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Autore: ONLYKORINE    11/05/2020    2 recensioni
Lei è un medimago e lui un Auror.
Avrebbero dovuto dichiararsi a Hogwarts al quinto anno, ma non l'hanno fatto e si sono messi con le persone sbagliate.
Ora, dopo dieci anni, si ritrovano a dover indagare su due casi che in verità è uno solo...
Per non parlare del compito più difficile di tutti: dover sopravvivere alle rispettive famiglie!
Doveva essere una Oneshot. Sarà una storia breve, giuro.
(PansyxBlaise)
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Harry Potter, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Blaise/Pansy, Draco/Astoria, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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09. Fare pace

Fare pace

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Pansy si sedette sul tavolo in cucina e, dondolando le gambe, guardò fuori dalla finestra aperta. Era notte e non riusciva a dormire. Aveva accompagnato Theo a casa e lui aveva pianto sulla sua spalla parlandole di Amelia. Lei era rimasta molto sconvolta dal fatto che lui fosse un mago.
Pansy gli aveva accarezzato la testa e promesso che l’avrebbe aiutato. Stava veramente male. Aveva aspettato che si addormentasse e poi era tornata a casa. Però ora…
Le mancava Blaise. Non riusciva a dormire. Non dopo che si erano lasciati così. Perché doveva sempre pensare che lei non sarebbe stata capace? 


Perché hai combinato un casino al San Mungo, ecco perché! Stupida. Stupida.

Voleva parlargli. Beh, più che parlargli… Voleva stare con lui. Sospirò rumorosamente. Si strinse addosso la vestaglia e scese dal tavolo per andare verso la finestra.
Poteva andare da lui? Dopo essere scappata via così? Sospirò. E se lui fosse stato già con un’altra? Si morse il labbro guardando la luna. Si avvicinò per chiudere la finestra. Prima di chiudere i vetri, guardò l’ultima volta il cielo.
Certo che la luna era così bella. Era quasi piena. Sentì un cane ululare. O era un lupo mannaro? Era un ululato straziante, denso di disperazione e tristezza. Un po’ come si sentiva lei in quel momento. Sospirò ancora.
Il rumore inconfondibile dello sbattere d’ali attirò la sua attenzione. Un gufo? A quell’ora di notte? Qualcuno stava male? Mamma! O papà! Non Daphne!
Poi il gufo si avvicinò e lei notò con curiosità di non conoscerlo. Veniva da lei? O andava da qualcuno dei suoi vicini? Appoggiò un braccio alla finestra e posò il viso sulla mano. Guardò il volo dell’incrollabile gufo fino a quando la raggiunse.
Era grosso. E un bell’esemplare. Tutto bianco. Un allocco. Un allocco degli urali. Non ne vedeva uno da un po’. Uno dei dottori andati in pensione l’anno prima aveva un allocco degli urali. Era un appassionato, le aveva spiegato tantissime cose su quel tipo di rapace.
Lo osservò posarsi sulla sua finestra. Si avvicinò e le tese una zampina. Una pergamena era arrotolata con un nastrino nero. La prese.
L’allocco volò poco più in là. Fuori dalla finestra, come se aspettasse una risposta. Srotolò la pergamena e sorrise.

Non riesco a dormire. Tu sei sveglia?

Non era firmato. Non c’era bisogno. Blaise. Si avvicinò allo scrittoio e intinse una piuma nell’inchiostro.
Era un’offerta di pace. Doveva esserlo per forza. E lei doveva accettarla. Osò. Il cuore le batteva a mille mentre scriveva.

Sono sveglia. Neanche io riesco a dormire. Mi manchi.

Chiamò l’allocco e gli legò la pergamena alla zampa.
“Aspetta” gli disse, accarezzandogli il capo. Prese un biscotto per gufi e glielo allungò. Lui bubulò e volò via.
E lei aspettò. Aspettò. Quanto ci avrebbe messo il rapace a tornare da lei? Camminò avanti e indietro, un po’ nervosamente.
Cosa le avrebbe risposto? E se si fosse addormentato e lei fosse rimasta lì ad aspettare una risposta fino… Per sempre? Si agitò. Non doveva scriverlo. Non doveva. Non doveva. Forse avrebbe fatto meglio a chiudere la finestra e tornare a letto. Alzò le mani per accostare i vetri quando un rumore alle sue spalle la fece sobbalzare.

“Merlino! Scusami.”
Blaise si era materializzato in soggiorno e l’aveva vista dalla porta aperta, ma aveva dato un calcio al divano mentre la raggiungeva.
Lei lo guardò sorpresa. Aveva fatto male a venire? Ma no, aveva fatto bene. E si era anche vestito. Aveva perso tantissimo tempo, dopo aver letto la sua pergamena.

Pansy osservava Blaise vicino al divano. Era venuto da lei. Perché gli aveva detto che le mancava. Che carino.
Lo osservò meglio mentre si avvicinava a lui. Aveva i jeans abbottonati, ma la cintura penzolava aperta e la sua maglietta era al contrario, infatti riusciva a vedere le cuciture. Sorrise. Si era vestito velocemente.
“Immagino di non dover aspettare il tuo allocco…” Anche lui sorrise.
“No. Sono venuto di persona.”
Forse avrebbe dovuto scusarsi. Per come era scappata fuori dal locale. Dovevano parlare. Mentre camminava, la sua vestaglia si aprì e lo sguardo di lui cadde sul suo abbigliamento notturno. Sorrise famelico. Lei rise.

Blaise si leccò le labbra. Pansy aveva addosso una canottiera che le arrivava appena a metà coscia e sotto cui non aveva il reggiseno. Ed era sottilissima. Riusciva a vederle…
Quando si chiuse la vestaglia brontolò. Ma sorrise quando fu davanti a lui e gli tolse la maglietta. Lui era stato bravo, aveva alzato le braccia per collaborare, nonostante lei fosse più bassa. Ma quando la vide girare la maglietta sul verso buono e rinfilargliela, imprecò.
“No!” Lei sorrise.
“Sì. Stavolta non mi freghi.”
Brontolò ancora, quando gli chiuse la cintura dei pantaloni. Poi lo tirò verso il divano e lo fece sedere.
“Penso di dovermi scusare per essere scappata così… Ma Theo…” Giusto. Theo. Scosse il capo.
“Non che mi interessi più di tanto, però… Theo come sta?” Pansy sorrise per la sua domanda.
“Theo sta benino. L’ho lasciato quando si è addormentato.”
Addormentato? Erano insieme a letto? Nello stesso letto? Si passò una mano fra i capelli e si alzò.
“Tutto bene?” gli chiese lei. Sì, sì. Annuì. Si alzò anche lei.
“Ti dà fastidio Theo?” Gli appoggiò una mano sul braccio. No. Sì. Quella sera avrebbe voluto vederlo cruciato. Alzò una spalla.
“Io e Theo siamo amici. Ci frequentiamo da tantissimo tempo. Ci sono cose che ho detto a lui e non a Daphne. Per me è importante. Ma, appunto, è un amico…” Nonostante tutto, capiva quello che intendeva. “Io non ci vado a letto”.

Pansy vide Blaise annuire sorridendo.
“E non perché sono un disastro” disse in un sussurro.
“No. Non sei un disastro”. Le prese la mano e tornò a sedersi sul divano, tirandosela sulle gambe. La sua mano le accarezzò il viso.
“Non mi piacciono gli ordini. Non voglio che tu me li dia.”
Blaise spalancò gli occhi. “Non l’ho mai fatto!” La strega alzò un sopracciglio.
“E invece sì. Forse neanche te ne accorgi…”
“E quand’è che ti ho dato ordini?”
“Quando volevi venire con me da Theo o quando hai detto che non potevo venire al San Mungo a prendere Harris con voi.”
“Beh, non mi sembra tu mi abbia ubbidito, comunque. Nessuna delle due volte.”
“Con Harris ho combinato un casino, hai ragione, ma con Theo…”
“Casino? Tu? No, perché? Sei stata bravissima. Sono io che ho rovinato tutto. Se non fossi entrato così all’improvviso... È che non immaginavo che dentro l’ufficio ci fossi tu. Quando lui ti ha preso e voleva smaterializzarsi, mi sono spaventato. Ho avuto paura che…” Non riuscì a finire la frase.
Come? “Ma non ce l’hai con me perché non ho fatto quello che hai detto?” Il suo sguardo confuso era bellissimo e continuò. “Beh… io so che non dovevo, che avrei dovuto lasciare a voi Auror quella cosa lì… Ma volevo parlare con Harris, avevo bisogno di sapere cosa aveva fatto ai miei pazienti, dovevo controllare…” Si agitò un po’ sulle sue gambe e lui, per farla calmare, le mise una mano sulla coscia.

Ok. Basta. “Ho capito perché sei andata da Harris. Quello che non ho capito… Non sei arrabbiata con me per averti messo in pericolo?” Lei corrugò la fronte.
“Io mi sono messa in pericolo. Lo sapevo che non sarei stata all’altezza della situa…”
“La moglie di Potter mi ha detto che ti ha insegnato degli incantesimi.”
Pansy annuì. “Non potevo mica affrontarlo senza sapere niente di niente!” Blaise sorrise. La sua Pansy.
“Ok, allora basta parlare. La prossima volta che ci sarà un problema, studieremo il modo per risolverlo insieme, ok?”

Pansy sentì la mano di Blaise farle scivolare la vestaglia giù dalla gamba e osservò la sua coscia scoperta sorridendo. Quando lui scivolò sotto l’orlo della camicia da notte con le dita, si morse il labbro. Quando la sua mano le accarezzò la coscia fino alla sua fine emise un’esclamazione divertita e sorpresa. Sorrise.
Aveva appena scoperto che non indossava biancheria. Il suono gutturale che emise le diede un brivido.
“Ora, ragazzina, sei nei guai.”
Pansy rise. Con un gesto calcolato lui la fece stendere sul divano e la baciò.

***

Un rumore svegliò Pansy. Non capì subito cosa fosse, così si guardò intorno.
Era nella sua camera da letto. Di fianco a lei Blaise dormiva e teneva una mano sul suo ventre. Si mise a sedere, spostandogli la mano. Lui brontolò nel sonno.
Ancora quel rumore. Realizzò cosa fosse quando vide il gufo che beccava contro la finestra chiusa. Malvolentieri si alzò. Cercò la camicia da notte, ma doveva essere rimasta sul divano.
Chi le scriveva? Era notte fonda e Blaise era lì con lei.
Era notte fonda. Era successo qualcosa di grave? Cercò di calmarsi. L’aveva pensato anche prima. Andò vicino alla finestra e l’aprì.
Riconobbe il gufo della madre. Per Salazar! Sua madre! Doveva essere successo qualcosa per forza. Prese la pergamena e il gufo volò via. Oh, non voleva una risposta. Bene.
La lesse e imprecò. Coloritamente e ad alta voce.

Blaise si svegliò nel momento che Pansy apriva la finestra. Vide il gufo andare via e lei prendere una pergamena. La lesse mentre camminava verso il letto e si fermò quando arrivò in fondo. La sentì borbottare qualcosa.
“Che succede? Brutte notizie?” I suoi occhi si sbarrarono.
“Mia madre sta venendo qui!” Come? Cosa? In quel momento?
“Adesso?” Lei annuì.
“Dov’è la mia vestaglia?”
“Sul divano.”
Annuì ancora e uscì dalla stanza.

Pansy si diresse velocemente in soggiorno. Sua madre stava arrivando! Santo Merlino! Non era mai successo che le mandasse un gufo per annunciare una sua visita. Beh, non era mai successo neanche che si presentasse senza avvisare con largo anticipo. O che venisse di notte.
Ok, era confusa. Raccolse la vestaglia sul divano e la indossò stringendo la cintura. Quando si girò per raccogliere la camicia da notte, sua madre si materializzò di fronte a lei.
“Pansy…” La sua voce era un po’ incerta.
“Mamma. Che è successo?” Raccolse anche i vestiti di Blaise. Sua madre osservò i suoi gesti e la sua bocca divenne una linea diritta.
“Non sei sola?”
“No.”
“Puoi mandarlo via?” disse, guardando i jeans di Blaise un po’ pensierosa. Cosa faceva? Valutava la sua taglia?
“No.”
“È una cosa di famiglia.”
Le passò davanti per raggiungere la camera da letto. Quando arrivò davanti alla porta questa si aprì e Blaise le prese i vestiti di mano. Sospirò e tornò da sua madre, che aveva osservato ogni sua mossa con una faccia critica.

Che bella novità, mamma.
“È casa mia.”
“Si tratta di tuo padre.”
“Che è successo a papà?” Si spaventò.
Sentì la porta della camera alle sue spalle aprirsi e Blaise salutare sua madre prima di fermarsi dietro di lei. La faccia di sua madre era impagabile. Ma non era il momento.
“Cos’è successo a papà?” chiese ancora, avvicinandosi alla donna.
“Devi venire a casa. Subito. Lui… Non sta bene…” Si voltò velocemente. Pansy annuì.
“Mi vesto”. E corse in camera.

Blaise rimase lì in piedi e un po’ imbarazzato. La cara Lilian lo aveva riconosciuto? Non era sicuro. Alla Gringott era stata tutto un profuso di sorrisi e complimenti. Ora… Sperò che fosse solo preoccupata per il marito. Che cosa orribile aveva pensato! Lei era preoccupata e lui pensava solo a se lo avesse riconosciuto o meno.
“Buonasera.”
Lei si voltò. Sì, l’aveva riconosciuto. Ma non era contenta. Borbottò qualcosa in risposta. Poi lo guardò negli occhi.
“Lei non ha una casa dove dormire?” Oh, Merlino.
“Mamma!” strillò Pansy dalla camera. Sorrise, ma si passò nervosamente una mano fra i capelli. Fece dietro front e tornò in camera da Pansy.
“Pansy…” Lei si stava pettinando velocemente davanti allo specchio. Raccolse alcune cose dal comodino e si girò verso di lui.
“Scusa, Blaise. Mia madre quando è preoccupata è un po’ scortese… No, a dir la verità lo è sempre. Ma non è colpa tua”. Lui scosse la testa. Doveva andare a casa?
“Se vuoi me ne vado…” Aveva sentito quando lei aveva detto alla madre che non lo avrebbe mandato via. Ma poteva averlo fatto solo per presa di posizione. Il suo sguardo si adombrò un attimo.
“Sì, ok. Vai pure a casa. Non c’è bisogno…” Abbassò lo sguardo e si incamminò verso la porta. La bloccò per un braccio.
“Dimmi cosa vuoi tu.”
“Io?”
“Sì. Se vuoi che venga con voi, verrò. Se hai contraddetto tua madre per dispetto e ora hai cambiato idea, me ne vado. Dimmi tu.”
“Ti direi di venire con noi. Ma non ti voglio così male”. Cercò di sorridere. Blaise annuì.
“Vengo con voi, allora.”
Pansy aprì la porta di quello che sembrava un armadio e prese una borsa da medico.
“A tuo rischio e pericolo.” E tornarono in salotto dalla madre.

“Dov’è?” chiese Pansy alla madre.
“A casa. L’ha portato
Okklely poco tempo fa. Lui… Devi vederlo” disse la strega, scuotendo la testa.
La ragazza annuì. “Andiamo”.
Sua madre guardò i suoi vestiti. Ma non disse niente. Per comodità aveva infilato un paio di jeans e un maglioncino. Ma sapeva che neanche se avesse messo un vestito d’alta moda sarebbe andato bene comunque.
“Lui viene con noi?” Sua madre squadrò Blaise come se fosse stato un Doxy su una tenda ammuffita.
“Sì, mamma”. Sentì la mano del ragazzo posarsi sulla sua spalla.
“Non vi darò fastidio. E non dirò niente a nessuno.”
Pansy prese la borsa.
“Oh, non preoccuparti. Mia madre pensa che tu sia una persona molto discreta.

Blaise non capì bene cosa intendesse Pansy, ma sembrava un’altra frecciatina per sua madre, che fece un’altra smorfia, così stette zitto.
Lei lo prese a braccetto e tutti e tre si materializzarono a casa dei genitori di Pansy. Nell’ingresso, iniziarono a salire la scala. Quando entrarono nella camera dei genitori di Pansy, suo padre giaceva a letto, incosciente. Il suo viso e una gamba, le uniche parti non coperte dal lenzuolo, erano rosse come il fuoco e coperte di pustole giallognole. Era veramente impressionante.
“Merlino!” Sentì esclamare Pansy alla sua destra. 
Pansy guardò il padre con occhi sbarrati e poi si voltò verso la madre e Blaise.
“Andate fuori. Mamma, papà ha avuto contatti con qualcuno da quando è tornato?” Sua madre scosse la testa. “Dov’era quando Okklely l’ha portato a casa? Dove ha preso la Spruzzolosi?” Spruzzolosi? Blaise fece un passo indietro senza rendersene conto. Lei gli appoggiò una mano sul petto e lo spinse appena.
“Andate fuori” ripeté. La madre uscì dicendo che avrebbe chiamato l’elfo.

Pansy si avvicinò al padre, ma non troppo. Tirò fuori la bacchetta.
“Papà. Mi senti?” L’uomo girò la testa verso di lei. Sorrise.
“Pansy, bambina mia” Oh, parlava. Era una buona cosa. E l’aveva riconosciuta. Anche quella era una cosa buona.
“Ti faccio un incantesimo, ok? Potresti sentire un po’ di fastidio.”
Suo padre la guardava sorridendo. Pensò che non avesse sentito niente di quello che aveva detto. Mosse la bacchetta e una luce blu uscì dalla punta. Suo padre si agitò appena quando l’incantesimo lo colpì. Guardò l’orologio. Doveva aspettare sette minuti e ventiquattro secondi. Poi avrebbe dovuto rifarlo. Tre volte.

Blaise seguì Lilian fino a un salottino vicino alla camera quando lei gli fece cenno di seguirlo. Doveva essere un salottino privato.
Vide delle cornici con delle foto, sul tavolino vicino a dove si era seduta: Pansy, da piccola. In una aveva un tutù di tulle e faceva qualche passo di danza. Con una faccia da prigioniero di Azkaban.
“È sicura? Posso aspettare fuori.”
La strega lo guardò con un’occhiataccia tale che se Blaise non fosse stato abituato con sua madre, avrebbe balbettato qualche scusa.
“Vieni dentro” gli ordinò. La madre di Pansy chiamò l’elfo e gli disse di portare il tè. Il tè? Ma cosa…
Quando l’elfo portò il tè, dopo neanche due minuti, Lilian gli disse che Pansy era nella camera del padre e voleva fargli qualche domanda. Lui annuì e si smaterializzò.
La donna versò il tè per Blaise e gli allungò la tazzina. Quando la prese, però, lei non la lasciò. Così fu obbligato ad alzare gli occhi dalla tazza per guardarla.
“Che intenzioni hai con mia figlia?” chiese e finalmente lasciò andare il piattino. OK. Ora avrebbe voluto essere andato a casa. Mescolò lo zucchero nella tazzina lentamente e guardò il liquido scurirsi. Quando capì che non avrebbe risposto, continuò.
“Sai dov’era mio marito quando l’elfo lo ha portato a casa?” Lui alzò lo sguardo sulla donna. Lei lo sapeva? “Era in un bordello” Oh, Merlino! “Lei…”, indicò con la testa la direzione della camera dove avevano lasciato Pansy “vorrà andare a visitare quelle persone. Vorrà guarire anche loro…” Sospirò ancora. “Puoi accompagnarla? Anche se dirà che non c’è bisogno? Lei non sa come sono quei posti…” La donna venne scossa da un brivido.
Blaise annuì. “Accompagnerò Pansy ovunque voglia andare. A lei piace curare le persone. E le riesce molto bene”. Annuì anche la strega.
“Lo so. È molto brava nel suo lavoro.”
Era strano sentirlo dire da quella donna. “Però a lei non piace?” Lilian lo guardò, poi prese un sorso di tè e rimise giù la tazza.
“Pansy è troppo buona. E pensa che le altre persone siano tutte come lei. Rimarrà fregata. Come la storia al lavoro. Non è stata colpa sua, sai?” Lui annuì senza dire niente.
“Se non riesco a trovare qualcuno che le stia vicino e se ne prenda cura, ho paura che possa finire male. Lei dice che ho tentato di farla fidanzare con chiunque, ma non è vero. Ho scandagliato ogni persona che le ho proposto. Erano tutte a posto. Tutte brave persone. Che l’avrebbero trattata bene…”
“Ma lei ha detto di no.”
“Già. È stata molto testarda.”
La donna sorrise, come se la cosa la riempisse di orgoglio. Non capiva ancora, però. “Pansy è molto forte. E molto in gamba. Nessuno deve prendersi cura di lei. Perché lei è capace di farlo da sola. Anche se immagino che quando vorrà, lei lo permetterà alla persona che sarà al suo fianco. Ma non ha bisogno di nessuno. E questo le porta una grande libertà: poter scegliere. Lo faccia fare a lei. E gliene sarà grata” disse, prima di prendere la tazza con disinvoltura. La strega alzò un sopracciglio e finì il tè. “Ha scandagliato anche me?”
“Già. Ma quando le ho detto di essere andata da tua madre, non ha dato in escandescenza come le altre volte.”
“No?” chiese, curioso, prima di rendersene conto. Lilian lo notò.
“Prima mi ha contraddetto due volte per te”. Sorrise anche lui. Era vero. Ma per chi lo aveva fatto?
“Così ha detto che mi avrebbe preso in considerazione?” Sperò di non sembrare un bambino che prega per una scopa nuova. Lilian alzò un sopracciglio.
“Assolutamente no. Non direbbe mai una cosa del genere. Non a me. E non le è piaciuto quando le ho parlato del tuo miglior pregio.”
Che sarebbe? “Quale?” chiese un po’ sostenuto.
“Che quando l’avresti tradita, l’avresti fatto con discrezione.”
O Per Salazar! Ma lui…
“Non ho intenzione di tradirla!” esclamò, forse con un tono troppo alto. Lei sorrise ancora, ma non disse niente. Blaise finì il tè e si alzò. Sbagliava o era appena stato sottoposto ad un esame? Mmm… Forse poteva rischiare di prendersi la Spruzzolosi.
“Per quel che vale, mi fa piacere, quello che hai detto. Potrei fare il tifo per te.”
Si meravigliò quando vide l’occhio destro della donna chiudersi e riaprirsi in un segno d’intesa.

***

Pansy vide Blaise in corridoio. No, non lo vide perché ci sbatté contro. “Ohi. Tutto bene?” le chiese lui reggendola per le spalle.
“Un postribolo! Sai dov’era mio padre? In un
postribolo! Gli ho detto che se lo avessi saputo prima non lo avrei curato!” Era un po’ agitata. Ma lui non era sorpreso. Ma… lo sapeva già?
“Lo sapevi già?” Lui annuì.
“Me l’ha detto tua madre.”
Oh, avevano parlato. E cosa si erano detti? Il panico le invase la mente. Merlino, non gli aveva detto che aveva proposto un fidanzamento alla sua, di madre, vero? VERO?
“Di cosa avete parlato?”
“Di te” rispose.Per Salazar! “Cosa vuoi fare, adesso?” Pansy si passò una mano fra capelli. Sospirò.
“Pensavo di farmi portare da Okklely dove ha recuperato mio padre. Sai, la Spruzzolosi è molto contagiosa, vorrei fermare…” Lui annuì. Sapeva anche quello?
“Vengo con te?”
A fare cosa? “Perché?”
Lui alzò le spalle. “Farti compagnia?”
Pansy alzò un sopracciglio. “Te l’ha chiesto mia mamma?” Il ragazzo annuì sorridendo.
“È preoccupata per te.”
Oh, Santo Merlino! “E cosa le hai risposto tu? Che mi avresti convinto?”
“No. Le ho detto che sarei venuto con te, se tu avessi voluto.”
“E se ti dicessi che voglio andare da sola? Cosa farai?”
Lui sorrise e indicò con il pollice dietro di sé. “Tua madre mi ha invitato a giocare a carte e ha parlato di foto d’infanzia. Ne ho vista una con il tutù…” Oh no!

Blaise rise quando Pansy sbarrò gli occhi. Era convinto di aver usato le parole giuste. “Ok, puoi venire con me. Ma se una di quelle ti riconosce, con me hai chiuso!”
Questa volta spalancò gli occhi lui. Come? Cosa pensava? Si grattò la nuca.
“Io non ho mai…”
“Ti conviene.”
Lei fu un po’ brusca. Ehi, calma. “Aspetta. Ma cosa credi, che io…” Ma lei non lo lasciò finire ancora.
“So che ne hai avute tante. Tante donne. Ma guai a te se mi…” La sua voce si incrinò leggermente, ma senza spegnersi.
“Ehi!” La prese per le spalle per calmarla e l’abbracciò stretta quando vide che aveva gli occhi lucidi.
Poi sussurrò: “Non so perché hai questa opinione di me. Penso dovrebbe lusingarmi. Ma non gioco nei Ballycastle Bats e non è che le donne si azzuffino per me. Io non ti tradirò. Ok?” Lei annuì, la sentì muovere la testa contro il suo petto. Doveva essere quello, che la preoccupava. Ma che sciocchezza.!
“Io mi azzufferei per te” disse lei, dopo un po’.
Lui sorrise e le accarezzò una guancia con il dorso delle dita. Come si faceva a non amare una persona così?

***

Pansy era stata in quel bordello e aveva fatto gli incantesimi anticontagio alle tre persone che avevano avuto contatti con suo padre: la prostituta, la direttrice e il buttafuori che aveva chiamato l’elfo. Era stata una cosa veloce, per fortuna. Era tornata dai suoi e aveva incantato anche Okklely.
Poi era passata dal padre, gli aveva fatto una ramanzina così pesante che sperò che lui si fosse vergognato abbastanza da non finire ancora in un posto così. E magari non avrebbe più tradito sua mamma. Ma non poteva esserne sicura.
Dopo era tornata da sua madre e questa l’aveva ringraziata e le aveva fatto i complimenti per il suo lavoro. Era stato così strano.
“Potreste venire a cena, una sera di queste, cosa dici?” le aveva detto prima che si smaterializzassero per andarsene. Anche quello era stato strano.
“Solo noi? Nessuno dei tuoi amici?” aveva chiesto Pansy, per essere sicura. Sua madre aveva annuito e si era voltata verso Blaise.
“Mi ha fatto piacere conoscerti, Blaise. Sei uguale a come raccontava Pansy durante le vacanze di Natale del quinto anno.”
Merlino! Pansy aveva spalancato la bocca. Sua madre si ricordava? Era arrossita e si era girata verso Blaise. Lui aveva ammicato.
“È stato un piacere anche per me, signora.”
Aveva stretto la mano della strega e poi si era rivolto direttamente alla ragazza: “Andiamo a letto? Ho ancora un’oretta prima di alzarmi per andare a lavorare”. Pansy aveva annuito, ma aveva evitato di guardare sua madre.
Così non aveva visto il suo sorriso.

***

Blaise entrò al Ministero dopo essere passato dalla Gringott. Aveva dovuto sistemare due o tre cose prima di lasciare il posto al nuovo direttore. Si diresse al secondo livello, per andare direttamente nell’ufficio di Shacklebolt, quando si sentì chiamare: “Zabini!”
Si voltò: Potter reggeva un caffè in un bicchiere di plastica ed era appoggiato allo stipite della porta del cucinino. Si avvicinò, curioso che l’avesse chiamato.
“Potter, come stai?” Gli strinse la mano.
“Bene. Cosa fai qui?”
Alzò le spalle. “Pensavo di andare a parlare con Shacklebolt. Sai, per il mio prossimo incarico…” Potter si tirò su dal suo appoggio e fece girare il liquido nel bicchiere.
“Potresti valutare l’idea di restare a Londra. Ci servirebbe gente come te. Ma immagino che tu voglia avere a che fare con missioni più… stimolanti.”
Blaise lo guardò meglio: il salvatore del mondo magico gli stava proponendo di lavorare per lui? Era a capo degli Auror. Avrebbe potuto fare l’Auror a Londra? Da quello che aveva detto, sembrava quasi che Potter pensasse che gli piacesse stare così lontano dalla capitale per l’adrenalina delle missioni. Oh, se avesse saputo perché si era sempre tenuto alla larga da Londra! Sorrise.
“Potrei pensarci. Grazie”. Vide il ministro uscire dal suo ufficio e fece per raggiungerlo.
“Ah, un’altra cosa, Zabini…” Potter si portò una mano alla nuca. Sembrava… nervoso?
“Sì?”
“Mia moglie dice di invitarti a cena da noi, giovedì…”
Blaise rise. “Va bene. Ma Pansy ha già accettato?”
Potter lo guardò curioso. Gli ricordava un po’ lo studente di Hogwarts, quello che nei sotterranei definivano non tanto sveglio.
“Sai che ha invitato anche lei? Ma cosa è successo mentre dormivo?” Sospirò, senza aspettarsi veramente una risposta. “Comunque vieni. Non farmi litigare con mia moglie. È così carina con me adesso che sono tornato a casa!”
E sorrise salutandolo con la mano e camminando all’indietro per tornare al suo livello.
Blaise entrò nell’ufficio del Ministro.
“Zabini, entra. Ho un po’ di novità per te.”

***

Pansy chiuse la borsa e si sedette sul letto del padre. Sembrava così vecchio, lì seduto contro la spalliera.
“Pensavo, papà, di affidarti a un mio collega: il medimago Philip Grey” Iniziò il suo discorso. Era meglio se qualcun altro seguisse suo padre. Lei avrebbe preferito non sapere in quali posti andava e da quale di quel genere di malattie doveva curarlo. Lui annuì. Anche per lui sarebbe stato più semplice parlare con un altro dottore.
“Grazie.”
“Ti voglio bene, papà” gli disse, forse per la prima volta, abbracciandolo. Lui ricambiò forte la stretta.
“Anch’io te ne voglio. Anche se non te l’ho mai detto.”
Le fece piacere saperlo. Il viso di suo padre era triste e pallido. Così gli disse sottovoce, mentre gli prendeva la mano: “Ma io lo sapevo”, e lui sorrise. Si alzò per uscire dalla stanza.
“Tua madre dice che ci presenterai un ragazzo a cena, una di queste sere…” Oh, papà. Ancora con la storia dello sposarsi? Suo padre dovette notare la sua espressione e si sforzò. “O forse ha detto che verrai a cena con un amico dei tempi di Hogwarts? Un ragazzo che è solo un amico? Forse…” Tornò a sedersi sul letto.
“Sai, papà. Blaise, il ragazzo di cui ti ha parlato la mamma, veniva a scuola con me. È un bravo ragazzo e mi piace da tanto tempo. Se mi prometti di tenere a freno la mamma, ci farò un pensierino…” E ammiccò. Suo padre rise, e poi tornò serio.
“Ma si prenderà cura di te?”
“Lo fa già, papà.”
Lui annuì. Gli bastava quello.
Uscì dalla stanza e si scontrò con la madre in corridoio. “Mamma!”
“Come sta?” chiese lei senza dirle niente per aver urlato.
“Bene. È solo stanco”. La donna annuì osservando la porta chiusa. “Dovreste parlare”.
“Lo abbiamo fatto. E lo faremo ancora.”
“Dovresti dirglielo. Che ti dà fastidio quando…” Sua madre scosse la mano per liquidarla. Ok. “Però dovresti. E potresti anche parlargli di divorzio. Non è un crimine, sai?”
“Abbiamo parlato anche di quello.”
Oh. Beh… Ora dovevano vedersela loro. Annuì.
“Fammi sapere per quella cena” disse e si smaterializzò.

***

Pansy addentò un pezzo di pizza. Sublime. Fantastica. Adorava i babbani e la loro pizza.
Blaise si sedette a fianco a lei. Appoggiò due birre sul tavolino davanti al divano e prese un pezzo di pizza anche lui.
“Ho visto Theo, oggi pomeriggio.”
Lui grugnì un po’. Pansy sorrise. “E come sta?”
“Ho conosciuto Amelia” rispose e Blaise la guardò come se non capisse il collegamento. “Amelia. La ragazza di cui è innamorato Theo. Quella che non sapeva che fosse…”
“Ah. Amelia!” esclamò lui, interrompendola. Lei sbuffò ma Blaise rise.
“E com’è?”
“Carina. E molto spaventata. Spero di averla fatta sentire a suo agio…” Lui annuì. “Potremmo uscire insieme, una sera, che dici?” Annuì ancora.
“Ma dovranno mettersi in coda. Potter ci ha invitato a casa sua per giovedì sera.” Oh, era vero.
“Sì, è vero. E anche mia madre ci ha invitato.”
Lui prese la bottiglia di birra e prese un lungo sorso. “Ma ha invitato anche me? Sei sicura?” Alzò le spalle, prendendo anche lei la bottiglia.
“Mio padre si dice entusiasta di conoscerti.”
“Davvero?” Alzò un sopracciglio. Pansy rise.

Quando lei rise, Blaise non seppe bene come interpretare la cosa. Lo stava prendendo in giro o diceva sul serio? Si sentì picchiare sul vetro della finestra. Riconobbe il gufo di suo madre. Sua madre?
Pansy si girò verso la finestra e l’aprì con la bacchetta.
“Non lo conosco” dichiarò, guardandolo.
“È mia madre”. La sua bocca rimase aperta.
Aspettò che il gufo gli lasciasse la busta e sentì la ragazza dire: “Accio”.
Una scatola di biscotti per gufi fu nelle sue mani. Ne allungò uno al gufo e lui strofinò il capo sulla sua mano.
“Come sei carino” disse, coccolandolo.
“Aspetta una risposta?” gli chiese, mentre leggeva.
“Non penso. Ma sembra che tua madre sia andata a trovarla, oggi pomeriggio e…”
“NO! NO! Le avevo detto che non…” Si allungò a prendere la pergamena dalle mani del ragazzo ma lui fu più abile e la spostò in alto, fuori dalla sua portata.
Pansy si sporse su di lui e Blaise spostò ancora il braccio finché lei non gli cadde addosso. Le posò l’altra mano sulla schiena e la strinse contro di sé, rubandole un bacio.
“Non hanno parlato di fidanzamenti, questa volta” la tranquillizzò. Sentì la ragazza calmarsi e rilassarsi contro di lui. La baciò ancora.
“Ma le ha detto che andremo a cena a casa sua e mia madre adesso vuole che andiamo anche da lei. Sembra che vogliano metter su una gara a chi ci sponsorizza di più”
“Ma… I tuoi non vanno in viaggio di nozze?”
“Partiranno sabato.”
Non le disse che in teoria sua madre aveva scelto quella data per stare con lui il più possibile, prima che fosse ripartito per il viaggio successivo, prima di sapere che sarebbe rimasto a Londra. Non lo aveva ancora detto a nessuno.

“Sabato” ripeté lei.
Partiva sabato perché era il giorno in cui sarebbe partito anche Blaise. L’aveva sentito dire dalla Potter. La madre di Blaise glielo aveva detto mentre loro rivivevano il ricordo.
Annuì e tornò al posto occupato prima. Prese un altro pezzo di pizza e lo piegò.
Quanti giorni mancavano a sabato? Troppo pochi. Merlino. L’aveva appena ritrovato e stava per perderlo di nuovo.
“Sabato inizia il tuo nuovo lavoro?” chiese, ma non alzò lo sguardo su di lui.
“Il mio nuovo lavoro è iniziato oggi.”
“Oggi?” Dovette guardarlo per forza.
“Sì. Sono stato da Shacklebolt. Mi ha proposto di…”
“E quando parti?”
Quanti giorni aveva per stare con lui? Non riusciva a pensare a nient’altro.

Blaise si fermò mentre stava prendendo la pizza. La sua domanda sembrava disperata.
“Io… Non parto. Resto qui.”
Ebbe quasi timore di dirglielo. Era una cosa che andava bene, no? Lui rimaneva a Londra. Era una bella cosa.
“Resti qui?” La sua voce sembrava incredula. Non capì bene.
“Non sei contenta?” domandò un po’ confuso. Per lui era una bella notizia.
“Perché resti qui?” chiese ancora lei. Ohhh. Ahhh. Definirlo era un po’ difficile. Si passò una mano fra i capelli. “Non voglio che rimani a Londra per me.”
“No?” Si sentiva un po’ stupido.
“Non devi cambiare la tua vita. Non per me.”
“Ho passato la mia vita adulta lontano da Londra per colpa tua, quindi penso proprio di poter rimanere qui, adesso.”
La sua faccia era incredula. Pansy sorrise senza rendersene conto. E poi ghignò. “Non è vero!” COSA? Certo che era vero! “Non sei adulto!” Pansy rise ancora.
Blaise si allungò a farle il solletico. Pansy si attorcigliò su se stessa, esclamando qualcosa, mentre rideva. La prese per la vita e la imprigionò sul divano. Lentamente smise di ridere. E lo guardò.
I suoi occhi erano bellissimi. Perché non glielo aveva mai detto? Lei sospirò e gli portò le mani sulle spalle.
“Ti va di fare sul serio con me?” La ragazza annuì. Si chinò su di lei e la baciò. Un bacio leggero e timido. Ma a Pansy non bastò. Aprì la bocca e gli mordicchiò il labbro, dopo averlo bagnato con la lingua. Blaise glielo lasciò fare, mentre riordinava i pensieri. Poi le accarezzò la testa, mentre giocava con i suoi capelli.
“C’è una cosa che devi sapere di me, prima…” La ragazza lo guardò, incuriosita dalle sue parole.
“Dimmi.”
“Ti amo da quando eravamo a Hogwarts.”
Pansy si alzò appena e i loro petti si sfiorarono.
“Lo so. Ti amo anch’io dal quinto anno.”
Sorrise e le loro labbra si incontrarono di nuovo.

FINE

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