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Autore: TheGhostOfYou0    13/05/2020    2 recensioni
Un segreto in grado di distruggere una famiglia.
Un peccato tramandato di madre in figlia.
Anno 1469.
Francesco de’ Pazzi è vittima di un cognome importante ma non abbastanza, eclissato da quello della rivale famiglia de’Medici ed è pronto a tutto pur di ridare alla propria il prestigio che merita.
Fiammetta Canacci sogna una libertà che non le verrà mai concessa, fa parte delle piccola nobiltà fiorentina e lei, con un matrimonio, rappresenta l’unica possibilità per la sua famiglia caduta in disgrazia.
Sullo sfondo della Firenze del Magnifico i destini di un uomo in cerca di gloria ed un ragazza in cerca di se stessa sembrano intrecciarsi, stringersi intorno a quello della più potente famiglia del tempo, travolti in una spirale d’odio così profondo e violento da rendere difficile distinguere il bene dal male, fino ad i tragici eventi del 1478.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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Capitolo Quinto
 


“Ve lo hanno mai detto che camminate troppo veloce?”
Una voce la colse di sorpresa, costringendola ad arretrare e voltarsi, gli occhi spalancati dal terrore e gli arti immobilizzati. Ci mise parecchi secondi a realizzare chi fosse l’uomo che, nel fra tempo, le si era affiancato ed ora la guardava, ancora una volta dall’alto, ancora una volta con quell’espressione ostile che sembrava essere costantemente dipinta sul volto.
Francesco Pazzi era comparso all’improvviso ed in maniera totalmente inaspettata e, come ogni volta che le loro strade si incrociavano, Fiammetta ebbe subito chiaro che doveva essere un presagio di sventura.
O forse una sventura essa stessa.
Poteva contare sulle dita di una mano le loro conversazioni ed in nessuna di queste occasioni lui aveva mostrato la più lieve forma di gentilezza nei suoi confronti, anzi sembrava quasi che il de’Pazzi provasse nei suoi confronti una sorta di avversione, un accanimento.
Ogni ricordo dell’uomo era profondamente triste ed aveva sempre avuto la sensazione che gran parte delle voci che circolavano circa la sua famiglia e la loro maledizione, provenissero proprio da loro: i Pazzi.
Arretrò d’un passo  ed ebbe l’immediato impulso di chiedergli cosa volesse da lei, di lasciare che parole ansiose scappassero via dalle sue labbra, di mettersi sulla difensiva, giustificare la sua presenza lì, eppure, con una lucidità che le parve quasi non appartenerle, si morse la lingua e rimase in silenzio, studiandolo.
Aveva occhi così scuri ed affilati che parevano un taglio netto, un ripido, infinito strapiombo  sul suo volto ed in quel momento, fissi com’erano nei suoi, le fecero venire voglia di scappare via quasi fosse una bambina spaventata. Non aveva mai notato quanto potesse essere intimidatorio il suo sguardo, anche se avrebbe scommesso che non era nelle sue intenzioni apparirle in quel modo.
Il suo tentativo di attirare la sua attenzione era stato scontroso –nulla di diverso da quello che si sarebbe aspettata –ma non intimidatorio, anzi, gentile a modo suo e questo, nonostante stonasse con l’espressione dura, la rassicurò abbastanza da farle riacquistare la capacità di rispondere in maniera adeguata.
Cerca la via di mezzo. Si disse. Devi essere cauta, ma non scontrosa. Tu non sei lui.
 
Dopotutto non sapeva cosa volesse da lei ed il fatto che le stesse rivolgendo la parola era quantomeno strano. Poteva essere una trappola, un ricatto, un modo come un altro di raggirarla o deriderla in pubblica piazza.
Su poche persone la sua disperata madre aveva sempre avuto delle riserve –e di più, una sorta di timore –  e la famiglia Pazzi nella sua interezza faceva parte di quella piccola cerchia.
Diceva che c’era qualcosa di profondamente sbagliato in loro e Fiammetta, nonostante lo credesse solo uno dei suoi tanti vaneggiamenti, si trovò a tenere istintivamente la guardia alta.
In ogni caso nessuno sarebbe dovuto venir a sapere della sua passeggiata e Francesco poteva essere un pericoloso testimone della sua fuga. Pericolosissimo, considerato che lui, a differenza di Fiammetta, era conosciuto da tutti in città e lei, ferma al suo fianco , così ammutolita e spaesata, era esposta in ogni maniera possibile a sguardi curiosi.
 
“Cos’è? Avete perso la parola?” Continuò lui, proprio mentre Fiammetta stava per rispondere dopo istanti di interminabile silenzio.
Balbettò qualche sillaba priva di senso, mentre le guance le si tingevano dello stesso colore dei suoi capelli. Abbassò lo sguardo intimidita, sentendosi stupida e scavando, graffiando con le unghie nella propria mente in cerca di una risposta adeguata per un uomo come Francesco Pazzi, poi però qualcosa colse la sua attenzione.
Le labbra di lui si incurvarono in un ghigno canzonatorio che forse voleva essere un sorriso, forse una risata o forse non voleva essere nulla di tutto questo, ma che la lasciò profondamente colpita.
Era l’espressione più pungente avesse mai visto, qualcosa di così poco puro, così crudele, così strafottente che fece riemergere prepotente nella memoria di Fiammetta un’ immagine lontana e scorticata dal tempo, ma che era capace di ferirla ancora.
Si rivide poco più che fanciulla, con gli occhi di tutti i nobili fiorentini puntati su lei, in lacrime davanti ad un giovanissimo Francesco, che rideva di lei e sembrava aver profetizzato il suo futuro.
La figlia del diavolo.
Voi Canacci, siete feccia.
Nessun uomo sano di mente potrebbe mai volerla.
 
La lingua si mosse da sola, senza che potesse far niente per controllare il tono con cui si rivolse a lui.
“Cos’è?” Chiese ironica, incrociando le braccia al pezzo ed alzando un sopracciglio. “Non ditemi che mi stavate seguendo?” 
Francesco scosse il capo, per niente colpito dall’atteggiamento di lei.
 “Non ho alcun interesse nel seguirvi. Vi ho vista in lontananza e…”
La voce di lui si spezzò. Si guardò attorno un paio di volte e poi prese a fissare un punto dietro di loro, così Fiammetta tentò di voltarsi ma Francesco fu abbastanza rapido da impedirglielo, afferrandola per le spalle e costringendola a camminare via con lui.
“Non mi toccate.” Gridò Fiammetta, spingendolo via con tutte le forze che aveva e facendolo quasi cadere, colto alla sprovvista.
Il de’Pazzi si ricompose rapidamente ed emise un verso roco, frustrato.
Dio solo sa perché stesse aiutando quella ragazzina ingrata, almeno gli stesse rendendo la vita facile! Era stata zitta per una vita, se non fosse stato per quei capelli che si ritrovava ed il suo cognome non avrebbe neppure saputo della sua esistenza, e proprio il giorno in cui decideva di fare qualcosa di buono lei doveva tirare fuori la voce.
Certo era un filo di voce –non tanto per il tono, quanto per la scarsa convinzione – certo una debole protesta, me comunque abbastanza fastidiosa da fargli venir voglia di lasciarla lì, inseguita senza neppure essersene accorta da qualche male intenzionato.
Ma si, non erano certo fatti suoi.
“Scusatemi.” Si affrettò a dire, portandosi le mani sulla bocca, spaventata in maniera visibile da una sua eventuale reazione.
 
“Adesso voi venite con me e non fate storie.”  Affermò autoritario, mentre con la coda dell’occhio teneva sotto controllo la figura sempre più vicina dello sconosciuto e con una mano stringeva il pugnale nascosto sotto il proprio mantello. Nel notarlo vide chiaramente il terrore dipingersi sul volto di Fiammetta che provò ad allontanarsi da lui, questa volta lentamente, il volto improvvisamente pallido, le membra tremanti.
Francesco la raggiunse senza alcuno sforzo e la immobilizzò cercando di non attirare ancor più l’attenzione, cercando di non farle troppo male ed ottenendo pessimi risultati visto il modo in cui lei teneva gli occhi chiusi, stretti, strizzati fino a deturparle il viso in un’espressione tesa e terrorizzata. Si chiese se un essere tanto stupido ed inutile meritasse il suo aiuto, poi si avvicinò al suo orecchio e sussurrò.
“C’è un uomo che vi segue. Non è di me che dovete avere paura, sto cercando di aiutarvi che voi ci crediate o no.”
Fiammetta sbatté le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco il volto del suo salvatore, poi provò a balbettare qualcosa che Francesco non si sforzò neppure di comprendere. Nonostante cercasse di non darlo a vedere tutto in lei sembrava gridare che non si fidava di lui, affatto.
Il de’Pazzi scosse il capo. “Seguitemi.” Le intimò e, senza curarsi più che lei stesse veramente obbedendo ai suoi ordini, iniziò a camminare.
Fiammetta osservò la sua schiena, il mantello scuro che svolazzava, si voltò indietro, in cerca di questo fantomatico delinquente, ma non vide nulla di strano, poi alzò il cappuccio del proprio mantello, dandosi della stupida per non averlo fatto prima e, con una corsa appena accennata, colmò la distanza che la separava da Francesco.
Non era sicura delle sue buone intenzioni, ma se lui aveva ragione uno sconosciuto le pareva un pericolo maggiore rispetto al de’ Pazzi. Dopotutto Fiammetta non era abbastanza importante per essere una sua nemica, non aveva nulla da guadagnare nel farle del male.
Pregò soltanto di aver preso la giusta decisione.

Si mossero fianco a fianco per un po’, sgattaiolando veloci, svoltando ad ogni bivio in una direzione diversa, così apparentemente privi di meta che l’ansia di Fiammetta sembrò prendere il sopravvento, mozzandole il respiro.
Quanto tempo era passato? Quanto era lontana da casa? Chi era l’uomo che la inseguiva e perché proprio lei? Soprattutto, esisteva?
 
Prese un respiro profondo e cercò di calmare il battito impazzito del suo cuore, mentre con la coda dell’occhio osservava il profilo dell’uomo accanto a lei, cercando una qualsiasi risposta alle sue domande. Anche lui appariva teso, pronto a captare ogni singolo movimento e rumore attorno a loro, ogni tanto gettava uno sguardo alle loro spalle senza farsi notare ma non era preoccupato, anzi, sembrava un cacciatore pronto a stanare la preda.
“Perché mi state aiutando?” Chiese Fiammetta.
“Assistere ad un aggressione e non fare nulla per evitarla equivale ad esserne complice. Siete una donna indifesa ed anche piuttosto ingenua, se vi fosse successo qualcosa sarebbe stata colpa mia.”
Rispose lui, con un tono tanto distaccato che alla Canacci risultò difficile credergli. Eppure lo fece. 
“Suppongo di dovervi ringraziare, Francesco.”
“Non avete capito. Non lo faccio per voi, lo faccio per me. Per la mia coscienza.”  
No, certamente non stava mentendo.
 
“Ci sta ancora seguendo. Dovete fare esattamente ciò che vi dico, ascoltatemi bene.” Fiammetta annuì, seppur poco convinta.
“Ci saluteremo. Io andrò a destra, voi a sinistra.”
“Così mi lascerete sola.”Replicò lei. Il pensiero le fece tremare le gambe.
“Fate come dico.” Il tono di Francesco nervoso ed indispettito dalle sue domande e stonava totalmente con l’educato inchino ed il bacio sulla mano con cui la stava salutando. Fiammetta lo guardò, gli occhi che parevano dieci volte più grandi per la paura e l’incarnato pallido come quello di un fantasma, ed il Pazzi ricambiò lo sguardo con uno tanto duro quanto sicuro, che sembrava ammonirla per la sua paura ma che, al tempo stesso, la tranquillizzò.
Non mi abbandonerà, pensò.
 
I due si separarono e Fiammetta mosse passi lenti e traballanti, simili a quelli di una bambina per quella che le parve un’eternità combattendo l’impulso di voltarsi a controllare dove fosse il de’Pazzi. In realtà non passò più di una manciata di muniti prima che qualcuno la costringesse a voltarsi, facendola cadere rovinosamente a terra con un tonfo sordo. Fiammetta lanciò un urlo disperato, tanto forte da farle male alla gola, nella speranza che Francesco la udisse e corresse da lei perché nessuno sarebbe passato per quella vietta oscura e soprattutto, anche se ci fosse stato qualcuno, non l’avrebbero aiutata. La fame rendeva le persone cattive.
L’uomo la fece rialzare in fretta, tirandola su come non pesasse nulla e la zittì, coprendole la bocca con la mano sporca e ruvida, poi la spinse contro un muro.
“State calma.” Sussurrava. Ma più lui le ripeteva quelle parole più lei si dimenava tra le sue braccia, più i mugugni si facevano disperati e le lacrime minacciavano di scendere copiose lungo le sue guance.
Le veniva da vomitare ed  il volto che aveva davanti, tanto vicino al suo percepirne il calore, le fece più paura forse del momento in sé. Gli occhi , così chiari da sembrare quelli di un cieco, sporgevano in maniera quasi innaturale dal viso mortalmente scavato e la pelle era deturpata da rughe tanto profonde da sembrare piaghe.
“Tu.” Disse semplicemente, incurvando le labbra nell’ombra di un sorriso che spaventò ancor più Fiammetta, immobilizzata, schiacciata dal suo corpo, con il fiato dello sconosciuto sulla propria pelle.

L’aria fresca e pulita la colpì come una benedizione non appena Francesco trascinò via l’uomo da lei, scaraventandolo a terra con un gesto rapido. Fiammetta lo guardò accanirsi contro il corpo dell’altro,tirando calci sempre più forti mentre lui cercava di strisciare via, troppo debole persino per rialzarsi.
Quando Francesco estrasse il pugnale e Fiammetta vide la lama scintillare alla luce del sole, la voce le uscì senza che potesse controllarla.
“No” Gridò.
Francesco si immobilizzò e sputando contro l’uomo, senza neppure voltarsi verso di lei per guardarla in faccia, replicò: “E perché mai?”
“Perché non voglio che lo uccidiate.”
Francesco rise e scuotendo il capo si preparò nuovamente a sferzare il colpo.
“ A me non importa quello che volete.”
“Ho detto che non dovete farlo.” Urlò allora, afferrando il suo braccio in modo da fermarlo. Francesco se la scrollò di dosso con un gesto secco e ben assestato delle spalle e lei scivolò a terra.
Solo allora il de’Pazzi posò lo sguardo sulla ragazza. Fiammetta si rialzò velocemente, come nulla fosse accaduto, e rimase in piedi con le mani strette in due pugni. Lo guardava con due occhi febbricitanti, la bocca ridotta ad una linea dritta, la mascella tesa, i capelli rossi alla rinfusa, come fosse appena uscita da un vero scontro corpo a corpo e, per la prima volta da quando la conosceva, sembrava non essere spaventata da lui.
“Ma dico siete impazzita?” Anche lui alzò la voce e mosse un passo verso di lei, il coltello ancora in pugno e l’aria completamente sconvolta dall’evento inaspettato.
“Avreste potuto ferirvi, avreste potuto ferire me. Ma cosa vi prende?!”
Canacci. Un cognome una disgrazia.
Era pazza quanto e forse più di sua madre.
Era stupida, ingenua ed ingrata.  
 
Fiammetta non rispose. Non sapeva cosa le fosse preso, voleva solo che lui l’ascoltasse, voleva solo che lui non uccidesse quell’uomo per colpa sua. Non avrebbe sopportato di portare un tale peso sulla coscienza, proprio come Francesco aveva deciso di non abbandonarla al suo destino per puro egoismo, anche Fiammetta agiva per lo stesso motivo.
Non le interessava realmente la vita di quell’uomo, se fosse morto in altre circostanze non avrebbe avuto nulla di più che la compassione che si deve a tutti i defunti, semplicemente non poteva sopportare che venisse ucciso lì, davanti ai suoi occhi, per lei.
Ma Fiammetta non disse nulla di tutto ciò, non provò a spiegarsi, non avrebbe saputo come farlo: a dispetto di quel suo buon gesto, si sentiva cattiva e si vergognava dei suoi pensieri che, confusa e scossa com’era, le apparivano meschini ed incoerenti.
 
Francesco guadò alle proprie spalle, ricordandosi dello sconosciuto a terra che avrebbe potuto colpirlo in ogni istante, ma lui non c’era più.
“Lo avete fatto scappare.” Sospirò, rivolgendosi a  Fiammetta con più calma, come se la rabbia di prima l’avesse abbandonato d’un tratto. Dopotutto non erano fatti suoi e tutto ciò che sapeva era che non l’avrebbe aiutata mai più.
“Sono sicura che non volesse farmi del male. Voleva soldi, forse cibo…La povertà fa fare cose brutte.” Affermò calma, presa anche lei da quello stesso scarico di tensione che aveva colto Francesco.
Si aggiustò una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio per recuperare almeno in parte la dignità perduta  mentre Francesco rimetteva apposto il pugnale e camminava via.
“Vi accompagno. “ Le disse semplicemente.
Si domandò se fosse il caso di spiegarle che se uno sconosciuto l’aveva seguita per chilometri in quel modo non era per fame, né per soldi.
Voleva qualcosa da lei, non c’erano altre spiegazioni.
Poi la vide seguirlo ancora tremante, pallida e spaventata, pensò che per essere figlia del Demonio era un esserino piuttosto fragile e sfortunato, e sperò di sbagliarsi riguardo lo sconosciuto.

“Grazie.”
Eccolo di nuovo. Era un filo di voce tremante, ma era lì.
Francesco lo udì.
Rimase in silenzio.
 

 
 
Questo capitolo è stato per me davvero difficile da scrivere, sia perchè getta le basi del rappoto tra Fiammetta e Francesco (che non sarà per niente scontato nella sua natura) sia perchè stiamo iniziando a intrecciare la rete del segreto attorno a cui ruota la storia. Tutto quello che avete letto fin ora e leggerete ha una precisa funzione nell'economia della narrazione e nulla è lasciato al caso. Spero di fare un buon lavoro. 
Ringrazio chi di voi continua a leggere la mia storia
Spero possa appassionarvi tanto quanto appassiona me.
   
 
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