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Autore: vento di luce    14/05/2020    8 recensioni
Maria,giunta in Australia ospite dei Clarke,con il volto fra le mani,osservava il paesaggio fuori dalla finestra della sua stanza quel pomeriggio,ripensando a quanto era accaduto,a quel ragazzo dai bellissimi occhi azzurri e dal sorriso luminoso...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Abel Butman, Altri, Arthur Butman, Georgie Gerald, Maria Dangering
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*********
 
Il Duca Dangering quella notte si alzò dal letto,non riuscendo a dormire. Indossando una delle sue preziose vestaglie si diresse alla finestra osservando,con le mani dietro la schiena,quel paesaggio avvolto dalle tenebre.
Andò poi nel suo studio,sedendosi alla solita scrivania,pensando a quando,giorni prima,uno dei suoi collaboratori gli aveva detto dell’ennesimo traffico. Quella era la sua vita da sempre,accumulare più ricchezze possibile e accrescere il potere personale.
Aprendo di nuovo il cassetto dal doppiofondo lesse ancora,fra quei documenti,l’ultima deplorevole lettera di Malory.
“Maria”,mormorò posando quelle carte,scuotendo la testa fra le mani.
 
La mattina seguente Lady Emily,ringraziando il signor Clarke per l’ospitalità,ripartì promettendo che sarebbe tornata quanto prima. Gregory aveva proposto alla donna di recarsi insieme a Sydney,in quanto doveva sbrigare un impegno di lavoro,chiedendo anche a Maria di accompagnarli. La ragazza aveva accettato,sapendo l’uomo trovare sempre le parole giuste per indurre le persone,senza che se ne rendessero conto,a far quel che desiderava. Nel guardare così la carrozza oltrepassare il cancello,il padrone di casa sospirò,rientrando dentro.
 
“Signore posso?”,disse Jessica in quel momento bussando alla porta della stanza dove stava riposando Abel.
Alla vista di quel giovane seduto sul letto,la ragazza sussultò.
“Ci si rivede”,esclamò Abel con un cenno della mano.
“Si signore”,rispose solamente Jessica che ben ricordava quella voce carezzevole,posando della biancheria pulita,che le avevano ordinato di portare,su una sedia.
“Chiamami solamente Abel va bene?Non sono proprio abituato a queste formalità.”
La fanciulla annuì,aprendo un poco la finestra per far cambiare l’aria
“E tu come ti chiami?”,continuò il giovane.
“Jessica”
“Lavori qui da molto?”
“Da poco,vi aiuto a cambiarvi signore,Abel”,si corresse l’altra.
“Va bene”,disse il ragazzo sfilandosi la maglia sudata,rimanendo a torso nudo.
Nel vedere quel torace,quei muscoli ben definiti,Jessica pensò che Abel non aveva nulla da invidiare a Gregory,seppur fosse di una bellezza più acerba per la giovane età. Toccò quella pelle accaldata,indugiando con le dita un poco più del dovuto,mettendo poi i vestiti sporchi in una cesta.
“Allora ciao e grazie”,esclamò il giovane sorridendo.
“Abel”,sussurrò Jessica una volta uscita in corridoio,rimembrando d’un tratto dove avesse sentito quel nome. “Ma certo”,continuò portandosi una mano alla bocca,quando vide Becky trafelata andarle quasi addosso.
 
“Abel,come stai?”,disse la giovane Clarke,che aveva preferito rimanere a palazzo quella mattina,sedendosi vicino al giovane,prendendogli una mano.
“Adesso sto bene,non preoccuparti”,rispose il ragazzo.
“Sono stata così in pensiero per te”,continuò l’altra,guardandolo negli occhi.
Abel,osservando quelle iridi chiare,l’attirò d’improvviso a se,affondando una mano in quei capelli lunghi,sfiorando quelle labbra fino a schiudere la bocca,facendole mancare quasi il respiro.  La fanciulla,a quella sensazione indescrivibile,come la mente fosse annebbiata,si strinse ancor di più a lui,sdraiandosi su quel corpo che tanto desiderava,rispondendo a quel bacio,il loro primo vero bacio.
 
A palazzo intanto giunse in quel momento un uomo distinto,con il viso dai baffi sottili. Era lì di passaggio e,quando il signor Clarke seppe che era un medico,gli chiese se poteva visitare un suo ospite che non si era sentito bene,dal momento che stava per chiamare un dottore per scrupolo.
L’uomo accettò di buon grado,seguendo così una cameriera fino alla camera di Abel.
“Benvenuto dottore,sono Becky Clarke,la figlia del padrone casa”,esclamò la ragazza aprendo la porta facendo le dovute presentazioni,dopo essersi ricomposta sbuffando,”vi lascio soli.”
Abel,vedendo quell’uomo frugare in una grande borsa nera,imbronciò le labbra,gli sembrava una cosa del tutto inutile,ma sapeva che non poteva sottrarsi.
“Sei sano come un pesce ragazzo,ma è meglio che ti riguardi almeno per un altro giorno”,disse il medico dopo aver ascoltato quanto accaduto e una breve visita. Salutando poi il giovane,facendogli i migliori auguri,scese al piano di sotto quando udì delle voci.
“Grazie papà”
“Abel è tuo amico,non devi ringraziarmi.”
Era  il signor Clarke,mentre accarezzava la testa della figlia,che gli cingeva la vita. A quella scena il dottore rimise il cappello,pensando che avrebbe chiesto a qualcun altro della zona riguardo quel che gli interessava. Dirigendosi all’uscita chiese a un membro della servitù di portare i suoi saluti al padrone di casa,perché doveva ripartire subito per motivi personali. Si incamminò così lungo il viale,rifiutando il denaro offerto con insistenza,credendo che niente valesse più di un abbraccio paterno.
 
Nel frattempo Gregory,una volta accompagnata Lady Emily e rimasto solo con Maria,aveva domandato  alla ragazza se le fosse dispiaciuto fermarsi per poco da un suo amico che non aveva avuto ancora il tempo di visitare da quando si trovava in Australia,prima di rientrare. La nobile,soggiogata di nuovo da quel modo di fare così persuasivo,aveva risposto che non vi era problema. La carrozza si diresse così alla periferia della città fino a quell’antico maniero,circondato da una fitta vegetazione.
“Da questa parte signori”,esclamò il maggiordomo facendoli entrare,richiudendo il pesante portone. La ragazza,percorrendo quel corridoio dalle strette finestre,dove filtrava poca luce,osservava quelle statue dalle fattezze sinistre. La colpì in particolare un mezzobusto che rappresentava un volto maschile dai lineamenti affilati,il naso aquilino ben scolpito e due piccoli occhi che sembravano scrutarla.
Giunti in un grande salotto dall’antica mobilia un uomo dalla pelle rugosa,seduto su un divano,si alzò sorreggendosi a un bastone,andando loro incontro con andatura zoppicante.
“Ben trovato Baudwin”,disse Gregory salutando il signor Malory,come se lo conoscesse da sempre,”quanto tempo.” La recita era appena cominciata.
“Così questa graziosa signorina si trova nella stessa casa dove adesso risiedi”,esclamò l’anziano padrone di casa dopo i convenevoli,assaporando un alcolico pregiato.
“Si,appartiene a un’antica casata inglese,quella dei Dangering.”
“Quale onore”,rispose l’altro,guardando Maria annuire,”quando sono stato a Londra ne ho sentito parlare,so che sono molto vicini alla Regina.”
Gregory spiegò alla fanciulla che lui e Baudwin si erano conosciuti durante un viaggio e si erano tenuti in contatto promettendogli,se fosse capitato a Sydney,che gli avrebbe fatto visita.
I due uomini continuarono poi a conversare riguardo aneddoti passati e l’affare che Fletcher doveva concludere con il signor Clarke,quando Maria  posò lo sguardo su una collezione di coltelli.
“Ve li posso mostrare se lo desiderate”,disse il vecchio alzandosi,”questo è di antica fattura”,continuò con un ghigno aprendo la vetrina,prendendo quell’oggetto affilato fra le mani.
“Signore vostro figlio è rientrato”,lo avvertì proprio in quel momento una cameriera.
“Bene,fallo passare”,rispose l’altro,rimettendo l’arma al suo posto,”vi presento mio figlio,James Malory”,disse alla nobile indicandolo.
La fanciulla,nel guardare quel ragazzo poco più alto,con l’addome prominente e i capelli radi avvicinarsi,facendole il baciamano con mano tremante,sussultò. Un senso di disgusto si impadronì  di lei a quel contatto,pulendo senza farsi vedere,con un fazzoletto,la pelle appiccicosa.
Baudwin riprese a parlare coinvolgendo anche il figlio,mentre Gregory,grattandosi la testa,osservava quel giovane guardare Maria con insistenza.
“James perché non accompagni la Duchessina Dangering a vedere i fiori in giardino?”,esclamò Malory poco dopo”molto meglio che ascoltare i nostri noiosi discorsi.”
“Come volete padre”,balbettò il ragazzo,uscendo fuori con la nobile,che lo seguiva a testa bassa.
“Così siete ospite nella campagna qui vicino”,disse James deglutendo,camminandole al fianco.
“Si”,rispose solamente Maria,scostandosi un poco a quell’odore pungente,sgradevole.
 “E come vi state trovando qui?”
“Bene”,rispose la ragazza mordendosi il labbro inferiore.
“Sono belle non è vero?”,continuò il giovane provando a intavolare una conversazione,porgendo una rosa alla ragazza,che lo ringraziò sfiorando appena quella mano sudata,quasi pungendosi,camminando ancora fra quelle siepi.
“Non vi preoccupate,andate pure”,esclamò poco dopo la nobile con un sorriso tirato,sbrigandosi a congedarsi,quando un membro della servitù chiamò il ragazzo.
Rientrò così dentro sospirando,percorrendo di nuovo quel tetro corridoio,udendo ad un tratto una dolce melodia provenire dal piano di sopra. Si fermò per un istante decidendo poi di salire quei gradini,proseguendo fino ad una stanza in fondo,dalla porta semiaperta. Nell’affacciarsi poco,vicino a uno stipite,vide una donna dai capelli biondi fino alle spalle muovere le dita sottili sulle corde di un’arpa,con le palpebre chiuse. Maria,come rapita,rimase ad ascoltare e le sembrò le gote di quel volto bellissimo fossero bagnate dalle lacrime. Infine andò via,cercando di far meno rumore possibile e sperando di non incontrare nessuno,accompagnata da quel suono che si faceva sempre più lontano,desiderando tornare a palazzo Clarke quanto prima.
 
A casa Buttman invece,da quando era stato recapitato quel biglietto in cui il signor Clarke avvisava che Abel stava bene ma che,su consiglio del medico si sarebbe fermato per un altro giorno,Mary aveva iniziato a tenersi occupata più del solito. Non era mai successo che suo figlio non fosse tornato a dormire e,mentre impastava con veemenza dando forma a dei biscotti,si chiese cosa fosse davvero accaduto. Torturata così da quel dubbio non fece che sgridare Georgie per ogni minima cosa,quando Arthur propose alla ragazza di accompagnarlo a pescare.
“La mamma è arrabbiata oggi”,disse la ragazza seduta vicino al fiume,strusciando i piedi nudi sull’erba.
“Non te la prendere Georgie”,esclamò il fratello,”è solamente preoccupata per Abel.”
“Manca anche a me,ma sono sicura che Becky si prenderà cura di lui”,disse l’altra,”Arthur”,lo chiamò poi.
“Dimmi”,rispose il ragazzo,mentre sistemava la canna.
“Scusami per ieri sera,io non …”
“Non preoccuparti”,rispose sorridendo,non immaginando la sorella lo avesse visto,”guarda Georgie,aiutami”,continuò facendo cadere il discorso,tirando su un grosso pesce. Arthur in quel frangente avrebbe voluto parlare di tante cose,di Maria,di Abel,di quell’uomo con cui la sorella aveva ballato ma,continuando quella pesca fruttuosa come raramente capitava,preferì tacere.
 
La giovane Dangering invece,dopo esser ritornata nella tenuta dei Clarke aveva visto Becky,raggiante,solamente per poco. Quando la sera poi si ritirò nella sua stanza,indossando una vestaglia fresca di bucato,pensò all’invito del signor Malory,poco prima che andasse via,a una festa in maschera che avrebbe organizzato a breve. Colta di sorpresa,aveva esitato per un istante,accettando infine per educazione e perché l’uomo le aveva detto che avrebbe potuto portare sue conoscenze.
Sdraiata su quel letto sempre più familiare,mentre prendeva uno dei libri che aveva portato con se,”Romeo e Giulietta”,le tornò alla mente il volto malinconico di quella donna,chiedendosi chi fosse. Sfogliando quelle pagine,lette innumerevoli volte,si soffermò al primo incontro dei due innamorati proprio a un ricevimento in costume:
 
“Romeo:Se con indegna mano profano questa tua santa reliquia(è il peccato di tutti i cuori pii),queste mie labbra,piene di rossore,al pari di contriti pellegrini,son pronte a render morbido quel tocco con un tenero bacio.
Giulietta:Pellegrino,alla tua mano tu fai troppo torto,che nel gesto gentile essa ha mostrato la buona devozione che si deve. Anche i santi hanno mani e i pellegrini le possono toccare e palma a palma è il modo di baciar dei pii palmieri.
Romeo:Santi e palmieri non han dunque le labbra?
Giulietta:Si pellegrino,ma quelle son labbra ch’essi debbono usar per la preghiera.
Romeo:E allora,cara santa,che le labbra facciano anch’esse quel che fan le mani:esse sono in preghiera innanzi a te,ascoltale,se non vuoi che la fede volga in disperazione.
Giulietta:I santi,pur se accolgono i voti di chi prega,non si muovono.
Romeo:E allora non ti muovere fin ch’io raccolga dalle labbra tue l’accoglimento della mia preghiera. (la bacia) Ecco,dalle tue labbra ora le mie purgate son così del lor peccato.
Giulietta:Ma allora sulle mie resta il peccato di cui si son purgate quelle tue!
Romeo:O colpa dolcemente rinfacciata!Il mio peccato succhiato da te!E rendimelo,allora,il mio peccato.(la bacia ancora)
Giulietta:Sai baciare nel più perfetto stile.”
 
Portandosi una mano al petto,pensò a quando a Londra era andata a vedere quella rappresentazione teatrale proprio con Lady Emily. L’enfasi con cui aveva recitato l’attrice che impersonava Giulietta,i suoi movimenti sul palco erano ancora impressi nella mente. Persa fra quei pensieri la nobile tornò poi alla realtà,che stava concretizzando pian piano ben diversa da come l’aveva immaginata. Suo Zio non avrebbe mai dato il permesso ad una relazione con un ragazzo come Arthur,gli appartenenti all’aristocrazia vivevano in un mondo del tutto diverso e seguivano leggi invisibili,ma ben radicate. Non aveva mai fatto troppo caso a quella condizione,fino a quando il problema non si era presentato,come se lo era posto anche la stessa Becky. Il divario poi sarebbe stato ancora più evidente in altri contesti,oltre ad un oceano che li avrebbe presto divisi.  Con occhi umidi pensò che forse stava correndo troppo con la fantasia,ma quello che stava accadendo  non era più sotto il suo controllo. Cercando di distrarsi,decise che l’indomani avrebbe chiesto a Georgie di accompagnarla in una delle più famose sartorie di Sydney,sorridendo alla faccia che avrebbe fatto Arthur. Sapeva che Becky sarebbe stata  impegnata di nuovo con Abel e,dopo il chiarimento che lei e l’amica avevano avuto,immaginò non se la sarebbe presa.
 
Nel frattempo Gregory nella sua stanza scrisse di nuovo:
 
“Rapporto 2
Sono riuscito a portare Maria da Malory senza che sospettasse niente,è avvenuto tutto in modo naturale. Ha iniziato a prendere confidenza con quel bamboccio e il vecchio,come d’accordo,l’ha invitata a quella pagliacciata in maschera.”
 
 Poche parole per un piano ordito a tavolino che Fletcher stava man mano eseguendo,senza che gli fosse però stato comunicato un piccolo dettaglio. James non aveva un aspetto proprio dei migliori,oltre a un imprevisto di cui nemmeno il Duca poteva essere a conoscenza,la presenza di quell’Arthur,con il quale il paragone era impietoso. I modi poi impacciati del figlio di Baudwin,che Gregory  aveva potuto osservare per poco,non facevano che peggiorare la situazione. La battaglia sembrava così essere persa in partenza,nonostante un patrimonio invidiabile,ma Fletcher era abituato alle difficoltà e se la sarebbe sbrigata da solo,come sempre. Riponendo così quel foglio al sicuro,conscio che in un modo o nell’altro avrebbe portato a termine la missione,sapeva però bene quanto l’essere attraenti potesse tornare utile,come il modo di fare. Battendo le mani sul bracciolo di quella poltrona dove spesso si sedeva,pensò che avrebbe dovuto insegnare qualcosa a quel ragazzo per sopperire a quelle mancanze e soprattutto,se non vi fossero state altre soluzioni,far sparire quel fattore. Mentre quei pensieri affollavano la sua mente,bussarono alla porta all’incirca verso la stessa ora,dopo il pasto serale. Entrò Jessica iniziando a spogliarsi,facendogli il solito resoconto riguardo Maria,comunicando che non aveva scritto altre lettere e che,per quel che aveva potuto ascoltare,la nobile non aveva parlato di niente di particolare. L’uomo si alzò così facendo una smorfia,accarezzando quella vita sottile,perdendosi in quel corpo sinuoso. La ragazza,nonostante amasse quelle mani sapienti,fece quel che doveva fare,senza particolare trasporto quella volta,andando poi via prima del solito.  
Richiusa la porta Gregory era di nuovo Jayden,solo con se stesso. Massaggiandosi il collo si diresse nudo alla finestra,osservando il panorama per alcuni istanti,infilando poi solamente un paio di pantaloni. Soddisfatto comunque dell’amplesso si accese un sigaro,pensando però che stava iniziando a stancarsi. Tante donne erano cadute fra le sue braccia forti,ma quella ragazza bionda ,quella sua ingenua malizia,lo avevano catturato da subito,oltre a quel volto che sembrava cozzare con l’ambiente circostante e l’uomo sapeva che difficilmente si sbagliava.  
Pensò poi,digrignando i denti,alle parole di Jessica pochi minuti prima,mentre divorava le sue labbra,riguardo quell’Arthur. Gli aveva chiesto se lo avesse incontrato alla festa e se somigliasse davvero così tanto ad Abel,come ricordava di aver letto di sfuggita in una di quelle lettere. A Jayden non era passato inosservato il tono con il quale la ragazza aveva pronunciato quel nome,oltre all’agitazione di Becky.
“Georgie,Abel,Arthur”,sussurrò infine sfregandosi il mento,credendo che avrebbe avuto più da fare di quanto previsto.
 
Jessica invece,quando palazzo Clarke era ormai immerso nel silenzio,si ritagliò un suo spazio,seduta su un vecchio baule,in una stanza usata come deposito per gli oggetti che non servivano più. Era uscita dall’angusta camera che condivideva con un’altra cameriera,ormai addormentata,accertandosi nessuno l’avesse vista.
 
“Ti aspetto stasera a mezzanotte in punto,al secondo piano nell’ultima stanza.
Jessica.”
 
Aveva scritto ad Abel lasciando quel biglietto sul vassoio della cena,che le avevano detto di portare,prima di servire il padrone di casa e gli altri.
 
“Mi trattate come un malato eppure io sto benissimo”,le aveva detto il ragazzo che era stato tutto il giorno in quel letto,alzandosi ogni tanto,trascorrendo molte ore con Becky,che non lo aveva lasciato un momento.
“Signore,scusa Abel,sono gli ordini.”
“Lo so e non voglio crearti problemi. Non ti annoi a volte qui?”,aveva continuato lui.
“è il mio lavoro e ho sempre molte cose da fare. ”,aveva risposto Jessica salutandolo,sbrigandosi ad uscire.
“A presto”,aveva infine detto Abel.
 
La ragazza si era accorta di come quel giovane aveva guardato il suo corpo prorompente,che era difficile non notare,nascosto nell’uniforme,oltre a quel modo di fare simpatico,sfrontato,a quel sorriso. Tutti segnali che le avevano fatto intuire qualcosa o in realtà era quello che desiderava? Era stata forse troppo audace?
Assillata da quei dubbi si mordicchiò un’unghia,pensando che in genere erano gli uomini a corteggiarla. Ma,avendo sentito per caso nelle cucine che l’indomani sarebbe ripartito e che forse non avrebbe più avuto l’occasione di rivederlo,aveva deciso che in fondo non aveva niente da perdere.
Fece dondolare una gamba rimuginando,mentre il ticchettio di quell’orologio polveroso,accantonato in un angolo,continuava a scandire il tempo,minuto dopo minuto,quando una bambola di porcellana catturò la sua attenzione. Raccogliendola le tornò alla mente quella di pezza che le aveva regalato suo padre,che tanto amava e con cui giocava da bambina. Una bambina che le circostanze della vita avevano fatto crescere troppo in fretta. Cullata da quei ricordi Jessica guardò di nuovo quelle lancette,era mezzanotte e venti.
 
*********
 
Note:

-Romeo e Giulietta,come molti sapranno,è una tragedia composta da William Shakespeare,la cui prima pubblicazione risale al 1597. Nel testo le battute che legge Maria riguardano il primo incontro dei due innamorati,in una calda notte di luglio,durante un ballo in maschera.
 


 
  
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