Fare pace
Pansy si
sedette sul tavolo in cucina e, dondolando le gambe, guardò
fuori dalla
finestra aperta. Era notte e non riusciva a dormire. Aveva accompagnato
Theo a
casa e lui aveva pianto sulla sua spalla parlandole di Amelia. Lei era
rimasta molto sconvolta dal fatto
che lui fosse
un mago.
Pansy gli
aveva accarezzato la testa e promesso che l’avrebbe aiutato.
Stava veramente
male. Aveva aspettato che si addormentasse e poi era tornata a casa.
Però ora…
Le mancava
Blaise. Non riusciva a dormire. Non dopo che si erano lasciati
così. Perché
doveva sempre pensare che lei non sarebbe stata capace?
Voleva
parlargli. Beh, più che parlargli… Voleva stare
con lui. Sospirò rumorosamente.
Si strinse addosso la vestaglia e scese dal tavolo per andare verso la
finestra.
Poteva
andare da lui? Dopo essere scappata via così?
Sospirò. E se lui fosse stato già
con un’altra? Si morse il labbro guardando la luna. Si
avvicinò per chiudere la
finestra. Prima di chiudere i vetri, guardò
l’ultima volta il cielo.
Certo che la
luna era così bella. Era quasi piena. Sentì un
cane ululare. O era un lupo
mannaro? Era un ululato straziante, denso di disperazione e tristezza.
Un po’
come si sentiva lei in quel momento. Sospirò ancora.
Il rumore
inconfondibile dello sbattere d’ali attirò la sua
attenzione. Un gufo? A
quell’ora di notte? Qualcuno stava male? Mamma! O
papà! Non Daphne!
Poi il gufo
si avvicinò e lei notò con curiosità
di non conoscerlo. Veniva da lei? O andava
da qualcuno dei suoi vicini? Appoggiò un braccio alla
finestra e posò il viso
sulla mano. Guardò il volo dell’incrollabile gufo
fino a quando la raggiunse.
Era grosso.
E un bell’esemplare. Tutto bianco. Un allocco. Un allocco
degli urali. Non ne
vedeva uno da un po’. Uno dei dottori andati in pensione
l’anno prima aveva un
allocco degli urali. Era un appassionato, le aveva spiegato tantissime
cose su
quel tipo di rapace.
Lo osservò
posarsi sulla sua finestra. Si avvicinò e le tese una
zampina. Una pergamena
era arrotolata con un nastrino nero. La prese.
L’allocco volò
poco più in là. Fuori dalla finestra, come se
aspettasse una risposta. Srotolò
la pergamena e sorrise.
Non riesco a dormire. Tu sei
sveglia?
Non era
firmato. Non c’era bisogno. Blaise. Si avvicinò
allo scrittoio e intinse una
piuma nell’inchiostro.
Era
un’offerta di pace. Doveva esserlo per forza. E lei doveva
accettarla. Osò. Il
cuore le batteva a mille mentre scriveva.
Sono sveglia. Neanche io riesco a
dormire. Mi
manchi.
Chiamò
l’allocco e gli legò la pergamena alla zampa.
“Aspetta” gli
disse, accarezzandogli il capo. Prese un biscotto per gufi e glielo
allungò.
Lui bubulò e volò via.
E lei
aspettò. Aspettò. Quanto ci avrebbe messo il
rapace a tornare da lei? Camminò
avanti e indietro, un po’ nervosamente.
Cosa le
avrebbe risposto? E se si fosse addormentato e lei fosse rimasta
lì ad
aspettare una risposta fino… Per sempre? Si
agitò. Non doveva scriverlo. Non
doveva. Non doveva. Forse avrebbe fatto meglio a chiudere la finestra e
tornare
a letto. Alzò le mani per accostare i vetri quando un rumore
alle sue spalle la
fece sobbalzare.
“Merlino!
Scusami.”
Blaise si
era materializzato in soggiorno e l’aveva vista dalla porta
aperta, ma aveva
dato un calcio al divano mentre la raggiungeva.
Lei lo
guardò sorpresa. Aveva fatto male a venire? Ma no, aveva
fatto bene. E si era
anche vestito. Aveva perso tantissimo tempo, dopo aver letto la sua
pergamena.
Pansy
osservava Blaise vicino al divano. Era venuto da lei. Perché
gli aveva detto
che le mancava. Che carino.
Lo osservò
meglio mentre si avvicinava a lui. Aveva i jeans abbottonati, ma la
cintura
penzolava aperta e la sua maglietta era al contrario, infatti riusciva
a vedere
le cuciture. Sorrise. Si era vestito velocemente.
“Immagino di
non dover aspettare il tuo allocco…” Anche lui
sorrise.
“No. Sono
venuto di persona.”
Forse
avrebbe dovuto scusarsi. Per come era scappata fuori dal locale.
Dovevano
parlare. Mentre camminava, la sua vestaglia si aprì e lo
sguardo di lui cadde
sul suo abbigliamento notturno. Sorrise famelico. Lei rise.
Blaise si
leccò le labbra. Pansy aveva addosso una canottiera che le
arrivava appena a
metà coscia e sotto cui non aveva il reggiseno. Ed era
sottilissima. Riusciva a
vederle…
Quando si
chiuse la vestaglia brontolò. Ma sorrise quando fu davanti a
lui e gli tolse la
maglietta. Lui era stato bravo, aveva alzato le braccia per
collaborare,
nonostante lei fosse più bassa. Ma quando la vide girare la
maglietta sul verso
buono e rinfilargliela, imprecò.
“No!” Lei
sorrise.
“Sì.
Stavolta non mi freghi.”
Brontolò
ancora, quando gli chiuse la cintura dei pantaloni. Poi lo
tirò verso il divano
e lo fece sedere.
“Penso di dovermi
scusare per essere scappata così… Ma
Theo…” Giusto. Theo. Scosse il capo.
“Non che mi
interessi più di tanto, però… Theo
come sta?” Pansy sorrise per la sua domanda.
“Theo sta
benino. L’ho lasciato quando si è
addormentato.”
Addormentato?
Erano insieme a letto? Nello stesso letto? Si passò una mano
fra i capelli e si
alzò.
“Tutto
bene?” gli chiese lei. Sì, sì.
Annuì.
Si alzò anche lei.
“Ti dà
fastidio Theo?” Gli appoggiò una mano sul braccio.
No. Sì. Quella sera avrebbe
voluto vederlo cruciato. Alzò una spalla.
“Io e Theo
siamo amici. Ci frequentiamo da tantissimo tempo. Ci sono cose che ho
detto a
lui e non a Daphne. Per me è importante. Ma, appunto,
è un amico…” Nonostante
tutto, capiva quello che intendeva. “Io non ci vado a
letto”.
Pansy vide
Blaise annuire sorridendo.
“E non
perché sono un disastro” disse in un sussurro.
“No. Non sei
un disastro”. Le prese la mano e tornò a sedersi
sul divano, tirandosela sulle
gambe. La sua mano le accarezzò il viso.
“Non mi
piacciono gli ordini. Non voglio che tu me li dia.”
Blaise
spalancò gli occhi. “Non l’ho mai
fatto!” La strega alzò un sopracciglio.
“E invece sì.
Forse neanche te ne accorgi…”
“E
quand’è
che ti ho dato ordini?”
“Quando
volevi venire con me da Theo o quando hai detto che non potevo venire
al San
Mungo a prendere Harris con voi.”
“Beh, non mi
sembra tu mi abbia ubbidito, comunque. Nessuna delle due
volte.”
“Con Harris
ho combinato un casino, hai ragione, ma con Theo…”
“Casino? Tu?
No, perché? Sei stata bravissima. Sono io che ho rovinato
tutto. Se non fossi
entrato così all’improvviso... È che
non immaginavo che dentro l’ufficio ci
fossi tu. Quando lui ti ha preso e voleva smaterializzarsi, mi sono
spaventato.
Ho avuto paura che…” Non riuscì a
finire la frase.
Come? “Ma
non ce l’hai con me perché non ho fatto quello che
hai detto?” Il suo sguardo
confuso era bellissimo e continuò.
“Beh… io so che non dovevo, che avrei dovuto
lasciare a voi Auror quella cosa lì… Ma volevo
parlare con Harris, avevo
bisogno di sapere cosa aveva fatto ai miei pazienti, dovevo
controllare…” Si
agitò un po’ sulle sue gambe e lui, per farla
calmare, le mise una mano sulla
coscia.
Ok. Basta.
“Ho capito perché sei andata da Harris. Quello che
non ho capito… Non sei
arrabbiata con me per averti messo in pericolo?” Lei
corrugò la fronte.
“Io mi sono
messa in pericolo. Lo sapevo che non sarei stata all’altezza
della situa…”
“La moglie
di Potter mi ha detto che ti ha insegnato degli incantesimi.”
Pansy annuì.
“Non potevo mica affrontarlo senza sapere niente di
niente!” Blaise sorrise. La
sua Pansy.
“Ok, allora
basta parlare. La prossima volta che ci sarà un problema,
studieremo il modo
per risolverlo insieme, ok?”
Pansy sentì
la mano di Blaise farle scivolare la vestaglia giù dalla
gamba e osservò la sua
coscia scoperta sorridendo. Quando lui scivolò sotto
l’orlo della camicia da
notte con le dita, si morse il labbro. Quando la sua mano le
accarezzò la
coscia fino alla sua fine emise un’esclamazione divertita e
sorpresa. Sorrise.
Aveva appena
scoperto che non indossava biancheria. Il suono gutturale che emise le
diede un
brivido.
“Ora,
ragazzina, sei nei guai.”
Pansy rise.
Con un gesto calcolato lui la fece stendere sul divano e la
baciò.
***
Un rumore
svegliò Pansy. Non capì subito cosa fosse,
così si guardò intorno.
Era nella
sua camera da letto. Di fianco a lei Blaise dormiva e teneva una mano
sul suo
ventre. Si mise a sedere, spostandogli la mano. Lui brontolò
nel sonno.
Ancora quel
rumore. Realizzò cosa fosse quando vide il gufo che beccava
contro la finestra
chiusa. Malvolentieri si alzò. Cercò la camicia
da notte, ma doveva essere
rimasta sul divano.
Chi le
scriveva? Era notte fonda e Blaise era lì con lei.
Era notte
fonda. Era successo qualcosa di grave? Cercò di calmarsi.
L’aveva pensato anche
prima. Andò vicino alla finestra e
l’aprì.
Riconobbe il
gufo della madre. Per Salazar! Sua madre! Doveva essere successo
qualcosa per
forza. Prese la pergamena e il gufo volò via. Oh, non voleva
una risposta.
Bene.
La lesse e
imprecò. Coloritamente e ad alta voce.
Blaise si
svegliò nel momento che Pansy apriva la finestra. Vide il
gufo andare via e lei
prendere una pergamena. La lesse mentre camminava verso il letto e si
fermò
quando arrivò in fondo. La sentì borbottare
qualcosa.
“Che
succede? Brutte notizie?” I suoi occhi si sbarrarono.
“Mia madre
sta venendo qui!” Come? Cosa? In quel momento?
“Adesso?” Lei
annuì.
“Dov’è
la
mia vestaglia?”
“Sul divano.”
Annuì ancora
e uscì dalla stanza.
Pansy si
diresse velocemente in soggiorno. Sua madre stava arrivando! Santo
Merlino! Non
era mai successo che le mandasse un gufo per annunciare una sua visita.
Beh,
non era mai successo neanche che si presentasse senza avvisare con
largo
anticipo. O che venisse di notte.
Ok, era
confusa. Raccolse la vestaglia sul divano e la indossò
stringendo la cintura.
Quando si girò per raccogliere la camicia da notte, sua
madre si materializzò
di fronte a lei.
“Pansy…”
La
sua voce era un po’ incerta.
“Mamma. Che
è successo?” Raccolse anche i vestiti di Blaise.
Sua madre osservò i suoi gesti
e la sua bocca divenne una linea diritta.
“Non sei
sola?”
“No.”
“Puoi
mandarlo via?” disse, guardando i jeans di Blaise un
po’ pensierosa. Cosa
faceva? Valutava la sua taglia?
“No.”
“È una cosa
di famiglia.”
Le passò
davanti per raggiungere la camera da letto. Quando arrivò
davanti alla porta
questa si aprì e Blaise le prese i vestiti di mano.
Sospirò e tornò da sua
madre, che aveva osservato ogni sua mossa con una faccia critica.
Che
bella novità, mamma.
“È casa
mia.”
“Si tratta
di tuo padre.”
“Che è
successo a papà?” Si spaventò.
Sentì la
porta della camera alle sue spalle aprirsi e Blaise salutare sua madre
prima di
fermarsi dietro di lei. La faccia di sua madre era impagabile. Ma non
era il
momento.
“Cos’è
successo a papà?” chiese ancora, avvicinandosi
alla donna.
“Devi venire
a casa. Subito. Lui… Non sta bene…” Si
voltò velocemente. Pansy annuì.
“Mi vesto”.
E corse in camera.
Blaise
rimase lì in piedi e un po’ imbarazzato. La cara
Lilian lo aveva riconosciuto? Non era sicuro. Alla Gringott era stata
tutto un
profuso di sorrisi e complimenti. Ora… Sperò che
fosse solo preoccupata per il
marito. Che cosa orribile aveva pensato! Lei era preoccupata e lui
pensava solo
a se lo avesse riconosciuto o meno.
“Buonasera.”
Lei si
voltò. Sì, l’aveva riconosciuto. Ma non
era contenta. Borbottò qualcosa in
risposta. Poi lo guardò negli occhi.
“Lei non ha
una casa dove dormire?” Oh, Merlino.
“Mamma!”
strillò
Pansy dalla camera. Sorrise, ma si passò nervosamente una
mano fra i capelli.
Fece dietro front e tornò in camera da Pansy.
“Pansy…”
Lei
si stava pettinando velocemente davanti allo specchio. Raccolse alcune
cose dal
comodino e si girò verso di lui.
“Scusa,
Blaise. Mia madre quando è preoccupata è un
po’ scortese… No, a dir la verità
lo è sempre. Ma non è colpa tua”. Lui
scosse la testa. Doveva andare a casa?
“Se vuoi me
ne vado…” Aveva sentito quando lei aveva detto
alla madre che non lo avrebbe
mandato via. Ma poteva averlo fatto solo per presa di posizione. Il suo
sguardo
si adombrò un attimo.
“Sì, ok. Vai
pure a casa. Non c’è
bisogno…” Abbassò lo sguardo e si
incamminò verso la
porta. La bloccò per un braccio.
“Dimmi cosa
vuoi tu.”
“Io?”
“Sì. Se vuoi
che venga con voi, verrò. Se hai contraddetto tua madre per
dispetto e ora hai
cambiato idea, me ne vado. Dimmi tu.”
“Ti direi di
venire con noi. Ma non ti voglio così male”.
Cercò di sorridere. Blaise annuì.
“Vengo con
voi, allora.”
Pansy aprì
la porta di quello che sembrava un armadio e prese una borsa da medico.
“A tuo
rischio e pericolo.” E tornarono in salotto dalla madre.
“Dov’è?”
chiese Pansy alla madre.
“A casa.
L’ha portato Okklely
poco tempo fa. Lui… Devi vederlo”
disse la strega, scuotendo la testa.
La ragazza annuì.
“Andiamo”.
Sua madre guardò i suoi
vestiti. Ma
non disse niente. Per comodità aveva infilato un paio di
jeans e un
maglioncino. Ma sapeva che neanche se avesse messo un vestito
d’alta moda sarebbe
andato bene comunque.
“Lui viene con
noi?” Sua madre squadrò
Blaise come se fosse stato un Doxy su una tenda ammuffita.
“Sì,
mamma”. Sentì la mano del ragazzo
posarsi sulla sua spalla.
“Non
vi darò fastidio. E non dirò niente a
nessuno.”
Pansy prese la borsa.
“Oh, non preoccuparti.
Mia madre pensa
che tu sia una persona molto discreta.”
Blaise non capì bene
cosa intendesse
Pansy, ma sembrava un’altra frecciatina per sua madre, che
fece un’altra
smorfia, così stette zitto.
Lei lo prese a braccetto e tutti e
tre
si materializzarono a casa dei genitori di Pansy.
Nell’ingresso, iniziarono a
salire la scala. Quando entrarono nella camera dei genitori di Pansy,
suo padre
giaceva a letto, incosciente. Il suo viso e una gamba, le uniche parti
non
coperte dal lenzuolo, erano rosse come il fuoco e coperte di pustole
giallognole. Era veramente impressionante.
“Merlino!”
Sentì esclamare Pansy alla
sua destra.
Pansy guardò il padre
con occhi
sbarrati e poi si voltò verso la madre e Blaise.
“Andate fuori. Mamma,
papà ha avuto
contatti con qualcuno da quando è tornato?” Sua
madre scosse la testa. “Dov’era
quando Okklely l’ha portato a casa? Dove ha preso la
Spruzzolosi?” Spruzzolosi?
Blaise fece un passo indietro senza rendersene conto. Lei gli
appoggiò una mano
sul petto e lo spinse appena.
“Andate fuori”
ripeté. La madre uscì
dicendo che avrebbe chiamato l’elfo.
Pansy si avvicinò al
padre, ma non
troppo. Tirò fuori la bacchetta.
“Papà. Mi
senti?” L’uomo girò la testa
verso di lei. Sorrise.
“Pansy, bambina
mia” Oh, parlava. Era
una buona cosa. E l’aveva riconosciuta. Anche quella era una
cosa buona.
“Ti faccio un
incantesimo, ok?
Potresti sentire un po’ di fastidio.”
Suo padre la guardava sorridendo.
Pensò che non avesse sentito niente di quello che aveva
detto. Mosse la
bacchetta e una luce blu uscì dalla punta. Suo padre si
agitò appena quando
l’incantesimo lo colpì. Guardò
l’orologio. Doveva aspettare sette minuti e
ventiquattro secondi. Poi avrebbe dovuto rifarlo. Tre volte.
Blaise seguì Lilian fino
a un
salottino vicino alla camera quando lei gli fece cenno di seguirlo.
Doveva
essere un salottino privato.
Vide delle cornici con delle foto,
sul
tavolino vicino a dove si era seduta: Pansy, da piccola. In una aveva
un tutù
di tulle e faceva qualche passo di danza. Con una faccia da prigioniero
di
Azkaban.
“È sicura?
Posso aspettare fuori.”
La strega lo guardò con
un’occhiataccia tale che se Blaise non fosse stato abituato
con sua madre,
avrebbe balbettato qualche scusa.
“Vieni dentro”
gli ordinò. La madre di
Pansy chiamò l’elfo e gli disse di portare il
tè. Il tè? Ma cosa…
Quando l’elfo
portò il tè, dopo
neanche due minuti, Lilian gli disse che Pansy era nella camera del
padre e
voleva fargli qualche domanda. Lui annuì e si
smaterializzò.
La donna versò il
tè per Blaise e gli
allungò la tazzina. Quando la prese, però, lei
non la lasciò. Così fu obbligato
ad alzare gli occhi dalla tazza per guardarla.
“Che intenzioni hai con
mia figlia?” chiese
e finalmente lasciò andare il piattino.
OK. Ora avrebbe voluto essere andato a casa. Mescolò lo
zucchero nella tazzina
lentamente e guardò il liquido scurirsi. Quando
capì che non avrebbe risposto,
continuò.
“Sai dov’era
mio marito quando l’elfo
lo ha portato a casa?” Lui alzò lo sguardo sulla
donna. Lei lo sapeva? “Era in
un bordello” Oh, Merlino!
“Lei…”, indicò con la testa
la direzione della camera
dove avevano lasciato Pansy “vorrà andare a
visitare quelle persone. Vorrà
guarire anche loro…” Sospirò ancora.
“Puoi accompagnarla? Anche se dirà che non
c’è bisogno? Lei non sa come sono quei
posti…” La donna venne scossa da un
brivido.
Blaise annuì.
“Accompagnerò Pansy
ovunque voglia andare. A lei piace curare le persone. E le riesce molto
bene”.
Annuì anche la strega.
“Lo so. È
molto brava nel suo lavoro.”
Era strano sentirlo dire da quella
donna.
“Però a lei non piace?” Lilian lo
guardò, poi prese un sorso di tè e rimise
giù
la tazza.
“Pansy è
troppo buona. E pensa che le
altre persone siano tutte come lei. Rimarrà fregata. Come la
storia al lavoro.
Non è stata colpa sua, sai?” Lui annuì
senza dire niente.
“Se non riesco a trovare
qualcuno che
le stia vicino e se ne prenda cura, ho paura che possa finire male. Lei
dice
che ho tentato di farla fidanzare con chiunque, ma non è
vero. Ho scandagliato
ogni persona che le ho proposto. Erano tutte a posto. Tutte brave
persone. Che
l’avrebbero trattata bene…”
“Ma lei ha detto di
no.”
“Già.
È stata molto testarda.”
La donna sorrise, come se la cosa
la
riempisse di orgoglio. Non capiva ancora, però.
“Pansy è molto forte. E molto
in gamba. Nessuno deve prendersi cura di lei. Perché lei
è capace di farlo da
sola. Anche se immagino che quando vorrà, lei lo
permetterà alla persona che
sarà al suo fianco. Ma non ha bisogno di nessuno. E questo
le porta una grande
libertà: poter scegliere. Lo faccia fare a lei. E gliene
sarà grata” disse,
prima di prendere la tazza con disinvoltura. La strega alzò
un sopracciglio e
finì il tè. “Ha scandagliato anche
me?”
“Già. Ma
quando le ho detto di essere
andata da tua madre, non ha dato in escandescenza come le altre
volte.”
“No?” chiese,
curioso, prima di rendersene
conto. Lilian lo notò.
“Prima mi ha contraddetto
due volte
per te”. Sorrise anche lui. Era vero. Ma per chi lo aveva
fatto?
“Così ha detto
che mi avrebbe preso in
considerazione?” Sperò di non sembrare un bambino
che prega per una scopa
nuova. Lilian alzò un sopracciglio.
“Assolutamente no. Non
direbbe mai una
cosa del genere. Non a me. E non le è piaciuto quando le ho
parlato del tuo
miglior pregio.”
Che sarebbe?
“Quale?” chiese un po’
sostenuto.
“Che quando
l’avresti tradita,
l’avresti fatto con discrezione.”
O Per Salazar! Ma lui…
“Non ho intenzione di
tradirla!” esclamò,
forse con un tono troppo alto. Lei sorrise ancora, ma non disse niente.
Blaise finì
il tè e si alzò. Sbagliava o era appena stato
sottoposto ad un esame? Mmm… Forse
poteva rischiare di prendersi la Spruzzolosi.
“Per quel che vale, mi fa
piacere, quello
che hai detto. Potrei fare il tifo per te.”
Si meravigliò quando
vide l’occhio
destro della donna chiudersi e riaprirsi in un segno d’intesa.
***
Pansy vide
Blaise in corridoio. No, non lo vide perché ci
sbatté contro. “Ohi. Tutto
bene?” le chiese lui reggendola per le spalle.
“Un
postribolo! Sai dov’era mio padre? In un postribolo!
Gli ho detto che se lo avessi saputo prima non lo
avrei curato!” Era un po’ agitata. Ma lui non era
sorpreso. Ma… lo sapeva già?
“Lo
sapevi già?” Lui annuì.
“Me
l’ha detto tua madre.”
Oh,
avevano parlato. E cosa si erano detti? Il panico le invase la mente.
Merlino,
non gli aveva detto che aveva proposto un fidanzamento alla sua, di
madre,
vero? VERO?
“Di
cosa avete parlato?”
“Di
te”
rispose.Per Salazar! “Cosa vuoi fare, adesso?”
Pansy si passò una mano fra
capelli. Sospirò.
“Pensavo
di farmi portare da Okklely dove ha recuperato mio padre. Sai, la
Spruzzolosi è
molto contagiosa, vorrei fermare…” Lui
annuì. Sapeva anche quello?
“Vengo
con te?”
A
fare
cosa? “Perché?”
Lui
alzò le spalle. “Farti compagnia?”
Pansy
alzò un sopracciglio. “Te l’ha chiesto
mia mamma?” Il ragazzo annuì sorridendo.
“È
preoccupata per te.”
Oh,
Santo Merlino! “E cosa le hai risposto tu? Che mi avresti
convinto?”
“No.
Le
ho detto che sarei venuto con te, se tu avessi voluto.”
“E
se
ti dicessi che voglio andare da sola? Cosa farai?”
Lui
sorrise e indicò con il pollice dietro di sé.
“Tua madre mi ha invitato a
giocare a carte e ha parlato di foto d’infanzia. Ne ho vista
una con il tutù…”
Oh no!
Questa
volta spalancò gli occhi lui. Come? Cosa pensava? Si
grattò la nuca.
“Io
non
ho mai…”
“Ti
conviene.”
Lei
fu
un po’ brusca. Ehi, calma. “Aspetta. Ma cosa credi,
che io…” Ma lei non lo
lasciò finire ancora.
“So
che
ne hai avute tante. Tante donne. Ma guai a te se
mi…” La sua voce si incrinò
leggermente, ma senza spegnersi.
“Ehi!”
La prese per le spalle per calmarla e l’abbracciò
stretta quando vide che aveva
gli occhi lucidi.
Poi
sussurrò: “Non so perché hai questa
opinione di me. Penso dovrebbe lusingarmi.
Ma non gioco nei Ballycastle Bats e non è che le donne si
azzuffino per me. Io
non ti tradirò. Ok?” Lei annuì, la
sentì muovere la testa contro il suo petto.
Doveva essere quello, che la preoccupava. Ma che sciocchezza.!
“Io
mi
azzufferei per te” disse lei, dopo un po’.
Lui
sorrise e le accarezzò una guancia con il dorso delle dita.
Come si faceva a
non amare una persona così?
***
Pansy era
stata in quel bordello e aveva fatto gli incantesimi anticontagio alle
tre
persone che avevano avuto contatti con suo padre: la prostituta, la
direttrice
e il buttafuori che aveva chiamato l’elfo. Era stata una cosa
veloce, per
fortuna. Era tornata dai suoi e aveva incantato anche Okklely.
Poi era
passata dal padre, gli aveva fatto una ramanzina così
pesante che sperò che lui
si fosse vergognato abbastanza da non finire ancora in un posto
così. E magari
non avrebbe più tradito sua mamma. Ma non poteva esserne
sicura.
Dopo era
tornata da sua madre e questa l’aveva ringraziata e le aveva
fatto i
complimenti per il suo lavoro. Era stato così strano.
“Potreste
venire a cena, una sera di queste, cosa dici?” le aveva detto
prima che si
smaterializzassero per andarsene. Anche quello era stato strano.
“Solo noi?
Nessuno dei tuoi amici?” aveva chiesto Pansy, per essere
sicura. Sua madre aveva
annuito e si era voltata verso Blaise.
“Mi ha fatto
piacere conoscerti, Blaise. Sei uguale a come raccontava Pansy durante
le
vacanze di Natale del quinto anno.”
Merlino!
Pansy aveva spalancato la bocca. Sua madre si ricordava? Era arrossita
e si era
girata verso Blaise. Lui aveva ammicato.
“È stato un
piacere anche per me, signora.”
Aveva
stretto la mano della strega e poi si era rivolto direttamente alla
ragazza: “Andiamo
a letto? Ho ancora un’oretta prima di alzarmi per andare a
lavorare”. Pansy
aveva annuito, ma aveva evitato di guardare sua madre.
Così non aveva
visto il suo sorriso.
***
Blaise entrò
al Ministero dopo essere passato dalla Gringott. Aveva dovuto sistemare
due o
tre cose prima di lasciare il posto al nuovo direttore. Si diresse al
secondo
livello, per andare direttamente nell’ufficio di Shacklebolt,
quando si sentì
chiamare: “Zabini!”
Si voltò:
Potter reggeva un caffè in un bicchiere di plastica ed era
appoggiato allo
stipite della porta del cucinino. Si avvicinò, curioso che
l’avesse chiamato.
“Potter,
come stai?” Gli strinse la mano.
“Bene. Cosa
fai qui?”
Alzò le
spalle. “Pensavo di andare a parlare con Shacklebolt. Sai,
per il mio prossimo
incarico…” Potter si tirò su dal suo
appoggio e fece girare il liquido nel
bicchiere.
“Potresti
valutare l’idea di restare a Londra. Ci servirebbe gente come
te. Ma immagino
che tu voglia avere a che fare con missioni più…
stimolanti.”
Blaise lo
guardò meglio: il salvatore del mondo magico gli stava
proponendo di lavorare
per lui? Era a capo degli Auror. Avrebbe potuto fare l’Auror
a Londra? Da quello
che aveva detto, sembrava quasi che Potter pensasse che gli piacesse
stare così
lontano dalla capitale per l’adrenalina delle missioni. Oh,
se avesse saputo
perché si era sempre tenuto alla larga da Londra! Sorrise.
“Potrei
pensarci. Grazie”. Vide il ministro uscire dal suo ufficio e
fece per
raggiungerlo.
“Ah,
un’altra cosa, Zabini…” Potter si
portò una mano alla nuca. Sembrava… nervoso?
“Sì?”
“Mia moglie
dice di invitarti a cena da noi,
giovedì…”
Blaise rise.
“Va bene. Ma Pansy ha già accettato?”
Potter lo
guardò curioso. Gli ricordava un po’ lo studente
di Hogwarts, quello che nei
sotterranei definivano non tanto sveglio.
“Sai che ha
invitato anche lei? Ma cosa è successo mentre
dormivo?” Sospirò, senza
aspettarsi veramente una risposta. “Comunque vieni. Non farmi
litigare con mia
moglie. È così carina con me adesso che sono
tornato a casa!”
E sorrise
salutandolo con la mano e camminando all’indietro per tornare
al suo livello.
Blaise entrò
nell’ufficio del Ministro.
“Zabini,
entra. Ho un po’ di novità per te.”
***
Pansy chiuse
la borsa e si sedette sul letto del padre. Sembrava così
vecchio, lì seduto
contro la spalliera.
“Pensavo,
papà, di affidarti a un mio collega: il medimago Philip
Grey” Iniziò il suo
discorso. Era meglio se qualcun altro seguisse suo padre. Lei avrebbe
preferito
non sapere in quali posti andava e da quale di quel genere di malattie
doveva
curarlo. Lui annuì. Anche per lui sarebbe stato
più semplice parlare con un
altro dottore.
“Grazie.”
“Ti voglio
bene, papà” gli disse, forse per la prima volta,
abbracciandolo. Lui ricambiò
forte la stretta.
“Anch’io te
ne voglio. Anche se non te l’ho mai detto.”
Le fece
piacere saperlo. Il viso di suo padre era triste e pallido.
Così gli disse
sottovoce, mentre gli prendeva la mano: “Ma io lo
sapevo”, e lui sorrise. Si
alzò per uscire dalla stanza.
“Tua madre
dice che ci presenterai un ragazzo a cena, una di queste
sere…” Oh, papà.
Ancora con la storia dello sposarsi? Suo padre dovette notare la sua
espressione e si sforzò. “O forse ha detto che
verrai a cena con un amico dei
tempi di Hogwarts? Un ragazzo che è solo un amico?
Forse…” Tornò a sedersi sul
letto.
“Sai, papà.
Blaise, il ragazzo di cui ti ha parlato la mamma, veniva a scuola con
me. È un
bravo ragazzo e mi piace da tanto tempo. Se mi prometti di tenere a
freno la
mamma, ci farò un pensierino…” E
ammiccò. Suo padre rise, e poi tornò serio.
“Ma si
prenderà
cura di te?”
“Lo fa già,
papà.”
Lui annuì.
Gli bastava quello.
Uscì dalla
stanza e si scontrò con la madre in corridoio.
“Mamma!”
“Come sta?”
chiese lei senza dirle niente per aver urlato.
“Bene. È
solo stanco”. La donna annuì osservando la porta
chiusa. “Dovreste parlare”.
“Lo abbiamo
fatto. E lo faremo ancora.”
“Dovresti
dirglielo. Che ti dà fastidio quando…”
Sua madre scosse la mano per liquidarla.
Ok. “Però dovresti. E potresti anche parlargli di
divorzio. Non è un crimine,
sai?”
“Abbiamo
parlato anche di quello.”
Oh. Beh… Ora
dovevano vedersela loro. Annuì.
“Fammi
sapere per quella cena” disse e si smaterializzò.
***
Pansy
addentò un pezzo di pizza. Sublime. Fantastica. Adorava i
babbani e la loro
pizza.
Blaise si
sedette a fianco a lei. Appoggiò due birre sul tavolino
davanti al divano e
prese un pezzo di pizza anche lui.
“Ho visto
Theo, oggi pomeriggio.”
Lui grugnì
un po’. Pansy sorrise. “E come sta?”
“Ho
conosciuto Amelia” rispose e Blaise la guardò come
se non capisse il
collegamento. “Amelia. La ragazza di cui è
innamorato Theo. Quella che non
sapeva che fosse…”
“Ah. Amelia!”
esclamò lui, interrompendola. Lei sbuffò ma
Blaise rise.
“E
com’è?”
“Carina. E
molto spaventata. Spero di averla fatta sentire a suo
agio…” Lui annuì.
“Potremmo uscire insieme, una sera, che dici?”
Annuì ancora.
“Ma dovranno
mettersi in coda. Potter ci ha invitato a casa sua per
giovedì sera.” Oh, era
vero.
“Sì,
è vero.
E anche mia madre ci ha invitato.”
Lui prese la
bottiglia di birra e prese un lungo sorso. “Ma ha invitato
anche me? Sei
sicura?” Alzò le spalle, prendendo anche lei la
bottiglia.
“Mio padre
si dice entusiasta di conoscerti.”
“Davvero?”
Alzò
un sopracciglio. Pansy rise.
Quando lei
rise, Blaise non seppe bene come interpretare la cosa. Lo stava
prendendo in
giro o diceva sul serio? Si sentì picchiare sul vetro della
finestra. Riconobbe
il gufo di suo madre. Sua madre?
Pansy si
girò verso la finestra e l’aprì con la
bacchetta.
“Non lo
conosco” dichiarò, guardandolo.
“È mia
madre”.
La sua bocca rimase aperta.
Aspettò che
il gufo gli lasciasse la busta e sentì la ragazza dire:
“Accio”.
Una scatola
di biscotti per gufi fu nelle sue mani. Ne allungò uno al
gufo e lui strofinò
il capo sulla sua mano.
“Come sei
carino” disse, coccolandolo.
“Aspetta una
risposta?” gli chiese, mentre leggeva.
“Non penso.
Ma sembra che tua madre sia andata a trovarla, oggi pomeriggio
e…”
“NO! NO! Le
avevo detto che non…” Si allungò a
prendere la pergamena dalle mani del ragazzo
ma lui fu più abile e la spostò in alto, fuori
dalla sua portata.
Pansy si
sporse su di lui e Blaise spostò ancora il braccio
finché lei non gli cadde
addosso. Le posò l’altra mano sulla schiena e la
strinse contro di sé,
rubandole un bacio.
“Non hanno
parlato di fidanzamenti, questa volta” la
tranquillizzò. Sentì la ragazza
calmarsi e rilassarsi contro di lui. La baciò ancora.
“Ma le ha
detto che andremo a cena a casa sua e mia madre adesso vuole che
andiamo anche
da lei. Sembra che vogliano metter su una gara a chi ci sponsorizza di
più”
“Ma… I tuoi
non
vanno in viaggio di nozze?”
“Partiranno
sabato.”
Non le disse
che in teoria sua madre aveva scelto quella data per stare con lui il
più
possibile, prima che fosse ripartito per il viaggio successivo, prima
di sapere
che sarebbe rimasto a Londra. Non lo aveva ancora detto a nessuno.
“Sabato”
ripeté
lei.
Partiva
sabato perché era il giorno in cui sarebbe partito anche
Blaise. L’aveva
sentito dire dalla Potter. La madre di Blaise glielo aveva detto mentre
loro
rivivevano il ricordo.
Annuì e
tornò al posto occupato prima. Prese un altro pezzo di pizza
e lo piegò.
Quanti
giorni mancavano a sabato? Troppo pochi. Merlino. L’aveva
appena ritrovato e
stava per perderlo di nuovo.
“Sabato
inizia il tuo nuovo lavoro?” chiese, ma non alzò
lo sguardo su di lui.
“Il mio
nuovo lavoro è iniziato oggi.”
“Oggi?” Dovette
guardarlo per forza.
“Sì. Sono
stato da Shacklebolt. Mi ha proposto di…”
“E quando
parti?”
Quanti
giorni aveva per stare con lui? Non riusciva a pensare a
nient’altro.
Blaise si
fermò mentre stava prendendo la pizza. La sua domanda
sembrava disperata.
“Io… Non
parto. Resto qui.”
Ebbe quasi
timore di dirglielo. Era una cosa che andava bene, no? Lui rimaneva a
Londra.
Era una bella cosa.
“Resti qui?”
La sua voce sembrava incredula. Non capì bene.
“Non sei
contenta?” domandò un po’ confuso. Per
lui era una bella notizia.
“Perché resti
qui?” chiese ancora lei. Ohhh. Ahhh. Definirlo era un
po’ difficile. Si passò
una mano fra i capelli. “Non
voglio che
rimani a Londra per me.”
“No?” Si
sentiva un po’ stupido.
“Non devi
cambiare la tua vita. Non per me.”
“Ho passato
la mia vita adulta lontano da Londra per colpa tua, quindi penso
proprio di
poter rimanere qui, adesso.”
La sua
faccia era incredula. Pansy sorrise senza rendersene conto. E poi
ghignò. “Non
è vero!” COSA? Certo che era vero! “Non
sei adulto!” Pansy rise ancora.
Blaise si
allungò a farle il solletico. Pansy si
attorcigliò su se stessa, esclamando
qualcosa, mentre rideva. La prese per la vita e la
imprigionò sul divano.
Lentamente smise di ridere. E lo guardò.
I suoi occhi
erano bellissimi. Perché non glielo aveva mai detto? Lei
sospirò e gli portò le
mani sulle spalle.
“Ti va di
fare sul serio con me?” La ragazza annuì. Si
chinò su di lei e la baciò. Un
bacio leggero e timido. Ma a Pansy non bastò.
Aprì la bocca e gli mordicchiò il
labbro, dopo averlo bagnato con la lingua. Blaise glielo
lasciò fare, mentre
riordinava i pensieri. Poi le accarezzò la testa, mentre
giocava con i suoi
capelli.
“C’è
una
cosa che devi sapere di me, prima…” La ragazza lo
guardò, incuriosita dalle sue
parole.
“Dimmi.”
“Ti amo da
quando eravamo a Hogwarts.”
Pansy si
alzò appena e i loro petti si sfiorarono.
“Lo so. Ti
amo anch’io dal quinto anno.”
Sorrise e le
loro labbra si incontrarono di nuovo.
FINE
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