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Autore: ONLYKORINE    14/05/2020    2 recensioni
Allison deve lavorare al progetto per la Sunfun in tre giorni. E dovrebbe farlo con Joe, ma lei pensa che Joe sia come gli altri dello studio, che lasciano a lei tutto il lavoro. Invece Joe è molto carino e quando lei si ammala decide di presentarsi a casa sua per lavorare insieme.
Doveva essere una Os per un concorso su traccia... ma vabbè, questa è un'altra storia... :-)
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Il nostro progetto

 

“No, no, Parker. Ho detto niente fucsia.”

Joe sbuffò. “Ogni tanto si può osare, sai? Non succede niente se Mr. Sunfun si ritrova un po’ di fucsia nella cornice dello slide, dai!”

“Osare?” Il tono di Allison era vagamente divertito.

“Sì, lasciarsi andare, non essere rigidi… Avere il coraggio di fare qualcosa di diverso… Essere audaci… Penso si chiami proprio ‘osare’, sai, Allison?” rispose lui, divertito, con in mano una sigaretta.

“Ti ho lasciato fumare vicino al mio pc, Parker, più audace di questo!”

Lui però alzò un sopracciglio. “Diciamo che sono stato più audace io a chiedertelo che te a permettermelo!” disse, divertito, mentre si avvicinava la sigaretta alle labbra.

Ma… come? Falsamente infastidita, Allison gli rubò la sigaretta dalle labbra e aspirò anche lei, guardandolo. “Sono capace anch’io di osare, sai?” gli chiese subito dopo. Lo sguardo che le posò addosso il ragazzo la rese vulnerabile.

“Scusa. Non avrei dovuto dirlo. Tolgo il fucsia…” disse.

“No. Lascialo. Il vecchio della Sunfun sopravviverà.”

“Così mi piaci!” esclamò il ragazzo, accarezzandole la guancia e tornando subito dopo a lavorare al pc. Allison allungò una mano a coprire la sua, ma quando lui si voltò si rese conto di non essere in grado di osare davvero.

“Tieni, è tua” disse solamente, restituendogli la sigaretta e facendo credere di averlo toccato per quello.

***

Due ore dopo, finita la presentazione e buttato giù tutti gli appunti per le varie pubblicità, il loro lavoro giunse al termine ed era quasi ora di cena.

“Bene, ci rimane del tempo per andare in ufficio a stampare e fare i fascicoli da distribuire” disse Joe, guardando l’orologio quando dichiararono che la presentazione fosse perfetta.

“Fascicoli?” chiese Allison.

“Sì, tu li fai sempre quando presenti il progetto. Pensavo…”

Allison lo interruppe. “Possiamo farli domani mattina. La presentazione è per le dieci, abbiamo tutto il tempo per sistemare il cartaceo”.

“Quindi abbiamo proprio finito. Io…” La voce di Joe sembrava quasi delusa. Ma per cosa?

Allison prese il telefono e disse: “Se ti piace il cinese, ti offro la cena io, stasera”.

“Oh! Allora dovrei andare a casa a cambiarmi per farti fare bella figura!” esclamò, divertito, improvvisamente di buon umore.

“Vai benissimo anche così” disse Allison componendo il numero del take away che chiamava di solito. Guardò di sottecchi il ragazzo, desiderando che non se ne andasse più. Indossava jeans e una maglietta a mezze maniche abbastanza sportiva, ma a lei sembrava più elegante di tutti i ragazzi che in ufficio giravano in giacca e cravatta. Si morse un labbro prima di ordinare ‘muscoli primavera’ al ristorante.

***

“Così… Sei stato un quaterback? Dai, non lo avrei mai detto!” Allison rise, prendendo con le bacchette un pezzo di pollo.

“Ah, ah. Spiritosa...” La voce di Joe non era abbastanza delusa, non quanto quella di Allison fosse derisoria.

“Sto scherzando!” esclamò ancora, ma ridacchiò di nuovo.

Mentre si litigavano pollo e involtini primavera, Allison e Joe si erano raccontati aneddoti scolastici e imprese sportive. Avevano scoperto di essere cresciuti a pochi quartieri di distanza e di aver anche qualche amico in comune.

Quando Allison riuscì a rubare l’ultimo pezzo di pollo, sorrise e glielo porse, dicendogli: “Ne vuoi un po’?”, facendolo sventolare sotto il suo naso. Joe si allungò sul tavolino del salotto, da dove non si erano mai alzati, e, in un sol boccone, glielo fregò, mangiandolo.

Allison rimase di stucco: non se lo aspettava! Spalancò la bocca e gli occhi e poi scoppiò a ridere.

“Mi sa che stai meglio…” disse Joe, dopo un po’, guardandola in un modo strano.

“Oh, sì, Parker, sto veramente meglio! La prossima volta che mi verrà l’influenza contatterò Young e la Sunfun e proporrò di fare una presentazione!”

Ancora ridacchiando, si alzò per buttare i cartoni nel cucinino e non sentì il ragazzo arrivarle alle spalle. “Non è andata male, vero?” le chiese, facendola sobbalzare.

“Oh, mamma mia! Volevi uccidermi?”

“Oh, beh, io…” Quando lui arrossì, Allison sorrise.

“Dai che stavo scherzando! Prendi un po’ tutto sul serio, eh? Sai, ogni tanto puoi osare anche tu!” disse ancora, divertita, scimmiottando le sue parole.

“Mi piace osare…” Il sussurro della sua voce si fece pericolosamente più vicino e Allison lo guardò avvicinarsi senza dire niente. Non voleva dire niente. Non voleva che ci ripensasse. Voleva che lui osasse. Voleva osare anche lei. Quando la sua mano si colmò del suo viso e la imprigionò con il suo corpo contro il lavello, non ebbe il coraggio di fare niente se non continuare a guardarlo dal basso con il cuore che batteva impazzito.

Ma cosa stava facendo? Era un suo collega! Allison non piaceva ai suoi colleghi! E a lei non piacevano loro! Beh, forse questo collega le piaceva. Forse lui non era come gli altri. Forse… Quando le labbra di Joe si posarono sulle sue i pensieri divennero cenere e si sparpagliarono da soli nel vento. Chiuse gli occhi mentre schiudeva la bocca e poi non dovette più pensare a niente, se non a quella pelle calda e a quel respiro affannato quando il suo.

Joe le passò le mani dietro la schiena e la staccò dal lavello, facendola girare nella piccola cucina. Allison rise di gusto quando la sollevò e la fece sedere sul tavolo, tornando a baciarla e stringendola a sé.

***

Allison aprì gli occhi e si girò nel letto. Quando realizzò che era disfatto anche dall’altro lato, si tirò a sedere di colpo. Nel momento in cui si accorse di essere nuda, si ricordò della sera precedente. Del progetto. Della Sunfun. Di Joe. Joe!

“Joe” lo chiamò, alzandosi dal letto, avvolgendosi il lenzuolo intorno al corpo. “Joe” disse ancora, uscendo dalla stanza. Quando entrò nel piccolo soggiorno, non notò nient’altro se non il suo portatile chiuso, sul tavolino. Si avvicinò velocemente al tavolino e tastò il computer, già sapendo quello che non avrebbe trovato: la chiavetta usb con la presentazione del progetto.

“Merda!” esclamò. L’aveva fregata! Il novellino aveva fatto tutto il carino e il servizievole e poi voleva soltanto rubarle il progetto. Lanciò uno sguardo all’orologio: dieci minuti e sarebbe iniziata la presentazione. “Merda, merda!” gridò ancora.

Corse di nuovo in camera e si allungò per raggiungere il telefono sul comodino: c’erano un sacco di notifiche, ma quando sbloccò lo schermo la scritta rossa ‘Low battery’ lampeggiò più volte e il cellulare si spense. “Merda!” Non sarebbe riuscita a chiamare Bill Young per dirgli che stava arrivando.

Si lavò velocemente e infilò un vestito e le calze. Quando uscì di casa, mise la trousse del trucco in borsetta, pensando di truccarsi in macchina. Scese in strada e cercò un taxi, ma sembrava che non ce ne fosse neanche uno disponibile.

Dopo aver imprecato due volte, riuscì a vederne uno in fondo alla strada e corse per prenderlo. Riuscì a non travolgere la coppia che stava uscendo dall’abitacolo e si sistemò velocemente sul sedile posteriore. Diede all’autista l’indirizzo dello studio e tirò fuori dalla borsetta la trousse.

“È pericoloso truccarsi in macchina” disse il tassista, guardandola dallo specchietto retrovisore, ma Allison non si girò neanche.

“Lo so, lo so, ma è un’emergenza. Lei guardi la strada e non inchiodi all’improvviso, io resto girata così ci sono meno probabilità” spiegò lei, come un generale in guerra. Che poi, era proprio una guerra: la guerra che le aveva scatenato il novellino.

Che sciocca era stata a fidarsi di lui! Oh, c’era da dire che lui era stato veramente bravo: il brodo, il ‘ti lascio dormire’, le sue labbra, la sua lingua… Cavolo, la sua lingua! Si scoprì arrossita nello specchietto e si scusò dicendosi che era per la rabbia di essersi fatta fregare.

Sotto l’edificio dove lavorava, Allison scese di corsa dal taxi e si infilò fra le porte vetrate. Guardò di nuovo l’orologio mentre aspettava l’ascensore e tamburellò nervosamente con la scarpa sul pavimento: era tardissimo!

Al ventiduesimo piano, appena le porte si aprirono, si fiondò verso il corridoio dell’agenzia e passò davanti alla receptionist, alzando il cartellino, senza neanche fermarsi. Camminò velocemente verso la sala riunioni, ma quando ci arrivò davanti, la porta si aprì e lei si scontrò con Bill Young che stava uscendo.

“Allison! Allora stai bene! Eravamo preoccupati. Parker ha insistito per aspettarti, ma dopo mezz’ora abbiamo dovuto per forza iniziare. Pensavo ti fosse tornata la febbre e che non saresti venuta!” La voce di Young le riempì le orecchie, il cervello e i pensieri. Si ritrovò a stringere mani e a sorridere rassicurando tutti sul fatto che stesse bene.

Quando i delegati della Sunfun e Young uscirono dalla sala riunioni, Allison entrò e vide subito Joe che la guardava con le braccia incrociate sul petto.

“Spero che tu non l’abbia fatto apposta…” iniziò lui.

“Pensavo che fossi scappato via…” disse lei insieme a Joe.

Si interruppero tutti e due e scoppiarono a ridere mentre si guardavano con occhi spalancati.

“Scusami, pensavo che volessi prenderti gioco di me” sussurrò il ragazzo.

“Io pensavo che volessi prenderti il merito per il progetto!” Si fece più vicino a lui e gli posò una mano sul braccio.

“Ti ho chiamato tantissime volte. Ti ho mandato una marea di messaggi!” esclamò Joe, un po’ ferito. Allison tirò fuori dalla borsetta il telefono e glielo mostrò.

“Si è scaricato. È spento” spiegò, avvicinandosi a una presa di corrente e infilando il cavo nell’incastro. Lo schermo si illuminò e lei continuò a parlare. “Adesso vediamo i tuoi messaggi…”

Joe si avvicinò con tre passi e quasi gridò: “No, non adesso!”

Come? La ragazza corrugò la fronte mentre pigiava il tasto per accendere il telefono, continuando a guardarlo. “Perché no?” Joe si infilò le mani nelle tasche dei jeans e guardò per terra: era imbarazzato.

Quando il cellulare si accese, notò le diciotto chiamate e le venti notifiche dei messaggi. Alzando un sopracciglio, gli lanciò un’occhiata divertita, aprì la chat del ragazzo e iniziò a scorrere tutti i commenti. Negli ultimi lui chiedeva se andasse tutto bene e diceva che era preoccupato, sempre più in agitazione, mentre scorrendo in su, verso i primi che aveva mandato, presentavano meno punti esclamativi e più calma. Fino al primo che lui aveva mandato: risultava di quella mattina, forse subito dopo che era uscito di casa.

Allison lo lesse con un sorriso sulle labbra e poi alzò lo sguardo su di lui. “Non volevo che tu lo leggessi con me vicino…” si scusò lui, ma a lei non importò e scosse la testa per rassicurarlo.

“Anch’io sono stata benissimo con te, ieri sera” sussurrò, avvicinandosi. Lui spalancò gli occhi e sorrise, come se non se lo fosse aspettato, così lei continuò: “E non vedo l’ora di rifarlo!”

Quando lui coprì la distanza che li separava con due lunghi passi, lei si buttò fra le sue braccia senza preoccuparsi del fatto che la sala riunioni avesse i vetri a vista, che chiunque dei presenti potesse vederli, e lo baciò.

“Sembra che il progetto sia piaciuto, alla fine, eh?” gli disse, quasi imbarazzata, ma solo perché molto emozionata di stare fra le sue braccia.

“Il nostro progetto, dici? Oh, sì! È piaciuto tantissimo”. Lui sorrise, senza staccare gli occhi da lei.

Il loro progetto? Sembrava qualcosa di molto di più di una presentazione per la Sunfun. E chissà, forse lo era davvero.

 

FINE

-

-

***Eccoci alla fine!!! Una os un po' grassa 😅 ma spero vi sia piaciuta comunque. Se vi va, lasciatemi un parere. Grazie a tutti per aver letto.
   
 
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