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Autore: Babbo Dark    13/05/2020    8 recensioni
[Omegaverse], [AU Teen Wolf/Mulan], [Omega!Stiles/Alpha!Derek], [tutti vivi], [tutti licantropi].
Stiles Stilinski è un Omega diciottenne il cui sogno principale è quello di rendere onore alla propria famiglia; la sua vita cambia drasticamente quando, a causa dell'invasione dell'esercito delle chimere, suo padre verrà chiamato alla guerra. Nel disperato tentativo di salvare padre e famiglia, Stiles rinuncerà a tutto e con l'aiuto del draghetto Mushu si imbarcherà nella sua impresa più difficile: passare per Alpha e arruolarsi nell'esercito della Contea.
A grande richiesta torna su EFP questa AU che pubblicai tempo fa, ho cercato di rendere onore sia alla precedente fanfiction (che purtroppo è andata perduta) che al Classico Disney; spero di aver fatto un buon lavoro!
Genere: Azione, Comico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Theo Raeken
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sterek in Disney... '
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Il più raro e il più bello di tutti…
Capitolo Tredicesimo: Il fiore più bello…
 



«SILENZIO!»
 


La voce di Deucalion riecheggiò su tutta la piazza, attirando le attenzioni della folla e, soprattutto, gelando gli animi dei soldati; Stiles deglutì rumorosamente e percepì il proprio lupo guairgli miseramente nel petto perché lì, davanti a lui, si trovava il licantropo più potente di tutta la Contea. Per un attimo, un misero e ridicolo istante, pensò di fuggire il più lontano possibile per evitare le ripercussioni che le sue azioni avrebbero portato ma poi, con un profondo sospiro, decise di rimanere immobile; scappare non avrebbe fatto altro che aumentare i capi d’accusa sul suo nome, incrementando la pena e aggravando la sua situazione. ‘Visto quello che è successo forse mi metteranno in carcere, non mi uccideranno…’ pensò rapidamente il giovane lupo ma poi ogni ragionamento morì sul nascere.

Deucalion avanzò lentamente verso di loro, lo sguardo austero puntato in quello di Stiles; l’Alpha avanzò nel caos che primeggiava davanti alle porte d’ingresso, ignorando un confuso e indolenzito Harris che riprendeva conoscenza, e si avvicinò lentamente al gruppo di licantropi che stanziava sulle scale del Municipio. Alla sua destra, il plotone fece un passo indietro e abbassò immediatamente il capo; dalla folla si levarono grida e acclamazioni per la sua figura ma quel baccano non fece altro che irritarlo profondamente tant’è che sollevò di scatto le braccia, facendo cadere un pesate silenzio su tutta la piazza. Telecamere e giornalisti si focalizzarono sulla sua figura, filmandone ogni movimento con estrema attenzione; ogni tanto l’obiettivo inquadrava il gruppo di licantropi, in particolar modo il giovane Omega, ma poi ritornava sempre sul Sindaco. La tonaca rosso e oro che indossava era lurida di sangue e polvere, strappata in più punti e praticamente destinata alla spazzatura; il volto di Deucalion era nettamente migliorato rispetto all’ultima volta che la folle lo vide, i lividi si erano riassorbiti e i tagli guariti ma era ancora evidente la presenza di un recente pestaggio visti gli aloni giallastri appena visibili. Sotto la tunica primeggiavano le medicazioni che il dottor Geyer gli aveva fatto ma che, ovviamente, si erano sporcate di sangue.

Il Sindaco avanzò, non distogliendo mai lo sguardo da quello dell’Omega, e riportò alla mente tutte le informazioni che il consigliere Deaton gli aveva sussurrato pochi istanti prima, mentre veniva assistito e medicato dal medico; Stiles sentì tutto il peso delle proprie azioni cadergli addosso, appesantendogli le spalle e la coscienza. Aveva sperato fino all’ultimo di scappare non appena si fosse reso conto dello stato di Derek, dei suoi amici e dell’ex plotone eppure, nonostante tutto, non riuscì ad attuare il suo piano. Deucalion illuminò le iridi e iniziò la discesa lungo le scale, avvicinandosi pian piano al gruppo; Scott, Isaac e Jackson si mossero lentamente attorno al loro amico, arrivando a coprirgli il corpo con il proprio, e perfino Derek fronteggiò il Sindaco, parandosi davanti al gruppo e avanzando a testa alta verso di lui. I tre consiglieri sindacali si mossero rapidamente sotto lo sguardo di tutti, posizionandosi attorno al mannaro e procedendo lentamente assieme a lui; Stiles non si perse il ghigno vittorioso messo su da Harris, il quale si passò l’indice contro la gola mentre illuminava le iridi, e percepì il proprio cuore saltare diversi battiti quando si rese conto che lì in mezzo si trovava anche l’Alpha che lo aveva afferrato al volo e che lui, ovviamente, aveva preso a pugni. ‘Sono fottuto… Altro che ergastolo, questi mi squarceranno la gola!’.

Finalmente il Sindaco e i suoi consiglieri raggiunsero il largo pianerottolo su cui Stiles e gli altri si erano riuniti, fermandosi a un paio di metri di distanza da loro; Derek sollevò il capo e gonfiò il petto, illuminando le proprie iridi prima di eseguire il classico saluto militare per poi fissare intensamente lo sguardo in quello di Deucalion.
 

«Mi assumo la responsabilità di quanto accaduto.» disse all’improvviso l’Hale facendo spalancare la bocca a Stiles che, immediatamente, provo l’istinto di scavalcare i propri amici e il suo Compagno per fronteggiare il Sindaco; non era giusto che qualcun altro si assumesse le sue colpe, aveva infranto la legge ed era giusto che pagasse per i suoi crimini.

«No, è colpa mia signore!» esclamò Jackson facendo un passo avanti e venendo immediatamente folgorato da Derek con un’occhiataccia.

«Ma che dici, idiota, la colpa è solo mia!» s’intromise Isaac dando una spallata all’amico per poi fissare intensamente il Sindaco «È soltanto colpa mia.» ripeté sollevando il mento e illuminando le iridi.

«Non è giusto che i miei amici si assumano la colpa delle mie azioni…» sussurrò Scott «Sono il solo responsabile di quanto accaduto, sia durante l’addestramento militare che in guerra che qui!» disse corrucciando lo sguardo.

«Ragazzi, no…» il sussurro di Stiles parve perdersi nel nulla, inghiottito da quel silenzio tombale che sembrava aver inglobato qualsiasi cosa; quando aveva iniziato l’addestramento era convinto che sarebbe rimasto da solo, che nessuno sarebbe mai stato disposto ad offrirgli un sorso d’acqua in caso di bisogno, eppure nel momento più delicato della sua vita le voci parlarono, mentirono, lo difesero… Sapeva che tutto ciò era sbagliato, che non avrebbe mai permesso a nessuno di prendersi le proprie colpe, eppure in quel momento si sentì il mannaro più fortunato dell’intero mondo; un coro di “È colpa mia!”, “No, è colpa mia!” si levò dal plotone e Stiles, semplicemente, sorrise con la tristezza nel cuore e permise a una sola lacrima di solcargli il volto. ‘Il mio Branco…’. Deucalion, però, sollevò di scatto una mano e ogni parola si spense; il Sindaco osservò attentamente tutti i soldati, sollevando un sopracciglio e studiandone i volti, ma poi tornò a guardare Stiles e abbassò il braccio prima di avvicinarsi maggiormente al ragazzo.

«Fatevi da parte, prego.» Scott, posto proprio davanti a Stiles, lanciò un’occhiata ai suoi amici e sorrise sornione prima di riportare lo sguardo su Deucalion che corrucciò appena le sopracciglia, mal trattenendo al tempo stesso un orgoglioso e soddisfatto sorriso; aveva capito che nessuno si sarebbe mosso. Quei lupi, quei soldati, non avrebbero mai abbandonato la loro posizione difensiva, preferendo assumersi la responsabilità di azioni commesse da altri pur di difendere il loro commilitone.

«È colpa mia, l’ho detto!» disse Jackson sorridendo maliziosamente e corrucciando le sopracciglia mentre illuminava le iridi, mostrando un metallico azzurro al posto del caldo oro.

«IDIOTA CHE NON SEI ALTRO!» tuonò improvvisamente Harris avanzando di qualche passo e ringhiandogli minacciosamente, facendo infuriare i mannari che si limitarono a estrarre gli artigli «CON QUESTE TUE STRONZATE STAI OFFENDENDO L’INTELLIGENZA DEL TUO SINDACO! GIUSTIZIA DEVE ESSERE FATTA, QUEL RIFIUTO DELLA SOCIETÀ PAGHERÀ PER I SUOI CRIMINI!» urlò avviando la trasformazione e ruggendo ma poi, semplicemente, Deucalion lo afferrò per una spalla e lo tirò indietro con una forza sufficiente da farlo cadere a terra; Derek osservò disgustato il consigliere, mostrandogli le zanne e minacciandolo silenziosamente. ‘Hai oltrepassato ogni limite, esimio pezzo di merda, credo proprio che mi affilerò gli artigli sulla tua carcassa!’.

«SILENZIO!» il ruggito di Deucalion riecheggiò per tutta la piazza e Stiles, semplicemente, abbassò il capo e accettò mestamente il proprio destino.

«È tutto ok…» sussurrò facendosi avanti e accarezzando le schiene dei suoi amici per poi sorridere a un Derek terrorizzato «Eccomi.» disse osservando per un breve istante lo sguardo del Sindaco per poi calarlo immediatamente; percepì il proprio Compagno indietreggiare, affiancandosi al resto della squadra, e un fastidioso chiacchiericcio prese a serpeggiare tra la folla.

«Mieczyslaw Stilinski, detto Stiles…» la voce di Deucalion, lenta e pesante, fece calare nuovamente il silenzio e portò l’Omega ad annuire mestamente «Ho sentito molte voci su di te. Hai affrontato pubblicamente un Alpha, tanto per cominciare.» Stiles annuì nuovamente, mordendosi il labbro per evitare di far sentire a qualcuno i propri singhiozzi; portandosi le mani davanti al corpo e inchinandosi appena, attese che tutti i capi d’accusa venissero formulati ed elencati. Il desiderio di piangere fu quasi impellente per lui, che sperava con tutto se stesso di portare a termine quell’umiliazione pubblica nel minor tempo possibile; presi dalla situazione, nessuno si accorse della Luna che fece capolino dalle nubi. Non un lupo si chiese come mai l’astro era ancora visibile in cielo, nonostante mancassero manciata di minuti all’alba, ma lei non poteva esimersi dall’osservare soddisfatta e commossa la premiazione di quel suo figlio tanto coraggioso quanto umile; i suoi raggi illuminarono l’intera piazza, avvolgendo il corpo di Stiles e accompagnandolo, abbracciandolo e amandolo «Hai rubato l’uniforme di tuo padre e sei scappato di casa; ti sei finto un Alpha, hai mentito al tuo capitano, disonorato l’esercito della Contea, distrutto il Municipio!» Deucalion alzò il braccio e indicò la torre nord ancora in fiamme e Stiles, semplicemente, annuì a ogni accusa; senza che potesse far nulla per impedirlo, le lacrime presero a bagnargli il volto mentre un triste singhiozzo gli abbandonava le labbra «E…» il ragazzo chiuse gli occhi, preparandosi mentalmente per il colpo di grazia «Hai salvato tutti noi!» il tono di Deucalion cambiò radicalmente, addolcendosi e riempiendosi d’emozione; un ansito riecheggiò nella piazza mentre Stiles sollevava il volto, scontrandosi con l’enorme sorriso che il Sindaco gli stava rivolgendo.
 

E lì, sotto gli occhi di tutti, l’alpha degli alpha s’inchinò mestamente davanti a quel ragazzo che aveva messo in gioco tutta la sua intera vita per un desiderio così primordiale da far impallidire il fato stesso; Stiles era partito per salvare il suo stesso padre da una morte certa e nel farlo aveva trovato qualcuno che assomigliasse al suo riflesso. Deucalion, il Sindaco della Contea di Beacon, si era piegato davanti alla grandezza di un piccolo Omega che con le sue azioni aveva cambiato il destino; la Luna singhiozzò per l’emozione e i mannari, sentendo l’eco di quel suono, si ritrovarono inermi davanti alla forza di volontà espressa da colui che aveva affrontato il mondo intero. I consiglieri s’inginocchiarono umilmente, lo stesso Harris si ritrovò a imitare i colleghi e, dietro di lui, Stiles percepì i propri compagni inchinarsi e rendergli onore; il plotone sorrise e piegò le ginocchia ma poi, all’improvviso, un sonoro applauso riecheggiò tra la folla e quando Stiles si voltò percepì il proprio cuore esplodere per l’emozione. Lì, sotto i suoi occhi, tutta la piazza si stava inginocchiando.

Uomini e donne, Alpha, Beta e Omega. Vecchi e bambini.

Uno alla volta i lupi gli resero onore sotto lo sguardo emozionato e piangente della Luna; le ginocchia toccarono il suolo, le mani si posarono sull’asfalto sporco e i nasi sfiorarono il pavimento. La Contea stessa parve inginocchiarsi sotto i suoi occhi.

Un singhiozzo gli sfuggì dalle labbra e Stiles, semplicemente, si portò le mani davanti al volto e scoppiò in un pianto liberatorio; sentiva l’emozione avvolgergli l’anima, danzare con lei in un Valzer apparentemente senza fine e il lupo nel suo letto ululò d’euforia perché lui, la disgrazia che non sarebbe mai stato in grado di portare onore alla propria famiglia, stava venendo onorato da quei licantropi.
 
 

«Stiles…» la voce di Deucalion, un sussurro appena udibile, parve riecheggiare negli animi di tutti; il giovane Omega si pulì sommariamente il volto e si voltò, sorridendo emozionato davanti al Sindaco «Vorrei che tu facessi parte dei miei consiglieri sindacali.» disse facendogli sgranare gli occhi e schiudere la bocca.

«Ehm… Signore, non ci sono posti vaganti…» sussurrò l’Alpha che lo preso al volo.

«Allora licenziamo Harris, visto il modo in cui si è comportato.» rispose con semplicità Deucalion mentre il Beta sgranava gli occhi e lo fissava orripilato, iniziando a balbettare miseramente prima di perdere i sensi e cadere al suolo.

«Signore, la ringrazio veramente ma…» sussurrò timidamente Stiles, arrossendo appena davanti a quella proposta più unica che rara; sapeva che un’occasione simile non gli sarebbe più capitata in tutta la sua vita eppure, una parte di lui, era perfettamente a conoscenza di ciò che avrebbe fatto «Ma c’è una ramanzina che mi aspetta e una punizione da record.» disse tornando a guardare il Sindaco e inchinandosi appena ma Deucalion, semplicemente, gli afferrò il volto e glielo risollevò con dolcezza paterna.

«Non inchinarti a nessuno, neanche a me, perché nessuno di noi è degno di pulirti le scarpe dopo quanto accaduto, Salvatore della Contea…» disse sorridendogli apertamente.

«Signore, per quanto sia allettante la sua proposta sono costretto a rifiutare; manco da casa da fin troppo tempo ormai e non so neanche se mi riaccetteranno.» ammise tristemente tentando un sorriso ma Deucalion sorrise annuì, allungando una mano per asciugare le lacrime sul volto stanco dell’eroe.

«Allora permettimi di premiarti…» sussurrò il Sindaco portandosi le mani nella tunica ed estraendo un ciondolo d’argento finemente lavorato, rappresentante il simbolo della Contea di Beacon; Stiles sgranò gli occhi e fissò attentamente Deucalion afferrargli dolcemente la mano e girargliela, posandogli sul palmo sporco di polvere e sangue il dono «Questo amuleto viene tramandato di Sindaco in Sindaco, te lo dono affinché tuo padre sappia cos’hai fatto per me.» disse con un mesto sorriso per poi allontanare appena le mani e sfilarsi il meraviglioso anello che portava all’anulare sinistro «Ti dono quest’anello, simbolo di potere e onore, affinché tutto il mondo sappia cos’hai fatto per la Contea di Beacon…» sussurrò posandogli il gioiello sul palmo e carezzargli subito dopo il volto magro, non smettendo un attimo di sorridere «Consigliere Hale, la prego di far preparare una limousine affinché il nostro eroe venga riaccompagnato a casa.» Stiles sgranò gli occhi quando scoprì il nome dell’altro Alpha, il quale gli sorrise e gli fece l’occhiolino prima di allontanarsi «A te, Salvatore della Contea.» disse inchinandosi nuovamente.

«Il mio protetto è cresciuto…» singhiozzò Mushu nascosto sotto la casacca «È il Salvatore della Contea… Posso soffiarmi il naso con la tua maglia?» chiese percependo le lacrime bagnargli copiosamente le squame.

 


 



 
 
 

«Possa tutta la Contea e i suoi alleati festeggiare Mieczyslaw Stilinski per il resto della sua vita!» tuonò Deucalion quando si fu rialzato, le braccia sollevate in alto e un euforico sorriso sul volto «Che il Salvatore della Contea sia ricordato in eterno nella storia!» urlò; ruggiti euforici si levarono dalla piazza, avvolgendo e onorando Stiles che, semplicemente, si gettò tra le braccia del Sindaco e lo strinse in un forte abbraccio.

«Ma può farlo?» chiese Jackson a Isaac, il quale sollevò le spalle in risposta.

«Grazie. Di tutto.» sussurrò timidamente Stiles prima di staccarsi dall’Alpha, il quale gli carezzò il volto e gli diede una generosa pacca sulla spalla.

«Signor Sindaco, la limousine per il Salvatore è pronta. L’attende all’esterno della piazza.» disse il consigliere Hale mentre inchinava appena il busto «Ma ciao, nipote!» esclamò osservando Derek, il quale si limitò a sussurrare un “Zio Peter…” di malavoglia. Scott, Isaac e Jackson, appena il loro amico si fu allontanato dal Sindaco, gli saltarono addosso, stringendoselo in un abbraccio spezza-ossa che lo fece ridere sonoramente; il suo lupo gli ululò nel petto, euforico per aver finalmente trovato un Branco d’appartenenza, e Stiles fu lieto di ricambiare la stretta.

«Ti verremo a trovare!» esclamò euforico Jackson «Abbiamo ancora una scazzottata da fare!» disse dandogli un leggero pugno sul braccio.

«Legati a me!» sussurrò timidamente Isaac, venendo guardato malamente dagli altri «Non voglio che tu finisca in… In quei posti orribili…» disse abbassando appena il capo «Legati a me, Allison capirà!» Stiles gli sorrise e lo abbracciò nuovamente, felice come non mai.

«Per me rimarrai sempre Law!» urlò Scotto abbracciandoselo «Il mio amico Law.» precisò subito.

«Grazie ragazzi…» gli sussurrò semplicemente prima di staccarsi appena da lui per poi sgranare gli occhi quando vide Derek sorridergli e avvicinarsi lentamente, le guance appena arrossate e gli occhi resi lucidi dall’emozione; uno alla volta i tre soldati diedero loro un po’ di privacy e lo stesso Stiles si ritrovò a sorridere emozionato, la mano destra corsa a grattarsi malamente la nuca per l’imbarazzo. Derek, però, aprì un paio di volte la bocca ma non disse nulla, arrivando a ringhiare e sbuffare sonoramente un insulto.

«Tu…» disse alla fine allungandosi verso il ragazzo, le sopracciglia sollevate e la bocca piegata in una strana smorfia; ‘Diglielo! Digli che è il tuo Compagno! Fallo Derek, ADESSO!’ «Combatti bene…» sussurrò timidamente dandogli un paio di pacche sulle spalle e facendo abbassare appena le spalle di Stiles che si limitò a sorridergli tristemente; ‘VAFFANCULO DEREK! DANNAZIONE!’.

«Ho imparato dal migliore.» rispose Stiles dandogli un pugnetto gioco sul petto per poi sorridergli un’ultima volta, studiando attentamente tutti i particolari di quel volto che lo aveva incantato fin dal primo istante; sospirando appena, voltò le spalle a tutti loro e prese a scendere rapidamente le scale, incurante degli applausi e delle urla dei giornalisti. Voleva tornare a casa, sentiva il proprio lupo venire richiamato da quel luogo che da troppo tempo non vedeva e, stringendo fermamente i doni del Sindaco, aprì lo sportello e salì sulla limousine, dando un ultimo sguardo al suo Compagno.

«Il fiore che nasce nelle difficoltà è il più raro e il più bello di tutti quanti…» disse Deucalion con un sussurro, le labbra tirate in un sorriso e le sopracciglia sollevate; Derek, però, si voltò e osservò attentamente il volto sorridente del Sindaco.

«Come?» domandò confuso, facendolo sbuffare sonoramente mentre suo zio, sospirando teatralmente, dava un paio di pacche sulle spalle al suo superiore.

«Lo so, lo so… È il più tardo della cucciolata in fatto di sentimenti. Deve essere paziente con lui.» sussurrò Peter con un sorriso divertito sul volto.

«Un Omega così non lo incontri tutti i giorni!» esclamò Deucalion indicando il luogo in cui Stiles era sparito per poi dare le spalle all’Hale, che corrucciò comicamente le sopracciglia.

«Daglielo!» gli disse Peter con un ghigno malizioso sul volto per poi fargli l’occhiolino, seguendo subito dopo il Sindaco verso l’interno del Municipio.
 
 

‘Antenati, guidatemi voi…’
 
 
 
***
 
 
 

Quel giorno il Sole sorse su una Contea euforica e libera, priva delle catene del terrore che l’aveva imprigionata per tutti quei mesi; lacrime commosse abbandonarono gli occhi stanchi, risate sguaiate riecheggiarono nel cielo, baci e abbracci vennero donati anche agli sconosciuti e sulle labbra di tutti primeggiava un singolo nome: Mieczyslaw Stilinski, il Salvatore della Contea. Telegiornali e radiogiornali trasmisero per ore la stessa notizia, riportando fedelmente tutti i dettagli di quella caotica notte, e le immagini del combattimento contro la Bête du le Gévaudan furono trasmette a ripetizione su tutti i canali principali; la notizia dell’Omega che aveva sfidato il mondo e i pregiudizi era arrivata a tutti, il suo nome veniva acclamato e festeggiato.


Chiuso in una lussuosa limousine, con il volto poggiato contro il finestrino oscurato, Stiles osservò il panorama mutare sotto i suoi stessi occhi; la stanchezza iniziava a farsi sentire, così come il dolore, e man mano che il Sole si innalzava dall’orizzonte, iniziando a baciargli il volto con i suoi caldi raggi, si sentiva sempre più irrequieto. Sua madre gli aveva ripetuto più volte quanto era forte la sua mancanza nei loro cuori, lo stesso Mushu gli aveva assicurato che la sua famiglia sembrava aver perso la felicità, eppure nella sua mente continuava a riecheggiare una malevola voce che non smetteva un attimo di sussurrargli i peggiori scenari possibili.
Seduto al suo fianco, e in preda a un pianto disperato, si trovava il draghetto più felice e orgoglioso del mondo; Mushu non aveva atteso molto per uscire allo scoperto, tant’è che lo stesso Stiles aveva chiesto all’autista di sollevare il vetro per avere un po’ di privacy, e non appena l’abitacolo fu isolato il guardiano era sgattaiolato fuori e lo aveva abbracciato tra le lacrime. Erano passate delle ore da quel momento e il pianto del drago non era scemato, tant’è che lo stesso Stiles voltò lo sguardo sul muso rosso e bagnato di Mushu per poi carezzargli la testa cornuta, interrompendo per un attimo quella litania.
 
 

«Perché piangi?» chiese risollevandogli il capo.

«Sono così felice e triste al tempo stesso…» rispose singhiozzando Mushu «Hai trovato il tuo riflesso e salvato la Contea, ti sei spinto più in là di qualsiasi altro licantropo!» disse osservandolo orgogliosamente «E noi ci separeremo, la mia missione è compiuta.» ammise sospirando tristemente.

«Ma io verrò a trovarti!» esclamò Stiles come se nulla fosse «Come devo fare?» Mushu sorrise tra le lacrime e si prodigò a spiegare per filo e per segno come suonare il gong, quando farlo e che parole utilizzare per risvegliarlo, facendolo annuire a ogni parola «Bene, al primo plenilunio farò un salto e parleremo.» disse allungandogli l’indice, il quale fu prontamente stretto dalla zampa del guardiano; il finestrino iniziò ad abbassarsi, costringendo Mushu a nascondersi nuovamente, e quando Stiles osservò il volto della Beta che lo stava accompagnando a casa sorrise timidamente.

«Siamo quasi arrivati, Salvatore della Contea, presto riabbraccerete la vostra famiglia.» Stiles annuì impensierito, domandandosi se fosse possibile lasciare i doni sulla soglia di casa e sparire dalla circolazione, ma ogni cosa sparì nell’istante esatto in cui la limousine imboccò nel viale che l’avrebbe condotto a casa sua; e alla fine la vide…
 

Le mura bianche, sulle quali primeggiavano ancora i segni delle pallonate che gli aveva lasciato da piccolo, lo accolsero senza problemi; le persiane erano aperte, permettendogli di vedere le tende ricamate all’uncinetto che sua nonna aveva fatto per tutte le stanze. La finestra della cucina era aperta, segno che qualcuno fosse sveglio, e prima che se ne accorgesse l’elegante vettura frenò delicatamente, fermandosi perfettamente davanti al viottolo; deglutendo un fastidioso groppo alla gola, e sperando di sapersi controllare qualora l’incontro con la sua famiglia non fosse andato a buon fine, Stiles si voltò verso la sua autista con l’intento di ringraziarla ma sollevò di scatto le sopracciglia quando questa gli allungò timidamente un blocconote e una penna.
 
 

«Posso avere un autografo?» chiese sorridendogli dolcemente e, seppur imbarazzato come non mai, Stiles le sorrise e annuì prima di afferrare i due oggetti; scrisse una breve dedica, ringraziandola per il passaggio e l’ottima guida, e alla fine appose la firma per poi riconsegnare il blocco e la penna «Vada a festeggiare, Eroe, nessuno lo merita più di lei…» gli disse la Beta e lui, sospirando e guardando per l’ennesima volta la sua casa, annuì e scese dal veicolo.
 
 

La limousine ripartì dolcemente, facendo un’inversione a U per poter tornare nella capitale, e quando fu finalmente solo si permise di mordersi le labbra e sospirare pesantemente; era arrivato alla fine del viaggio, non poteva più tornare indietro.

Spinto dagli incoraggiamenti di Mushu, Stiles si avvicinò lentamente alla porta in ciliegio; le lacrime iniziarono a bagnargli le guance quando udì la voce di sua madre e il suo battito cardiaco, stava cantando una ninnananna, la stessa che preferiva da bambino, mentre si apprestava sicuramente a preparare la colazione. Sentiva il chiacchiericcio del telegiornale e i borbottii di sua nonna, il suo vecchio cuore battere regolarmente e senza che se ne accorgesse, spinto da una forza che non credeva di avere, sollevò un braccio e suonò il campanello; il trillò gli riecheggiò nelle orecchie, distraendolo da quella meravigliosa melodia che era la voce di sua madre, e dopo pochi secondi udì dei passi avvicinarsi all’ingresso.

Il tempo parve rallentare mentre la porta si apriva, rivelando la figura intristita di Claudia Stilinski; Stiles deglutì e trattenne i singhiozzi quando gli occhi di sua madre, così simili ai suoi, si posarono sulla sua figura. Claudia si era bloccata, la bocca spalancata e le sopracciglia corrucciate, intenta a fissare quello che sembrava essere l’ennesimo sogno destinato a svanire con il sorgere del Sole; la lupa, infatti, si era piantata gli artigli nei palmi e aveva iniziato a respirare sempre più rumorosamente, le iridi che passavano rapidamente dal castano al dorato e incapaci di staccarsi dal volto magro del figlio. Stiles la osservò per qualche attimo, temendo il peggio, e si portò una mano nella tasca dei pantaloni per poter stringere i doni che il Sindaco gli aveva donato; ‘Mal che vada glieli porgo e poi sparisco…’ pensò tristemente mentre percepiva gli occhi bruciargli per le lacrime trattenute. Claudia, però, si appoggiò pesantemente contro l’uscio e si portò una mano sul petto, permettendo a un rumoroso singhiozzo di abbandonarle le labbra; il ragazzo sorrise appena, leccandosi nervosamente le labbra, e deglutì rumorosamente prima di ritrovare la propria voce che sembrava essere sparita nel nulla.
 
 

«Mamma, sono io…» sussurrò tristemente, sperando che quell’orribile fatto tempo addietro non fosse stato premolitore; Claudia, però, singhiozzò e si portò una mano davanti al volto, soffocando un urlo disperato, e lo afferrò rudemente per la maglia rossa e sporca prima di tirarlo con forza dentro casa, chiudendo poi la porta con un colpo secco «Mamma…» pigolò Stiles quando la donna lo abbracciò di slancio, stringendogli la vita sottile e nascondendo il volto contro la stoffa della maglia per poter udire meglio la meravigliosa sinfonia di quell’enorme cuore che batteva emozionato, il cuore del suo bambino; i singhiozzi presero a spezzarle il fiato, facendole sobbalzare violentemente le spalle, e Stiles mi morse le labbra mentre, con mani tremanti, iniziava a carezzarle la schiena con dolcezza, incurante del proprio aspetto e della maglia che via via si bagnava sempre di più con le lacrime della donna «Mamma, non fare così…» disse in un sussurro e alla fine, semplicemente, abbassò il capo e le bacio i capelli, inalando finalmente l’odore di quella donna che lo aveva messo al mondo.

«Il mio bambino… Il mio bambino è tornato!» singhiozzò violentemente Claudia stropicciandogli e strappandogli la maglietta, ancorandosi a quel figlio che aveva tanto amato.

«Claudia, uno che assomiglia a Stiles ha salvato la Co… PORCA BOIA!» Stiles sollevò lo sguardo su sua nonna, sorridendole tra le lacrime e i singhiozzi quando finalmente vide i suoi occhi lucidi «STILES!» urlò l’anziana lupa correndogli contro e unendosi alla donna in quel disperato abbraccio, piangendo insieme a lei e stringendosi contro quel ragazzo che gli era mancato più dell’aria.

«Ciao nonna…» sussurrò Stiles per poi posare un casto bacio tra i capelli albini della donna, annusando a fondo il suo odore mentre Claudia continuava a piangere e singhiozzare, beandosi della sola presenza del suo cucciolo stretto fermamente tra le sue braccia.

«MA SEI SCIUPATO!» urlò nonna Stilinski tra le lacrime, le braccia strette fortemente attorno alla vita del nipote «Ma ti davano da mangiare?!» chiese staccandosi lentamente e osservando attentamente il volto del nipote che le sorrise dolcemente e ridacchiò appena mentre nuove lacrime correvano a bagnargli il volto.

«Stiles…» Claudia, imitando la suocera, sollevò lo sguardo e sgranò gli occhi quando osservò i cinque lunghi segni rosati che primeggiavano sul volto del figlio; lentamente, quasi timorosa di arrecargli dolore, sollevò una mano e posò i polpastrelli su quel volto sfigurato per poi carezzargli quelle cicatrici che ne deturpavano la bellezza. Stiles percepì il fiato rimanergli incastrato in gola e abbassò lo sguardo, ricordandosi per la prima volta dei segni che Derek gli aveva lasciato sul Valico e vergognandosi come non mai per il proprio aspetto; Claudia sussurrò nuovamente il suo nome e gli carezzò le guance, asciugandogli le lacrime, e alla fine gli afferrò dolcemente il mento prima di spostarglielo appena verso sinistra. Sorridendo tra le lacrime, la lupa si sollevò sulle punte dei piedi e diede un casto bacio su quella guancia pallida, portando il ragazzo a chiudere gli occhi e singhiozzare rumorosamente «Amore mio, ora la mamma farà passare tutto…» sussurrò baciandolo ancora, permettendo a Stiles di sorridere timidamente perché quella frase, quelle parole, erano le stesse che pronunciava quando era un cucciolo e si faceva male durante i vari giochi; “Un bacio, mamma, un bacio e passa tutto!”.

«Sono un po’ imbruttito dall’ultima volta che mi hai visto…» sussurrò amaramente Stiles, riferendosi principalmente agli occhi azzurri piuttosto che alle cicatrici che gli deturpavano il volto; Claudia, però, sorrise tra le lacrime e lo costrinse a incrociare i loro sguardi. Singhiozzando, Stiles illuminò le iridi e le due donne sussultarono visibilmente quando l’azzurro prese il posto del marrone; i loro occhi osservarono attentamente quelle iridi fredde, lo sguardo di un licantropo che aveva ucciso, e Claudia si portò immediatamente una mano davanti la bocca, reprimendo a stento un singhiozzo mentre Miriam sospirò pesantemente e corse ad asciugargli le lacrime.

«Vanne orgoglioso, nipote mio, perché questi sono gli occhi di un eroe…» sussurrò dolcemente l’anziana lupa.

«Diverse, è vero, ma sempre bellissime… Come ogni parte di te…» aggiunse Claudia illuminando le proprie iridi, permettendo all’oro e all’azzurro di legarsi nuovamente; lentamente, il sorriso tornò a tirare le labbra di Stiles e il ragazzo baciò dolcemente la fronte della madre per poi stringerla in un caldo abbraccio. Sentì il suo lupo acquietarsi, finalmente sereno, e un sospiro gli abbandonò le labbra.

«Mi sei mancata…» sussurrò il giovane mannaro prima di staccarsi appena, carezzando poi il volto rugoso della nonna «Mi siete mancate…» aggiunse osservando il volto commosso dell’anziana lupa «Papà?» domandò dopo aver preso un profondo respiro; nonostante tutto percepiva ancora un poco di timore nell’incontrarlo, di sentire parole fredde e dure rivolte contro di lui. Le due donne, però, abbassarono appena il capo e si guardarono tristemente, facendolo preoccupare immediatamente.

«Lui… È quello che ha sofferto maggiormente…» rispose in un sussurro Claudia «Non riesce a perdonarsi per quanto accaduto e, anche se non lo dice, noi sappiamo che è così orgoglioso di te e dell’uomo che sei diventato.» disse sorridendogli apertamente.

«Si trova sul retro, seduto su quella fottutissima panca.» aggiunse sua nonna per poi soffiarsi il naso in un fazzoletto di carta «Va da lui ragazzo, perdonatevi a vicenda…» Stiles si ritrovò a deglutire un fastidioso groppo alla gola ma alla fine annuì e sorrise alla lupa, baciandole nuovamente la testa; le due Omega gli carezzarono il volto e gli baciarono una guancia ciascuna, facendolo sorridere apertamente, e alla fine nonna Stilinski gli diede una generosa pacca sul sedere «Questo sì che è un culo di marmo!» esclamò incurante del rossore che dipinse le gote del ragazzo «Claudia, al lavoro!» disse incamminandosi verso l’angolo cottura «Il ragazzo è denutrito e con il fisico che si è fatto non ci vorrà molto prima di mettere i numeri fuori dalla porta!» Stiles, se possibile, arrossì ancor di più mentre sua madre gli sorrideva.

«Non scappare di nuovo perché in tal caso sarò io stessa a venirti a cercare.» gli disse Claudia carezzandogli il volto un’ultima volta prima di unirsi alla suocera, iniziando a preparare la sua torta preferita; Stiles percepì le spalle più leggere, tant’è che le roteò un paio di volte per poi dirigersi verso la porta che gli avrebbe permesso di raggiungere il giardino. Passo dopo passo, sentiva il proprio cuore battergli furiosamente nel petto e alla fine, posando la mano sulla maniglia, prese un profondo respiro e l’abbassò.
 
 

La porta cigolò sui cardini quando venne aperta e i sensi di Stiles furono carezzati dai delicati suoni che popolavano il mondo; si era alzato un flebile soffio di vento, che permetteva alle campane di tintinnare armoniosamente, e il vociare dei vicini sembrava creare una delicata coperta che avvolgeva ogni cosa. Mentre usciva di casa gli parve di sentire il proprio nome sussurrato dai vicini ma non se ne curò, non poteva farlo visto che il vento gli aveva permesso di percepire distintamente l’odore del padre; sorridendo, Stiles permise alle lacrime di solcargli nuovamente il volto e alla fine, calpestando l’erba intirizzita dal freddo, posò il proprio sguardo su di lui.

Si trovava seduto sulla vecchia panchina su cui, mesi prima, lo aveva aiutato a superare la delusione provocata dal fallimento con la Mezzana; sembravano trascorsi un paio di giorni e invece, per entrambi, quel lasso di tempo era stato semplicemente troppo. Noah teneva la testa bassa, le mani posate pigramente sul grembo e gli occhi fissi su un oggetto che il ragazzo non riusciva a vedere; era cambiato suo padre, sembrando quasi una persona diversa da come se lo ricordava… I capelli gli si erano ingrigiti, il volto solcato da nuove rughe e nonostante fosse perfettamente pulito era impossibile non notare il pesante alone di tristezza che gli avvolgeva il corpo; lentamente, Stiles si mosse verso di lui e, portandosi la mano nella tasca dei pantaloni, strinse nel proprio pugno i doni del Sindaco affinché fosse pronto per offrirglieli. Non voleva perdere tempo, preferendo arrivare dritto al punto e sapeva che se si forse messo a parlare il dolore lo avrebbe sopraffatto, portandolo a singhiozzare miseramente; no, Stiles Stilinski avrebbe accettato a testa alta qualsiasi destino gli fosse riservato perché, in quel momento, l’unica cosa a cui dare vera importanza era la triste figura che lo aveva visto crescere e maturare. Doveva appianare quanto accaduto, ricucire quello squarcio nel passato che ancora sanguinava.

Pochi istanti prima sua nonna gli aveva chiesto di perdonare quel vecchio Alpha per le parole che gli urlò contro mesi addietro ma Stiles, semplicemente, l’aveva già fatto… Perdonò suo padre la notte stessa della sua decisione e se era andato in contro a tutto quello, se aveva affrontato tutti quei nemici, l’aveva fatto solamente per cercare disperatamente di chiedergli scusa; quella sera Noah non fu l’unico a sbagliare, lo stesso Stiles commise degli errori ed era giunto il momento di chinare il capo e chiedere scusa. Sperava con tutto se stesso di poter essere perdonato per le proprie azioni, per le proprie parole…

Il vento però venne in suo soccorso, cambiando drasticamente direzione e avvolgendogli il corpo nel suo caotico abbraccio; poco a poco, l’odore di Stiles venne strappato via dal suo corpo e viaggiò pigramente nell’aria, raggiungendo senza fatica il volto umido di lacrime dell’Alpha.

Noah, percependo quella fragranza, irrigidì la mascella e si lasciò sfuggire un singhiozzo; era convinto, infatti, che quella fosse l’ennesima illusione che la sua mente aveva partorito. Un nuovo fantasma frutto dei suoi sensi di colpa che gli stavano impedendo di vivere ma poi, sotto l’influsso del proprio istinto, sollevò appena il capo e lo voltò in direzione della fonte di quel profumo così ricercato ritrovandosi davanti il volto terrorizzato e pallido del suo bambino; Stiles, infatti, sgranò gli occhi e si precipitò verso di lui, che nel frattempo si era immediatamente alzato della panchina, ma il ragazzo s’inginocchiò ai suoi piedi. Tenendo il volto basso e cercando di controllare i propri singhiozzi, Stiles sfilò la mano dalla tasca e la tese in alto, il palmo aperto tremante aperto e i gioielli perfettamente visibili; Noah percepì gli occhi farsi lucidi e prese ad annusare a fondo quell’odore così intenso e meraviglioso, percependo le ginocchia tremargli per l’emozione perché suo figlio era vivo e davanti ai suoi occhi.
 
 

«Padre, vi porgo i miei ossequi.» sussurrò tra le lacrime Stiles, il corpo scosso da fremiti incontrollabili «Questi sono… Sono doni, sì… Da parte del Sindaco Deucalion per… Per rendere onore alla nostra famiglia.» balbettò il giovane mentre Noah, lentamente, allungava una mano tremante e afferrava i due gioielli; sfiorò appena il palmo sudato e tremante del ragazzo, beandosi di quel tocco effimero «Perdonate quest’Omega disonorato per le sue azioni, ve ne prego…» sussurrò abbassando il braccio e portandoselo in grembo per poi singhiozzare rumorosamente. Chiudendo gli occhi, Stiles attese pazientemente che il proprio Alpha di famiglia parlasse; gli andava bene qualsiasi cosa e indifferentemente dalla decisione presa dall’uomo, anche se gli avesse ordinato di non farsi mai più vedere, l’avrebbe portata a termine.
 
 

Noah singhiozzò e strinse tra le dita i due doni, incapace di poter gestire il dolore che quelle parole gli procurarono, arrivando a percepire il suo stesso lupo guairgli disperato nel petto; Stiles sospirò pesantemente e si rialzò da terra, suo padre aveva preferito il silenzio e lui, malgrado tutto e con il dolore nell’anima, accettò. A testa bassa, e con il volto bagnato dalle lacrime, si apprestò a correre in casa per salutare sbrigativamente tutti quanti ma poi, all’improvviso, un tonfo gli raggiunse le orecchie; vide i doni gettati a terra, ai suoi piedi, e un singhiozzo gli lacerò il respiro. ‘Li ha rifiutati…’ pensò e si voltò, sperando di non risultare troppo miserabile mentre si allontanava ma Noah, semplicemente, gli afferrò le spalle e lo voltò di scatto prima di stringerlo in un abbraccio e scoppiare in un pianto disperato.
 
 

«Il più grande onore per un padre è avere un figlio come te…» sussurrò Noah tra le lacrime, accarezzandogli la testa e baciandolo più volte mentre le lacrime scorrevano rapidamente sui loro volti e alla fine i propri lupi ulularono di gioia per un lungo, interminabile istante per poi acquietarsi. Padre e figlio si erano finalmente riuniti. La ferita nel passato si cicatrizzò all’istante, ogni piega sparì e Stiles, semplicemente, ricambiò la stretta e scoppiò in lacrime. Il vento si acquietò, il silenzio calò su di loro, l’intero universo parve congelarsi davanti a quel pianto; gli animi si sanarono, le ferite smisero di sanguinare, il dolore cessò… Stiles e Noah, padre e figlio, Alpha e Omega, si erano finalmente ritrovati.

«PAPÀ!» singhiozzò il ragazzo artigliandogli il maglione che indossava, aggrappandosi a lui in quell’oceano di emozioni «L… LA T… TUA UNIFORME!» Stiles si ritrovò a urlare quella richiesta di perdono così come un bambino, portando lo stesso Noah a sorridere tra le lacrime mentre lo stringeva maggiormente a sé.
«Non importa… Non importa nulla ormai perché tu sei qui, sei vivo tra le mie braccia…» rispose tra le lacrime.

«L’ARMA… PAPÀ… L’ARMA È ANDATA DISTRUTTA!» urlò e singhiozzò, beandosi della ferrea stretta di suo padre e dei baci che gli donava.

«Non m’importa…» ripeté nuovamente, singhiozzando e piangendo per la felicità di stringere, finalmente, quel ragazzo tanto amato tra le braccia.

«E… E… I… I MIEI OCCHI…» Noah sgranò gli occhi e si separò dolcemente dal figlio per poi afferrargli dolcemente il volto, costringendolo a sollevarlo appena; l’uomo illuminò le proprie iridi, spingendo il figlio a imitarlo, ma invece di sobbalzare o intristirsi Noah, semplicemente, sorrise. Rosso e azzurro si rispecchiarono l’un l’altro, mescolandosi abilmente e alla fine si spensero; quel colore, tanto diverso quanto potente, perdeva ogni importanza per lui. Il suo bambino era salvo e malgrado il cremisi che gli illuminava gli occhi Noah sapeva che dietro di esse risplendeva lo stesso colore che bagnava le iridi del ragazzo; sorridendo, gli bacio la fronte e sospirò pesantemente mentre gli carezzava il volto, pulendolo dalle lacrime che osavano insozzarlo.

«Il fiore che nasce nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti gli altri…» Stiles sorrise e singhiozzò rumorosamente ma poi, all’improvviso, suo padre si rabbuiò e un minaccioso ringhio gli riecheggiò nella gola «CHI È STATO?!» domandò osservando attentamente le lunghe cicatrici che deturpavano il meraviglioso volto del ragazzo e Stiles, al solo ricordo di Derek, chiuse gli occhi e si liberò dalla presa prima di tornare a posargli il capo nell’incavo del collo.

«Cancellami la memoria…» chiese afferrandogli una mano e portandosela alla nuca, premendogli le dita contro la pelle chiara; Noah sgranò gli occhi a quella richiesta ma Stiles continuò «Ho trovato il mio Compagno ma lui… Non… Non ha trovato me…» calando le palpebre, permettendo a nuove lacrime di bagnargli la pelle, Noah si ritrovò a ringhiare con più forza e maledire qualsiasi lupo fosse stato tanto fortunato quando imbecille da essere stato scelto dal suo cucciolo.

«Non posso farlo…» gli rispose tra le lacrime «Ci sono troppi bei ricordi che voglio mantenere, ci rivolgeremo a un amnesiologo però! Tranquillo, figliolo, papà risolverà tutto…» disse per poi baciargli dolcemente la testa «Ora va a farti la doccia, figlio mio, e poi siediti alla mia destra. Voglio sapere tutti i dettagli del tuo viaggio.» Stiles singhiozzò un’ultima volta e annuì, percependo il lupo dentro di lui acquietarsi. ‘Finalmente…’
 
 

***
 


Un sospiro soddisfatto abbandonò le labbra di Stiles mentre l’acqua tiepida scorreva liberamente sul suo corpo, portandosi dietro il sangue e la polvere che lo scontro contro la Bête gli aveva fatto attaccare addosso; le gocce picchiettavano costantemente sul suo volto beato, gli occhi chiusi e un timido sorriso a tirargli le labbra. Ripensando alla tempesta emotiva che lo aveva stravolto, Stiles si sentì uno stupido; la sua famiglia, nonostante fosse completamente all’oscuro di tutto, lo aveva accolto a braccia aperte, elogiandolo come un eroe di guerra, e finalmente si permise d’immaginare il futuro. Linee e dettagli furono pianificati nella sua mente, ogni cosa si posizionò finalmente al posto giusto e la speranza di poter tornare alla propria vita gl’illuminò l’animo; sospirando nuovamente, Stiles si costrinse ad aprire gli occhi e sorridere apertamente. Non c’erano più le paure a offuscargli la vista, il terrore d’essere scoperto e diseredato non gl’impediva più di respirare… Era libero finalmente…

Oltre il box appannato, i singhiozzi di Mushu lo raggiungevano e accompagnavano in quei pensieri; il draghetto, infatti, era uscito alla scoperto non appena la porta del bagno si fu chiusa ma poi, appoggiandosi sul marmo del lavandino, scoppiò in un rumoroso pianto che fece roteare gli occhi al mannaro. Stiles scosse appena il capo e recuperò il proprio shampoo, versandosene una generosa quantità nel palmo aperto della mano per poi iniziare a insaponarsi la testa; le ultime tracce di sporco furono lavate via, insieme alle scie di sapone che delicatamente gli carezzavano la pelle, e una risatina divertita gli abbandonò le labbra quando udì il draghetto strappare un pezzo di carta igienica per poi usarlo per soffiarsi il naso.
 
 

«Mushu, è ora di festeggiare…» disse Stiles massaggiandosi accuratamente l’addome scolpito e segnato dalle cicatrici, benedicendo la privacy che il proprio bagno gli forniva; il guardiano, però, singhiozzò rumorosamente e si soffiò nuovamente il naso prima d’incenerire la carta.

«Lo so ma… Tuo padre e il suo discorso… Oh, Stiles, sei scappato di casa che eri solo un ragazzino e hai fatto ritorno da uomo! Ho bisogno di un altro fazzoletto!» sussurrò Mushu strappando un nuovo pezzo di carta.

«Posso chiederti un ultimo favore?» chiese lavandosi i testicoli gonfi, sperando ardentemente di potersi chiudere in camera al termine della colazione per poter sfogare i propri ormoni abusati; Mushu mugugnò appena in accordo per poi soffiarsi rumorosamente il naso, strappando un’altra risata nel ragazzo «Potresti allargarmi i vestiti? Non entro più nei miei…» Stiles chiuse l’acqua e aprì il box, trovando il drago intento ad asciugarsi le lacrime; le sopracciglia gli schizzarono fino all’attaccatura dei capelli quando vide il rotolo di carta igienica perfettamente posizionato accanto al corpo filiforme dell’amico.

«Ma certo!» rispose sorridendo Mushu iniziando a muovere le zampe, formando dei cerchi sempre più grossi, mentre una nube aranciata avvolgeva gli abiti che si era portato dietro; poco alla volta maglia e pantaloni aumentarono le proprie dimensioni e alla fine del lavoro, quando Stiles si fu asciugato, il drago prese a incantarli nuovamente per farli adattare meglio al corpo atletico del ragazzo «Sei così cresciuto… Promettimi che verrai a trovarmi.» Stiles sorrise e annuì prima di aprire le braccia, permettendo a Mushu di saltargli addosso.

«Lo prometto.» sussurrò stringendo quel grande amico che il destino aveva messo sulla sua strada; Mushu singhiozzò e lo abbracciò a sua volta.

«Ciao amico mio…» sussurrò il draghetto muovendo i baffi e sparendo nel nulla, lasciandosi dietro delle scintille rossastre che brillarono appena prima di affievolirsi del tutto.

«Ciao amico mio.» ripeté Stiles asciugandosi un paio di lacrime sfuggite al suo controllo; alla fine, prendendo un profondo respiro, aprì la porta e si diresse in salotto. Lo stomacò gli brontolò rumorosamente, accantonando anche il sonno e la stanchezza, ma appena scese i primi gradini la voce di suo padre lo raggiunse.

«HO DETTO DI NO, JEREMY, NON PUOI VEDERE STILES!» urlò suo padre strappandogli un sorriso.

«Ma voglio vedere il Salvatore della Contea!» rispose Jeremy Zag, il figlio Alpha dei suoi vicini.

«Tu vuoi solamente sbattertelo e il culo di mio nipote è troppo prezioso per essere dato al primo imbecille che suona alla porta!» tuonò sua nonna facendolo vergognare come non mai; rapidamente, temendo chissà quale allusione sessuale della vecchia lupa, scese le scale ed entrò in cucina.

«Cibo!» esclamò sedendosi a tavola e sorridendo entusiasta quando udì la porta di casa sbattere con forza.

«È il trentesimo che caccio, si può sapere cos’hanno gli Alpha questa mattina?!» domandò Noah entrando e dirigendosi a capo tavola, carezzando delicatamente la testa del figlio quando gli passò accanto «Sappi che per il primo mese non ho intenzione di organizzare pasti con qualsiasi Alpha che non sia io, la tua famiglia deve goderti.» disse osservando Stiles che, con la bocca piena di uova e pancetta, si limitò ad annuire «Buon appetito.» sussurrò iniziando a mangiare.

«È vero che hai provocato una valanga?» chiese sua madre dopo qualche attimo, facendolo bloccare sul posto; deglutendo, e attaccandosi al bicchiere colmo di succo, Stiles annuì nuovamente.

«Quanto sei pazzo per provocare una valanga?!» domandò sconvolto suo padre mentre si portava un pezzo di pane alla bocca.

«Loro erano un’infinità, noi appena una cinquantina!» si difese con la bocca piena Stiles.

«E hai combattuto contro quel demonio sul tetto del municipio?» chiese ancora sua madre e, all’occhiata dubbiosa che Stiles le lanciò, sospirò e accese la televisione; sotto gli occhi shoccati del ragazzo correvano le immagini del suo scontro finale con la Bête, osservò la mazza spezzarsi a seguito del colpo e successivamente il razzo che la colpiva, spedendola dritta verso il suo destino.

«Prima mi ha inseguito…» disse con tranquillità quando lo schermo fu spento.

«Tutti i giornali riportano dettagliatamente quello che hai fatto!» urlò euforico suo padre dandogli una generosa pacca sulla spalla.

«Sì, sì, sì… Tutto molto interessante ma io voglio sapere un’altra cosa!» s’intromise nonna Stilinski mentre spalmava la marmellata contro il pane tostato «C’erano dei manzi lì? E se sì, dimmi che ti sei divertito almeno un po’!» disse osservandolo attentamente mentre rischiava di strozzarsi con le uova strapazzate che aveva in bocca.

«MAMMA!» tuonò Claudia.

«NON VOGLIO SAPERE NIENTE!» urlò Noah con il volto pallido.

«NON HO FATTO NIENTE! SONO ANCORA VERGINE!» rispose dopo qualche attimo Stiles.

«Neanche un pompino o un rimming?! Insomma, avevi tante salsicce Alpha a disposizione e non ne hai approfittato?!» sua nonna sollevò di scatto le braccia al cielo nello stesso istante in cui Stiles si copriva il volto con le mani, vergognandosi come non mai; sua madre si era limitata a sospirare pesantemente ma Noha, con le mani premute saldamente sugli occhi, continuava a farneticare cose come “Preliminari…”, “Il mio bambino…”, “Vecchia pervertita!” «Che spreco ragazzo, che spreco… Io speravo che avessi organizzato un’orgia e come minimo saresti tornato incinto di cinque Alpha diversi!» un lamento disperato abbandonò la gola di padre e figlio ma, fortunatamente, il campanello suonò nuovamente impedendo all’anziana lupa di continuare; Claudia sospirò e si alzò da tavola, dirigendosi rapidamente alla porta d’ingresso. Non ci volle molto prima che tornasse indietro con l’ospite e Stiles sgranò gli occhi quando udì quella voce femminile e autoritaria carezzargli le orecchie.

«Famiglia Stilinski, scusate il disturbo.» Stiles si alzò di scatto e si voltò verso Lydia Martin prima di eseguire il classico saluto militare, sotto gli occhi confusi della sua famiglia; Claudia, infatti, corrucciò lo sguardo quando vide l’espressione del proprio cucciolo indurirsi immediatamente, divenendo così fredda e distante da farle credere che lì, davanti a lei, c’era lo stesso Stiles che aveva affrontato quel viaggio e non più il suo bambino «Salvatore della Contea…» Lydia sorrise dolcemente e, sotto gli occhi di tutti, schiaffeggiò con forza il volto dell’Omega, facendogli perdere l’equilibrio e costringendolo a oscillare sgraziamente sul posto; Noah batté i palmi aperti sul tavolo e ruggì, preparandosi a eliminare quella ragazza che aveva osato ferire il suo bambino ma poi, shoccando ancor di più gli Stilinski, l’Alpha gli afferrò il volto e gli baciò castamente la fronte prima di incrociare i loro sguardi e sorridergli ampiamente «BRUTTO PEZZO D’IMBECILLE!» tuonò improvvisamente, afferrando Stiles per le spalle e iniziando a scuoterlo con forza «TU NON SEI UN OMEGA, SEI UN FOTTUTISSIMO ALPHA MANCATO!» urlò mentre Noah, spalancando la bocca e sollevando di scatto le sopracciglia, tornava lentamente a sedersi «ME LO VOLEVI DIRE CHE ERI SOTTO COPERTURA, EH?! IO TI AVREI AIUTATO, DEFICIENTE!» Lydia ringhiò minacciosamente e illuminò le iridi di rosso prima di baciargli nuovamente la fronte «Domani pomeriggio ti aspetto nella Capitale per fare shopping e sabato prossimo, ore venti, al “Moonlight” per una cena con me; voglio sapere tutti i dettagli, Stiles.» l’Alpha sorrise e gli pulì le spalle prima di fargli il saluto militare, incurante dell’espressione confusa del ragazzo «Signori Stilinski, è stato un onore conoscervi.» disse prima di girare le spalle e tornarsene all’ingresso, immediatamente seguita dal ragazzo.
 
 

***
 
 
 

L’orologio sul cruscotto segnò le quattordici nel momento esatto in cui la rumorosa Jeep azzurra sorpassò il cartello “Benvenuti a Beacon Hills”; la radio non aveva ancora smesso di narrare attentamente tutti i dettagli che avevano portato la Contea alla vittoria, sottolineando più volte il nome e lo status dell’Eroe, eppure il guidatore non riusciva ancora a capacitarsi del come ci fosse finito in quella situazione.

Derek ricordava molto bene quanto accaduto dopo la partenza del suo Compagno: era stato promosso a tenente, aveva riabbracciato la sua famiglia e detto loro tutto ma poi, tra un “Derek sei un coglione” urlato da Laura e un “Va da lui e fallo tuo!” sbaitato da Cora, si era ritrovato prima in un negozio d’armi e poi in una gioielleria; alla fine di tutto quel trambusto fu proprio suo zio Peter a fargli notare la jeep azzurra apparentemente abbandonata nel parcheggio dell’accademia, costringendolo non troppo velatamente a salirci sopra per poi riportarla al sexy amore della tua vita.

E così, lottando contro la paura di ricevere un rifiuto per il comportamento di merda che aveva tenuto, Derek seguì le indicazioni del navigatore satellitare fino a imboccare in un viale affollato; non era stato difficile reperire l’indirizzo di Stiles, la parte complessa fu trovare le parole da dirgli una volta che l’avrebbe incontrato.

Un pericoloso ringhio gli abbandonò la gola quando notò fin troppi Alpha e giornalisti appostati davanti alla porta del sexy amore della sua vita e, scendendo dal veicolo, un possente ruggito gli abbandonò la gola; gongolando interiormente alla vista dei pretendenti che indietreggiavano rapidamente, e ignorando i giornalisti, Derek si avvicinò all’ingresso e suonò il campanello. Deglutì rumorosamente e si aggiustò la divisa nuova di zecca che aveva indossato, stando ben attento a far brillare attentamente la medaglia al valore che quella stessa mattina il Sindaco gli aveva dato.
 
 
***
 
 

«Avanti Claudia, basta piangere…» nonna Stilinski sorrise alla nuora e posò lo strofinaccio sull’apposito gancio prima di osservare attentamente il volto sorridente e bagnato dalle lacrime della donna «Stiles è tornato, Noah ha dovuto pestare quattro Alpha che vogliono fargli la corte e tutta la Contea lo sta acclamando come eroe! Ha già rilasciato quattro interviste!» disse carezzandole dolcemente il braccio.

«Lo so ma…» un potente e roboante ruggito riecheggiò all’esterno della casa, accompagnato subito dopo dal trillo del campanello, e sollevando di scatto le sopracciglia le due Omega si diressero all’ingresso, intimorite da quegli eventi; Claudia abbassò la maniglia e tirò indietro l’uscio, spalancando gli occhi davanti a uno degli Alpha più belli che avesse mai visto.

«Casa Stilinski?» chiese Derek gonfiando il petto e sollevando il vento; le due donne annuirono e un timido sorriso gli tirò le labbra «Cerco Mieczyslaw Stilinski, il Salvatore della Contea. Sono il tenente dell’esercito della Contea Derek Lee Hale.» disse orgoglioso.

«Sono io Mieczyslaw!» esclamò sorridente nonna Stilinski dopo qualche attimo, sbuffando al “Mamma!” sibilato dalla nuora.

«Mio figlio è in giardino, tenente Hale, mi segua pure.» disse imbarazzata Claudia facendosi da parte per permettere a Derek di entrare e, una volta chiusa la porta, s’incamminò verso il giardino sul retro, immediatamente seguita dall’Alpha e dalla suocera.

«Orca boia che culo!» esclamò Miriam osservando attentamente il sedere di Derek, incurante dell’imbarazzo provato che quest’ultimo.

«Perdoni mia suocera…» sussurrò imbarazzata Claudia aprendo la porta e indicando l’esterno «Prego.» Derek la ringraziò con un sorriso e un cenno del capo, grato di poter sfuggire allo sguardo malizioso dell’anziana lupa.

«Claudia, arruolami per la prossima guerra!» esclamò poco dopo Miriam, costringendo Derek ad arrossire immediatamente visto che, a causa di quella frase, Stiles e suo padre si erano immediatamente voltati verso di lui; il suo Compagno gli sorrise e si alzò, portandosi una mano sulla fronte per salutarlo, e Derek allungò il passo, desideroso di sentire nuovamente il suo odore.

«Capitano Hale, qual buon vento la porta qui?» domandò Stiles osservandolo attentamente negli occhi.

«I… Io ti ho riportato la macchina…» rispose in un balbettio Derek «E questa.» disse allungando una scatola bianca verso il ragazzo per poi sgranare gli occhi e spostarla verso il torace di Noah, che si era alzato a sua volta per affiancare il figlio «È una pistola, per sostituire la sua arma di famiglia.» spiegò quando l’Alpha afferrò la scatola.

«Hai portato l’auto di mio figlio e una pistola?» chiese Noah sollevando un sopracciglio.

«Sì, signore. Cioè, voglio dire… No, signore…» Derek si maledisse interiormente quando notò l’espressione dubbiosa sull’uomo che, lo sperava davvero tanto, sarebbe diventato suo suocero.

«Stiles, chi è il tuo… Ehm… Amico?» domandò Noah osservando attentamente il figlio e, appena notò lo sguardo sognante in netta contrapposizione con il triste sorriso che gli tirava le labbra, capì.

«Sono il tenente Derek Lee Hale.» disse immediatamente l’Alpha per poi tornare a osservare l’Omega; ‘Adesso o mai più!’ «Stiles sei il mio Compagno scusa per tutto quello che ti ho fatto passare all’accademia mi sono sentito immediatamente attratto da te ma alla fine ho capito tutto! Ecco a te un anello leghiamoci sposiamoci e facciamo tanti cuccioli perché io ti amo e non permetterò a nessun’altro Alpha di farti la corte!» Derek spalancò la bocca e prese un profondo respiro, imbarazzato per la rapidità con cui aveva detto quella frase e, soprattutto, per la reazione dei due lupi; Stiles, infatti, si era aperto in un meraviglioso sorriso mentre Noah, invece, roteava gli occhi e sbuffava sonoramente.

«Un coglione come genero no…» sospirò Noah per poi osservare la piccola scatola bianca che Derek, durante il suo discorso, gli aveva messo grezzamente tra le mani; Stiles la aprì e tirò fuori un piccolo anello d’oro bianco con sopra un lucente diamante.

«Che ne dici di andarci piano? E di rimanere per cena?» chiese invece Stiles riuscendo finalmente a staccare lo sguardo dal gioiello per riportarlo in quello di un imbarazzatissimo e nervosissimo Derek.

«CHE NE PENSI DI RIMANERE PER SEMPRE? E DI TOGLIERTI I VESTITI?» aggiunse nonna Stilinski che, come Claudia, aveva assistito a tutto dalla porta spalancata della cucina.

«Vada per la cena… E per andarci piano…» rispose sorridendo Derek, facendo annuire Stiles.

«Figliolo, perché non vai a prendere qualcosa in cucina per il nostro… Ospite…» sussurrò Noah posando un braccio sulle spalle del figlio e sorridendogli dolcemente «Io e Derek dobbiamo… Parlare…» l’Hale si ritrovò a deglutire quando il sorriso orgoglioso dell’Alpha divenne freddo e pericolo; Stiles annuì e baciò la guancia paterna, prima di ripetere il desto su quella di Derek, per poi correre in casa.

«Quando vorrete fare sesso ditemelo che distraggo il vecchio!» disse Miriam abbracciando il nipote.

«Nonna!» esclamò ridendo Stiles mentre Claudia si limitava a sorridere e unirsi all’abbraccio dei due.

«Allora, Derek…» sussurrò minacciosamente Noah, portando Derek ad annuire e deglutire per il nervoso.

«Signor Stilinski, ho intenzione di corteggiare suo figlio.» disse Derek come se nulla fosse; Noah, però, sollevò di scatto le sopracciglia e ghignò prima di posargli un braccio sulla spalla, portandolo a sorridere apertamente.
 

 
Il sorriso, però, gli morì nell’istante esatto in cui la punta della gruccia venne premuta con forza sul suo piede e, non appena Derek si piegò appena per il dolore, il palmo aperto di Noah lo colpì con forza sul naso, rompendoglielo di colpo; l’Hale indietreggiò appena, stordito, e si ritrovò a sbuffare pesantemente quando l’altro lo colpì con un sinistro allo stomaco. Infine, non contento, Noah gli diede una potente ginocchiata al cavallo, portandolo a ringhiare con forza mentre cadeva pesantemente al suolo, le mani strette sui genitali doloranti e gli occhi resi lucidi dalle lacrime.
 
 

«Se ferirai nuovamente mio figlio, Derek Lee Hale, non mi limiterò a romperti le palle ma farò in modo che una pallottola d’argento con su il tuo nome, sparato dalla mia nuova arma di famiglia, ti venga conficcata dal sottoscritto dritto in fronte.» sibilò minacciosamente Noah avvicinando il proprio volto a quello di Derek «Sono stato abbastanza CHIARO?!» tuonò facendo immediatamente annuire l’Hale «Molto bene e… Oh, giusto!» una mano artigliata piombò sul volto di Derek, lasciandosi dietro cinque tagli sanguinolenti che avrebbero impiegato un’ora buona per guarire del tutto «Questo è per quello che hai fatto al mio cucciolo sul Valico dei Salvatore.» ringhiò Noah per poi colpirlo con forza sul volto, facendolo cadere pesante al suolo, agonizzante «Benvenuto in famiglia.» disse sorridendogli per poi rientrare in casa, permettendo a Derek di lamentarsi rumorosamente per il trattamento subito ma, alla fine, si rialzò e seguì Noah in casa; ‘Se devo farmelo nemico tanto vale…’ pensò Derek prima di afferrare malamente Stiles per le spalle per poi voltarlo e baciarlo con passione, gemendo di piacere quando il ragazzo gli rispose timidamente.
 
 

***
 
 
 

«Visto? Visto? Visto?» domandò Mushu indicando il piccolo gong posto al centro della cappella degli Stilinski; per l’occorrenza il draghetto aveva prima svegliato gli Antenati e, dopo aver spiegato loro tutta la storia, incantò il gong affinché potessero vedere tutto con i loro occhi «Allooooooora?» chiese rivolto al vecchio che Genim che, sbuffando, annuì.

«Puoi riavere il piedistallo, sei di nuovo un guardiano…» brontolò rumorosamente l’Antenato mentre l’urlo del draghetto riecheggiava in tutto il cimitero.

«Quello Stiles ha ripreso dalla mia famiglia!» esclamò sorridendo Barnaba.

«No, dalla mia!» gli rispose Aniela con un ringhio; Elias, però, sbuffò sonoramente e tornò a prestare attenzione al gong, sorridendo entusiasta quando vide suo nipote e quel bell’Alpha baciarsi.

«Complimenti nipote, sono fiero di te…» sussurrò Elias mentre le lacrime iniziavano a scendere sul suo volto.
 
 
 
Fine
 
 




Note finali: è finita! Piango…

Ragazzi, io sinceramente non sono in grado di trovare le parole per ringraziarvi; mi avete tenuto compagnia in questa storia, lusingandomi con le vostre recensioni e permettendomi di sorridere e migliorare. In molti, tramite messaggio private, mi avete chiesto se fosse possibile avere uno spin-off erotico tra Stiles e Derek sotto la doccia e per me non ci sono problemi, se posso accontentarvi lo faccio; avete letto e seguito la storia, recensita capitolo per capitolo senza contare tutti quelli che l’hanno inserita in una delle categorie di EFP. <3

Vorrei ringraziare anche BestiaRara, Linn86 e Naruto Namikaze Uchiha per aver recensito lo scorso capitolo.

A tutti voi, semplicemente…
 

 
GRAZIE! <3



 
   
 
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