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Autore: paige95    14/05/2020    3 recensioni
Quante volte è necessario toccare il fondo per poter rialzarsi più forti di prima? E quante volte è necessario attraversare il buio per raggiungere una luce che nemmeno si sapeva potesse esistere?
Riscoprire l’amore nei momenti più delicati può essere il miglior modo per affrontare le difficoltà e le incomprensioni.
In questo clima nascerà, inaspettatamente anche per loro, l'amore tra Pan e Trunks, proprio quando entrambi avranno bisogno di dare una svolta alla loro vita e di comprendere meglio se stessi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gohan, Pan, Trunks, Un po' tutti, Videl | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku, Gohan/Videl , Pan/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Estate – Luci e ombre tra i ricordi




 

I Monti Paoz dopo la tempesta stavano rinascendo, molti alberi e arbusti, sciolti gli ultimi residui di neve, avevano rivelato fiori bellissimi e profumatissimi; la vita stava riprendendo i suoi spazi, la natura senza disturbare risorgeva dalle ceneri dell’inverno. Presto quell’alito di vita sarebbe stato infuso anche a Radish e Serleena, Goku era troppo determinato per fallire, sarebbe senza ombra di dubbio riuscito a concedere a loro una seconda possibilità.
A Inazuma quell’atmosfera di vitalità infuse una dolce sensazione di accoglienza, in nome dei tempi passati, quando era solo poco più di un ragazzo e un combattente inesperto. Non riusciva a negare che in quei boschi avesse provato affetto più che altrove; Radish gli aveva affidato una missione complessa e inaspettatamente coinvolgente, era innegabile che la famiglia Son lo avesse accolto, ignara di quali fossero le reali intenzioni di quel giovane. Goku in particolare lo aveva trasformato con entusiasmo nel suo allievo prediletto, lo aveva invitato più volte a banchettare con loro, benché la moglie fosse spesso contraria – ad Inazuma non era sfuggita la diffidenza di Chichi –, e nessuno in quella casa era al corrente del legame di parentela che correva tra loro; Radish e il principe avevano per anni mantenuto il segreto, dando al ragazzo la falsa percezione di essere un orfano non degno di amore e considerazione. Son Goku, come veniva chiamato su quel pianeta, all’epoca era l’esatto contrario di un sayan: era ingenuo, buono e ignaro dell’immensa forza che gli scorreva nelle vene; la sua indole aveva contribuito a riscoprire in Inazuma un soggetto interessante come fidato amico e allievo ricco di potenzialità. Per quanto Goku non fosse consapevole delle proprie origini, era già molto forte, Inazuma lo capiva ogni volta che si scontrava con lui, si portava dentro una forza assopita che il ragazzo, da principiante, non riuscì mai del tutto a sostenere e a comprendere. Erano in fondo entrambi sayan, nelle loro vene scorreva il sangue di una potente razza, anche se in quantità diversa; entrambi però all’epoca non ne erano ancora a conoscenza. Un giorno Goku insegnò al suo protetto una delle sue tecniche più preziose, fiducioso che ne avrebbe fatto buon uso; solo in quell’occasione, ormai in grado di percepire l’aura senza la necessità di uno scouter, si spalancò una luce sulla reale forza del suo maestro, specie in combattimento. Goku gli aveva trasmesso quella tecnica senza sapere che in futuro quel gesto gli si sarebbe ritorto contro; aveva riposto piena fiducia nel suo nuovo amico ed ora Goku, un sayan buono, ne pagava le conseguenze.
Erano passate poche ore da quando Inazuma aveva scoperto le sue origini ed era riuscito a far luce sull’identità dei suoi genitori biologici; aveva anche scoperto di essere un mezzosayan e che anche sua madre apparteneva ad un popolo di guerrieri. La rabbia lo aveva accecato, la notizia, che Vegeta gli aveva dato con poco tatto, aveva solo contribuito ad aumentare il rancore che serbava nel cuore verso tutti coloro che nel corso del tempo non avevano dato a lui il valore che meritava. Prima di tornare in quel luogo fiorito, non si era accorto di ciò che realmente Goku aveva significato per lui in quel breve periodo della sua vita. Davvero Inazuma non si era reso conto che Goku gli aveva negato complicità solo perché stava prendendo la strada sbagliata? Avrebbe dovuto ascoltare quel sayan e capire che il vero nemico era solo Radish, la cui fiducia e lealtà non erano indispensabili per vivere; non era così importante che Radish fosse orgoglioso di lui, era suo figlio, avrebbe dovuto esserlo a prescindere e non in misura alle azioni malvagie compiute, anzi a maggior ragione non per quelle.
Inazuma necessitava di riscoprire la pace nel cuore e ricordava di averla provata realmente solo in quel luogo; aveva stupidamente desiderato di infierire sull’unica persona che lo avesse trattato da amico, per quel mezzosayan non era Kakaroth, il sayan puro traditore del suo popolo, era solo Goku, il suo unico vero maestro; non era vero che lo disprezzava, era solo un'assurdità che Radish senza alcun valido motivo gli aveva inculato nel cervello, un uomo così gentile non meritava odio. Non voleva perciò sapere più nulla del suo presunto padre, per troppi anni aveva concesso al ricordo di Radish di condizionargli la vita credendo di non essere alla sua altezza; ora che era tornato dagli Inferi non aveva alcun diritto di credere che sarebbero diventati una famiglia felice e nemmeno Serleena poteva pretendere che ciò accadesse, lei più di tutti avrebbe dovuto sapere quanto contasse il passato.
Inazuma credeva di essere solo sui Monti Paoz, ricordava non fosse un luogo frequentato; era certo di essersi ritagliato uno spazio e un tempo in totale solitudine, quando avvertì un paio di aure familiari, una più debole dell’altra, provenire dall’unica casa presente nei paraggi. Doveva avere davvero un cuor di leone per presentarsi davanti a quella porta dopo aver minacciato di sterminare la loro famiglia. Bussò, spinto da un desiderio inspiegabile; non lo faceva da tempo, specie con tale pacatezza in segno di pace e amicizia. Ad aprirgli non fu l’uomo che avrebbe sperato, non incrociò lo sguardo buono e comprensivo del suo antico maestro, ma quello di una terrestre rancorosa che non era in grado di avvertire l’aura di colui che si trovava sullo zerbino di casa propria. A Chichi bastò una frazione di secondo per sapere cosa fare, richiuse la porta d’impulso impiegando tutta l’energia di cui era dotata, affinché il suo disappunto fosse ben chiaro. Inazuma però intercettò la porta con decisione; non era intenzione del sayan spaventarla o sfiorarla, eppure dalle iridi dilatate della donna capì di avergli infuso proprio un sentimento di paura; allontanò le mani dalla superficie della porta quasi timoroso e impacciato, l’opinione che quella gente aveva su di lui gli infuse soggezione.
«Non voglio farvi del male … non più»
«Devi stare lontano da noi una volta per tutte! Hai quasi mandato mio figlio all’altro mondo, pensavi di ricevere il ben tornato?»
«Certo che no. Ti chiedo solo se sia possibile parlare con Goku qualche minuto. Ho intenzione di andarmene, ma non voglio più lasciare conti in sospeso»
Chichi rimase in silenzio, Inazuma aveva una voce flebile e lo sguardo afflitto, espressioni di sincerità. L’arrivo di Goku tolse i due dall’imbarazzo e compensò quei momenti di stasi.
«Tesoro, tranquilla, ci penso io ora»
Goku le aveva sfiorato appena la spalla invitandola a rientrare; lei gli aveva dato retta un po’ titubante, ma contava sulla diplomazia di Goku ed era certa che il nuovo atteggiamento remissivo di Inazuma non avrebbe acceso alcuna battaglia alle porte di casa sua. Ciò che preoccupava davvero la signora Son era un nuovo possibile imbroglio da parte di quell’uomo, in fondo non sarebbe stata la prima volta che mostrava la sua amicizia per poi pugnalarli alle spalle. Lanciò un’occhiata allusiva al marito pregandolo di essere prudente e non superficiale, lui di rimando le regalò un mezzo sorriso rassicurante. Rimasto solo con il suo ospite, Goku perse la serenità sul volto e un velo di diffidenza si impossessò di lui.
«In cosa posso esserti utile?»
«Temo di aver contribuito a dare una svolta sensibile alla tua vita, Goku»
«È stato tuo padre a rivelarmi quali fossero le mie origini e se non lo avesse fatto ci sarebbero state altre occasioni»
«No, Goku, tu non hai capito. Io conoscevo il suo piano, avrei potuto avvertirti, lo meritavi, eppure credevo che per me fosse migliore assecondare l’unica persona che si occupasse di me, l’unica famiglia che mi era rimasta nell’universo»
Non provava rancore per Inazuma, non era necessario che si giustificasse, a Goku era sufficiente che placasse il suo spirito di rivalsa verso la sua famiglia ma anche verso Radish stesso. Il padrone di casa ebbe un piccolo cedimento fisico; si era alzato troppo presto e troppo bruscamente dal letto, ma le ingenue premure di Chichi rimasero inascoltate, come di consueto non le diede retta e non si riposò il tempo sufficiente, a parere di Goku sarebbe stato inutile; Inazuma avvertì quasi l’istinto di sorreggerlo quando posò una mano sullo stipite della porta, ma si trattenne, non voleva essere frainteso come era successo poco prima con la donna.
«Non è nulla. Chichi, per quanto si prenda cura di me, non può restituire ad un sayan l’energia persa, per quello ci vuole tempo. Ti stavo dicendo … non è colpa tua se tuo padre tempo fa ha cercato di fare del male alla mia famiglia e ha tentato di uccidermi quando mi sono rifiutato di allearmi con lui»
«Lo accusi anche tu, quindi?»
«Per certi versi non sono stato un padre migliore di lui, ma a differenza sua, da qualunque luogo in cui mi trovassi, ho sempre cercato di insegnare ai miei figli il senso di giustizia. Inazuma, prova a dargli una seconda possibilità, sono certo che la presenza di tua madre lo aiuterà a capire i suoi errori»
Si rifiutava di accettare quelle parole, Goku non aveva idea del suo passato, di cosa avesse vissuto al fianco di Radish, il disprezzo che aveva dovuto subìre; in quel momento però Inazuma non voleva pensare alle sofferenze che aveva sopportato, gli premeva porre rimedio a quelle che aveva causato, avrebbe dovuto concentrarsi su queste ultime se desiderava essere un uomo migliore, più simile a sua madre e più lontano dalla razza sayan.
«Mi dispiace. Posso fare qualcosa per aiutarti, per riportare la pace nelle vostre vite? Purtroppo non posso cancellare il passato per nessuno di noi»
«Attendo notizie da Vegeta e dai ragazzi, stanno cercando le sfere. Spero solo che Goten non si cacci nei guai, altrimenti starò sicuramente peggio di adesso, stavolta per mano di mia moglie»
Goku gli riferì quelle ultime parole cercando di mantenere un tono soffuso. Inazuma intuì la sottomissione che pendeva sulla testa del sayan; lo fece sorridere, per come aveva avuto modo di conoscere Chichi non fece fatica a credere nel reale timore di Goku.
«Hai idea di dove possano essere diretti?»
«Purtroppo no … però possiamo scoprirlo»
Un’illuminazione fece breccia nella mente del sayan; ormai era un’abitudine per lui volgere gli occhi al cielo alla ricerca di un aiuto divino. Goku non indugiò a disturbare un amico di vecchia data e a distrarlo dai suoi pensieri, era convinto che lui fosse sempre presente nelle loro vite in caso di bisogno e negli ultimi tempi le difficoltà erano numerose.
«Re Kaioh, mi sente?»
Attese qualche istante con lo sguardo impaziente di Inazuma addosso; quest’ultimo non capì a chi Goku si stesse rivolgendo, alzò persino lui lo sguardo curioso e perplesso in quello stesso punto della volta celeste, ma incrociò solo nuvole bianche e l’accecante luce del sole.
«Re Kaioh? Abbiamo bisogno di lei. Non sento l’aura dei ragazzi alla Capsule Corporation e nemmeno di Bulma o di Vegeta. Ha idea di dove possano essere?»
Goku ricevette in cambio dei suoi interrogativi solo una spessa coltre di silenzio che lo inquietò.
«Re Kaioh. Non la disturberei se non fosse importante, voglio solo avere la certezza che mio figlio stia bene»
«Goku, non so come stia tuo figlio, ha lasciato questa dimensione temporale diversi minuti fa insieme a Vegeta e Trunks. Hanno intenzione di sottrarre le sfere a Zamasu»
«Cosa??»
Inazuma non sentiva la voce dell’interlocutore di Goku, non aveva idea di cosa avesse rabbuiato Goku, un uomo spesso solare e spensierato, lo avevano involontariamente escluso dalla conversazione; però avvertiva l’atmosfera intorno a loro caricarsi di tensione, forse quello era più eloquente di qualsiasi parola, così decise di ascoltare con attenzione per cercare di cogliere qualche informazione in più dalle risposte del maestro.
«Bulma ha permesso questo??»
«Bulma ha cercato di impedirlo, ma era sola contro tre sayan particolarmente motivati»
Il malessere psicologico di Goku non faceva altro che accentuare quello fisico; avrebbe dovuto essere al fianco dell'amica, avrebbe dovuto fermare quella follia, anche a costo di scontrarsi corpo a corpo con il principe. Il sayan, ancora appoggiato allo stipite, trasformò quel supporto in un oggetto di sfogo, chiuse il palmo aperto e tirò un pugno cercando di regolare la forza, reprimendo la preoccupazione. Inazuma non riuscì più ad assistere inerme a quella reazione.
«Goku? Cos’è successo?»
Il sayan si maledì, avrebbe dovuto trascinarsi ma seguire ad ogni costo Trunks e Goten, in quel caso sarebbe partito lui insieme al principe e avrebbe lasciato i ragazzi lontano dal pericolo; non avevano alcune possibilità contro quel mostro, gli rincresceva ammetterlo ma suo figlio sarebbe stata la prima vittima di Zamasu e faceva troppo male al cuore perdere Goten senza avere il potere di proteggerlo.
«Re Kaioh, posso fare qualcosa? Aiutarli in qualche modo? La prego mi dia un'idea, qualsiasi cosa ... sono disposto a qualunque cosa. Non badi alla mia debolezza, devo aiutarli a qualunque costo»
«Dovranno cavarsela da soli»
La divinità fu brutale nella sua schiettezza, non era sua intenzione essere indelicato. Goku, superato il primo impatto, uscì e chiuse la porta alle sue spalle, non era abituato ad essere lasciato in panchina, non era certo di riuscire ad accettarlo. Nell’immediato però ciò che lo premeva di più era tenere Chichi all’oscuro del viaggio che il secondogenito stava intraprendendo, se lui era rimasto turbato, la notizia avrebbe devastato la consorte.
«In breve, vogliono affrontare di nuovo un vecchio nemico che Trunks in passato era riuscito a sconfiggere, per recuperare le sfere»
«Possiamo aiutarli?»
«Temo di no, si trovano in un’altra linea temporale e la navicella su cui l’hanno raggiunta è una sola»
«È pericoloso questo nemico?»
«Zamasu è molto forte, sì»
Goku non riuscì a comunicare ad Inazuma tutto il dispiacere che provava per la sua insolita posizione di impotenza, l'arrivo della moglie li interruppe. Chichi per poco non fece perdere al marito l’equilibrio spalancando la porta all’improvviso. Fissò Goku con una tale intensità e delusione che Inazuma credette che potesse prendere fuoco da un momento all’altro, ma non era così insensibile da picchiarlo in quello stato, anche se era un sayan e lei una semplice terrestre. La donna si limitò a rientrare e a sbattere la porta in faccia a Goku, era convinta di avergli comunicato tutto il suo disprezzo senza sprecare il più piccolo alito di fiato.
«Chichi!»
Non era però una porta a fermare Goku e lei lo avrebbe dovuto immaginare; il sayan lanciò un’occhiata sfinita a Inazuma ed entrò con prudenza, temeva che sua moglie fosse pronta a lanciargli qualcosa contro, invece la intravide dall’altra parte del tavolo disperata e incredula; si portava le mani sul volto e sulla fronte cercando di calmarsi, le sembrava si vivere in un incubo; erano appena riusciti a sfiorare una catastrofe con Gohan ed ecco che la sua disperata esistenza accanto a quel sayan veniva di nuovo stravolta, come sempre del resto.
«Tu hai consentito che Goten affrontasse quel mostro??»
«No, Chichi, io stavolta non c’entro nulla, ero qui con te, stavo dormendo. Mi vuoi addossare anche colpe che non ho?»
Guardava suo marito, ma faticava a riconoscerlo, non sapeva se credergli o se mandarlo al diavolo una volta per tutte; teneva prudentemente un palmo premuto sulle labbra, cercò di non proferire qualche legittimo sproposito, rischiava doversi pentire in futuro. Chichi si concesse qualche istante per regolarizzare il suo respiro, la sua mano sul fianco dava la percezione che avesse affrontato una folle corsa, invece a mozzarle il fiato fu il timore di una madre verso suo figlio; dopo una breve riflessione, si ricordò che suo marito era ancora presente davanti a lei e lo sconsiderato aveva persino avuto il tatto di concederle quel tempo senza fare rumore; gli puntò esausta il dito contro.
«Tu prega i kami che a mio figlio non capiti nulla!»
«Chichi, è anche mio figlio e voglio che stia bene tanto quanto preme a te»
«Dai sei anni in su lo è stato, non prima. E consentimi, Goku, me lo hai rovinato, sente tutta questa voglia di correre il rischio perché glielo hai insegnato tu»
Era stanco di sentirla parlare sempre in quei termini; non aveva ripreso nemmeno totalmente le forze e non sapeva come infonderle speranza e fiducia; anche il cuore di Goku stava perdendo qualche colpo per la sofferenza fisica e mentale, non era esperto, ma era certo che un supporto emotivo reciproco avrebbe giovato ad entrambi. Il sayan sfruttò la presenza del tavolo posandovi i palmi, assunse una posizione di meditazione e con pacatezza cercò invitare anche lei a fare lo stesso.
«Chichi, ti puoi calmare?»
«Non dirmi di stare calma, sayan, non ne hai alcun diritto, tu meno di altri. Per colpa tua e di tutta la tua razza ho rischiato di perdere un figlio e rischio tutt’ora di perdere l’altro. Sai, ripensandoci, stavamo molto meglio quando tu non c’eri, almeno la Terra viveva in pace»
Chichi stava per salire al piano superiore, quando Goku tuonò facendo vibrare le mura di casa e il tavolo, rimasto vittima di un colpo piuttosto violento dell'uomo che provocò una crepa al centro, ma lui infervorato dalla lite non si accorse subito del danno che aveva causato.
«Esatto! È per questo che me ne sono andato, per salvarvi, per non dover più correre il rischio di perdervi, per garantirvi vita e pace. Ora sono tornato e da allora tutto è ricominciato. Mi dispiace, Chichi, ma se avessi saputo di vivere un futuro simile quando ti ho sposata, se solo Baba mi avesse detto che vi avrei coinvolti in una vita tanto sconclusionata, io non l’avrei mai fatto»
La sconvolse, furono le parole a ferirla, non certo un pezzo di legno rovinato dalla forza sovrumana di suo marito; gli oggetti potevano essere riparati o ricomprati, il cuore rattoppato più volte non era mai lo stesso di prima e lei, come tutti, ne aveva a disposizione uno solo per il resto della sua esistenza; chissà se anche suo marito ne era dotato o se lo donava a qualsiasi essere vivente, tranne a coloro che avrebbero preferito perdere la vita, pur di non viverla senza lui accanto. Goku avvertì l'aura della donna aumentare e vibrare; fu in quel momento che si accorse mortificato del tavolo, ma non aveva il potere di rimediare. Si avvicinò a lei quando la vide accasciarsi esausta con la schiena contro il muro, non aveva nemmeno la forza di salire le scale, le voleva porgere una carezza, ma lei gli allontanò la mano senza nemmeno guardarlo; la voce di Chichi fu flebile e profonda. L'idea di perderla sorgeva ogni volta troppo tardi, quando lei esplicitava il suo disappunto con fervore.
«Vattene, Goku, fai sempre in tempo»
«Ho detto qualcosa di sbagliato? Chichi, mi dispiace per il tavolo, ma non mandarmi via, siete la mia famiglia»
«Sono stanca di litigare con te e alla fine scopro anche che avresti preferito non avermi mai sposata, era uguale per te. Ma quanto vale il tuo amore, Goku? Ah già, giusto, tu non sapevi nemmeno cosa fosse l’amore e a quanto pare continui a non saperlo»
Era proprio ciò che Goku temeva, quando sua moglie iniziava ad affrontare determinati temi non riusciva più a sostenere una discussione con lei e la sua sconfitta era inesorabile.
«A-amore, mi hai frainteso»
«Non chiamarmi più in quel modo, tu non hai la minima idea di cosa voglia dire. Qui l’unica ad aver amato sono io e purtroppo per me continuo a farlo. Esatto, siamo i soli che sulla Terra ti abbiano amato. Pensa che persino Goten ti stima come padre»
«Forse perché ha capito che se non ci sono stato, è stato esclusivamente per proteggervi, non certo per ferirvi»
«Vattene Goku, ora sono io a volermi prendere una pausa»
«Una pausa?»
«Sì, Goku, una pausa, significa che per un po' ti voglio fuori da questa casa. È abbastanza chiaro? Volevo solo un uomo che lottasse per me, ma non che sputasse sangue, che mi fosse accanto»
«Mi dispiace Chichi, io sono solo un sayan che stavolta non sa come proteggere suo figlio. Mi sento imponente e questo mi fa male. Ho bisogno di te, ora più che mai»
Si alzò da quella posizione accovacciata, non voleva infastidirla con la sua presenza, Chichi lo imitò; quando lui debole perse l'equilibrio, si appoggiò al muro dietro la moglie con il fiato corto per non caderle addosso. Si fissarono, i loro visi erano a pochi centimetri di distanza, i loro occhi non poterono evitare di sfiorarsi. Furono ad un passo dal prendere la decisione di baciarsi; per quanto Chichi serbasse rancore nei suoi confronti, gli aveva anche confessato il suo amore e la sua grande debolezza al cospetto di quell’uomo, che umano non era mai stato, era solo un alieno arrivato da lontano e finito moltissimi anni fa sulla sua stessa strada; allora non era lui ad essere ingenuo, la vera ingenuità era quella di Chichi, aveva mantenuto la purezza dell’infanzia senza accorgersene e continuava in ogni occasione a commettere lo stesso, ma non poteva fare nulla per evitarlo, la speranza che serbava nel cuore era troppo viva, desiderava che Goku per lei diventasse un po’ più terrestre. Il sayan ebbe l'istinto di accorciare le distanze tra loro, ma non riuscì nemmeno a sfiorarla, alle sue spalle una voce lo stava chiamando.
«Goku. Oh, scusate non volevo disturbarvi»
Inazuma lo distrasse per qualche secondo, a Chichi non importò che non fossero soli, lo obbligò a girarsi verso di lei afferrandogli il viso con entrambe le mani e gli diede un lungo e profondo bacio. Goku aveva ancora gli occhi chiusi, quando con un filo di fiato riuscì a sussurrare le emozioni che gli aveva infuso.
«Forse se non ti avessi sposata non avrei mai ricevuto simili baci»
Offrì al marito un mezzo sorriso, preoccupata per le sorti del secondogenito; una lacrima si staccò dalle sue ciglia inferiori, era sempre così, prima la rabbia si impossessava di lei e poi una dolcissima pena la scioglieva nel pianto. Goku raccolse la scia salmastra che stava percorrendo la guancia candida di sua moglie con un tocco leggerissimo, una delicatezza che solo lei e pochi altri conoscevano di lui.
«Aspettiamo sue notizie insieme. Sono certo che se la caverà. Vegeta conosce l'avversario, saprà proteggere i ragazzi e Goten non è uno sprovveduto, è in gamba. Conosco le potenzialità di mio figlio»
Il sayan trasformò quel contatto in una carezza sulla guancia, quando vide che il timbro profondo della donna si era trasformato in un sussurro rotto dall'angoscia.
«S-scusa, non te ne andare. Non voglio che te ne vada»
«Mi hai appena chiesto scusa? Non me ne vado no. Questa è casa mia, è l'unica vera casa che io abbia mai avuto e l'ho costruita insieme a te»
Lo fissò innamorata, con la stessa intensità con cui non aveva mai smesso di guardarlo dall’esatto istante in cui lo sguardo di quella piccola principessa guerriera si era posato su di lui. Chichi credette o forse si illuse, come in tutti gli anni passati, che anche lui la stesse guardando con amore, credere che fosse così la faceva stare meglio.
«Devi riposare»
«Parlo con Inazuma e seguo il tuo consiglio»
Posò le sue labbra sulla fronte di Chichi per porgerle un bacio fugace e avviarsi verso la porta.
«Goku. Ti amo»
Glielo aveva detto a poche ore di distanza e lui non le aveva risposto, anche stavolta sembrava intenzionato a non farlo, ma ci rifletté con più attenzione.
«Io invece no ... vi amo, te e i ragazzi»
La sorprese, dove aveva sentito quella frase per pronunciarla con una simile sicurezza? Era stato forse il cuore a suggerirgliela e sarebbe stato davvero il momento, dopo anni infiniti che anelava di sentirla pronunciare dalla sua bocca.  
 
~
 
Non era bastata la sicurezza ostentata di tre sayan per rendere Bulma del tutto sicura che quella missione non fosse pericolosa. Era tornata sconvolta sul pianeta di Lord Beerus con il cuore palpitante per le sorti di due quarti della sua famiglia. Vegeta aveva trascinato anche il figlio sulla navicella senza che la moglie riuscisse a sfoderare la minima capacità di persuasione; Trunks era solo un mezzosayan, eppure i suoi geni alieni prendevano il sopravvento più di quanto, in casi specifici, Bulma avrebbe preferito. Suo figlio era in gamba sia come sayan che come scienziato ed era giunta a quella consapevolezza in uno dei momenti peggiori per la loro vita. Mentre Trunks era in procinto di partire, Bulma con astuzia aveva cercato di trattenerlo con qualche sincera promessa, fosse stato per lei quel ragazzo avrebbe preso servizio subito al suo fianco. Era sempre stata orgogliosa della sua famiglia, la forza sayan faceva onore a suo marito e a suo figlio; diverso era il caso in cui la prodezza di quella razza portasse i due uomini verso un pericolo imminente. Bulma non voleva perderli, aveva rischiato fin troppe volte in passato; il solo pensiero le faceva contorcere lo stomaco. Suo figlio aveva davanti a sé la prospettiva di una vita longeva e felice, non era il caso di sacrificare tutto per un principe testardo e burbero, difficile da dissentire. La donna si abbandonò sulla prima sedia che trovò lungo il suo cammino; era scomoda, non perché Lord Beerus non possedesse una dimora accogliente, ad essere scomoda era la posizione di Bulma, era impotente e non ricordava di esserlo stata molte volte nella sua vita. Accostò i palmi al volto, non sentiva la necessità di piangere, solo di contenere una preoccupazione che traspariva dalle rughe della sua pelle sempre impeccabile. Un tavolo dalla forma oblunga era il suo unico appoggio.
«Mamma. Dove sono Trunks e papà?»
La scienziata era stata discreta nel suo dolore, aveva cercato di non turbare un’atmosfera già tesa, ma la figlia adolescente era già provata dagli ultimi eventi; Bulma si stava dimenticando che Bra non possedeva solo geni alieni, lei era per metà terrestre, era anche sangue del suo sangue, conosceva il valore delle emozioni a differenza di Vegeta. La donna non sapeva come informarla della partenza a cui aveva dovuto assistere, lei per prima non era ancora riuscita a rielaborarla e ad accettarla; il destino della sua famiglia era nelle mani della scienziata che era in lei. Bra scorse una lacrima sul volto della madre, non appena le mani le scoprirono le guance, e una singola scia salmastra fu molto più eloquente delle parole.
«Mamma. Stanno bene, vero?»
La giovane Brief racchiuse in un sussurro la sua supplica, a cui non ricevette subito risposta; la ragazza si gettò d’istinto verso l’uscita del palazzo, il cuore le suggerì di non restare inerme, l’aveva sempre contraddistinta una grinta innata che Bulma però non riuscì ad assecondare con leggerezza. La scienziata, spinta dalla preoccupazione per l’avventatezza della figlia, si alzò ritrovando la forza di reagire; la vita del marito e del primogenito era nelle mani del destino, da qualsiasi luogo appartenente alla linea temporale che le due donne stavano vivendo Bulma non avrebbe potuto avere loro notizie; era la stessa sensazione di vuoto, come se quei due uomini fossero stati inghiottiti dall’universo, tanto valeva risparmiare le ultime energie strappate alla disperazione per proteggere coloro che amava e che erano accanto a lei lontani dal pericolo. La scienziata fu un fulmine, avanzò un movimento preciso degno di qualunque sayan alla sua forma base, nel suo caso era l’amore incondizionato e materno a guidarla; allungò un braccio per avvolgerle saldamente la vita all’altezza dello stomaco. Bra incespicò, il gesto inaspettato della madre la privò per qualche istante dell’ossigeno.
«Tesoro, sono in un’altra dimensione, non puoi raggiungerli»
Con dolcezza Bulma le comunicò quanto la famiglia Brief fosse lontana da loro, l’impatto di quelle parole provocò alla giovane un nodo alla gola, un peso sul cuore oscurò ogni singolo spiraglio d’ottimismo, quando incrociò lo sguardo mortificato della madre il senso di soffocamento che avvertiva si riversò all’altezza della congiuntiva, le sue iridi smeraldine vennero annacquate in poco più di una frazione di secondo, il suo cuore aveva anticipato ipotesi prima che la mente riuscisse a pieno ad elaborare le informazioni suggerite da Bulma.
«Cosa vuol dire?»
La più giovane di casa Brief non era esperta di quell’argomento, non aveva avuto – per fortuna – l’occasione di vivere con consapevolezza ciò che un salto interdimensionale provocava nel cuore dei diretti interessati e di coloro che attendevano trepidanti loro notizie. Bra però non era ingenua – né Vegeta né Bulma avrebbero potuto ereditare ingenuità ai figli, visto che ne erano entrambi sprovvisti –, lo sguardo rivolto verso il basso della madre, intenzionato a sprofondare sempre di più ad ogni secondo che trascorreva, era un chiaro segnale di consapevolezza; un semplice accostamento di indizi condusse la ragazza ad una angosciante verità.
«Sei stata tu»
L’accusò con un sussurro, ancora incredula che ciò potesse essere vero, l’ultima speranza che scintillava nel suo petto era quella di una smentita, ma la flebile fiammella stava ormai esalando l’ultimo respiro, vinta dal dramma che la sua famiglia stava rischiando di vivere; aveva ereditato tutta la perspicacia della madre, non solo l’aspetto. Bulma non riusciva ad assistere al dolore che aveva causato alla figlia, così azzardò un gesto senza la certezza che sarebbe stato apprezzato; le braccia della donna sfiorarono appena Bra, quest’ultima non le permise nulla di più, tirandosi indietro di qualche passo e posando la schiena contro il tavolo.
«No … dove li hai mandati?»
La diffidenza si impossessò della giovane, la colpa di Bulma venne ingigantita dalla reazione della figlia diventando un macigno sul cuore; sentiva di aver tradito la fiducia di quella ragazza, dirle quanto si fosse impegnata per fermarli sarebbe sembrato solo un vigliacco tentativo per scagionarsi.
«Dove li hai mandati?!»
Il rinnovato ardore della figlia, vinto l’iniziale sconcerto, riportò i pensieri della scienziata alla realtà.
«Vegeta, Trunks e Goten sono …»
«Goten??»
Ogni parola che Bulma pronunciava peggiorava l’umore di Bra. La provvidenza aiutò entrambe le donne ad uscire da quell’imbarazzante dialogo; i passi di Pan comparsi senza che le due se ne accorgessero diedero sollievo all’amica; finalmente era giunto qualcuno che secondo Bra avrebbe potuto offrirle conforto, perciò non indugiò e si buttò tra le braccia della minore. Pan era riuscita a cogliere i punti salienti della conversazione e, benché lei stessa fosse rimasta spiazzata per il pericolo a cui suo zio e Trunks erano andati incontri, riuscì a contenere fisicamente il dolore di Bra.
«Bulma, dove sono?»
«Lontano, Pan, molto lontano da qui. Non ci resta che pregare i kami che tornino presto e vivi»
Bra stretta contro il petto della giovane Son aveva cessato i singulti del pianto, aveva capito che condividevano gli stessi turbamenti e forse insieme sarebbero riuscite a sopportarli fino al lieto ritorno di quegli uomini.
 
 
 

Ciao ragazzi!
 
Vi ho lasciato un po’ di suspance, ma desidero dedicare buona parte del capitolo successivo alla dimensione parallela, qui rischiavo di narrare troppo e senza il giusto approfondimento per non dilungarmi troppo. Quindi nell’attesa vi lascio con un capitolo introspettivo altrettanto importante per la trama che vi dia modo di conoscere un po’ di più il personaggio di Inazuma e la sua evoluzione.
Scusate per il ritardo, ma ho ricominciato a lavorare e purtroppo mi tocca sacrificare un po’ di più Efp, ma non mollerò la storia e la porterò fino all’ultimo capitolo. Vi ringrazio come sempre per continuare a seguirmi, benché io stia impiegando mesi per concluderla <3
 
Alla prossima!
Un grande abbraccio
-Vale
   
 
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