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Autore: Brume    12/05/2020    4 recensioni
Laurent Reve Grandier Jarjayes arriva in Normandia una sera di giugno.Dovrebbe fermarsi un paio di mesi, ma finirà per viverci.Devastato dal dolore, inizia a scrivere un diario, testimone di un viaggio fatto di ricordi, pensieri, sogni; vi riporterà i suoi pensieri, i suoi sogni, i ricordi e piccoli segreti -che non conosceva e man mano scopre- che lo aiuteranno a ricostruire la storia della sua famiglia ed a crescere, arrivando oltre a ciò che aveva immaginato.
NB I disegni sono realizzati da me con tecnica mista, acquarello , matita, china
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Oscar e Andrè'
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20200622-140042

5 giugno 1816

 

Non ho voluto aspettare.Ho approfittato della scarsa luce rimasta e di alcuni candelabri che ho trovato in casa, ed ho assolto il compito per cui sono giunto fino a qui: ho seppellito i miei genitor, esattamente come mi avevano chiesto.Adesso sono seduto su questo vecchio divano impolverato - che non ho ancora spogliato del suo telo bianco- e mi guardo in giro, cercando un appiglio che mi riporti alla mente un ricordo, ma nulla mi torna in mente; ero piccolo, quando sono partito con i miei genitori per Nyon.

E' tardi, e per quanto sia stanco e triste, non ho voglia e nemmeno sento la necessità di dormire.

Inizio a scrivere questo diario, queste frasi sconnesse, appoggiandomi come posso al basso tavolino di questo salotto e chissà, magari un giorno i miei figli lo leggeranno, insieme al tuo diario, papà. L' ho portato con me, sai? Come potevo lasciarlo su uno scaffale ad essere ricoperto di polvere? Non l'ho letto, non ancora, e non so se lo farò mai, perchè mi sembrerebbe di fare un torto ai tuoi segreti.

Sulla prima pagina di copertina c'è scritta una frase: “una rosa è una rosa...”.

Ancora non so il significato di questa cosa; ricordo solo che chiamavi così la mamma, le dicevi che era la “tua rosa”, e a lei brillavano gli occhi. Gli stessi occhi che ha regalato a me.

 

Posò la penna, e fissò i quadri appesi sul muro di fronte : in uno erano ritratti proprio i suoi genitori, insieme a lui, da piccolo. Forse lo avevano fatto eseguire prima della partenza: non vi era la data, magari il giorno seguente avrebbe cercato sul retro della tela qualche traccia. Sorrise. Poi, scostando i capelli lunghi e castani dal viso, riprese a scrivere.

 

Il mio nome è Laurent Reve Grandier Jarjayes. Sono il figlio di Oscar François de Jarjayes, nobildonna e militare di carriera per gran parte della sua vita, e di Andrè Grandier, suo attendente, amico e compagno prima di armi e poi nella vita. Sono nato in Francia, quando mia madre non era più giovanissima, e mio padre mi ha sempre considerato il loro miracolo , infatti, il mio secondo nome è “sogno”, proprio per questo motivo. Sono cresciuto in Svizzera, ma sono nato qui - in questa casa che per ora mi è estranea - a fine ottobre del 1793 , quando la Francia era ancora nelle sue fasi rivoluzionarie.Quando mia sorella Rose morì, i miei andarono a Nyon, un bellissimo paese di origine romana – così è quello che dicono i libri che ho letto al riguardo – sulla sponda destra del lago di Ginevra. Ho avuto una infanzia felice, nel grande palazzo che guardava direttamente sul lago; ricordo che spesso scappavo dallo studio e dagli occhi di mia madre per andarmi a tuffare in quelle acque, e papà mi diceva che ero scalmanato come lei , poi sorrideva.

Quanto avrei voluto vivere ancora un pò con voi; ma il destino ahimè non si può cambiare, purtroppo.Mi mancate tanto. Il mio cuore è colmo di dolore, anche se da fuori appaio spavaldo come sempre.

Ora gli occhi cominciano a bruciare. Credo siano le lacrime che ancora non sono riuscito a piangere per voi. Credo che smetterò di scrivere,ora; scriverò domani a Victoria, per farle sapere che sono arrivato e sto bene, e che farò ritorno, credo, verso la fine dell' estate.

R:G:J

Reve chiuse il diario, lo appoggiò vicino a quello di suo padre, sul tavolino dove aveva scritto sino a pochi attimi prima. Si alzò e si sgranchì gambe e braccia; infine si slacciò la camicia , e si stese sul divano, le braccia incrociate dietro la testa. Immerso nei suoi pensieri, poco prima dell' alba prese sonnno, finalmente.

Si svegliò di soprassalto il pomeriggio seguente, a causa dei colpi che battevano alla porta; rintronato dal sonno , corse ad aprire. Si trovò dinnanzi un ragazzo, forse più grande di lui, dal fisico ben costruito, e dall'occhio sveglio; era ben vestito e dai modi pratici campagnoli.

“buongiorno, Reve Grandier. Mia madre mi manda a chiedervi come state, visto che non siete passato da casa in mattinata. Ah, scusate : sono François Chatelet, il figlio di Rosalie e Bernard.”.

Il ragazzo rimase per un attimo senza dire niente, poi si riprese:

“perdonatemi, François. Non vi avevo riconosciuto..non ci vediamo da un pò di tempo.

Entrate.Datemi un attimo in modo che possa rendermi presentabile” rispose, richiudendo la porta dietro il ragazzo.

“Ricordo qualcosa di voi, Reve, anche se ai tempi vi chiamavamo Laurent” disse François, mentre Reve cercava di capire dove potesse trovarsi un bagno: a Nyon ne avevano uno, nel palazzo Girodelle dove vivevano. François indicò una porticina dove avrebbe potuto trovare un catino ed una brocca, almeno per lavarsi la faccia: poi andò versò la fontanella appena fuori dalla cucina e rientrò con un secchio che portò al nuovo arrivato.

“grazie, sono appena arrivato e ancora non so come è fatta questa casa” disse Reve imbarazzato prendendo l'acqua.

“non vi preoccupate.Vi attendo fuori” rispose François.

Reve si lavò in fretta e furia, saltellano infilò scarpe e giacca e raggiunse François: quindi, con il piccolo calesse, andarono verso la casa degli zii.

Durante il tragitto non parlarono molto, se non per quella minima conversazione che le buone maniere imponeva; ci sarebbe stato tempo, per conoscersi.

Il piccolo villaggio in cui vivevano gli zii era molto grazioso e aveva mantenuto il carattere tipico delle campagne normanne; aveva tutto ciò che poteva servire, ed era per quello che Bernard e Rosalie, una volta partiti i loro amici, decisero di stabilirsi lì.

“ Ecco, siamo arrivati” disse François fermando il calesse “ io sistemo il cavallo, voi entrate pure”.

Era il tramonto: aveva dormito tutto il giorno, e gli zii lo aspettavano invece dalla mattina.

Bussò, entrò e li trovò seduti in poltrona, in sala. . Bernard e Rosalie erano più giovani dei suoi genitori, di qualche anno, eppure la loro schiena era curva e le rughe solcavano il viso; conservavano però i loro bei sorrisi.

“scusatemi, mi sono addormentato all' alba e se non era per François avrei probabilmente tirato dritto fino a stanotte. Perdonatemi se vi ho fatto preoccupare” disse.

“vieni a sederti, Reve; Ameliè sta preparando la cena, sarà pronta a breve” disse Rosalie, alzandosi e andando verso di lui.

“ieri ci siamo proprio visti di sfuggita...a proposito, grazie per avermi atteso” disse Reve guardando la donna.

“non preoccuparti, figlio mio” rispose lei regalandogli una carezza “ non ti avremmo lasciato solo in questo momento.”

“Bernard, zio, voi come state? “chiese , per gentilezza e reale interesse, il ragazzo.

“Tutto sommato bene, Reve. Qualche dolore qua e la, ma bene” disse da dietro i suoi occhialetti. Natualemente erano molto provati per la morte, a poca distanza l' una dall' altro, dei loro amici, e ciò si notava da un velo di tristezza negli occhi e nei sorrisi. Ma non volevano appesantire oltre il dolore di Reve, anche se lui appariva normale e tranquillo.

Si scambiarono ancora un paio di frasi, molto vaghe;nel frattempo rientò il figlio, andò in camera a lavarsi le mani, e si ripresentò in sala insieme agli altri.

“Marie non è ancora tornata?” chise alla madre, seduta accanto a Reve.

“No, credo si fermi a cena dalla Signorina Genevieve, così almeno ricordo” rispose Rosalie.

Nel frattempo, Amelie – una ragazza del posto che dava una mano ai signori Chatellet – servì la cena, e poi rimase a mangiare insieme a loro. François si accomodò vicino al ragazzo.

“ domani, se volete, verrò a darvi una mano a sistemare casa” disse François, prendendo dal vassoio una grossa fetta di arrosto

“a patto che smettiamo di darci del voi “ rispoese Revè “ alla fine siamo come cugini, non credo che queste formalità servano ,cosa dite, zia Rosalie?”

“ dico che dovreste fare come più vi pare, siete grandi abbastanza” rispose gentile.

“va bene, allora è deciso, d' ora in poi ci daremo del tu, François. Grazie per l' aiuto che mi darai, io non ricordo nulla di quella casa, e molte cose non so nemmeno dove stanno...non so nemmeno cosa fare” disse Reve.

“Non preoccuparti ragazzo mio, ci siamo qui noi. Tu pensa a riposare per un pò; poi deciderai cosa fare. Ti fermerai fino alla fine dell' estate?”chiese Bernard.

“Credo di si. Non è che abbia molto da fare, a Nyon. Pensavo di approfittare degli eventi ed andare a Parigi. Non l' ho mai vista” disse.

“ Immagino. Nessuno di noi ci è più tornato volentieri, dopo la rivoluzione. Noi ci abbiamo vissuto per un pò, quando Oscar e Andrè rimasero feriti negli scontri ci prendemmo cura di loro...” rispose, ma venne zittito da Rosalie. Non voleva che parlasse di loro con Reve. Con il tempo, al massimo, sarebbe stato lui a chiedere notizie.

“Scusatemi, non volevo creare imbarazzo” disse.

“no, scusaci tu” disse Rosalie prendendogli la mano “ ma credo che queste cose , se ancora non le sai, dovrai essere tu stesso a scoprirle, capirle, chiederle. Credo sia giusto così” disse Rosalie.

Reve fissò la donna, pensieroso. In effetti sapeva gran poco di ciò che era successo durante la rivoluzione. Nemmeno i suoi gli avevano parlato del prima. Forse, nel diario del padre....

Lascò vagare i pensieri per qualche attimo, poi la conversazione virò più o meno inenzionalmente su François e sui suoi studi, che procedevano a rilento.

“che studi fai? “chiese Reve “ io ho avuto una formazione classica, le lezioni me le impartivano mia madre e Girodelle, ma non ho frequentato alcun collége o altro...”

“ per il momento studio esattamente come avete fatto voi , ovvero in casa, grazie a mio padre. Talvolta seguo dei corsi a Parigi, ma raramente. Non mi piace la città” rispose.

 

La serata passò così, tra un ricordo, un pettegolezzo ed progetti per la casa, sempre evitando accutatamente di parlare di Parigi e della Rivoluzione: rientrò finalmente anche Marie, che salutò il nuovo arrivato con molte scene: aveva il carattere della madre, romantico e un pò frignone, e questa improvvisa riunione la rendeva felice. Raccontò con dovizia di particolari – senza quasi entrare in casa - della cena dalla sua amica poi, finalmente, si tolse il cppellino ed i guanti e raggiunse tutti nel salotto.

La casa di Bernard e Rosalie era graziosa: più grande di quelle di gran parte del villaggio, assomigliava alla casa dei suoi avi, ma più piccola. Tutto era disposto su un piano, comodo, organizzato in maniera tale che ognuno avesse i propri spazi: vi era anche una stanza che fungeva da biblioteca ed un piccolo salottino ad uso esclusivo di Rosalie e Marie, oltre al salotto ufficiale dove si trovava anche un tavolo da pranzo.

Dopo il giro della casa Reve, vista l' ora, venne invitato a restare; per non disturbare oltre facendosi riaccompagnare nel buio , accettò e fini per spartire il letto con François. L' indomani mattina lo avrebbero riaccompagnato a casa.

 

 

che strano, che giornate” scrisse Reve su un foglietto che si fece prestare“ sono qui da un giorno ed ho giò la testa piena di pensieri, domande e preoccupazioni....Mi sa che domani, quando François mi riaccompagnerà a casa, ne approfitterò per scrivere davvero a Victoria, e consultarmi con lei sul da farsi. Magari anche suo padre potrà darmi una mano” pensò; poi si girò sul fianco, e si addormentò. Fu un sonno agitato, il suo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA Disegno realizzato da me
   
 
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