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Autore: BenniBennis    14/05/2020    1 recensioni
Sarebbe eccessivo dire che Mariano José de Larra, scrittore romantico spagnolo, si suicidò a causa della fine della sua relazione con Dolores Armijo. Sicuro è che l’abbandono da parte dell’amante fu la goccia che fece traboccare un vaso pieno da anni. Attese la restituzione delle rispettive lettere, poi mise fine alla sua vita all’età di soli 27 anni.
Sono follemente innamorata di questa figura, spero possa farvela apprezzare un po’. Gracias.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nessuno scritto avrebbe dato ragione a quella situazione; nessun articolo avrebbe placato l’agitazione che gli riempiva il mio cuore in quel momento. Dolores Armijo avrebbe bussato alla sua porta di lì a poco, le due donne stavano giusto svoltando l’angolo quando Mariano buttò giù l’ennesimo sorso di Cazalla. I suoi ventisette anni lo soffocavano, il lavoro lo opprimeva, la società madrilena era lo specchio della corruzione, il suo matrimonio un inutile tentativo, i suoi tre figli gli risultavano sconosciuti. L’unica flebile fiamma rimasta che desse alla sua vita un senso era Dolores. Ay, mi Dolores, por qué me haces esto?*
Ma la flebile fiamma che stava pian piano spegnendosi era ancora in tempo a riprendersi, c’era una speranza di rianimare il fuoco e la fervente tormenta che li aveva convolti per cinque anni. Cinque intensi anni, fatti di baci, passeggiate nella Puerta del Sol di tarda notte o sulle rive del Manzanares, letture dei suoi articoli costumbristi, e tanta – illimitata – passione.
-Mi Fígaro… Se continui così ti esilieranno. Limita la ferocia della tua piuma.- le aveva suggerito lei più di una volta, tra una risata e un movimento di ventaglio.
-E allora che mi esiliassero, ma io ho bisogno di dimostrare ai loro occhi in quale fango vivono.- si alterava lui.
Figaro non era uno pseudonimo che nascondeva il reale Mariano José de Larra. Figaro era la voce della verità, l’occhio critico e oggettivo che mostrava alla società e al governo ciò che questi si ostinavano a nascondere.
Quando la sirvienta si affacciò timidamente nel salone nel quale il giovane Larra stava attendendo, questo non aveva udito altro suono fuori dai suoi pensieri e i suoi ricordi, così che la giovane domestica dovette ripetere la notizia.
-Mi señor, la señorita è qui. La faccio passare?-
Scosse la testa, cercando di ricordarsi cosa stava per succedere, e soprattutto cercando di capire come mostrarle l’importanza che aveva avuto nella sua vita, e che sempre avrebbe avuto.
-Sì, Inés, la señorita può entrare.-
Non lo sapeva. Ciò che avrebbe sentito, ciò che il suo cuore gli avrebbe proposto, allora lo avrebbe fatto.
Dolores Armijo oltrepassò l’arco che portava alla sala principale della casa con passo lento, il lungo mantello di visone a coprire la sua figura che sempre, anche in quella situazione, entrava in un nuovo ambiente con sicurezza e sguardo alto. Larra sentì l’aria gelida che era entrata con lei, accompagnandola fin dentro alla stanza. Era un 13 febbraio da congelare le ossa.
-Dolores.- sussultò il giovane, precipitandosi da lei con le mani verso il suo volto.
Ma si dovette arrestare di colpo: vide che non era sola, bensì in compagnia di un’esile donna, che distanziava da lei solo pochi centimetri. Quando le due figure si liberarono dai copricapi invernali, la disperazione di Larra ebbe un’impennata: negli occhi di Dolores si poteva leggere molto bene che quella sera non ci sarebbe stata occasione per la fiamma di rianimarsi. Quelle labbra serrate e fredde come il marmo non si sarebbero schiuse per un altro caloroso bacio, non quella sera e mai più.
- Señor, sono venuta a riportarle queste.-
Anche il suo timbro di voce non lasciava intravedere speranza alcuna. Allungò verso lo scrittore un pacchetto marrone tenuto insieme da uno spago blu. “Da Mariano José de Larra a la señorita Dolores Armijo” portava scritto in un angolo dell’involucro. Le sue lettere, cinque anni di corrispondenze, restituite su due piedi, senza un battito di ciglia, senza un’emozione. Cancellazione di ricordi.
-Dolores, per favore… Non può concludersi in questo modo.- mormorò supplicante. -Te ne prego, mi joya.-
Lo sguardo della dama non vacillò, le pupille focalizzate in quelle del giovane di fronte a lei. Gli occhi di Larra, invece, cominciavano ad appannarsi di lacrime e di alcol.
-Spero tu abbia preparato le mie.-
Certo che le aveva preparate, da quando un giorno prima avevo ricevuto quella che sarebbe stata la sua ultima lettera, con l’annuncio che si sarebbe recata a casa sua la sera successiva – quella notte – per restituirgli le epistole, in simbolo della fine definitiva della loro relazione. Erano pronte, in una scatola della stessa grandezza della confezione che adesso lei le stava tendendo, ma mai avrebbe voluto consegnargliele.
-Dunque?-
-Sì.- era un sussurro appena udibile.
La guardò un’ultima volta, non la riconobbe, per voltarsi poi e raggiungere il cassetto nel quale aveva conservato la scatola. Di spalle, la strinse al petto per pochi secondi, poi si avvicinò nuovamente alle due donne, che non avevano mosso un passo dalla loro posizione. Alla porta la domestica leggeva il dolore negli occhi del suo signore.
-Bene, grazie.-
Mariano prima afferrò l’involucro di Dolores, poi lasciò scivolare il suo nelle mani affusolate della donna. Sentì l’anima abbandonare il suo corpo, entrare in quelle lettere consegnate e rimanere lì. Definitivamente, non aveva più ragioni valide per essere al mondo.
-Non ho più altri motivi per trovarmi in questa casa.- sentenziò doña Armijo, rompendo l’immobilità nella quale si trovava e voltandosi verso la donna dietro di lei. -Torniamo a casa, dona Leonor. Nessun tipo di accordo può essere stipulato tra me e il señor Mariano José de Larra.-
Le temperature della Madrid di quella sera erano niente in confronto a quella raggelante sentenza.
-Buenas noches, señor Larra. Le auguro una buona continuazione.-
Indossò il cappello, un ultimo sguardo impassibile, si voltò di spalle e non curò il giovane di altre attenzioni. La servienta aprì il portone, un vortice di aria ghiacciata volteggiò nell’androne, e scomparì nel buio non appena l’uscio fu chiuso alle spalle delle due figure femminili.
Larra rimase in quel modo. Lettere nella mano, palpebre spalancate, labbra schiuse; una statua, una di quelle che aveva descritto in uno dei suoi ultimi articoli. ¡Santo cielo! También otro cementerio. Mi corazón no es más que otro sepulcro.**
Non aspettò, non c’era nulla da aspettare. La dama della sua vita era scomparsa come scompare la rugiada a mezzogiorno. Senza lasciare traccia, portandosi via il testimonio delle lettere che si erano scambiati, quando, ubriachi di amore e di gioia, un momento come quello non era nemmeno immaginabile.
Con il pacchetto ancora stretto al cuore si avventò alle scale, salì i gradini alla rinfusa, a due a due, inciampò, con l’alcol e la disperazione alla testa vacillò più di una volta, si mantenne al corrimano, e quando finalmente raggiunse il piano superiore, si fiondò nel suo studio. Sullo scrittoio in noce, sparpagliati i fogli e le bozze degli articoli, la piuma riposta accanto al calamaio. Critico: cosa aveva ancora da satirizzare nella società, quando egli stesso era uno sventurato ridicolo? Senza affetti, senza speranze, senza amori, il grande Mariano José de Larra era solo un fantoccio privo di spirito. Fígaro en el cementerio.***
Spalancò il primo cassetto del comò, e con la sola luce della luna che filtrava diretta nei vetri appannati dal freddo cercò a tentoni, finché, nel fondo del legno, sentì il contatto con la canna, e una scossa lo percorse da capo a piedi.

Dolores Armijo e sua cognata Leonor avevano appena svoltato l’angolo di calle de Santa Clara. Il freddo pungeva loro gli occhi facendole lacrimare, ma la vettura era a pochi metri da loro. Quando udirono il colpo. Nonostante si trovasse in una Madrid in pieno orario di vita notturna, Dolores seppe da subito da quale angolo era venuto lo sparo. Pensò a ciò che aveva fatto, ma non riuscì ad addossarsi la colpa.
Leonor spalancò gli occhi e si voltò verso la cognata, ma non trovò lo stesso stupore che stava coprendo il suo volto. Vide solo una scultura, coperta da una pesante pelliccia di visone, che emetteva piccoli fumi bianchi dal naso.
-Torniamo a casa, Leonor. Sono tremendamente stanca.- mormorò ad occhi bassi.

A trenta metri dalle due donne, al primo piano della casa borghese, una bambina di quattro anni, con una candela notturna nella mano, oltrepassò tremando l’uscio dello studio. Quando Baldomera vide il corpo steso al suolo non capì subito. Beata infanzia.
-Padre?-
Fece pochi passi in avanti, finché la fiammella illuminò il volto del ventisettenne periodista. Quando gli innocenti occhi della bambina catturarono le palpebre sbarrate e il sangue che copioso copriva il volto del padre, per colare giù e macchiare il tappetto orientale e inondarle le narici del tipico sapore ferroso, cacciò un urlo, un urlo che solo chi è ignorante della malvagità del mondo è capace di produrre. La candela le cadde di mano, e la cera andò a ungere il raggruppamento di lettere.
¿Qué dice? Leamos. ¿Quién ha muerto en él? ¡Espantoso letrero! «¡Aquí yace la esperanza!»****
 
 
 
 
 
*Oh, mia Dolores, perché mi fai questo?
**Santo cielo! Ancora un altro cimitero. Il mio cuore non è che un altro sepolcro.
*** Fígaro nel cimitero
****Che dice? Leggiamo. Chi è morto in lui? Insegna spaventosa! «Qui giace la speranza!»
 
N.d.A.
Alla memoria di Mariano José de Larra, conosciuto nelle pubblicazioni con lo pseudonimo di Fígaro, scrittore, critico e più grande giornalista del Romanticismo spagnolo, morto suicida all’età di ventisette anni, dopo aver affrontato delusioni d’amore e l’amarezza della società madrilena ottocentesca.
Le citazioni sono dell’articolo pubblicato in El Español il 2 novembre 1836, “El día de Difuntos de 1836. Fígaro en el cementerio”.
  
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