la pasta.
-cosa... cos'è la pasta?
Feliciano si fermò e lo guardò scioccato.
-non sai cos'è la pasta?
Ludwig scosse la testa. Non aveva mai visto l'altro così serio, faceva quasi paura.
-ve, questo non va bene! Stasera te la faremo mangiare! Assolutamente.
-uhm, va bene...
-ve, andiamo, così aiuto il fratellone a cucinare e gli dico di fare la pasta. Non puoi non averla mai mangiata!
-ehm... va bene.
Mentre tornavano a casa (di Lovino, si dovette ricordare il tedesco), a Ludwig sorse una domanda spontanea.
-Feliciano?
-vee, dimmi Luddi.
-prima hai parlato di...- si guardò intorno, accertandosi che Lovino non fosse nei paraggi, nonostante fossero comunque abbastanza lontani dal negozio -di Antonio. Hai detto che lui e tuo fratello ci sarebbero venuti a trovare la domenica, o noi saremmo andati da loro.
-sì, ve, nel mio sogno lui è tornato e il fratellone è felice.
-sì ma l'hai detto con un tono... come se fossi certo che sarebbe tornato.
-ve, Luddi, non fare lo sciocco, certo che tornerà. Lo ha promesso.
-non ne sarei così sicuro, Feliciano. Ci sono cose che...
-ve, l'amore trova sempre un modo, Luddi. Sei tornato tu, perché il fratellone Antonio no?
-Feliciano, sono qui in vacanza, solo per un anno. Poi dovrò tornare a casa- "casa mia" si disse "la casa che dividerò con una donna di cui neanche so il nome". Sentì le lacrime pungergli la gola.
-però sei tornato- ribatté Feliciano, con un sorriso così puro, bello e devastante che l'altro appena si ricordò di respirare. Istintivamente, quasi per controllare che fosse davvero lì, l'italiano gli prese la mano -ora sei qui con me.
Aveva ragione. A chi importava del futuro? Ludwig aveva poco tempo, molto meno di quanto avrebbe voluto, da passare con Feliciano. Potevano fantasticare quanto volevano su una casa perfetta: non l'avrebbero mai avuta. Lo sapevano benissimo entrambi. Feliciano ci credeva, credeva davvero che un giorno avrebbero avuto il loro lieto fine, eppure, se anche fosse successo, nessuno garantiva loro che lo avrebbero avuto subito. Ma ora erano lì. Erano lì e dovevano godersi il tempo che avevano, il meglio possibile. Lì, tenendo per mano Feliciano, a Ludwig non importavano le conseguenze; non gli importava cosa avrebbe pensato la gente, anche perché per il momento era una stretta assolutamente platonica; non era importante cosa avrebbero pensato i suoi genitori, quando quella vacanza sarebbe finita, o chi avrebbe dovuto sposare dopo. L'unica cosa importante era Feliciano. Feliciano, con quel suo bel sorriso e quegli occhioni adorabili; Feliciano, che amava i gatti, la pasta e disegnare; Feliciano, che sembrava leggergli nel pensiero.
Importava solo Feliciano ed era giusto così.
Ludwig sorrise, sorrideva sempre quando c'era l'altro vicino a lui, e gli strinse la mano.
-hai ragione, Feliciano. Ora torniamo a casa, sono davvero curioso di assaggiare la pasta.

Alla fine, la pasta era davvero buona, anche se i due fratelli ne sembravano ossessionati.
Avevano cucinato abbastanza da sfamare un esercito, da quel che aveva capito avevano usato dei prodotti di scarto del negozio. Per fortuna Ludwig mangiava molto, altrimenti avrebbe fatto ingrassare i gatti del quartiere per tutti gli avanzi, che comunque c'erano stati, anche se pochi.
-mh, è avanzata della roba. Feli, fammi un favore, mentre lavo i piatti dividi gli avanzi che devi dare ai gatti da quello che si conserva.
-certo, fratellone.
-uhm, posso aiutare in qualche modo...- Lovino lo incenerì con lo sguardo.
-sei un ospite, stai seduto.
-va bene...
Dopo cena chiaccherarono un po', Feliciano gli fece vedere i suoi disegni e, quando andarono a dare da mangiare ai gatti, glieli presentò uno per uno e gli fece anche vedere il gatto che gli somigliava.
-oi, Feli, è meglio che accompagni il crucco a casa prima che si faccia troppo tardi. E torna presto, che mi fai stare in pensiero. Non parlare con gli sconosciuti e torna dritto a casa, mi raccomando.
-va bene, fratellone!- guardò Ludwig e gli porse la mano -andiamo?
Ludwig gliela prese con delicatezza. Aveva la mano così piccola in confronto alla sua che aveva quasi paura di rompergliela -andiamo.

Per tutto il tragitto, Feliciano parlò a macchinetta delle cose più svariate, dalle tipologie di pasta che conosceva, ai suoi gattini, a quella volta che aveva trovato una pietra a forma di cuore sulla spiaggia. Solo quando arrivarono sotto casa di Ludwig sembrò farsi serio. Lo accompagnò fin davanti alla porta d'ingresso, al secondo piano del palazzo ora silenzioso, esitando al momento di salutarlo.
-ve, Luddi...
-dimmi, Feliciano- anche Ludwig era in imbarazzo. Doveva stringergli la mano? Abbracciarlo? Baciarlo? Quanto era difficile interagire con le persone! E con Feliciano... no, decisamente non poteva permettersi di rovinare tutto.
-ecco io... volevo dirti che, ve... ricordo tutto della prima volta che ci siamo visti- gli si avvicinò, leggermente rosso in viso, le labbra che sembravano invitarlo a lasciarci un bacio -tutto quanto. Anche il...- lo sussurrò, spaventato che qualcuno potesse sentirlo e sempre più rosso sulle guance -il... insomma sì il... ve, il bacio.
Ludwig sentiva il viso rosso, la vicinanza con l'altro gli stava facendo girare la testa; sentiva lo stomaco in subbuglio, migliaia di farfalle che gli tormentavano le viscere, la mano sudata ancora stretta a quella sottile dell'altro.
-a-ah... sì...- deglutì -sì, ricordo anch'io.
Era troppo presto. Non si aspettava sarebbe accaduto così in fretta. Aveva bisogno di una pausa, un attimo per riprendersi. Era così inaspettato, così imprevedibile, così da Feliciano che avrebbe dovuto aspettarselo.
-e se, ve... se volessi, ehm, hai capito... cioé, per me va bene.
-m-mh...- Ludwig mugolò qualcosa, nel panico. Doveva baciarlo, era il momento giusto, ma non riusciva a trovare il coraggio e non sapeva dove andare a cercarlo -a-anche per me, sì insomma sono venuto qui a posta per... per te, perché ti... mi mancavi ecco, e speravo che...- ammutolì quando Feliciano, con un sorriso timido, gli si avvicinò ancora, mettendosi in punta di piedi e sfiorando il naso con il suo.
-Ludwig...- fu appena un sussurro, erano così vicini che l'altro lo udì comunque. Il suo profumo, il suo calore, il colore dei suoi occhi, quella vicinanza lo stava facendo impazzire. Ludwig chinò la testa per essere più vicino all'altro, lo sguardo incollato alle sue labbra, sottili e apparentemente così morbide. Sentiva le farfalle, maledette, che si agitavano sempre di più facendogli scaldare ancora di più le guance, ma sapeva di non poter dare la colpa a loro per quello che accadde dopo.
Lui e Feliciano si guardarono un'ultima volta negli occhi, con le guance rosse, prima di avvicinarsi ancora e incontrarsi finalmente in un bacio, che era completamente diverso dal primo che si erano scambiati tanti anni prima. Se quello era stato appena uno sfiorarsi innocente, questo era un qualcosa di giustamente più maturo, profondo; Ludwig gli prese il viso tra le mani e l'altro gli allacciò le braccia al collo per tirarselo più vicino. Erano vicini, c'era solo la stoffa dei giacconi a dividerli, ma andava bene così. Feliciano aveva le labbra morbide, sapevano ancora della pasta mangiata per cena. Così da vicino il tedesco riuscì a sentire ancora meglio il suo profumo, che aveva una lieve nota di mare, quasi impercettibile. Quel bacio aveva un non so che di affamato, bisognoso, quasi che ne avessero bisogno per respirare, quasi che non ne potessero fare a meno. Ludwig si sentiva come se non sapesse più niente, come se non ci fosse più niente, niente genitori, niente matrimoni, niente rischio di venire visti: tutto ciò che esisteva era Feliciano e la sua bocca sulla sua. C'era qualcosa, forse nel modo in cui le labbra di Feliciano si incastravano tra le sue, o nel modo in cui il suo corpo si stringeva al suo, oppure nel modo in cui sentiva le sue guance morbide contro le dita, o forse nel bacio in sé, nel fatto che gli venisse così naturale baciarlo e farsi baciare, nella serenità che sentiva nel farlo, nelle farfalle che si erano finalmente calmate, mentre il cuore batteva forte, o forse era qualcosa di più profondo e sentimentale, ma insomma c'era qualcosa, forse l'insieme di tutto ciò che ho elencato, che gli dava la sensazione che nessun altro bacio sarebbe stato all'altezza, se non uno con Feliciano. Ebbe la certezza assoluta che mai avrebbe amato altri che lui, come avrebbe potuto? Feliciano era tutto quello di cui potesse avere bisogno. Le responsabilità, le conseguenze, il solo misero anno a loro disposizione... tutto scomparso. Con un solo bacio, quel piccolo italiano dal ciuffo ribelle sembrava aver resettato completamente la sua esistenza, in un istante aveva cancellato diciannove anni di vita, lasciandolo nella pace più assoluta. Lo aveva rinchiuso in una bolla di tranquillità e amore, una bolla dove c'erano solo loro, una bolla dove potevano avere la loro casa di campagna, la loro camera da letto, il grande giardino, le ore passate a cucinare insieme, a stringersi davanti al fuoco in inverno o a mangiare all'aperto in estate, circondati dal profumo di margherite e fiordalisi.
Si allontanarono lentamente, restando comunque stretti l'uno all'altro. Si guardarono a lungo, per poi baciarsi ancora, anche se meno a lungo, perché Feliciano sembrò ricordarsi di una cosa.
-ve, Luddi, devo tornare a casa, o il fratellone mi uccide!- si allontanò da lui e corse via, lasciandolo lì, intontito, sulle scale, davanti alla porta ancora chiusa del suo appartamento. Poi tornò su, gli diede un rapido bacio a stampo e gli sorrise -ve, buonanotte Luddi, a domani. Vengo a prenderti per le dieci, va bene?- gli lasciò un bacio sulla guancia -a domani, ti amo Luddi.
E corse di nuovo via.
Forse vi sembrerà affrettato, ma basta fare un passo indietro per capire che non è affatto così. Partiamo dal dire che Feliciano era sempre stato molto espansivo e sincero e crescendo questa cosa non era affatto cambiata, ma anzi si era intensificata. Non si era mai fatto problemi a dire alle persone che amava ciò che provava, ripeteva a suo fratello quanto gli volesse bene almeno dieci volte al giorno e abbracciava sempre tutti indiscriminatamente. Inoltre, dopo i due mesi con Ludwig, aveva passato anni e anni a rivivere nella sua testa ogni istante passato con il piccolo tedesco, ad analizzarlo, a cercare di comprendere a pieno cosa fosse quel che aveva provato, cosa fosse stato. E ai ricordi dei racconti del Nonno, del modo in cui il fratellone Antonio e il fratellone si guardavano, della disperazione del fratellone, del suo "e così abbiamo entrambi il cuore spezzato, eh?" e soprattutto di quel bacio che sembrava, nonostante la sua dolcezza, essere stato marchiato a forza sulle sue labbra e nella sua memoria, finalmente una notte aveva realizzato a pieno che quel sentimento che aveva scambiato per una cotta era molto, molto di più. C'è quindi da stupirsi che abbia aspettato così tanto a dirglielo, in realtà. Quando si capisce qualcosa di importante, si ha voglia di gridarlo al mondo, di vantarsene, ancor di più quando si tratta di una cosa come l'amore, che chiunque tende a voler gridare ai quattro venti, e ancor di più quando si tratta di Feliciano, che grida ai quattro venti qualsiasi cosa. E così, nell'euforia per quel bacio finalmente dato e per avere di nuovo l'altro con sé, gli era scappato, quasi senza che se ne accorgesse. Se ne rese conto mentre tornava a casa, e sentì subito il viso arrossarsi, ma non se ne pentiva. Era Ludwig: se anche non avesse ricambiato, lo avrebbe amato comunque. Sperava sarebbe stato un momento magico quanto il loro primo vero bacio, ma alla fine andava bene anche così, era stata una cosa così spontanea e giusta che non poteva di certo lamentarsi.
Sorrise, si sentiva ancora quella felicità addosso, così come il suo profumo e le sue labbra e le sue mani e...
Affrettò il passo, doveva tornare a casa.

Angolo autrice:
E si parte con il botto! Mega capitolo in cui si parte in quarta, un po' per farmi perdonare del finale crudele della scorsa storia.
Spero vi sia piaciuto l'inizio di questa nuova storia, che vi anticipo già sarà più lunga rispetto all'altra, in cui succederà davvero di tutto ;)
Alla prossima settimana
Daly

 
   
 
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