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Autore: Fiore di Giada    14/05/2020    0 recensioni
[Uchuu no Kishi Tekkaman Blade]
Cinque anni dopo la fine della guerra, Ringo riceve una lettera, che sarà per lui un trauma.
(shonen ai Richard x Nick)
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nella sala di controllo della base, i Cavalieri dello Spazio discutevano.
E così Nick si è ripreso? – chiese Nemo.
Un sorriso sollevò le labbra della giovane donna.
Sì, ha perfino ripreso gli allenamenti nelle arti marziali. Purtroppo, dieci giorni fa si è rotto la gamba e, per questo, non è venuto. – spiegò lei.
E’ qualcosa di grave? – chiese Balzac.
No, ma non può muoversi. Tuttavia, io intendo organizzare una festa per celebrare la nostra guarigione. E soprattutto la sua. – affermò la giovane informatica.
Comandante Nemo, lei è invitato. – saettò Tina, divertita.
L’uomo fece per rispondere, ma, ad un tratto, la porta di ingresso della base si aprì ed entrò un giovane soldato.
Nella mano stringeva un pacchetto blu, a forma circolare.
Che cosa c’è? – domandò il comandante.
E’ arrivata una lettera dell’esercito al Cavaliere dello Spazio Richard Varlause. E sembra che ci sia qualcosa che riguarda il generale Varlause. – spiegò il milite.
Richard, sentendo quel nome, sbiancò e, d’istinto, la sua mano destra si strinse attorno al bracciolo del divano. Gli sembrava una presa in giro ridicola!
Suo padre era morto cinque anni prima a seguito di un attacco dei Venomoidi!
Perché riaprivano una ferita così dolorosa?
E’ uno scherzo, vero? – sibilò, gli occhi rossi d’ira.
Le sue dita si strinsero con maggior vigore attorno al bracciolo del divano e il suo labbro superiore si sollevò, scoprendo i denti, in un ringhio di belva.
No, non è uno scherzo… – balbettò il milite, intimorito dall’espressione furente del giovane.
Il Cavaliere dello Spazio, di scatto, si alzò, si avvicinò al soldato e prese la lettera.
Poi, senza alcuna parola, a passo rapido, uscì dalla stanza.

Un silenzio imbarazzato, per alcuni istanti, coprì l’ambiente.
Nemo si scosse dal suo stato di torpore e fissò il suo sguardo sul soldato, che, immobile, attendeva sulla soglia.
Puoi andare. – ordinò.
Con un breve cenno del capo, questi annuì e si allontanò, lasciandoli soli.
Signore, che cosa ne pensa? – domandò Star, stupita. Cinque anni prima, i Venomoidi avevano attaccato la città natale di Ringo, causando una catastrofe umanitaria.
Il loro compagno aveva dovuto vedere il degrado della sua casa natia, che aveva ceduto ad una donna coraggiosa, che cercava di aiutare dei ragazzini a non sprofondare nella disperazione.
Certo, sembrava che quell’evento non lo avesse toccato, ma lei e Nick si erano accorti dell’indurimento del suo sguardo.
E, qualche giorno dopo, lei aveva compreso la ragione della sua chiusura.
Aveva trovato Ringo nella sua stanza, steso sul letto, mentre accarezzava la foto di un uomo dai lineamenti duri, circondato da una folta chioma bionda.
Il suo sguardo, privo di lacrime, rifletteva un’aspra pena e le ricordava quello di Nick, durante le sue crisi depressive.
Le era parso un’altra persona.
Preoccupata, si era avvicinata a lui e, malgrado la sua iniziale ritrosia, era riuscita a farsi rivelare il motivo di tanta malinconia.
Suo padre era morto durante un attacco dei Venomoidi. E lui non aveva potuto dirgli addio.
Non aveva pianto, ma la sua voce si colorava di dolore, mentre parlava.
Non so cosa dirti Star. Andrò a parlare con Ringo, ma non aspettatevi grandi risultati. Sapete come è fatto. – mormorò Nemo.
Poi, a passo rapido, attraversò la sala e uscì.


Richard entrò nella sua stanza e la porta, con un tonfo, si chiuse alle sue spalle.
Per alcuni minuti, rimase fermo, le mani strette attorno al pacco, poi lo aprì e rivelò un piccolo computer portatile grigio, grosso quanto un libro e di forma rettangolare.
Il giovane la accese e, sullo schermo, davanti ai suoi occhi nereggiarono lettere, che si composero in frasi e periodi.
Il giovane, sgomento, sbarrò gli occhi e un pallore livido si distese sul suo viso.
No… No… No… – balbettò. Quello che aveva letto era assurdo…
Eppure, era firmato dall’esercito...
D’istinto, fece un passo indietro e lasciò cadere sul pavimento il portatile, che impattò con un tonfo secco.
La stanza, ad un tratto, cominciò a perdere i suoi contorni netti, come se si stesse sciogliendo, e a vorticare attorno ai suoi occhi.
Sopraffatto da una violenta vertigine, arretrò e appoggiò la mano destra sul muro, il petto scosso da ansiti d’affanno. La testa, in quel momento, gli girava e, se non avesse cercato un punto di appoggio, sarebbe crollato privo di sensi sul pavimento.
Non poteva essere vero!
La realtà, che forniva un senso alla sua esistenza, si sgretolava in centinaia di aguzzi frammenti…
Tutto era menzogna!
Non riesco a crederci… – mormorò. Suo padre non era morto, come aveva creduto per cinque, lunghissimi anni.
Era stato ferito gravemente in un attacco dei Venomoidi, ma tale notizia era stata tenuta nascosta, a causa del suo alto grado militare.
Le lacrime salirono ai suoi occhi, annebbiandogli la vita, ma lui, con un gesto nervoso, le allontanò. Aveva perduto già sua madre, a causa di un terribile cancro al seno, e quella lettera distruggeva quello che rimaneva della sua famiglia.
E i militari chiedevano a lui di porre termine alla sua vita.
Non posso… Non posso… – balbettò, la voce tremante. Suo padre non era morto, ma il suo stato era peggiore della morte.
Solo le macchine tenevano in vita un corpo che, in altri tempi, si sarebbe spento.
E i militari chiedevano a lui, in quanto suo figlio, di prendere una decisione crudele.
Doveva scegliere se tenerlo in vita o staccare le macchine a cui la sua esistenza era legata.
Un moto d’ira incendiò il suo cuore. Suo padre era stato un militare rispettato e, grazie al suo carattere volitivo, doveva essersi guadagnato rispetto e considerazione.
Capiva la necessità di celare la notizia della sua morte al tempo della guerra, per non scoraggiare i soldati, ma, in nome del cameratismo, al termine di questa, dovevano rispettare la sua scelta.
Eppure, avevano lasciato che continuasse a giacere in un sonno privo di risveglio.
Il suo amato genitore era stato condannato a cinque anni di esistenza vegetale.
Si massaggiò le tempie, cercando di placare la pressione dei pensieri. Il suo amato genitore non avrebbe mai tollerato una simile, indefinita agonia, e i suoi compagni d’arme dovevano essere a conoscenza delle sue volontà.
Eppure, non prendevano una decisione definitiva, rispettosa delle sue scelte e del suo temperamento.
Perché scaricavano sulle sue spalle un tale, orribile peso?

Con uno scatto metallico, la porta si aprì ed entrò Nemo.
Il giovane soldato si scosse dai suoi pensieri e fissò uno sguardo vitreo sul più anziano militare.
Ringo, che cosa succede?chiese l’uomo, il tono apparentemente calmo. Quando avevano parlato di suo padre, il suo umore era repentinamente mutato.
Si era allontanato, il cuore oppresso dall’angoscia.
E, in quel momento, i suoi occhi azzurri portavano la traccia di lacrime, malamente represse.
Non riusciva a trovare un nesso a questi eventi.
Il pilota si chinò, raccolse il portatile e lo consegnò al militare più anziano.
Questi lo accese e, rapido, lesse la missiva.
Capisco. – mormorò, dispiaciuto. I militari, nella loro consueta vigliaccheria, avevano scaricato sulle sue spalle una responsabilità crudele.
Anche a Ringo toccava la stessa sorte di Nick, seppur per motivazioni differenti.
I soldati desideravano servirsi di lui come di uno strumento, pur di non sporcarsi le mani.
Sopraffatto dalla disperazione, il giovane si lasciò cadere seduto sulla brandina, la testa tra le mani e il respiro affannoso.
Il comandante, preoccupato, gli si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla spalla.
Non sei obbligato ad obbedire ai loro ordini. – cercò di rassicurarlo Nemo.
Ringo non meritava di soffrire ulteriormente.
E non doveva alcun riguardo agli ordini stupidi dei militari.
Un triste sorriso sollevò le labbra del giovane uomo. Nonostante la sua intelligenza, il comandante Nemo non vedeva l’interezza della questione, ma non gliene faceva una colpa.
Signore, non sono obbligato da un punto di vista legale, è vero, ma… – mormorò.
La voce gli si spense in un gemito amareggiato e il giovane, con più forza, si strinse la testa tra le mani.
Sono un idiota., imprecò Nemo tra sé. I militari avevano intrappolato Ringo in una situazione dolorosa e si erano serviti del suo amore filiale.
Avevano sfruttato l’affetto e il rispetto da lui nutriti per il suo genitore perduto, incuranti della pena a cui lo stavano condannando.
E questa era una trappola ben più soffocante delle leggi.

Richard si alzò dalla branda e, per alcuni istanti, strinse i pugni, il corpo rigido come un blocco di marmo.
Hai già deciso cosa fare? – domandò, cauto, Nemo.
Il giovane uomo provò a parlare, ma la sua voce si spense in un debole e lamentoso singhiozzo.
Mi perdoni… Ma mi sembra tutto così assurdo… Vorrei che fosse un incubo, ma è la realtà… mormorò, la voce incrinata dalla disperazione.
Le labbra di Nemo si sollevarono in un sorriso e il suo sguardo, di solito fermo, scintillò d’una luce bonaria. Lui cercava di mantenere una maschera di forza e di contegno e questo suo comportamento era encomiabile, degno di un abile e coraggioso soldato.
Ma il suo cuore di figlio era dilaniato dal dolore e tale sentimento era naturale.
Se fosse crollato, soverchiato dalla pena, nessuno avrebbe potuto biasimarlo.
Comandante, le devo chiedere un grosso favore… – cominciò, atono.
Quale? – chiese Nemo.
Star vuole festeggiare la rinascita di Nick, dopo cinque lunghi anni di cure… Può dire che non mi sento bene e non potrò venire alla festa? Nessuno deve sapere nulla… domandò.
Per alcuni istanti, Nemo rimase silenzioso. La decisione di Ringo era assai dolorosa, ma ne comprendeva le ragioni.
Aveva posto le esigenze dei suoi compagni davanti alle proprie.
Voleva dare ai suoi amici la possibilità di trascorrere una giornata gioiosa e non desiderava angustiarli con le sue pene.
Il suo pensiero era rivolto soprattutto a Nick, appena uscito da un lungo e doloroso periodo di cure psicofisiche.
Come un fratello maggiore, bramava proteggerlo.
Sei un uomo generoso, Richard., pensò il comandante. Era stato un soldato coraggioso, malgrado l’animo intemperante.
Pur di non angosciare i suoi compagni, era deciso ad affrontare da solo una pena tanto dolorosa.
Ma quanto avrebbe sopportato quel greve peso?
Tuttavia, non poteva costringerlo a parlare.
Sì. Rispetterò la tua scelta. –

1) prima fic su Teknoman… Sto facendo un rewatch e devo dire una serie carina (con molte scemenze, ahimé).
Ringo è il mio preferito e mi dispiace che non gli sia data l’introspezione che merita, per dare spazio a Brando. (non lo odio, anzi, ma in certi momenti sembra che ruoti tutto attorno a lui, con conseguente culto della minchiata). Qui ho deciso di sfruttare la carica di angst inespressa e di ribaltare alcuni cliché.
Penso sarà una fic di cinque capitoli.
Preciso, uso i nomi del doppiaggio italiano, li sento più legati alla mia adolescenza (quindi Levin qui è una donna e si chiama Maggie Matheson).





   
 
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